Condivido alcune cose che tu dici, ma penso che il discorso della gerontocrazia sia non un po', ma molto debole. Se fosse così sarebbe tutto più facile. Per ripensare bisogna produrre uno sforzo di critica dell'esistente che si presenta con i caratteri della modernità.
Danko, se hai tempo, leggiti "come educare il potenziale umano" di Maria Montessori, se ne può parlare
Epifanio, hai ragione, e credo che una interdisciplinarietà sia compito di ogni insegnante, dopo naturalmente aver fatto apprendere le competenze delle specifiche materie...
Non solo debole, ma persino la chiave di lettura preferenziale degli eventi utilizzata dalla critica ultra-capitalistica che viene fatta dall'interno, al sistema in quanto corrotto-mafioso-vecchio-immobile-troppopocoyoungandfast. Una critica quella alla gerontocrazia che accomuna Grillo ai liberali rampanti, i giornalisti di regime ai radicali....etc etc..
Eh no, proprio non ci siamo!
In riferimento alle scuole superiori, l' interdisciplinarietà è diventata l' ultima spiaggia a causa dei curricoli ipertrofici di cui ho parlato nei precedenti interventi, creati per creare posti di lavoro per neo-laureati disoccupati ed alimentare la scuola Kraken pubblica statale!
L' interdisciplinarietà è diventata l' ultima spiaggia, perchè nei consigli di classe ipertrofici formati da 13-14 insegnanti ognuno se ne va per i cazzi suoi, perchè "devo finire il programma" e perchè "la mia non è una materia di serie B" e perchè "non siamo mica alle elementari".
Per cui lo studente disperato, in balia dei docenti settantasettini che pretendono il saluto sull' attenti quando entrano in classe e la "selezione", arrivato all' ultimo anno cerca con la sua povera "mappa concettuale" di trovare una parvenza di giustificazione a questo Sistema infernale che in realtà non ha giustificazione alcuna, in cui lo studente, appunto, è l' ultimo dei problemi, perchè prima vengono le assunzioni dei 200.000 Lo Ciceri, che subito dopo cominciano a protestare perchè non c' hanno lo stipendio europeo...
Dai ragazzi, facciamo tutti insieme uno sforzo, almeno su 'sto forum, per rilanciare una proposta per la scuola che non sia la solita lagna sulla provvidenza da Roma che non arriva mai e su quanto era bella la riforma di Giovanni Gentile!
Affrontare con determinazione la questione scolastica è un passaggio assolutamente centrale nella ridefinizione di una società che ambisca aa d definirsi giusta. La situazione attuale, non lo neghiamo, è il frutto di un impazzimento collettivo a livello ministeriale-universitario che ha prodotto una situazione, per certi versi, ingovernabile. Ma attenzione a generalizzare! Spesso si imputa alla scuola il fannullonismo, l'approssimazione, la scarsa passione dei docenti. E questo è vero, così com'è vero che ci sono centinaia di migliaia di cittadini che si sobbarcano un lavoro impegnativo e faticosissimo (nel momento in cui lo si voglia praticare correttamente), sempre più esposto ad ignobili attacchi mediatici e a pressioni degli ambienti marci e corrotti del capitalismo nostrano volte a riorganizzare l'intero sistema in base alle proprie esigenze. Ci si faccia caso: ogni episodio che veda protagonista un docente che, per un motivo e per un altro, sia stato beccato a non fare bene il proprio dovere, viene amplificato dalle casse di risonanza della stampa e della televisione nazionale. E giù proposte a "fare come in America", giù invettive sulla mancanza di meritocrazia come malattia dell'intero sistema scolastica, giù banalità e autentiche scempiaggine incentrate sulla "necessità di alzare il livello competitivo della formazione scolastica".
Tutte stupidaggini: quanto è ipocrita denunciare l'assenza di meritocrazia nella scuola in un paese in cui qualunque settore è malato di clientelismo e parassitarismo? Mi rendo conto che è facile distruggere tutte le opinioni negative che dipingono l'universo scolastico come una tana senza uscita per falliti e depressi (è, lo ripeto, parzialmente questa considerazione può contenere elementi di verità). Più complesso proporre un'idea di camabiamento, ma bisogna provarci.
Per formazione personale, ritengo che l'idea più alta di educazione sia quella derivata dalla civiltà greca. Il concetto di "paideia" come formazione complessiva (fisica, morale e spirituale) del cittadino fin dai primi anni di età può essere assolutamente recuperato e attualizzato. Ma la scuola deve diventare il centro della società: un luogo sempre aperto e funzionale, in cui da una parte si tengano stabili alcuni aspetti irrinunciabili del piano formativo dai quali, trasversalmente, non ci si debba muovere. Sottrarre la scuola dall'ideologia utalitaristico-pragmatica, quella secondo cui "bisogna insegnare quello che serve nella vita". Di conseguenza, perchè studiare Dante e la Rivoluzione d'Ottobre: forse che l'ingegnere quando dovrà costruire un palazzo avrà bisogno di ricordarsi del V canto dell'Inferno o delle Tesi di Aprile? Certi pensieri si commentano da soli.
Il centro non può che essere rappresentato dal sapere umanistico, inteso come idea di fondo ispirante il sistema scolastico, piuttosto che come comparto rigido di materie caratterizzate dallo studio dei fenomeni storico-artistici-letterari. Superare, di conseguenza, la falsa distinzione tra materie umanistiche e scientifiche, in nome di un ideale galileiano di interdisciplinarietà ad alti livelli. Mantenendo una divisione della scuola superiore in un numero limitatissimo di indirizzi, e comunque andando oltre l'attuale mosaicizzazione delle "nuove" scuole che di anno in anno spuntano come funghi sul territorio.
Ma non voglio eludere un problema fondamentale: la formazione dei docenti. Qui lo dico: la semplificazione del percorso formativo nel decennio 68-77 ha prodotto una classe di insegnanti modesta e impreparata come mai nella storia repubblicana. Sia chiaro, non sono di quelli che, secondo il costume dilagante, attribuisce alla Contestazione lo sfascio attuale. Seguendo Preve, interpreto quella fase come un momento di "falsca coscienza rivoluzionaria", in cui un processo di integrazione nella società capitalistica di nuovi gruppi sociali è stato scambiato (soprattutto dagli intellettuali chiacchieroni, "gli idioti di domani" di De Andrè) per l'inizio di una fase che avrebbe inevitabilmente condotto alla costruzione del socialismo in più o meno tutti i paesi occidentali. Non è andata così, e ben lo sappiamo, per quanto non si possa negare che a quarant'anni di distanza alcune sporadiche intuizioni (che poco hanno a che vedere con il comunismo, in realtà) rimangano ancora oggi come degne di essere ricordate o, almeno, di non essere rimosse completamente dalla coscienza civile (penso alla legge Basaglia, al progresso dei diritti civili...). Il '68, tuttavia, mi serve per definire meglio un aspetto del problema attuale legato alla formazione scolastica.
La giusta polemica contro il classismo e l'ipocrisia delle vecchie "gentiliane" classi docenti (tanto per chiarire le mie intenzioni anti-restauratrici), s'è trasformata nel tempo in una fasulla rivendicazione di libertà da ogni forma di vincolo che il sapere (effettivamente di classe e reazionario in alcuni aspetti, don Milani docet) imponeva. Perchè parlo di "fasulla rivendicazione"? Perchè dalla polemica contro il sapere ossificato e classista, si è rapidamente arrivati alla polemica contro il sapere in generale. Diciamolo senza ipocrisia: in tanti ci hanno marciato e si sono diplomati e laureati senza sottoporsi a quello studio che un serio percorso formativo dovrebbe imporre. Così, è stata arbitra la coscienza del singolo nello scegliere di diplomarsi e laurearsi comunque studiando seriamente, pur avendo la possibilità di svicolare attraverso "esami collettivi" e improprie insalate a base di "6 politici" (ma che tristezza!).
Prevengo le possibili obiezioni: so bene che non è andata sempre così in quegli anni, ma la tendenza non è stata molto dissimile da quanto ho sostenuto. Non possiamo, poi, dimenticare le inevitabili influenze che l'attuale fase di affermazione ipercapitalistica ha impresso nelle dinamiche scolastiche, l'aziendalizzazione progressiva dell'ultimo ventennio, la semplificazione e banalizzazione dei programmi, la presuntuosa convinzione che attraverso il buonismo e l'ecumenismo si vada incontro alle esigenze dello studente. Cosa non vera: gli studenti si aspettano molto dagli insegnanti, e rispettano molto di più chi, senza ovviamente essere una canaglia, mostra di lavorare sodo e con passione, anche a prezzo di qualche inevitabile frizione. Elemento, quest'ultimo, fondamentale nella crescita dell'individuo: il conflitto fa bene.
Una buona riforma scolastica, quindi, non può che prescindere da una buona riforma universitaria. Qui i cambiamenti devono essere più radicali. Nel mio progetto utopistico, dovrebbero essere insegnanti di professione ad intervenire nel processo formativo di chi vorrà esercitare, una volta laureato, la funzione docente. I futuri professori dovrebbero, a mio giudizio, sottoporsi ad un corso di studi quadriennale (sì, come una volta), in cui le materie di indirizzo vengano studiate con rigore e precisione. In seguito, avere la possibilità di essere "guidati", in qualche modo, da chi ha esercitato, con dedizione e passione, questo lavoro, in modo da arrivare in cattedra ben preparato sia sul piano dei contenuti (imprescindibili!), sia sul piano dell'approccio "fisico" alla classe. Senza troppi pedagogismi e formulari sui "doveri del bravo insegnante". Mi rendo conto, tuttavia, che proporre un cambiamento del genere è impossibile se non si fanno girare al contrario le lancette che fanno girare in questo momento il nostro orologio.
Trovo molto interessanti le osservazioni di lutelentus, che comunque sono lontane miliardi di anni luce dall' esigenza che aveva mosso Lo Cicero ad intraprendere la discussione, ossia l' assunzione nella scuola di Stato di 200.000 precari e amen.
Detto questo, visto che fortunatamente l' andamento del dibattito ha preso subito un' altra piega, vorrei anch' io fare la mia proposta utopistica per uscire dalla crisi delle scuole superiori:
a) riduzione delle materie a non più di 8, di cui 5 obbligatorie (italiano, storia, lingua straniera, matematica, scienze) + tre di specializzazione per ogni indirizzo (ad es. pittura, scultura, architettura negli artistici; economia, diritto, scienza delle finanze nella "ragioneria"; ecc.);
b) riduzione dell' orario curricolare a non più di 30 ore settimanali;
c) apertura pomeridiana delle scuole per il sostegno ai ragazzi in difficoltà nello studio.
Certo, in questo modo centinaia di migliaia di Lo Ciceri rischierebbero il posto, ma sono sicuro che il livello di preparazione nei settori di base della formazione dei giovani ne guadagnerebbe molto.
Propongo uno scambio di letture...io leggo il potenziale umano,tu leggi "Consigli ai genitori" di Makarenko...poi ne discutiamo "amabilmente" bevendo del buon vino,magari coinvolgendo nella serata i compagni ...dimmi solo come posso procurarmi il testo...ciao.
il testo che ho io è edito da Garzanti, ma è un'edizione un pò vecchiotta...vedrò di procurarmi il testo che mi hai consigliato e volentieri se ne può discutere!