15 luglio 2008
Nessuno muoia di sete per necrofila secolarista
Acqua per Eluana Englaro
Sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione
Acqua per Eluana Englaro. Da oggi, dai prossimi giorni sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione. C’è solo da protestare. C’è solo da esercitare la libertà di contraddire calpestando quel simbolo di ragione che è la piazza sotto l’ombra di quel simbolo di fede che è la Cattedrale.
Piazza Duomo è un luogo elettivo della religione e del civismo. E’ il posto giusto. E’ il posto giusto per riunirsi intorno al pozzo della Samaritana, e alla sua acqua. A qualche chilometro da lì, a Lecco sul bordo del lago manzoniano, una donna viva sta per essere assetata e affamata dal nostro io collettivo, timoroso della morte e spregiatore della vita umana, dalla scienza impudente e dalla famiglia senza speranza. Non c’è da capire se la fede cristiana sia in grado di salvare senza o perfino contro gli imperativi dell’etica classica e borghese: c’è da agire. C’è da agire su di una piazza, su un sagrato, silenziosamente e solidalmente, secondo la vocazione laica dei cattolici e la cultura cristiana dei laici. Questo è l’etica: discernere il bene dal male (aguzzando la vista) e sforzarsi di fare il bene (attraverso l’ineluttabilità del peccato). Non con la curiosità di Eva e l’autorizzazione biblica di Adamo, beninteso, ma secondo la ragione e la parola, secondo il Logos che per i cristiani è una incarnazione personale, un fatto. Non fare agli altri quanto non vuoi sia fatto a te: dunque, non assetare. Fa’ agli altri quanto vorresti fosse fatto a te: dunque, da’ da bere agli assetati.
Molti nel mondo hanno sete e rischiano di morire. Ma nessuno come Eluana Englaro. Nessuno per sentenza di un giudice. Nessuno per evoluzione della cultura. Nessuno per disperata decisione paterna. Nessuno nel muto nome di una sua volontà precedente. Nessuno come campione umano per la statuizione di una legge di testamento cosiddetto biologico o di eutanasia. Nessuno come cavia ideologica di un passo ulteriore nella via della scristianizzazione radicale del mondo. Nessuno ha sete per un banale incidente filosofico divenuto religione civile universale, la religione della buona morte, la morte buona, capace secondo i modernisti di conferire dignità alla persona che la riceve nel suo letto o autonomia e libertà a chi la dà nel suo grembo. Nessuno nel mondo muore di sete per vanità e necrofilia secolarista. A Eluana Englaro, come avvenne per Terry Schiavo, potrebbe succedere.
Beniamino Andreatta è vissuto nove anni in un letto d’ospedale, a Bologna, chiuso ai contatti diretti e comprensibili con il resto del mondo ma non all’amore della sua famiglia e dei suoi amici. Quando si recò in città, il Capo dello Stato lo andò a trovare. Andò a trovare qualcuno. Non una tomba o una cosa, di cui si possa disporre. C’era un corpo caldo, che di lì a qualche giorno diventò freddo, poiché Andreatta poi morì. Giorgio Napolitano, che si fece venire dubbi clamorosi all’epoca dell’appello di Piergiorgio Welby in nome del diritto di morire, potrebbe farsi venire un dubbio anche questa volta. Di segno contrario. In nome del diritto di vivere. Potrebbe recarsi sul sagrato del Duomo e deporre anche lui una bottiglia d’acqua. Potrebbe invocare una moratoria contro una pena di morte legale, comminata a una sorella delle suore Misericordine con le cautele della tortura umanitaria, affinché le mucose non si secchino e il disagio della disidratazione sia limitato.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/685
15 luglio 2008
La sete di Eluana
La procura generale invita alla cautela e riflette sul ricorso. Storie di “vite differenti”
Roma. La Procura generale di Milano deciderà entro la metà della prossima settimana se ricorrere in Cassazione contro il decreto con il quale la Corte civile d’appello ha autorizzato il padre di Eluana Englaro a staccare il sondino attraverso cui la ragazza viene dissetata e nutrita da sedici anni. Rispetto all’ipotesi che Beppino Englaro (come lui stesso ha annunciato di voler fare) possa procedere al distacco prima che la Procura generale decida o no il ricorso, il procuratore generale facente funzione, Gianfranco Montera, ha dichiarato inoltre che “se dovesse farlo, se ne assumerebbe la responsabilità”. Nel frattempo, l’hospice “Il Nespolo” di Lecco, al quale Englaro ha chiesto di ricoverare la figlia per farla morire, ha comunicato di poter accogliere Eluana solo se “già in uno stato terminale”.
C’è qualche granello di polvere, forse, nello spaventoso ingranaggio che condanna a morte per compassione una persona viva, assolutamente non terminale, che ha solo bisogno di acqua e cibo, come chiunque, per continuare a vivere. “Come consideriamo queste vite differenti? Perché di questo si tratta. Quella di Eluana è una vita differente, non una non vita”. Fulvio De Nigris è il papà di Luca, morto quindicenne nel 1998, dopo otto mesi di coma in seguito a un intervento chirurgico. In suo nome è stata fondata un’associazione (il sito è amicidiluca.it) che si occupa di persone in coma e delle loro famiglie, e in suo nome è nata a Bologna la Casa dei risvegli Luca De Nigris, struttura pubblica che “è considerata un modello terapeutico e riabilitativo unico. La Casa nasce dall’idea che il risveglio non è qualcosa che riguarda solo la persona in coma ma tutta la sua famiglia”.
“Una conclusione aberrante”. La sentenza della Corte civile d’appello di Milano, secondo De Nigris, “porta a una conclusione aberrante: con il sondino sei in stato vegetativo, senza sondino sei un malato terminale. Ma Eluana non è una malata terminale. Per questo, vorrei invitare tutti a fare un passo indietro, a considerare che cos’è la vita e che cosa è la vita nella difficoltà”. A preoccuparlo è soprattutto una constatazione: “Dopo il caso Terri Schiavo è stato detto che niente del genere sarebbe potuto succedere in Italia. Lo stesso Comitato nazionale di bioetica, nel suo parere su come valutare la somministrazione di cibo e acqua a persone in stato vegetativo, aveva escluso che quelli potessero essere considerati trattamenti sanitari”. Arrivano i giudici, “e scopriamo che la nostra tranquillità era infondata”. De Nigris sottolinea che “non sarebbe giusto dare giudizi sul papà di Eluana, che rispetto totalmente. Ma temo che la sentenza su sua figlia avrà ricadute negative per tutte le famiglie con persone in analoghe situazioni. Beppino Englaro ha parlato di legge ad personam, ma non sarà così”.
Nel giudizio della Cassazione che ha spianato la strada alla sentenza di morte per Eluana non spicca soltanto l’assurdità di quell’“univoco giudizio” di parenti e conoscenti che sostituisce la documentata volontà della persona. Arbitraria è anche l’idea, accolta dalla Cassazione, di poter “apprezzare clinicamente” lo stato vegetativo “irreversibile, senza alcuna sia pur minima possibilità, secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti, di recupero della coscienza e delle capacità di percezione”. De Nigris ricorda che “contro il concetto di irreversibilità si levano autorevoli voci scientifiche. Conosciamo casi nei quali la presunta e ‘accertata’ irreversibilità è stata smentita. I nuovi studi tendono infatti a non specificare nessun aggettivo (come ‘permanente’ o ‘persistente’) accanto a ‘stato vegetativo’. Sappiamo solo che ogni caso fa storia a sé”. E anche se il risveglio non arrivasse mai, quella che vivono le persone in stato vegetativo “è vita a tutti gli effetti”, insiste De Nigris. Nel senso comune non deve passare, aggiunge, “la sciatteria, la pigrizia, l’approssimazione. Sentiamo parlare del ‘calvario’ di Eluana, di ‘staccarla dalle macchine’. Questo nega il percorso delle persone che lottano per non perdere la speranza, e nega le buone pratiche e i buoni luoghi dedicati alle persone in stato vegetativo e alle loro famiglie”.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/693
ETICA & GIUSTIZIA
«La scelta di quei giudici? È frutto di una cultura che maltratta la vita umana, che ha prodotto le nuove linee guida della legge 40 o che propone l’aborto selettivo»
«Acqua per Eluana Portiamo in Duomo il simbolo della vita»
DA MILANO PAOLO LAMBRUSCHI
Acqua, simbolo della vita, da portare sotto il Duomo di Milano, in una piazza di civiltà simbolo della misericordia ambrosiana. È la proposta lanciata da Giuliano Ferrara sul «Foglio » di domenica scorsa per contrastare l’idelogia e la cultura che hanno scritto la sentenza Englaro. «Sia chiaro – chiarisce il direttore del Foglio – non me la prendo con il padre, di cui comprendo il trasporto psicologico e sentimentale. Nemmeno con i magistrati, anche se il loro coinvolgimento lo capisco meno. O con il partito radicale. Ma questa donna è in cura dalle suore Misericordine che hanno imparato ad amarla esprimendo la loro vocazione di amore cristiano. C’è insomma qualcuno che si prende cura di lei, come nel caso di Terry Schiavo in America. Anche lì c’era un pezzo della sua famiglia che voleva conservare il calore e la vitalità di quel corpo handicappato e senza i segni della coscienza vigile. Il motivo della sentenza è allora ideologico, si vogliono affermare a tutti i costi una bandiera e una religione civile».
E cosa sostengono?
«Prima del diritto di vivere, che diventa discutibile, c’è l’indiscutibile diritto-dovere di dare la morte come atto di liberazione. Non c’è forma di nichilismo più chiaro quando si afferma che se la qualità della vita non è standard, non vale».
E chi lo stabilisce
«La legge, lo Stato, i giudici... Tutte le decisioni antivita sono culturali, non ci sono responsabili precisi. Questa cultura viene sintetizzata bene dal film di Denys Arcand 'Le invasioni barbariche', racconto eutanasico cinematograficamente ben fatto, ma moralmente mostruoso. Semplificando, è un film sul ’68, sui reduci, sui modernisti, che vuole ribadire la diversità di questa comunità dagli uomini del passato. I quali morivano con un sentimento di speranza o disperazione e si misuravano con la sofferenza. Ma questa gene- razione no. Celebra la dignità della morte che non proietterebbe in un’altra vita, bensì realizza nel nulla la liberazione euforica dalla sofferenza e dal dolore. Così diventa una sorta di grande evento, non un aspetto dell’esistenza. Questo lo trovo terribile».
La sentenza di Eluana, come ha detto qualcuno, è stata scritta a più mani?
«Ma certo. È già scritta nei libri di Umberto Veronesi, nelle 'Invasioni barbariche', nelle polemiche scientiste che svalutano e maltrattano la vita umana, nelle nuove linee guida delle legge 40, quando si parla di aborto selettivo. Frutto di un atto di profonda sfiducia nella virtù della vita, nella sua forza morale, nel suo significato ».
Lei ha citato il «precedente Andreatta». Di che si tratta?
«Il presidente Napolitano, recandosi in visita a Bologna, volle visitare Beniamino Andreatta, che morì dopo pochi giorni. Così è stato protocollato al massimo livello che un malato in stato vegetativo da nove anni, è un uomo. Se ne tenga conto anche per la giovane lecchese».
La politica può ancora fare qualcosa?
«Intanto testimoniare socialmente e simbolicamente aderendo alla nostra campagna d’acqua per Eluana. Soprattutto può stabilire per decreto che è vietato sottrarre il sostentamento vitale agli ammalati in condizioni di non autonomia. Nessuna decisione pubblica può andare in questa direzione. Un conto è l’accanimento terapeutico, un conto stabilire che è lecito non alimentare più una persona. Questo dovrebbe essere vietato dalle leggi dello Stato».
Sul «Foglio» lei ha ricordato l’articolo del cardinale di Milano Tettamanzi pubblicato su 'Avvenire', definendolo in sostanza tiepido. Ieri un comunicato dei medici cattolici di Milano la invitava a riflettere sul ruolo del vescovo e dei laici. Ha riflettuto?
«Ho solo espresso un’umile critica da persona che non appartiene al gregge ambrosiano. Ma sono d’accordo con loro, in casi come questo è meglio che il vescovo eserciti maggiore prudenza, tocca al laicato farsi sentire e agire».
Proposta di Giuliano Ferrara per contrastare la cultura di morte che ha idealmente scritto la sentenza Englaro. «Ma adesso la politica deve intervenire. Va stabilito per decreto che è vietato sottrarre sostentamento vitale ai malati in condizione di non autonomia»
http://edicola.avvenire.it/ee/avveni...80715&goTo=A04
16 luglio 2008
Parla il direttore del centro di Bioetica dell'Università Cattolica di Milano
Per Pessina la domanda da porsi è: "Eluana avrebbe voluto morire così?"
"Una sentenza del genere avalla una discriminazione: Eluana non ha diritto ad essere alimentata"
Che il legame necessario tra vita e coscienza sia una vulgata, un pensiero dominante, è dimostrato dal caso di Eluana Englaro, la ragazza che a causa di uno stato di incoscienza pare non meriti di vivere. Un assunto avallato di fatto dalla sentenza del tribunale di Milano che ha concesso la sospensione degli alimenti che la tengono in vita. Sul rapporto tra vita e coscienza Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano, spiega al Foglio.it che “non è vero che l’assenza di coscienza è incompatibile con la vita. Nel dibattito prevale un’idea superficiale della coscienza, ridotta al semplice aspetto relazionale”. Eppure Eluana non reagisce agli stimoli, non comunica, non si nutre se non con un sondino nasogastrico: qual è il valore da salvare? “Il valore della persona sta nella sua identità, e l’identità è un dato di fatto che precede la coscienza. La coscienza opera il riconoscimento dell’identità, non la istituisce. L’offuscamento della coscienza è un’esperienza comune, e non parlo solo della malattia, del caso estremo, ma anche, ad esempio, del sonno”.
La sentenza del tribunale di Milano contiene punti oscuri e controversie. Obiezioni di marca liberale sono piovute sulla presunzione della volontà di Eluana, che, ancora sana, non avrebbe voluto vivere in queste condizioni. “Tutti – continua Pessina –, compreso il tribunale si sono chiesti se Eluana avrebbe voluto vivere così, mentre la vera domanda è: avrebbe voluto morire così? La ricostruzione, oltre a un errore intrinseco, di metodo, ne commette anche uno di contenuto, cioè tralascia ogni riferimento al retroterra cattolico di Eluana, un fatto che mi pare abbia più valore delle affermazioni sulle quali si sono basati i giudici”.
La coda della sentenza prevede un particolare trattamento, questo sì terapeutico, per “accompagnare” Eluana dopo l’eventuale sospensione degli alimenti. “Anche qui c’è un conflitto. E’ chiaro che l’intento è evitarle il dolore, ma come si può parlare di eventuali trattamenti per accompagnarla alla morte senza dolore, quando si è già stabilito che lei è incosciente? Se non ha coscienza non può avere sofferenza”. La decisione dei giudici rischia di indurre un nuovo modello teorico: “Proprio questo mi spaventa – spiega Pessina –, la sentenza vuole introdurre un’impostazione antropologica che lo stato laico, proprio perché laico e non confessionale, non può permettersi. Una sentenza del genere avalla una discriminazione: Eluana non ha diritto ad essere alimentata. La tutela della vita, invece, è laica proprio perché non risponde ad un’idea pregiudizialmente contenustica. Non si è vivi, e quindi titolari di diritti, solo a certe condizioni, solo se si ottempera a un’idea qualitativa della vita. Lo stato laico dovrebbe tutelare la vita in quanto dato di fatto inconfutabile”.
di Mattia Ferraresi
http://www.ilfoglio.it/soloqui/701
16 luglio 2008
Oggi sul Foglio l'intervista integrale
Per Vassalli nella sentenza della Corte d’appello su Eluana "mancano le basi giuridiche”
Il presidente Emerito della Corte Costituzionale: "Non riesco a trovare un fondamento giuridico positivo a favore di quelle decisioni giudiziarie”
Il penalista Giuliano Vassali, presidente emerito della Corte Costituzionale ed ex ministro della Giustizia, commenta gli ultimi sviluppi del caso Eluana Englaro: “Ognuno sta cercando una soluzione secondo le proprie vedute ideologiche, morali, religiose o non religiose. Io non voglio entrare nel merito di questi aspetti, ma solo della questione strettamente giuridica, di diritto positivo. E secondo il diritto positivo vigente italiano io non trovo una base per la decisione della suprema Corte di Cassazione”. Quella decisione è alla base del decreto esecutivo con il quale la Corte d’appello civile di Milano ha autorizzato pochi giorni fa il padre di Eluana a interrompere la nutrizione e l’idratazione della ragazza attraverso un sondino. Vassalli afferma di nutrire “il massimo rispetto nei confronti del giudice che ha firmato quella sentenza, la dottoressa Maria Gabriella Luccioli, la quale si era laureata con me in Diritto penale a Roma ed è stata la prima donna magistrato. Ma non trovo né nella decisione della Corte di Cassazione, né nel decreto esecutivo della Corte civile d’appello di Milano la base giuridica rispetto al diritto vigente. Decisioni simili a quelle riguardanti il caso Englaro le si può forse trarre da principi umanitari e ideali, ma certo non in base al diritto vigente. Sento parlare di continuo del fatto che sarà risolutivo il testamento biologico. Ma di per sé il testamento biologico non risolve proprio niente, esso dovrebbe essere elemento di una legge che disciplini la materia per intero. Il parlamento affronti, se vuole, la questione. Altrimenti le vie extralegali non sono ammissibili. Io almeno non ne vedo la praticabilità”. Così conclude il presidente merito della Corte costituzionale: “Ogni giorno sentiamo invocare la certezza del diritto, il principio di legalità, ma al dunque, di fronte a certi casi tragici, vogliamo aggirare quella certezza. Le leggi scritte esistono: possiamo discutere da punti di vista sentimentali, ideali, di principio. Ma dal punto di vista del diritto positivo non ci sono equivoci possibili. Non posso far altro che ribadire la mia impotenza a trovare un fondamento giuridico positivo a favore di quelle decisioni giudiziarie”.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/699
16 luglio 2008
Parte la raccolta firme di Scienza e vita
Acqua per Eluana, giovedì al Duomo. Bagnasco da Sydney: “Non possiamo tacere”
Da Sydney il cardinale Bagnasco dice che "il caso di Eluana deve far preoccupare e riflettere".
Roma. In attesa dell’appuntamento di giovedì pomeriggio alle 18.30 in piazza del Duomo a Milano, dove assieme a Tempi Giuliano Ferrara lascerà la sua bottiglia d’acqua per Eluana, anche il Movimento per la vita ambrosiano ha fatto sapere che “porterà simbolicamente una bottiglia d’acqua sul sagrato, in segno di protesta contro la sentenza del tribunale di Milano” e invita a ripetere il gesto lunedì 21 luglio alle 20.30 di fronte alla clinica di Lecco dove Eluana è ricoverata. Adriano Pessina, direttore del centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano, commentando l’iniziativa ha detto al Foglio: “Sono moralmente d’accordo con l’idea delle bottiglie, ma trovo una controindicazione: perché sul sagrato del Duomo e non davanti alla procura? Gli assetati del discernimento sono i nostri giudici”. Ieri il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha parlato da Sydney, dove si trova per la Giornata mondiale della gioventù, dicendo che “togliere idratazione e nutrimento a Eluana è come togliere da mangiare e da bere a una persona che ne ha bisogno. Non possiamo tacere la nostra preoccupazione se si dovesse procedere a una consumazione di una vita per una sentenza”. La replica di Beppino Englaro, padre della ragazza, è arrivata poche ore dopo: “Interrompere l’alimentazione artificiale a Eluana non è la consumazione di una vita, ma far riprendere un percorso naturale che è stato interrotto”.
Scienza e Vita ha lanciato ieri un appello per dire “no alla prima esecuzione capitale della storia repubblicana italiana, no alla sentenza di morte pronunciata da alcuni giudici italiani contro Eluana Englaro”. Raccogliendo firme all’indirizzo segreteria@scienzaevita.org, l’associazione chiede anche alla famiglia di Eluana di “accogliere l’invito di chi ha dichiarato di voler continuare ad assisterla amorevolmente: altro non è che un affidamento di amore. Al tempo stesso ci impegniamo a sostenere tutti gli sforzi per garantire la vita di Eluana”. All’appello hanno aderito molte sigle: tra queste il Forum delle Famiglie, Azione Cattolica, il Movimento per la vita, il Movimento cristiano dei lavoratori, le Acli e Rinnovamento dello Spirito. Anche molti politici di tutti gli schieramenti hanno aderito all’appello.
Di seguito il testo dell'appello di Scienza & Vita:
“No alla prima esecuzione capitale della storia Repubblicana italiana. No alla sentenza di morte pronunciata da alcuni giudici italiani contro Eluana Englaro”. In queste ore si può consumare un terribile dramma che potrebbe restare come una macchia indelebile sulla coscienza di tutto un popolo, quello italiano, che in tante occasioni ha invece manifestato un amore senza confini per la vita umana in ogni sua fase, dal concepimento e fino alla morte naturale. Fermare la mano di chi si appresta a togliere la vita dando attuazione alla sentenza di un tribunale – peraltro sostenuta da alcuni settori minoritari dell’opinione pubblica e della medicina – è a questo punto un dovere insopprimibile per tutte le coscienze libere di questo Paese. E lo pretende il rispetto delle stesse leggi italiane che non ammettono l’eutanasia, tale essendo ciò che si sta per commettere.
Per questo ci rivolgiamo a tutta l’opinione pubblica, ai mondi della cultura e della scienza, del diritto e dell’economia, dell’informazione e del sociale perché con noi, e accanto a noi, sappiano pronunciare un grande “Sì” alla vita e un “No” insuperabile alla condanna a morte di Eluana. Chiediamo di sottoscrivere questo nostro appello che contiamo possa essere recepito da quanti sono in grado, attraverso gli strumenti della giustizia e della politica, di fermare questa orribile escalation. Invitiamo inoltre la famiglia di Eluana ad accogliere l’invito di chi ha dichiarato di voler continuare ad assisterla amorevolmente: altro non è che un affidamento di amore. Al tempo stesso ci impegniamo a sostenere tutti gli sforzi per garantire la vita di Eluana.
I presidenti Maria Luisa Di Pietro e Bruno Dallapiccola
Le adesioni a questo appello dovranno essere inviate all’indirizzo mail segreteria@scienzaevita.org o via fax al numero 06/68195205
http://www.ilfoglio.it/soloqui/691