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Risultati da 1 a 7 di 7
  1. #1
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    L'ignoranza del pubblico è un fattore necessario per il buon funzionamento di una politica governativa inflazionistica. Ludwig von Mises
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    Predefinito Imprese italiane: Globalizzazione? Si, grazie

    ROMA - Le imprese italiane approfittano del mini dollaro per conquistare prede all'estero. Mentre gli italiani continuano ad essere divisi sulla globalizzazione, le società nostrane non sembrano affatto intimorite dal mercato globale: negli ultimi quattro anni, infatti, il dinamismo delle aziende tricolori ha fatto crescere il valore delle operazioni all'estero da 4 a 60 miliardi di euro e ha trasformato il 2007 in un anno record per le operazioni di fusione e acquisizione, sfruttando il 'minidollaro' e le potenzialità dell'economia Usa come mercato di sbocco.

    Il rapporto Censis-Wss 'Imprese italiane: globalizzazione? Si' grazie', elaborato per il World Social Summit, che si terrà a settembre organizzato dalla Fondazione Roma, evidenzia che mentre gli italiani restano divisi sul fenomeno della globalizzazione (per il 50% conserva un valore positivo, il 37% ne dà un giudizio negativo e il 13% è incerto), c'é una "minoranza attiva che allarga la propria rete di attività oltre confine e gioca un ruolo da protagonista nel mondo globale": sono le numerose imprese italiane che negli ultimi anni "hanno saputo rimodellarsi in funzione dei nuovi mercati internazionali, giocando un ruolo di traino per tutto il sistema Paese". Nel concreto, mentre tra il 2002 e il 2007 tutte le principali economie mondiali, esclusa la Germania, hanno visto ridurre sensibilmente il proprio peso nel commercio internazionale, a vantaggio di Cina e paesi emergenti, l'Italia invece ha mantenuto pressoché invariato il proprio contributo all'interscambio mondiale (dal 3,9% del 2002 al 3,5% del 2007) e ha conservato il proprio settimo posto nella graduatoria dei principali paesi esportatori.

    Il dinamismo dell'Italia sui mercati internazionali è certificato dall'aumento del numero delle fusioni e acquisizioni di aziende italiane su imprese estere, che in quattro anni è salito da 32 a 116, portando il controvalore da 4 a 60,2 miliardi di euro. Incoraggianti anche i dati sul 2008: a marzo sono state concluse 25 operazioni, per un valore di circa 8,3 miliardi di euro. Il 2007, in particolare, è stato un "anno record" per le operazioni di merger & acquisition: sfruttando il 'minidollaro' e le potenzialità dell'economia Usa come mercato di sbocco, rileva l'indagine, le aziende italiane sono state tra le più attive negli Usa (21 acquisizioni, contro 13 per la Germania, 10 per l'Inghilterra e 9 per la Francia), dimostrando in generale un dinamismo maggiore di quello dei partner stranieri nei confronti dei marchi italiani (a fronte di 116 operazioni italiane all'estero, quelle di imprese straniere su aziende italiane sono state solo 82, per un controvalore di soli 27,4 miliardi di euro). Il dinamismo delle imprese italiane, conclude l'indagine, è confermato anche dai dati Istat sull'internazionalizzazione attiva degli operatori italiani, da cui emerge che il 13,4% delle aziende italiane con almeno 50 addetti (l'8,3% del totale) ha già trasferito all'estero parte delle funzioni svolte in Italia o avviato nuove attività (7,3%), mentre un altro 6% ha già in programma di trasferire oltre confine alcune attività aziendali entro il 2009.

    http://www.ansa.it/opencms/export/si...731063790.html

  2. #2
    "CATTOCOMUNISTA"
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    Beh ovvio col super euro è tempo di shopping.

  3. #3
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    Si , però c'è chi non lo capisce , e non parlo di gente comune , ma di persone piazzate alla guida del ministero dell'economia......

  4. #4
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    Che la globalizzazione faccia bene alle imprese ed ai ricchi lo sapevano pure i sassi. Il problema è che fa' male ai lavoratori, ai poveri e persino alla piccola borghesia. Ci sono molte inchieste che dimostrano, in Italia ad esempio, che la ricchezza dei lavoratori, in termini di percentuale del pil, con la globalizzazione è calata mentre è cresciuta quella delle imprese. E ci sono analoghe inchieste che dimostrano che il divario tra ricchi e poveri nel mondo è in deciso aumento con la globalizzazione. E che ci sono fette di strati sociali borghesi che si stanno declassando a proletariato.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da seven77 Visualizza Messaggio
    Che la globalizzazione faccia bene alle imprese ed ai ricchi lo sapevano pure i sassi. Il problema è che fa' male ai lavoratori, ai poveri e persino alla piccola borghesia. Ci sono molte inchieste che dimostrano, in Italia ad esempio, che la ricchezza dei lavoratori, in termini di percentuale del pil, con la globalizzazione è calata mentre è cresciuta quella delle imprese. E ci sono analoghe inchieste che dimostrano che il divario tra ricchi e poveri nel mondo è in deciso aumento con la globalizzazione. E che ci sono fette di strati sociali borghesi che si stanno declassando a proletariato.
    la asimmetria di chi guadagna e di chi perde con la globalizzazione, nel medio periodo (nel lungo ci guadagnano tutti) sicuramente esiste.
    ma non e' quella che dici tu.
    dalla globalizzazione guadagna il paese che e' competitivo, e perde il paese che non e' competitivo.

    per questo e' sconcertante lo strabismo di tremonti: vede gli USA in crisi e propone i dazi per l' italia (che e' in crisi, ma perche' e' poco aperta, non troppo).

    poi i meccanismi redistributivi funzionano male, amplificando le differenze anziche' cercando di smussarle, il che non trasmette linearmente i benefici.

    ma che dalla globalizzazione l' italia abbia tutto da guadagnare sembra indiscutibile.

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da robert jordan Visualizza Messaggio
    la asimmetria di chi guadagna e di chi perde con la globalizzazione, nel medio periodo (nel lungo ci guadagnano tutti) sicuramente esiste.
    ma non e' quella che dici tu.
    dalla globalizzazione guadagna il paese che e' competitivo, e perde il paese che non e' competitivo.

    per questo e' sconcertante lo strabismo di tremonti: vede gli USA in crisi e propone i dazi per l' italia (che e' in crisi, ma perche' e' poco aperta, non troppo).

    poi i meccanismi redistributivi funzionano male, amplificando le differenze anziche' cercando di smussarle, il che non trasmette linearmente i benefici.

    ma che dalla globalizzazione l' italia abbia tutto da guadagnare sembra indiscutibile.
    E no, te stai facendo il furbo. I meccanismi redistributivi non è che funzionano male, è che con la globalizzazione devi essere competitivo, ma se redistribuisci togli soldi alle imprese (e questo mi sembra ovvio, no?) che diventano meno competitive. Ed i governi per vincere la sfida della competizione estrema sono "costretti" a tagliare le politiche sociali e le politiche redistibutive. Ricordi la politica dei due tempi di Prodi? Prima si risanano i conti e si fa' ripartire l'economia e poi si redistribuisce. Ma la seconda fase non arriva mai. Esattamente quello che accadrà, quello che tu auspichi nel lungo periodo non arriverà mai. Al contrario tutti siamo costretti ad una corsa verso il basso (altro che livellamento verso il basso del comunismo!) più lavoro, meno salario, meno tempo libero, meno famiglia. E sarà così anche per i piccoli imprenditori, con una differenza: invece di "meno salario" per loro almeno sarà "più profitti".

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da seven77 Visualizza Messaggio
    E no, te stai facendo il furbo. I meccanismi redistributivi non è che funzionano male, è che con la globalizzazione devi essere competitivo, ma se redistribuisci togli soldi alle imprese (e questo mi sembra ovvio, no?) che diventano meno competitive. Ed i governi per vincere la sfida della competizione estrema sono "costretti" a tagliare le politiche sociali e le politiche redistibutive. Ricordi la politica dei due tempi di Prodi? Prima si risanano i conti e si fa' ripartire l'economia e poi si redistribuisce. Ma la seconda fase non arriva mai. Esattamente quello che accadrà, quello che tu auspichi nel lungo periodo non arriverà mai. Al contrario tutti siamo costretti ad una corsa verso il basso (altro che livellamento verso il basso del comunismo!) più lavoro, meno salario, meno tempo libero, meno famiglia. E sarà così anche per i piccoli imprenditori, con una differenza: invece di "meno salario" per loro almeno sarà "più profitti".
    sbagli analisi. il gioco non e' un a somma zero.
    la politica dei due tempi avrebbe funzionato, se quelli che ne avrebbero beneficiato non fossero diventati impazienti (per votare lega, molti di loro).
    le economie dei paesi sviluppati sono in larga misura basate sui mercati interni, quindi e' bene per il sistema avere le risorse per aumentare i consumi.

    la corsa verso il basso c'e' solo a bocce ferme (con gli inetti che abbiamo al governo adesso).

    le politiche fiscali "tolleranti" verso l' evasione consentono l' esistenza di attivita' incompatibili col nostro tenore di vita.
    in una societa' sana queste attivita' verrebbero chiuse, e chi ci lavora andrebbe a fare altro, di piu' alto profilo (a napoli, per dire, gli aerei anziche' i guanti. o altro: ma non i guanti negli scantinati, perche' li coi cinesi abbiamo perso senza discussioni).

    solo che perche' questo succeda non dovremmo utilizzare l' evasione fiscale come meccanismo di incentivazione per attivita' economicamente non sostenibili. ovvero dovremmo essere piu' aperti e coraggiosi, e non timorosi e chiusi.

    con i geni che ci governano e' tempo perso (sono quelli che invece di vedere l' opportunita' del mercato cinese ci litigavano dandogli dei "bollitori di bambini").

    peccato.
    d' altra parte decidere che per essere piu' sicuri occorre rischiare di piu' richiede intelligenza e fantasia, non la prosopopea dei brunetta, dei tremonti e del capolocusta.

 

 

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