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    Predefinito L' Indipendente di Funari

    Con l'eccezione di un breve articolo di Maurizio Molinari sulla Stampa, e di Andrea Mattei, sul sito di Max, i media italiani hanno dimenticato di ricordare gli incredibili mesi di Gianfranco Funari alla direzione dell'Indipendente.
    Un periodo che per chi allora era leghista fu -e lo dico col senno di poi- decisivo.

    Ecco l'articolo di Andrea Mattei.




    Alle biografie postume dedicate a Gianfranco Funari manca un capitolo. All'indomani della morte del famoso showman, la maggior parte dei giornali ha infatti dimenticato di raccontare l'avventura di Funari alla direzione del quotidiano L'Indipendente. È un peccato perché, per quanto breve, quell'esperienza fu sicuramente emblematica per capire la peculiarità, l'eccentricità e anche il delirio di onnipotenza del personaggio. All'epoca ero redattore dell'Indipendente. E così ne scrissi a caldo.



    Milano, via Valcava 6, una mattina di inizio estate. «A rega', io so' cattivo, cattivissimo…», è l'esordio di Gianfranco Funari in redazione. «Vedete - e mostra la floridissima dentatura a un'attonita assemblea -, vedete, io c'ho i pezzi de carne in mezzo ai denti… - pausa -. Ma in realtà io so' vegetariano… - altra pausa -: questa è carne umana…!». Ammutoliti, i giornalisti dell'Indipendente non oppongono resistenza al primo show dal vivo del nuovo direttore editoriale del quotidiano fondato da Ricardo Franco Levi. Inizia così, il 6 luglio 1994, l'avventura del Giornalaio più famoso d'Italia all'Indipendente, quarto direttore (in tre anni) di un quotidiano dalle alterne fortune, passato dal (fallimentare) english style di Ricardo Franco Levi all'urlata versione Feltriana (ricca di successi di vendita) fino alla direttora sul divano Pia Luisa Bianco. In realtà, Funari non firmerà mai alcun contratto con l'editore Zanussi. Sulla poltrona di direttore responsabile siederà infatti Luigi detto Gigi Bacialli, giornalista dal ricco curriculum, caporedattore della Voce di Indro Montanelli e ospite fisso delle trasmissioni tivù di Funari.
    JE LA FAMO…Funari arriva in via Valcava con la sua Bentley verde-bottiglia. Completo fresco di lana chiaro, panama bianco in testa, bastone in una mano, con l'altra saluta uno a uno i redattori rassicurandoli sulla sorte dell'Indipendente: «A rega', je la famo», dice a ognuno. «Nun se move foglia che Gianfranchino nun voglia. Vedrete che je la famo…». Quel je la famo diventa un po' il suo motto, tanto da finire anche in prima pagina: è il 10 luglio, la nazionale di Sacchi ha battuto la Spagna nei mondiali degli Stati Uniti e l'Italia del pallone comincia già a sognare la quarta Coppa del Mondo. L'Indipendente titola in prima pagina: “A Sacchi, je la famo?”. Non je la fece né l'Italia di Sacchi né L'Indipendente, che di lì a quattro mesi cessò le pubblicazioni.
    PRIMA PAGINA Scrive in quei giorni Francesco Merlo sul Corriere della Sera: “Funari vorrebbe che i titoli del suo giornale ballassero come fanno le ragazze in tivù, guarda la prima pagina e dice: Ha un difetto, nun se move…”. E in effetti non è possibile raccontare L'Indipendente di Funari senza passare in rapida rassegna le prime pagine di quella torrida estate. Il primo numero firmato dal Giornalaio è in edicola il 7 luglio. La prima pagina è occupata per metà da una foto di gente comune. Su di essa, di traverso, il titolo: “L'informazione? Ecco gli esclusi”. Sotto, i due editoriali firmati da Funari e Bacialli. Nel primo, titolato “Per me il cittadino è dio” (con la “d” minuscola…), Funari spiega che “questa è una giornata un po' particolare, devo trovare gli equilibri giusti, perché talvolta, per carattere e cultura, sono portato a dire sempre e comunque quello che penso. Ecco perché sulla porta del mio ufficio ho appeso questa massima: Non dire ciò che pensi, ma pensa ciò che dici”. Nel secondo editoriale, Bacialli rassicura i lettori (o forse i colleghi di via Valcava?) che “Il Giornalaio è un giornalista, parola mia”. D'altronde, con le sue parole, Gigi Bacialli era già riuscito a rispondere alle (peraltro blande) perplessità della redazione: intervenendo in assemblea aveva spiegato ai giornalisti di avere “due soli, impareggiabili, maestri: Indro Montanelli e Gianfranco Funari”. Sarà per questo che, nei giorni successivi, molti redattori, evidentemente rassicurati sull'affidabilità del nuovo direttore editoriale, cominciarono la tradizionale anticamera, in attesa di essere ricevuti alla corte del maestro Funari per una questua che caratterizza ogni cambio di direzione nei quotidiani italiani. L'8 luglio, sotto un occhiello che racconta la notizia (“Sette marittimi italiani sgozzati nel sonno in un porto algerino”) il titolo a tutta pagina è più che altro un moto dell'animo: “Ma in che mondo viviamo!”. Sono gli umori di Funari a finire in prima pagina, gli umori della ggente… Così, arriva il primo weekend della gestione Funari in via Valcava. Il titolo che apre la prima, a caratteri cubitali, è ancora ricordato in redazione con un misto di affetto e disperazione: semplicemente “BUONA DOMENICA”. E non è un caso, forse, se su quella stessa prima pagina compaiono due editoriali dal titolo emblematico: “Noi giornalisti, liberi e sfigati” (del - libero o sfigato? - Bacialli) e “Ridateci il futuro” (di Ermanno Corbella, mitico regista e ispiratore delle trasmissioni funariane). Inutile ricordare le telefonate di fuoco di quelle sere, tra un Funari che dal mare della Liguria immagina prime pagine pirotecniche, e un Bacialli che in redazione tenta impossibili mediazioni. Inutile ricordare come nascevano altre volte quelle prime pagine in via Valcava, con Funari a torso nudo in bagno, porta spalancata, a farsi la barba che grida «A Bacia'! Che ne pensi se sparamo in prima un bel Viva la libertà…?». E, inutile dire che il giorno dopo il titolo dell'Indipendente sarà, per l'appunto, un enorme “W la libertà”. E così andando, di prima pagina in prima pagina: da “Italia contro” a “Parole, parole, parole”, da “Il mondo è ammalato. E l'Italia anche…” a “Italia, buiopesto”, fino al “CORTO CIRCUITO” che sintetizza una qualsiasi giornata politica con un titolino aggiunto che spiega che “Il cittadino italiano è in stato confusionale”. L'8 settembre per L'Indipendente è il giorno del decalogo per risanare il Belpaese, “sparato”, manco a dirlo, in prima pagina. L'Italia fa da sfondo al titolo “TERAPIA D'URTO” e ai dieci punti che dovrebbero cambiare le sorti del Paese: si va dalla Pace (“Il Papa dovrebbe stabilirsi a Sarajevo”) alla Giustizia (“Elezione diretta dei giudici da parte dei cittadini”), passando per il Turismo fino alle Pensioni (“Il debito pubblico ride e i pensionati piangono”). In calce, scritto a penna dallo stesso Funari, il commento: “Il resto è fandonia”, con firma autografa.
    PIANO EDITORIALE Nei giorni che seguirono la chiusura del giornale, Funari convocò una conferenza stampa per respingere le accuse di quanti lo additavano quale responsabile del tracollo. Solo in quell'occasione presentò il piano editoriale che aveva messo a punto per L'Indipendente. Si tratta di tre stringate paginette dattiloscritte. Eccone alcuni stralci significativi. “La linea terrà conto in modo primario della voce del cittadino e rispecchierà quella che è sempre stata la filosofia delle mie trasmissioni televisive”. “Dovranno essere immesse le seguenti rubriche: Giudizi dal mondo; Voi genitori, scritta dai figli sul rapporto coi genitori; Agenzia matrimoniale, che seguirà la falsariga firmata dalla stessa conduttrice del programma televisivo; Palinsesto Televisione che non c'è, cioè pubblicare giornalmente il palinsesto della televisione che non c'è…”. “Ogni sei mesi il direttore dovrà incontrare per una cena organizzata i maggiori edicolanti di Roma, Milano, Torino e Napoli”.
    W L'INDIPENDENTE Il 30 settembre la crisi del quotidiano di via Valcava giunge al suo culmine. Sulla prima pagina del giornale un solo grande titolo (“W L'INDIPENDENTE Basta con la telenovela Funari-Zanussi”), le foto dell'editore e del Giornalaio, e due articoli: uno di Bacialli e l'altro firmato dall'assemblea di giornalisti e poligrafici. Il fondo del direttore - che occupa quasi l'intera pagina - inizia con un “Cari lettori, questo giornale è arrabbiato e il capo degli arrabbiati sono io!”, e prosegue accusando Funari (il suo maestro...) e Zanussi di aver portato il giornale al collasso. Il comunicato dell'assemblea è un misto di rabbia e rassegnazione. Inizia così: “Noi all'Indipendente abbiamo cercato di credere a Funari. Per la verità non siamo mai riusciti a farlo fino in fondo. Il suo ingresso nella redazione era stato scioccante: panama in testa, bastone da passeggio, occhiali nerissimi, tutto perfetto. Non così le sue idee e quelle della corte dei miracoli al suo seguito: registi, segretarie, consulenti, amministratori. Tutti insieme in un'assemblea dove sono volate parole memorabili: «Vi dirò una cosa che vi darà fastidio. Io so' ricco, ma tanto ricco: nun c'ho i milioni, c'ho i miliardi». E poi: «Macché ristrutturazioni! Con me i posti di lavoro aumenteranno e se proprio ce sta uno da licenzia', è Zanussi». Così parlò Funari…”. L'Indipendente chiuderà un mese e mezzo dopo, sommerso dai debiti e dall'incoscienza.

    A cura di Andrea Mattei

    http://max.rcs.it/news/0808_08news_funari.shtml

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    me ne ricordo bene. io avevo resistito anche alla signora bianco sul canapé, ma con funari ho smesso di comprare l'indipendente.

 

 

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