Compagni... leggendo i dibattiti delle scorse settimane sull'esperienza della Federazione Socialista di Yugoslavia provo a sviluppare un ragionamento il quale, lungi da esserecompiuto, spero che possa essere arricchito. Nonostante le vacanze che incombono!
Dopo la morte di Lenin e la nota guerra per la successione, Stalin impose come sappiamo la priorità, a mio avviso giusta, di tentare l'affermazione del socialismo, pur in un Paese accerchiato dal capitalismo internazionale, luce e speranza per gli oppressi di tutto il mondo. Fatto che, stimolando importanti rivolte di liberazione e di conquiste anche in occidente, si è effettivamente realizzato.
I soviet, nel suo " principi del leninismo" o meglio, il potere sovietico è una forma nuova di organizzazione statale, diversa dalla forma borghese-parlamentare, è un nuovo tipo di Stato. La frase precedente è di Stalin.
Quindi i soviet vengono visti solo in relazione allo Stato, perdendo il carattere di autonomia presente nei soviet. Viene meno l'idea del soviet come elemento di autogoverno che in un futuro avrebbe favorito il deperimento dello Stato stesso.
Ovviamente è da ricordare la situazione storica di necessità vitale nel mantenere lo Stato come strumento di difesa del proletariato vittorioso contro le classi dominanti.
Il punto fondamentale è che si è andato configurando un sistema di potere in cui il socialismo venne visto quasi esclusivamente come realizzazione di determinati rapporti di produzione e di scambio, sempre meno invece come modo di gestione politica della società. Lo Stato come sovrastruttura e come mezzo principale del cambiamento sociale, ruolo che doveva spettare ai cambiati rapporti di produzione. L'organizzazione doveva svolgersi all'interno della società, un volta eliminata la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Tema dell'autogoverno dunque, tema caratteristico della visione diversa del socialismo di Tito e della esperienza Yugoslava.
La riflessione di Tito muove da un punto di vista marxista e leninista fondamentale; ossia il carattere alienante dello Stato per sua natura, la sua tendenza a separarsi dalla società. Visto il pur sempre "angusto limite borghese" quando si parla di Stato si deve parlare di separazione tra Stato e popolo. Sappiamo come il partito comunista si sia legato in modo indissolubile allo Stato sovietico.
In Tito conta il modo in cui la società gestisce la proprietà.
Durante la costruzione del socialismo Tito sostenne:" analizzando il fatto che "l'operaio si poneva nei confronti del suo lavoro come se si trovasse in un rapporto ancora salariale... continuando ad essere alienato dai mezzi di produzione e non poteva mutare in nulla le posizioni produttive che appartenevano all'apparato statale". Da qui Tito sostenne che era necessario bloccare il processo di statalizzazione della società che impediva un effettivo sviluppo socialista della società.
Da qui la deduzione titina a mio avviso fondamentale, ossia che il partito comunista doveva distanziarsi dall'apparato statale per non perdere le sue qualità di partito rivoluzionario e per non diventare una parte esercitante il potere, da qui l'idea che i beni dello Stato andassero socializzati e gestiti dai diretti produttori. Dove le aziende stesse dicidono la produzione, ammodernamenti e ripartizione al lavoro.
L'idea cioè che il socialismo non consiste soltanto nella abolizione de della proprietà privata dei mezzi di produzione ma è anche caratterizzato dal modo in cui si compie l'abolizione. Dopo la fase iniziale comune di nazionalizzazione questo primo metodo perpetuò in URSS, dove lo stato continuò ad operare una funzione alienante verso la società, dove i lavoratori sono estraniati dal prodotto del proprio lavoro, continuando ad essere salariati. Il partito diventa il supremo amministratore e dispensatore di privilegi di tutta la società, come avvenne in altri paesi socialisti, Romania in primis.
I comunisti Yugoslavi modificarono i compiti del partito, alleggerendone l'apparato e reinserendolo nella società e nella lotta di classe. Quest'ultima che poteva riacutizzarsi visto il rischio di reastaurazione di forme di privilegio capitalistico grazie al sistema di autogoverni locali.
Si è tentato, insomma di escludere il partito da compiti amministrativi per attribuirgli compiti politici, di guida alla lotta dell idee, elemento di coesione tra la società e i lavoratori. Inserirei qui anche l'esempio cubano e il ruolo del Partito Comunista di Cuba.
Il mio punto di vista è profondamente lontano da chi critica a priori l'esperienza sovietica, a cui riconosco meriti giganteschi di emancipazione sociale e politica, con influenze mondiali.
Da Comunisti dobbiamo guardare alla nostra storia come bagagli da portare nel futuro, analizzandone il contenuto, senza alcuna abiura ma da marxisti quali siamo.
Auguro a tutti buone vacanze. Da domani qualche giorno di mare me lo faccio!