Se c'è un uomo che ancor oggi incarna fedelmente gli ideali della destra americana questi è Pat Buchanan, repubblicano conservatore da sempre e oggi coscienza critica di un partito allontanatosi sempre più dalle tradizionali linee seguite al tempo di Nixon e Reagan, dei quali il vecchio Pat è stato fedelmente al servizio.
In questi tempi dove è facile smarrirsi nelle paludi del trasformismo politico, il buon Pat rappresenta quell'ancora a cui aggrapparsi per non perdere di vista in contenuti della vestra vera, che in America è attualmente rappresentata dal gruppo intellettuale dei paleoconservatori.
In questa intervista del 2006 vi è tutto il pensiero di Pat Buchanan dalla difesa dei valori tradizionali al trauma di una nazione ormai sfigurata dai flussi immigratori che minano ogni lealtà interna e impediscono la coesione nazionale. La sincerità con la quale Buchanan sente la perdita della "sua" America è drammatica e insieme commovente. Non è più tempo di vecchi miti ed eroi. La Vecchia America non esiste più e noi che da lontano l'abbiamo tanto amata non possiamo che piangerla con te, caro, vecchio Pat...
Florian
DIECI DOMANDE A PAT BUCHANAN
di Jeff Chu
Non apologicamente conservatore e infallibilmente provocatore, Pat Buchanan è stato a sparare da destra per la maggior parte degli ultimi quattro decenni. Nel suo nuovo libro, Stato d'emergenza – in uscita questa settimana - il politico e l’onnipresente sapientone si confronta con ciò che egli chiama l’immigratoria "invasione e conquista dell’America". Buchanan, 67 anni, ha parlato con Jeff Chu di TIME dell’identità americana, del perché i conservatori perderanno le guerre culturali e delle ricompense per essere un amante dei gatti.
Gli Stati Uniti sono in uno stato di emergenza?
Se non otteniamo il controllo dei nostri confini e fermiamo la più grande invasione nella storia, vedo la dissoluzione degli Stati Uniti e la perdita del Sud-Ovest americano - culturalmente e linguisticamente, non politicamente – a vantaggio del Messico. Potrebbe diventare una parte del Messico nel modo in cui il Kosovo è ora una parte di Albania.
L’hai paragonata all’ondata immigratoria dei Visigoti che saccheggiarono Roma. E’ giusto?
La mia previsione è che l'America non sarà più una nazione, ma assomiglierà più all'Impero Romano - un conglomerato di razze e culture tenute insieme da un regime. La nazione nella quale sono cresciuto era culturalmente unita, anche se era razzialmente divisa. Parlavamo la stessa lingua, avevamo la stessa fede, ridevamo dinanzi agli stessi comici. Eravamo un’unica nazionalità. Si è finito di esserlo quando si sono avute centinaia di migliaia di persone intenzionate a mantenere la loro propria cultura, la propria lingua, la loro proprie lealtà. Che cosa abbiamo in comune che ci rende individui americani? È semplicemente la cittadinanza? O è sangue, suolo, storia ed eroi?
Il tuo discorso alla Convenzione Repubblicana del ’92 mise un'altra guerra culturale all'ordine del giorno. Che la sta vincendo?
Non è una battaglia di destra e sinistra, ma di giusto e sbagliato. Che cosa crediamo riguardo all'aborto? Che cosa crediamo sui diritti dei gay? La sinistra ha trionfato nel cogliere le vette della cultura - i media, Hollywood, la comunità accademica - ed è ferocemente competitiva nell’agone politico. Non credo che uno con le posizioni di Bill Clinton avrebbe potuto essere eletto nel 1972, diciamo. E non avremmo discusso del matrimonio gay negli anni ‘70. La gente avrebbe detto, "Siete matti?"
Pensi che il matrimonio legale per gay sia inevitabile?
I tradizionalisti hanno ancora il sopravvento, ma non c'è dubbio che la tendenza sta facendo il suo corso. E non è un corso conservatore.
I conservatori possono vincere le guerre culturali?
Quelli di noi sulla destra hanno perso terreno dagli anni ‘70 e '80. In ultima analisi, possiamo vincere? Credo che ci sarebbe bisogno di una riconversione del paese ad un punto di vista tradizionalista, cristiano - e non mi pare stia accadendo.
Hai corso tre volte per la Presidenza, l’ultima volta nel 2000. Lo farai nuovamente?
Il popolo americano ha parlato in merito alla questione. Ma ho amato fare campagna elettorale. Ovunque tu vada, mi dicevano, "Vai, Pat, vai!" E' come nei play-off della NFL, e tu sei il capitano di una delle squadre. Ma come disse una volta Enoch Powell [politico britannico], "Tutte le esperienze politiche finiscono con un fallimento."
Come giudichi il Presidente Bush?
Su alcune cose - la Corte suprema, i tagli fiscali – gli dò un A-Plus. Sulla politica estera, dargli un incompleto. Se non migliora, sarà un fallimento. Non credo che l'interventismo sia il modo per affrontare il problema della montante rivoluzione islamica. Siamo visti nel Medio Oriente come un potere imperiale che impone regimi corrotti e dà a Israele i mezzi necessari per fare ciò che ha fatto in Libano. Il Presidente è assai vituperato.
Suona un po' come Cindy Sheehan!
Chiunque conosce Pat Buchanan sa che non si hanno rapporti con Cindy Sheehan qui. [Risate]
Mi ha sorpreso di leggere che l’associazione per i diritti degli animali PETA ti ha conferito un premio lo scorso anno.
Sono sempre stato un amante dei gatti, e la mia rivista ha presentato un paio di articoli che dicevano: "Fermiamo le crudeltà verso gli animali." Sono sempre stato disgustato da questo, anche se non sono un vegetariano.
Confesso di pensare sempre che Pat Buchanan sembri prendere le cose in modo molto serio. Cosa ti fa ridere?
Leggere i giornali. Tante assurdità e cose senza senso stanno accadendo.
TIME, 20 agosto 2006
traduzione di Florian
L'intervista originale è presente al sito:
http://www.time.com/time/magazine/ar...229098,00.html