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  1. #1
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    Predefinito Federalismo. Un salto nel buio ?

    UNA RIFORMA POCO DISCUSSA

    Il paradosso del federalismo



    di Angelo Panebianco



    Non conosciamo ancora le sole cose che davvero contino in questa materia, e cioè i dettagli, ma siamo comunque abbastanza sicuri del fatto che stiamo per diventare (qualunque cosa ciò concretamente significhi) uno Stato «federale ». Dopo decenni di sforzi, alcuni coronati da successo e altri meno, di spostamento di poteri e competenze verso la periferia, Regioni e enti locali, sta per arrivare il «federalismo fiscale». Che del federalismo politico, almeno in linea di principio, è l'anima, la struttura portante. Lo reclama la Lega, lo hanno promesso Berlusconi e Tremonti, lo vogliono anche le Regioni e le amministrazioni locali, soprattutto del Nord, guidate dal centrosinistra.
    Certo, saremo comunque uno Stato federale un po' strano, uno Stato federale con i prefetti: rimarremo, cioè, una mescolanza di vecchio centralismo napoleonico e di nuovo federalismo. Ma non c'è dubbio che se davvero arriverà il federalismo fiscale (se non sarà solo un bluff) la fisionomia del nostro sistema statale cambierà. Non subito, magari. Ma col tempo cambierà, e di parecchio. Però, c'è un però. Forse eravamo distratti quando la spiegazione è stata data ma non abbiamo ancora capito come la classe politica giustifichi di fronte al Paese una simile rivoluzione istituzionale e costituzionale. Non mi si fraintenda. Magari è un'idea eccellente (al Nord ne sembrano convinti quasi tutti, anche se poi, scavando un po', si scopre che ciascuno ha in mente un federalismo diverso da quello del suo vicino) ma bisognerà pur spiegarla al Paese, possibilmente andando al di là degli slogan e della propaganda di derivazione prevalentemente leghista. Per esempio: quale sarà l'utilità del federalismo fiscale, se c'è, per il Mezzogiorno?
    Mentre si prepara una rivoluzione istituzionale, almeno potenzialmente, di immensa portata, come il federalismo fiscale, il Sud è silente. Sembra che la sola preoccupazione della classe politica meridionale sia quella di assicurarsi «compensazioni» adeguate (la quota del gettito fiscale che le Regioni più ricche dovranno comunque trasferire, tramite lo Stato centrale, alle Regioni più povere). Tutto qui? Il Sud non ha altro da dire? Solo garantirsi di essere sussidiato per l'eternità? In epoche intellettualmente più felici per il Mezzogiorno è esistito un pensiero meridionalista di grande qualità e spessore che ha guardato anche al federalismo come a un possibile motore di sviluppo, a unmezzo di emancipazione economica e sociale. Di quell'epoca e di quel pensiero non è rimasto nulla? Oggi non sembra arrivare alcun contributo di idee e di proposte alla «impresa federalista» dal Mezzogiorno d'Italia. Il federalismo parla solo, o prevalentemente, con accenti e inflessioni del Nord. Forse è anche per questo che la classe politica ha qualche difficoltà a presentarlo come un grande progetto per il Paese nel suo insieme.
    L'assenza di spiegazioni articolate alimenta voci e chiacchiere. Come quella secondo cui solo con il federalismo fiscale si potranno ridurre le tasse. Questa, se permettete, è una bugia. Il livello di imposizione fiscale può benissimo scendere anche in uno Stato centralista. Anzi, col centralismo, di solito, è più facile decidere di ridurre la pressione fiscale. Il federalismo, per contro, può anche far lievitare, anziché contrarre, la spesa pubblica (rendendo così impossibile la riduzione delle imposte): perché, ad esempio, crescono i «costi di transazione», ossia i costi che dipendono dall'accrescimento dei livelli istituzionali e dalle aumentate negoziazioni fra Stato centrale, Regioni, enti locali. Ma, si dice, col federalismo fiscale, gli amministratori locali dovranno giustificare davanti ai loro elettori ogni tassa e la sua entità. E qui sorge un interrogativo che l'assenza di una discussione pubblica sul federalismo fiscale non aiuta a chiarire. Davvero le classi politiche locali, anche quelle del Nord (anche quelle leghiste), sono pronte a un simile salto nel buio?
    Ha osservato giustamente Guido Tabellini (Il Sole 24 Ore, 31 luglio) che il federalismo fiscale può innescare comportamenti fiscali virtuosi solo a patto che si stabilisca un legame diretto fra spesa e prelievo: il politico locale sa che se non contiene le spese e le imposte pagherà un prezzo politico. Ciò è possibile solo se, trasferimenti perequativi dalle Regioni ricche a quelle povere a parte, i governi locali avranno ampi margini nelle scelte delle aliquote e le basi imponibili locali saranno ben visibili ai cittadini. Solo in quel caso l'aumento delle tasse, o la loro mancata riduzione, non verrà imputato dai cittadini allo Stato centrale ma agli amministratori regionali e locali. Veniamo da anni in cui le spese locali sono cresciute a dismisura perché ciò era nell'interesse di Comuni e Regioni (al Nord come al Sud): tanto, le tasse si pagavano prevalentemente al centro (allo Stato centrale) ed era solo sul centro che si scaricava quindi il malcontento.
    Come la metterebbero Regioni e Comuni se, con un «vero» federalismo fiscale, la musica dovesse davvero cambiare? Non ne uscirebbero destabilizzate quasi tutte le amministrazioni regionali e locali attuali? Per esempio, è curioso il fatto che i leghisti vogliano più di tutti il federalismo fiscale e allo stesso tempo si oppongano (più o meno come si opponeva Rifondazione comunista nel passato governo Prodi) alla liberalizzazione dei servizi locali. Ma il federalismo (fiscale e non) non è per l'appunto voluto soprattutto al fine di favorire concorrenza, riduzione dei monopoli pubblici, comportamenti locali virtuosi? Urgono ragguagli sul perché stiamo per diventare uno Stato federale.
    03 agosto 2008

    Siamo sicuri che i risulati positivi saranno maggiori di quelli negativi ?

    Ubaldo Voli

  2. #2
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    Se si farà un federalismo all'italiana (non a caso c'è la fila per attaccargli stupidissimi aggettivi, fiscale, solidale, perequativo, etc.), i risultati non possono che essere catastrofici. Chi ha pagato fino ad adesso pagherà ancora di più, chi ha munto proseguirà a fare anche peggio.

  3. #3
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  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da FdV77 Visualizza Messaggio
    Se si farà un federalismo all'italiana (non a caso c'è la fila per attaccargli stupidissimi aggettivi, fiscale, solidale, perequativo, etc.), i risultati non possono che essere catastrofici. Chi ha pagato fino ad adesso pagherà ancora di più, chi ha munto proseguirà a fare anche peggio.
    Infatti; io ho davvero poca fiducia nella Lega attuale, fosse stata quella di un tempo (con Miglio) ero più tranquillo. Comunque sono dell'idea che un federalismo molto spinto ci voglia, magari con tutte le Regioni che diventino a statuto autonomo. A me basta che lo diventi la Lombardia.

  5. #5
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    Il federalismo non è la panacea di tutti i mali italiani. La classe politica nazionale e locale alla fine è sempre la stessa, più che salto nel buio è uno sprofondare nel baratro.

  6. #6
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    Predefinito Lettera al Corriere della Sera

    Lettera al Corriere della Sera


    Così, come descrive Angelo Panebianco nel Corriere della Sera del 3 agosto u.s. c'é sicuramente di che preoccuparsi !


    Il tanto sbandierato Federalismo infatti, con un Bossi che lo cita addirittura come l'unica soluzione per evitare all'Italia una crisi come quella avvenuta in Argentina, é difatti, esso stesso un grande rischio che, se non riusciremo ad organizzare ed amministrare bene può far finire questa povera Italia dalla padella nella brace ed in un momento fra l'altro che sicuramente non concederebbe spazio ad errori grossolani.
    Certo è comunque che Regioni e Comuni, enti locali dunque, amministrando almeno in parte le risorse da loro stessi prodotte potrebbero ricavarne maggiori vantaggi che facendo, invece, passare tutto da Roma.
    E' un fatto inconfutabile, quindi, che questo Federalismo al fine di ricavarne una più equilibrata distribuzione della ricchezza ed una maggiore giustizia sociale, tutti presupposti per incrementare lo sviluppo, debba, il Federalismo, essere bene organizzato e bene amministrato.
    Difatti cedere o concedere almeno parte del potere legislativo ed esecutivo ed attuare in ultimo anche il Federalismo fiscale significa in concreto dover disporre di una notevole quantità di persone che dovranno amministrare, concordando comunque con Roma, le risorse da gestire.
    Un sistema quindi che necessariamente dovrà essere molto ramificato in quanto che dovrà interessare tutte le 20 Regioni d'Italia e tutti gli oltre 8.000 Comuni.
    Tutto fa pensare quindi, come dice appunto Pane Bianco, ad una quantità di procedure, lungaggini, palleggi fra Roma e locali, tempi e costi tali che così, come prima impressione, per quantità e dimensioni sono decisamente preoccupanti in quanto capaci di pesare nel sistema Italia, così tanto negativamente fino a risultare infine più grandi dei vantaggi che il tanto decantato Federalismo della Lega dovrebbe produrre.
    Quindi, il grande rischio c'è e fino a qui concordo con lui.
    C'è però un' affermazione nel ragionamento di Panebianco che non mi trova molto d'accordo e più precisamente quando dice che è una bugia sostenere che il Federalismo fiscale non può ridurre le tasse e che, lascia intendere, caso mai è molto più probabile che avvenga il contrario.
    Ma.......... dico io:
    se è vero, com'è vero, che i valori del Federalismo devono essere riconosciuti in quanto portatori di una maggiore giustizia sociale ed economica ed infine di un maggiore sviluppo della intera nostra società, che cosa dobbiamo fare infine, dobbiamo forse rinunciare al Federalismo perché convinti che gli effetti negativi siano maggiori di quelli positivi ?
    Io....... dico di no:
    e cioè che qualora il Federalismo si traducesse tutto sommato in risultati negativi, secondo me, e ne sono profondamente convinto, vorrebbe dire che non abbiamo saputo organizzarci in maniera appropriata, che dunque non siamo stati all'altezza della situazione e che prima di “buttarsi” in questa nuova grande impresa dovevamo schiarirci bene le idee.


    Intanto, e al suddetto scopo, osservando il Sistema Spagnolo vedo che nella loro competizione elettorale sono rappresentati:
    Tre partiti Nazionali ossia:


    Pp
    Psoe
    postcomunisti di Iu


    e poi quattro partiti radicati in zone varie o Regioni del loro territorio ossia:


    Convergència i Unio de Catalunya-Ciu
    Partito Nacionalista Vasco-Pnv
    Coalicion Canaria- Ce
    Esquerra Repubblicana de Catalunya erc


    Premesso che,a questo punto, non ho capito se l'intenzione di chi ha progettato questo sistema elettorale l'ha fatto per le esigenze specifiche della situazione in Spagna o se l'ha fatto, invece, con lo scopo, ben preciso, di realizzare questa sorta di Federalismo ma una cosa, in ogni modo è certa e cioè che questo sistema permetterebbe a loro di discutere i vari problemi quindi contemporaneamente a Livello Nazionale e Regionale senza aumentare il numero degli addetti dibattendo e concordando insieme una volta sola i provvedimenti da prendere e riducendo notevolmente tempi e costi.
    Pertanto, prendendo spunto dalla loro situazione: sarebbe possibile, per esempio, nel nostro Parlamento, anziché avere oltre 600 parlamentari, che sono già troppi, preposti a dibattere i problemi di Livello nazionale ce ne fossero, invece, modificando il sistema a monte anziché a valle, 200 per i problemi di livello nazionale, 200 per i problemi di livello Regionale e 200 per quelli di livello Comunale che insieme, nello stesso Parlamento, senza aumentare tempi e costi dibattono e concordano contemporaneamente, una volta soltanto, i provvedimenti da prendere ?


    Cordiali saluti
    Ubaldo Voli – 8 agosto 2008

  7. #7
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    come non essere d' accordo?

  8. #8
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    pienamente favorevole al federalismo fiscale... gli unici che hanno motivo di opporsi sono le regioni parassite del sud e quelle a statuto speciale

 

 

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