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    Predefinito "Le sciabole dello Zar"

    Un bell’articolo di Limes - Rivista Italiana di Geopolitica che spiega quale potrebbe essere l’obiettivo a lungo termine della Russia

    22 Maggio 2008

    Le sciabole dello zar

    di Lucio Caracciolo

    “Capisci, George? L’Ucraina non è nemmeno uno Stato! Che cos’è l’Ucraina? Parte del suo territorio è Europa orientale. Ma l’altra parte, quella più importante, gliel’abbiamo regalata noi!” Quando il 4 aprile scorso Vladimir Putin si rivolse così al “caro amico” americano, qualcuno dei leader riuniti attorno al tavolo del summit Nato di Bucarest pensò che il gelido scacchista russo si fosse lasciato andare. Niente affatto. Era una provocazione calcolata, di quelle che nelle scuole dell’intelligence russa s’imparano nei corsi propedeutici.



    Guardando dritto negli occhi George W. Bush, Putin scolpiva in poche frasi il senso dei suoi primi - forse non ultimi – otto anni da presidente della Russia. E cioè: siamo tornati una grande potenza ed è bene che tutti, amici, finti amici e nemici, ne prendiate buona nota. A cominciare dall’Ucraina, che insieme alla Georgia continua a battere alla porta della Nato. La Russia, avverte Putin, è in grado di disintegrarle. Se davvero Kiev e Tbilisi aderissero al Patto atlantico, lo farebbero da staterelli dimidiati. L’Ucraina senza la Crimea (già parte della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, ceduta in comodato nel 1954 dall’ucraino Khruščëv all’Ucraina sovietica) e le più che russofile regioni orientali. La Georgia senza l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, semi-annesse da Putin con una delle sue ultime direttive. Tanto per non lasciar dubbi, Mosca ha rafforzato il suo schieramento militare nella repubblica secessionista abkhaza. Peacekeeping, giura il Cremlino. Piecekeeping, temono alla Casa Bianca. (…)



    La lezioncina inflitta da Putin a Bush, letta nel contesto di ciò che il restauratore dell’impero russo ha detto e fatto nei suoi due mandati presidenziali, aiuta ad illuminare la questione strategica: ora che la nuova/vecchia Russia ha recuperato sovranità e potenza, come intende spenderle? L’ambizioso Progetto Russia corrente al Cremlino e dintorni si lascia riassumere in tre punti.

    Primo. La Federazione Russa è un elemento del tutto peculiare nella variopinta tavola di Mendeleev delle potenze mondiali. Come impero multinazionale d’impronta russo-ortodossa, ma anche “parte del mondo islamico” (così il ministro degli Esteri Sergej Lavrov), esteso ben oltre le steppe centroasiatiche fino all’Artico, al Pacifico e alla frontiera cinese, è un soggetto sui generis, non omologabile ad altri. Né solubile in alleanze, come la Nato, che implicano la rinuncia alla sovranità in favore del paese leader. Nelle parole di Putin, “la Russia sarà indipendente e sovrana, o non sarà”. Allo stesso tempo, il cuore della Russia sta in Europa. A suo modo, dunque, in Occidente - anche se a questa conseguenza molti russi visceralmente riluttano. In futuro non è escluso che la Russia possa accomodarsi nel club occidentale, si chiami Nato o meno. “Ma lo faremo solo da grande potenza”, avverte uno dei più influenti strateghi russi, Sergej Karaganov. Spiega un altro autorevole analista, Vitalij Tret’jakov: “Quando la rinascita russa avrà raggiunto un sufficiente grado di maturazione (…), la Russia proporrà all’Unione Europea e agli Stati Uniti di formare un’alleanza politico-militare. E forse di fondare una confederazione euroatlantica, con un parlamento e un governo comuni”. (…)



    Secondo. La potenza della Russia non è fine a se stessa. Putin non ha riportato Mosca nel girone dei sovrani per compiacersene. La Grande Russia non balla da sola. Vuole costruire insieme alla superpotenza Usa, alla Cina, all’India e a pochi altri egemoni regionali – l’Europa, se mai si farà, i suoi paesi maggiori, nell’attesa – un nuovo equilibrio globale della potenza. In quel “capisci, George?” non è inscritta solo una minaccia, ma un appello: vogliamo decidere insieme. Stati Uniti e Russia non saranno mai più nemici, ripete l’ormai ex presidente ogni volta che il confronto con Washington si arroventa. Ma non accadrà più che Mosca accetti un dettato americano. (…) Il rapporto Russia-Usa deve essere di scambio. Duro, se necessario. Pur sempre quid pro quo.



    Terzo. Il tronco d’impero denominato Federazione Russa, residuo della disintegrazione dell’Urss, è troppo piccolo. Deve ricrescere. Per questo occorre anzitutto consolidarne le fondamenta. A partire dalla riduzione della complessità geopolitica. In omaggio alla “verticale del potere”, per cui il centro è l’alfa e l’omega dello Stato – decida il lettore se definirlo federalismo centralista o centralismo federalista – i soggetti federati vanno ridotti (ad esempio, fondendo San Pietroburgo con la regione di Leningrado, e la repubblica ugro-finnica di Marij El con qualcuna delle regioni russe limitrofe, ad accrescere il peso dei soggetti russi nell’impero interno). In prospettiva, alcuni territori già sovietici vanno reintegrati nello spazio federale. Compresa “la parte più importante” dell’Ucraina, citata da Putin a Bucarest. Secondo il progetto di Vitalij Tret’jakov cartografato in questo volume di Limes, che riflette inclinazioni geopolitiche diffuse fra i decisori russi, nella Federazione dovrebbero rientrare Ossezia del Sud (da annettere all’Ossezia del Nord-Alania), Transnistria, Crimea, Ucraina sud-orientale e forse Kirghizistan. Quanto a Bielorussia, Ucraina (meno le regioni occidentali) e Abkhazia, Armenia (insieme al Nagorno-Karabakh), Kazakistan e Tagikistan, entrerebbero in una confederazione denominata Unione Russa (Ur). Infine, l’Uzbekistan sarebbe associato alla Russia in un’alleanza militare.



    Questo Progetto Russia Putin lascia in eredità a Dmitrij Medvedev, suo consigliere e braccio esecutivo per diciassette anni, da lui selezionato come successore e dal popolo dovutamente plebiscitato al Cremlino. (…) La coppia Medvedev-Putin, meglio: Putin-Medvedev, funzionerà davvero? Oppure la sacralità del Cremlino, tempio del capo anche quando si chiamava zar o segretario generale, transustanzierà il neopresidente da burattino in Cesare? Ci attende un conflitto di ambizioni destinato a disfare la trama tessuta da Putin? In aprile, il 67% dei russi era convinto che il nuovo presidente prenderà ordini dal vecchio. Ma il 47% pensava che l’autorità suprema della Federazione dovrebbe spettare a Medvedev, solo il 17% l’assegnava a Putin (7). Ancora prima di insediarsi, Medvedev già fruiva dell’effetto-Cremlino. Difficile immaginarlo trascorrere tutto il suo tempo presidenziale ascoltando gli amati Deep Purple fra un ukaz e l’altro dell’amico premier.

  2. #2
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    Limes è un'ottima rivista, e gli articoli sono sempre molto interessanti. Neppure troppo partigiani. Peccato che non prenda una chiara posizione a favore della creazione di uno Stato federale europeo.
    Cmq lo speciale sulla Russia mi è sembrato che presenti delle analisi molto serie.

  3. #3
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    Bella analisi, direi anche in parte ovvia.
    La cosa più interessante è la cartina 1, che mostra bene qual'è un probabile futuro destino dell'attuale Europa divisa.

 

 

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