di G. M. Chiocci

Un piano dei pentiti, l’ennesimo, per colpire il senatore Marcello Dell’Utri. Il progetto è antico, studiato per tempo, precedente alla comparsa di quel Gaspare Spatuzza autore di una disastrosa deposizione in aula a cui si è poi aggiunta la sconfessione pubblica del suo capo (il boss Filippo Graviano) che ha smentito i rapporti fra Cosa nostra e il senatore del Pdl.

La strategia per incastrare Dell’Utri emerge, nitida, in un’inchiesta che con la mafia ci azzecca punto.
Si tratta di un’intercettazione disposta il 9 ottobre 2007 dal pm John Henry Woodcock in merito a presunte irregolarità nel concorso di bellezza Miss Italia.
Se non fosse stato per la tenacia dei legali di Dell’Utri, Pino Di Peri e Pietro Federico, e per la scoperta della trascrizione da parte del padre di una finalista del concorso che aveva denunciato varie irregolarità, questa lunga chiacchierata fra l’avvocato storico dei pentiti Gregorio Donnarumma ed Eugenia Patrizia Mirigliani, l’organizzatrice del festival, sarebbe invecchiata in archivio insieme alle carte del fascicolo trasmesso da Potenza a Parma per competenza.

La chiacchierata inedita, prodotta al processo d’appello in cui il parlamentare è accusato di calunnia per aver ordito un piano, insieme al pentito Cirfeta, finalizzato a screditare i pentiti Onorato, Di Carlo e Guglielmini che avevano deposto contro di lui (in primo grado Dell’Utri è stato assolto) vede la genuina «confessione» del legale, già difensore del boss Bernardo Brusca e di numerosi collaboratori di giustizia di camorra del clan Nuvoletta, a proposito di pressioni e di promesse ricevute affinché inducesse i «suoi clienti» ad accusare il senatore.

Parlando al cellulare l’avvocato spiega alla sua interlocutrice che fra le promesse fatte vi era l’esborso di «grosse somme» e di «un seggio al Parlamento» a condizione, però, che riuscisse «a mettere d’accordo tutti quelli che accusavano Dell’Utri».
L’avvocato Donnarumma si mostra schifato e preoccupato per come vanno certe cose in Italia.
Confessa che se gli hanno dato la scorta non è tanto per la sua incolumità quanto, piuttosto, perché «dovevano pararsi il culo loro».

E poi la storia delle minacce, la paura di fare una brutta fine.
Come quell’8 maggio del 2001 allorché in autostrada venne affiancato da due killer in moto.
L’avvocato accelerò nel momento in cui vide spuntare un’arma. Tre secondi dopo un proiettile gli frantumò il vetro posteriore: salvo per miracolo. Adesso l’avvocato Donnarumma potrebbe essere chiamato a deporre in aula ai due processi che vedono Dell’Utri imputato.
Una testimonianza ritenuta utile, necessaria, fondamentale per l’esito del doppio dibattimento.
Sarebbe interessante capire perché le procure di Parma e Potenza, in tutti questi anni, non hanno ritenuto di trasmettere quest’intercettazione a Palermo.

dalla pg. 6 del ilgiornale.it 27 04 2010

saluti