Roma, 12 ago (Velino) - Per la serie “La storia siamo noi”, Rai Educational presenta “Kursk, Un Sottomarino in acque agitate” di Alberto Puoti in onda domani, mercoledì 13 agosto, alle 23.30 su RaiDue. 12 agosto 2000. Nel Mare di Barents, tra la Russia e la Norvegia, decine di navi da guerra, aerei da combattimento e sottomarini sono schierati per un’imponente esercitazione navale. Tra questi, c’è il più grande sommergibile nucleare d’attacco del mondo di matrice russa, il Kursk e due sottomarini americani, il Memphis e il Toledo. Improvvisamente una misteriosa esplosione scuote le acque. Poi, un’altra esplosione. Il Kursk si inabissa sul fondo dell’Oceano Artico, a 100 metri di profondità. Il mondo intero assiste impotente alla tragedia dei 118 membri dell’equipaggio, intrappolati e in attesa di soccorsi che non arriveranno mai. Ma com’è affondato il Kursk? È stato davvero un incidente? E perché non è stato possibile salvare nessuno? A otto anni dalla tragedia, Giovanni Minoli, attraverso un inedito documentario basato sui materiali delle indagini ufficiali della procura generale, ripercorre la tragedia del sommergibile diventato una trappola mortale. Nello scafo del Kursk si è aperta una falla. L’esplosione si è verificata a prua del sommergibile, vicino al comparto siluri. A questo punto, il Comandante dovrebbe premere il pulsante d’emergenza e riportare il sommergibile in superficie. Invece non lo fa e dà ordine alla sala macchine di procedere avanti tutta.
Perché il Comandante si comporta come se il Kursk fosse sotto attacco? “Io l’ho sempre sostenuto: il Kursk, in un certo senso, è l’11 settembre dei russi – rivela Bill Hartung analista politico, esperto di armamenti, Senior Research Fellow World Institute NY -. Quel dramma ha dimostrato la vulnerabilità di quel Paese. Il governo non ha mai spiegato perché tutto questo è accaduto. L’impressione è che Washington e Mosca avessero un interesse comune a tenere tutto segreto”. Ma allora cos’è realmente successo? 5 aprile 2000. Su ordine di Vladimir Putin, la Polizia segreta russa arresta Edmond Pope, un americano accusato di azioni di spionaggio sul Kursk. Il Kursk infatti è dotato di un siluro di eccezionale potenza che fa gola a tutte le potenze mondiali: lo Shkval. “So per certo che i cinesi hanno già acquistato lo Shkval – rivela Edmund Pope -. Se i cinesi erano lì significava solo una cosa: che i russi cercavano di vendere a Pechino la nuova versione”. E proprio questo, forse, è alla base della tragedia del Kursk. “Se i cinesi fossero entrati in possesso del nuovo Shkval – sottolinea Maurice Stradling, ingegnere silurista e funzionario del ministero di Difesa Britannico - questo avrebbe potuto sconvolgere gli equilibri mondiali”. “L’incidente del Kursk deve essere visto come l’ultimo colpo di coda della Guerra Fredda – afferma John Lehman, segretario di Stato Navale di Ronald Reagan -. I russi continuavano a sviluppare un sistema di difesa tipico della Guerra Fredda, pronto cioè ad attaccare portaerei, e via dicendo”.
La possibilità che Mosca venda a Pechino l’ultimo modello dello Shkval è decisamente in contrasto con gli interessi di Washington. Gli americani rischiano di perdere la loro supremazia navale nel sud-est asiatico. Ecco, forse, il perché della presenza di un sommergibile americano nel Mare di Barents. Il 29 agosto 2000 si apprende che George Tenet, il Capo della Cia, ha raggiunto Mosca, in gran segreto, tre giorni dopo la tragedia. Attraverso numerosi colloqui telefonici, il presidente Clinton ed il presidente Putin hanno negoziato una conclusione pacifica della questione. In che ottica va inserita questa visita? La Russia è stata indennizzata dagli americani per l’affondamento del sommergibile? “Credo sia chiaro a tutti che, dall’incidente del Kursk in poi, la Russia si è avvicinata all’America sempre di più e in molti campi – rivela Arifadjanov, editore di “ Versiya” -. Abbiamo smobilitato i nostri soldati da Cuba e dal Vietnam. Nell’Asia Centrale, Putin ha addirittura permesso agli americani di mettere delle basi in Paesi dell’ex-Unione Sovietica”. L’America, inoltre, eroga a Mosca un prestito ulteriore di 10 miliardi e mezzo di dollari.
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