Casualmente credo di aver trovato il termine che meglio si addice al nostro:
I cerusici non mi risulta dispensassero placebo ma tagliuzzavano, aprivano, ricucivano, amputavano ... semplicemente in base all'esperienza acquisita sul campo di battaglia.
Dei barbieri prestati alla chirurgia, per volontà della Chiesa Cattolica (Ecclesia abhorret a sanguine). Ai placebo ed ai salassi pensavano i monaci.
Un po' come Tremonti dei nostri giorni, che si improvvisa economista.
E che taglia, anzi amputa, il Patrimonio Dello Stato.
Grazie per il suggerimento.
"Cerusico" gli si adatta alla perfezione.
E' molto peggio di un cerusico
Ma poteva fare ancora molto peggio http://www.lavoce.info/articoli/pagina2905.html
COME DILAPIDARE IL "TESORETTO"
di Tito Boeri e Pietro Garibaldi 01.10.2007
Il complesso della manovra di bilancio per il 2007 e 2008 peggiorerà i conti pubblici, rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di Pil di deficit in più. Dal punto di vista dell'equilibrio di bilancio e degli impegni europei sarebbe meglio fare a meno di decreto fiscale e Legge Finanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese e non a riduzioni di tasse. Quindi non si può neanche sostenere che si tratta della restituzione agli italiani dell'extragettito. E' invece una rinuncia a investire nel futuro.
Il complesso della manovra di bilancio varata nel fine settimana dall’esecutivo peggiorerà, e non di poco, i conti pubblici rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di Pil di deficit in più, come illustra chiaramente la tabella pubblicata sul sito di Palazzo Chigi e riprodotta qui sotto. Come dire che, dal punto di vista dell’equilibrio di bilancio e degli impegni europei, sarebbe sarebbe meglio lasciare tutto come prima, senza decreto fiscale e Legge Finanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese piuttosto che a riduzioni di tasse. Quindi non è neanche difendibile come restituzione agli italiani dell’extragettito. È una rinuncia a investire nel futuro, migliorando i conti pubblici. L’aggiustamento viene tutto rinviato al 2009-2011, come candidamente riconosciuto dai documenti pubblicati da Palazzo Chigi, nonostante si preveda un rallentamento dell’economia. Dobbiamo crederci?
Un’occasione sprecata
Lo scorso anno, analizzando la Finanziaria 2007, avevamo documentato che l’aggiustamento sarebbe stato tutto sul lato delle entrate. Proprio per questo, commentavamo, non sarebbe stato duraturo: prima o poi, come nei ben sperimentati meccanismi di “tax push”, le maggiori entrate avrebbero finito per legittimare nuove spese. Purtroppo la facile profezia, da manuale di economia della politica, si è avverata. Il miglioramento dei conti pubblici in assenza delle politiche economiche varate quest’anno sarebbe stato molto più consistente. Il 2007 passerà così alla storia come l’anno della grande occasione sprecata. Il continuo parlare di “tesoretti” ha fatto subito capire che le entrate superiori al previsto non sarebbero state usate per ridurre la montagna di debito pubblico. Al contrario, l’extragettito è stato dilapidato. Sommando gli interventi nei decreti legge di giugno e settembre, il governo ha speso circa 13 miliardi derivanti da extragettito. È vero che non pochi provvedimenti di spesa sono una tantum, ma si sarebbe dovuto dare una svolta di finanza pubblica durante una fase espansiva, come suggerisce il nuovo Patto di stabilità e come avvenuto in Germania, altro paese che ha beneficiato di un extragettito e che ha un debito pubblico pari quasi alla metà del nostro. Si è invece scelto di aumentare la spesa.
Una manovra pesante
Quella appena varata doveva essere una manovra leggera. In realtà sarà sostanziale: 11 miliardi di Finanziaria e 7,5 di decreto fanno 18,5 miliardi. A metà ottobre, dopo i referendum nelle fabbriche, salirà sul carrozzone anche il pacchetto sul welfare e previdenza che rischia di gonfiarsi nel frattempo. Questo significa che è una manovra già oggi in linea con la media delle Finanziarie degli ultimi sette anni. È, dunque, leggera tanto quanto le manovre di bilancio del nuovo millennio. A meno che per leggerezza si intenda il segno della manovra. In effetti, a differenza di quelle precedenti, peggiora, anche sulla carta, i saldi rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza.
La manovra è pesante perché non ci si limita ad abbassare le tasse, a restituire agli italiani l’extragettito. Anche nella tabella del governo è previsto che aumenti la spesa primaria nel 2008. Il dato sarebbe ancora più evidente se i provvedimenti varati a giugno e contestualmente alla Finanziaria non avessero già fatto accelerare la crescita della spesa nel 2007. Anche se il provvedimento a favore delle famiglie più deboli può essere desiderabile e opportuno, è ipocrita classificarlo come riduzione di tasse. Si tratta di un aumento di spesa.
La manovra finanziaria mostra, ancora una volta, che il federalismo fiscale non funziona. Sono stati concessi 9 miliardi a Lazio, Campania e Sicilia, ripagabili in trenta anni (si proprio trenta) per onorare gli sforamenti regionali nel comparto sanità. Speriamo almeno che le sanzioni contro gli amministratori e i politici locali vengano davvero applicate. Anche l’intervento sull’Ici sancisce il fatto che i comuni non hanno alcuna potestà su questa naturale fonte di entrate per loro (la casa, per definizione, non si sposta da un comune all’altro).
A favore dello sviluppo?
In Francia, altro paese che ha un debito pari a poco più della metà del nostro, si sta ritardando l’aggiustamento dei conti pubblici per risanare l’economia. È così anche da noi? Servirà questa Finanziaria a scongiurare il visibile rallentamento della nostra economia? Il piatto forte delle misure a favore dello sviluppo è rappresentato dalla riduzione delle tasse sui redditi di impresa. Ma la copertura arriva da una rimodulazione della base imponibile, in modo da lasciare invariato il gettito. In altre parole, l’ammontare delle tasse versate dalle imprese rimarrà costante, nonostante una riduzione delle aliquote Ires dal 33 al 27,5 per cento e dell’aliquota dell’Irap al 3,9 per cento. Bene razionalizzare il prelievo, ma non aspettiamoci forti stimolo all’economia. Non ci sono gli sgravi fiscali sul lavoro, soprattutto sui redditi più bassi, né le misure a favore della conciliazione di lavoro e impegni famigliari, come il piano sugli asili nido e gli incentivi per le mamme lavoratrici, sacrificati per fare posto agli sgravi Ici. Difficile sostenere che questi ultimi servano a rilanciare lo sviluppo. In Italia non c’è una bolla immobiliare che sta scoppiando. E i consumi sono molto meno sensibili che altrove ai prezzi delle case. Quindi, interventi che sostengano il prezzo delle case hanno effetto limitato sulla domanda interna.
Riassegnazioni o rassegnazione?
Il Libro verde rimane, come previsto, un pezzo di carta col colore della speranza. I tagli di spesa sono contenuti e, spesso, poco credibili. Nelle tabelle ministeriali, ad esempio, si parla di 750 milioni di risparmi derivanti da un miglioramento della gestione e manutenzione degli immobili. Di cosa si tratta e perché questi risparmi, politicamente non costosi, non sono stati fatti prima? Perché il Governo non rende pubbliche le proposte di spesa dei Ministri per mettere in luce da chi vengono le resistenze al contenimento della spesa? La voce più esoterica è comunque quella riferita ai risparmi, per quasi 2 miliardi, derivanti da “residui e riassegnazioni”. Sarebbe forse meglio parlare semplicemente di “rassegnazione” alla logica del tax push: le spese non si taglieranno mai.