http://www.alateus.it/C&D.htm

ITALIA - AIUTI AL TERZO MONDO
MONSIGNOR DOLLARO
di Gianluigi Melega
Articolo pubblicato sul periodico L'ESPRESSO, Ottobre 1986.

Cosi' chiamano in Bolivia l'arcivescovo di Cochabamba, un salernitano con una gran passione per gli affari. E' stato lui, amico di Giulio Andreotti, ad ottenere dal nostro ministero degli Esteri un investimento di miliardi per l'ampliamento di un aeroporto.
Tra pochi giorni l'ambasciatore italiano in Bolivia, Luchino Cortese, verra' sostituito. Dopo tre anni e mezzo a La Paz e' stato richiamato alla Farnesina. Ufficialmente, l'avvicendamento risponde al criterio formale delle rotazioni diplomatiche: in realta', l'ambasciatore e' stato silurato per avere tentato di opporsi alla concessione di 19 milioni di dollari dall'Italia a un consorzio edile italo-boliviano, per l'ingrandimento dell'aeroporto di Cochabamba, una cittadina della Bolivia centrale, nodo importante del traffico di coca.
L'ambasciatore non aveva capito, se non negli ultimi mesi, una cosa: che l'affare era voluto dal ministro degli Esteri, Giulio Andreotti; che i principali beneficiari erano l'arcivescovo di Cochabamba, il salernitano monsignor Gennaro Prata, amico di Andreotti, e il costruttore romano Paolo Federici, padrone dell'Eurogest, amico di Andreotti.
Cortese tornera' in patria amareggiato, convinto che la sua carriera e' finita. Osservato con compatimento dai suoi colleghi della Farnesina, sa gia' che gli verra' assegnato qualche oscuro compito burocratico a palazzo. No, nessuno gli togliera' lo stipendio. Ma avra' l'impressione, come in passato altre persone oneste che hanno attraversato il cammino del nostro ministro degli Esteri, che cercare di opporsi al leader democristiano puo' menare gramo.
Racconto la storia dell'ambasciatore Cortese e della fine della sua carriera stando con i piedi sul cemento della pista dell'aeroporto in questione, a Cochabamba. Andiamo con ordine, per leggere in filigrana cio' che e' esplicito e cio' che si puo' soltanto intuire.
Come si sa, da qualche anno il Parlamento ha molto aumentato la quota di miliardi da destinare agli aiuti al cosidetto Terzo mondo. Fino a quando non venne creato il Fondo aiuti italiani (Fai), l'organismo speciale per la lotta contro la fame nel mondo affidato al sottosegretario Francesco Forte, le ingenti somme allocate a questo scopo erano gestite solo dal Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, una divisione del ministero degli Esteri.
Per anni ci sono state polemiche in proposito. Sostanzialmente, si diceva, il Dipartimento non spende o spende male tutti questi soldi.
Punti sul vivo, dal 1981 i responsabili del Dipartimento hanno cercato di intensificare la loro azione, dando impulso a una serie di progetti in collaborazione con i governi di alcuni Paesi del Terzo mondo. Nel caso specifico, con la Bolivia.
Per anni la Bolivia era stata governata da una dittatura militare in cui i trafficanti di droga facevano il bello e il brutto tempo. La Bolivia e' uno dei maggiori produttori mondiali di foglia di coca, da cui si trae la cocaina: governare il traffico della coca, significa assicurarsi centinaia di milioni di dollari.
Quando, nel 1983, in Bilivia torno' un regime democratico, il Dipartimento fu ben lieto di rispondere a un appello di richiesta di aiuti da La Paz. Fu deciso di mandare in Bolivia una delegazione guidata dal sottosegretario Susanna Agnelli. E in un appunto preparatorio della missione, del 27 febbraio '84, si elencano i progetti meritevoli di un eventuale finanziamento di aiuto: una cantina sociale a Tarija, un asilo a Munayapata, la rete idro-meteorologica, vari studi in tema di energia e agricoltura, ecc.
Ma, quando arriva in Bolivia, per firmare un protocollo d'intesa in tema di aiuti, il sottosegretario Agnelli si trova tra le mani ben altre iniziative.
Da altre vent'anni agisce in Bolivia un vescovo salernitano, monsignor Gennaro Prata. E' l'unico italiano nella conferenza episcopale del Paese. E' salito di grado in grado nella gerarchia ecclesiastica, fino a diventare vescovo ausiliario di La Paz.
Monsignor Prata ha la mania degli affari. S'impegna, compra, vende, fonda un giornale, "Presencia". Su di lui circolano a La Paz innumerevoli battute, quasi tutte fondate sul bisticcio tra Prata e "plata" (soldi). Era in ottimi rapporti con gli uomini della dittatura militare: a un certo punto, anche per porre un po' di distanza tra lui e i centri di potere della capitale, viene nominato dal Vaticano arcivescovo di Cochabamba.
Cochabamba e' al centro di una delle zone del Paese, il Valle Alto, dove piu' intenso e' il traffico illegale di coca. Una miriade di piccoli aeroplani incrocia nella zona, posandosi ovunque su piste di fortuna, per portare la pasta di coca, frutto della prima fase di trasformazione della foglia, dalle case dei contadini ai laboratori clandestini vicini alla frontiera con la Colombia e con il Brasile. Un Cessna che porti 500 chili di pasta di coca puo' far guadagnare al suo proprietario e al suo pilota una fortuna.

Cochabamba e' piena di gente poverissima, malata, analfabeta. Ma l'arcivescovo non chiede una mensa, un ospedale, una scuola. No: chiede improvvisamente, nel 1984, che l'Italia finanzi l'ampliamento dell'aeroporto di Cochabamba. La stampa locale, naturalmente, lo appoggia. L'arcivescovo si vanta pubblicamente delle sue aderenze a Roma. "A me Andreotti non puo' negare niente", dice. E i giornali traducono: l'Italia finanziera' il nuovo aeroporto. L'ambasciatore Cortese e' sorpreso e scocciato. Non esiste nessun progetto sulla carta per l'aeroporto: ma sara' inevitabile, se l'arcivescovo continua con le sue dichiarazioni, una delusione nell'opinione pubblica locale. Parla con l'arcivescovo, parla con Roma.
Sulle prime, tutto sembra ovattato, privo di spigoli. Ah, certo, certo: se non c'e' un progetto, glielo faro' avere subito, dice l'arcivescovo. E da Roma, per telefono (solo per telefono), dal gabinetto del ministro: ma si, non preoccuparti, tu manda il progetto, poi si vedra'. Insomma, da tutte le parti si fa capire che queste cose si fanno in scioltezza, senza darvi troppa importanza.
Ma, nel frattempo, a Roma si decide che il Dipartimento nel 1986 spendera' in Bolivia ben 26 miliardi di lire, cinque volte quanto si e' speso nel quinquennio precedente. E un telegramma a ciel sereno informa l'ambasciatore che il progetto prescelto e' quello dell'arcivescovo.
Cortese viene a Roma, deciso a non essere coinvolto in una storia che in Bolivia si cataloga per mafiosa. Molti colleghi cominciano a guardarlo come un pazzo o come un appestato: ma non sa che di questo argomento si occupa il gabinetto del ministro direttamente? Quando chiede spiegazioni, gli viene detto di rivolgersi al costruttore Federici, "vicino" ad Andreotti.
Federici gli comunica che e' stato costituito un consorzio, che il progetto si fara', che non vede che cosa Cortese possa temere. L'ambasciatore resta allibito non da cio' che viene detto, ma da cio' che crede di capire. Appena torna a La Paz, chiede udienza al ministro degli Esteri boliviano e, nero su bianco, gli trasmette la nota della Farnesina a proposito degli aiuti per l'aeroporto di Cochabamba, aggiungendovi di suo che gli aiuti saranno erogati strettamente ai sensi della legge 38, che regola incarichi e pagamenti in modo da garantire sugli stessi un minimo di controllo.

Il ministro degli Esteri, sulle prime tutto sorrisi, si rabbuia di colpo. "Guardi che noi siamo s'accordo con Andreotti", gli dice bruscamente. E gli fa intendere che e' con l'arcivescovo che lui tiene i contatti: quello si che i soldi li sa procurare, e senza tante storie.
I giornali boliviani, intanto, annunciano che l'aeroporto si fara' e che arriveranno subito i 19 milioni di dollari che l'arcivescovo aveva promesso. Contemporaneamente, all'ambasciatore Cortese arriva la comunicazione telegrafica, da Roma, che la sua missione a La Paz e' finita. Dovra' rientrare a Novembre, o anche prima, non appena sara' pronto il suo successore.
I 19 milioni di dollari a Cochabamba, via Federici e l'arcivescovo, sono la prima tranche di uno stanziamento che potrebbe arrivare a 56 milioni di dollari e oltre. Perche' la nostra Camera dei deputati, tanto per cominciare, non promuove una piccola indagine al riguardo, chiamando a testimoniare l'ambasciatore Cortese, il costruttore Federici e il responsabile del Dipartimento per la cooperazione? Per quel che ho potuto accertare qui in Bolivia, materia ce n'e', e in abbondanza.