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  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da amerigodumini Visualizza Messaggio
    Ma figurati se i Romani fantasticavano di geopolitica.
    (...).

    Le prime manifestazioni di un pensiero che potrebbe essere definito "geopolitico" si trovano proprio in un geografo d'età imperiale che non può essere accusato di fantasticherie: Strabone.

  2. #22
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    Blondet, contro la geopolitica

    Geopolitica fallace
    Maurizio Blondet
    21/03/2006
    Zbigniew Brzezinsky alla conferenza sulla «New American Strategies for Security and Peace»

    «Chi domina l'Est Europa comanda la heartland; chi domina la heartland comanda l'Isola-mondo. Chi domina l'Isola-mondo comanda il mondo».
    Così suona il dogma primario della geopolitica, quale lo formulò l'inventore della dottrina, Sir Halford Mackinder nel 1919.
    La dottrina ha ricevuto la più clamorosa smentita in tempi recenti.
    L'Unione Sovietica dominava l'Est Europa e la «heartland», l'immane massa continentale centro-asiatica fra il Mar Nero e il Pamir.
    Il suo dominio sull'«Isola-Mondo» (così Mackinder chiamava la placca continentale unitaria di Europa ed Asia) sembrava saldo.
    Invece, lungi dal dominare il mondo, l'URSS si è sgretolata da sé.
    E tuttavia la dottrina geopolitica - o piuttosto la sua mistica - dominano il pensiero imperiale americano.
    Il suo più famoso teorico è Zbigniew Brzezinsky; e l'occupazione USA dell'Afghanistan, insieme con gli sforzi eversivi di stabilire democrazie-fantoccio fra la Georgia e il Kazakistan, estromettendo Mosca dalla sua tradizionale zona d'influenza, indicano chiaramente il progetto di dominare la heartland.
    Insediandovi forti basi militari permanenti.
    Una parte almeno dell'ultimo avventurismo unilaterale americano (la prima parte consistendo nel liquidare ogni avversario potenziale di Israele nell'area musulmana) pare dovuto alla persistente credenza, tipica della geopolitica, che solo chi domina la massa eurasiatica può minacciare gli interessi degli Stati Uniti.

    Fatto singolare e significativo: la super-modernità appare fondata su miti a pretesa scientifica che resistono ad ogni smentita.
    La psicanalisi solo recentemente è passata di moda, dopo aver resistito alla sua comprovata inefficacia terapeutica, come discorso mitico-culturale.
    Il darwinismo continua a resistere alle smentite paleontologiche.
    E così la geopolitica.
    Tutte e tre le pseudoscienze si configurano come false «metafisiche» che pretendono di spiegare i «veri» e «eterni» fattori che spiegano l'universo.
    Così un teorico della geopolitica, Colin Gray, pone la geografia al centro delle relazioni internazionali: sarebbe la geografia il fattore eterno e oggettivo che guida le azioni degli Stati.
    Del resto, Mackinder era appunto un geografo.
    La sua intuizione primaria era la visione della storia come un conflitto fra le potenze di mare e quelle di terra: ma non nel senso di scontro fra due mentalità inconciliabili (mercantile-aggressiva delle potenze marittime, «stabile» e sacrale quella delle potenze di terra), bensì in un senso più radicalmente materialistico.
    Mackinder infatti temeva che l'impero britannico, basato sulla superiorità nel mare, fosse alla fine, per un motivo curioso: lo sviluppo delle ferrovie dava alle «potenze terrestri», Russia e Germania, quella mobilità che prima era stata solo delle forze navali.
    La guerra di Crimea poteva parere allora l'ultima vittoria del mare sulla terra: la Russia non era riuscita a proiettare forze sufficienti per prevalere contro le potenze navali, Gran Bretagna e Francia.
    E ciò nonostante la Crimea fosse più vicina a Mosca che a Parigi o Londra.

    Ma l'innovazione tecnologica dei treni, secondo lui, stava per annullare il tradizionale vantaggio.
    Tanto più che le potenze di terra occupavano una posizione geografica centrale, potevano muoversi a distanze minori e per «linee interne», mentre le potenze navali operavano sulla periferia della massa eurasiatica, il rim (il bordo), ciò che le costringeva ad agire su lunghe distanze.
    Si devono a questa concezione gli sforzi, falliti, dell'impero britannico per assicurarsi il centro eurasiatico, con la tentata invasione dell'Afghanistan, in funzione anti-russa, in quello che Kipling chiamò «il grande gioco».
    Come noto, la dottrina-mistica di Mackinder ebbe un acceso fautore in una personalità del nazionalsocialismo, Karl Haushofer, di cui Rudolph Hesse fu un allievo.
    Hitler nominò Haushofer a guidare l'Accademia Germanica a Berlino.
    Tuttavia, il Drang nach Osten (la spinta all'Est) del Terzo Reich avvenne, in una visione napoleonica, verso il nord-est, verso Mosca.
    Mackinder avrebbe invece consigliato una «spinta» verso sud-est, e sarebbe stato opportuno, perché avrebbe dato al Reich i giacimenti petroliferi del Caspio e, forse, aperto la via per l'India.
    Ma le idee di Haushofer ebbero ascoltatori, se non in Germania, negli Stati Uniti: l'idea paranoide che un gruppo segreto di scienziati nazisti suggerisse le mosse strategiche di Hitler prese piede nel clima della guerra mondiale, e da qui l'interesse americano per gli studi geopolitici.

    Nel 1942 uscì sulla rivista Life un allarmato servizio, il cui titolo già diceva tutto: «geopolitica: la schifosa affermazione di un sistema scientifico inventato da un inglese, usato dai tedeschi, e che gli americani hanno bisogno di studiare» (1).
    E si misero a studiare.
    Nicholas Spykman, docente a Yale, si buttò nella geopolitica, adattandola alla visione americana. Di fatto, rovesciò la base del dogma di Mackinder: secondo Spykman erano le aree litorali della massa eurasiatica (il rimland, le terre sul bordo) ad essere essenziali per controllarne il centro. La sua nuova formula era: «chi controlla il rimland domina l'Eurasia; chi controlla l'Eurasia controlla i destini del mondo» (2).
    E' il vantaggio delle pseudoscienze già visto da Karl Popper: esse non possono essere confutate («falsified») e dunque godono di un'infinita flessibilità e adattabilità.
    Fatto è che questa geopolitica rinnovata ha dominato il pensiero strategico americano durante il periodo della guerra fredda, e spiega le azioni degli Stati Uniti.
    George Kennan, storico ambasciatore e influentissimo politologo, teorizzò la necessità di rafforzare il «rimland» per contenere l'URSS, altrimenti Mosca avrebbe usato la sua posizione centrale (il controllo della heartland) per dominare la World-Island, l'Eurasia intera.
    La visione della minaccia sovietica fu costruita su questa base.
    E su questa base gli americani rafforzarono i loro Stati-fantoccio situati sul bordo della World-Island, ossia Europa e Giappone.

    Ha scritto Colin Gray: «da Harry Truman a George Bush la visione assolutamente dominante, a proposito della sicurezza nazionale USA, è stata esplicitamente geopolitica e direttamente derivata dalla teoria della heartland di Mackinder… L'importanza delle idee di Mackinder nella dottrina del 'containment' di una URSS che occupa il centro della heartland è così evidente, da essere quasi un clichè» (3).
    In realtà, questa tendenza è stata a lungo attenuata dall'influenza di Henry Kissinger.
    Il quale usava il termine «geopolitica» meno nel senso di assumere la geografia come centrale, che nel senso di realpolitik e «balance of powers».
    Ma non può essere sottovalutato l'influsso contrario: quello del geopolitico Brzezinsky, di cui è stata allieva, fra gli altri, Madeleine Albricht.
    Brzezinsky continua ancor oggi ad ispirare la politica aggressiva verso la nuova Mosca di Putin, con l'idea fissa centrale: solo amputando la Russia dei suoi satelliti tradizionali, la si riduce a piccola potenza asiatica.
    In realtà, se pur la geopolitica può aver avuto qualche plausibilità nelle circostanze in cui Mackinder la elaborava – l'ottocentesca espansione britannica in Asia - oggi è, quanto meno, una teoria superata.
    Mackinder considerava infatti la heartland impenetrabile, come lo era di fatto per le truppe coloniali inglesi di terra.
    Super-valutava il significato strategico della sua centralità.
    E ancor più sopravvalutava la miracolosa capacità delle ferrovie, che avrebbero dato alle potenze centrali la veloce mobilità per linee interne sufficiente a sconfiggere le potenze marittime.
    Christopher Fetteweis, politologo all'università del Maryland, ha recentemente sviluppato un'approfondita critica di questa visione.
    Ed è significativo il fatto che essa sia pubblicata ora su «Parameters», la principale rivista dello Stato Maggiore americano (4).

    Imprendibilità.
    «La heartland è la più grande fortezza naturale della terra», scriveva Mackinder. Protetta dal «mare polare di ghiaccio», dalle «foreste della Lenaland» (così chiamava la Siberia ad est dello Yenissei), e dalle «catene montuose e aride piattaforme» dell'Asia centrale.
    Il primo geopolitico identificava una sola apertura geografica in questa formidabile muraglia: lo spazio pianeggiante tra il Baltico e il Mare Nero.
    Da qui la sua conclusione che «chi domina l'Est europeo» domina la heartland.
    Da qui la politica britannica, francese (e massonica) di favorire una Serbia anti-tedesca, come sentinella messa lì a bloccare il varco contro la penetrazione di Berlino.
    Nota Fetteweis: quei formidabili ostacoli naturali additati da Mackinder, se proteggono la heartland, hanno anche l'effetto contrario: ostacolano la proiezione di forze dal centro.
    Non solo né tanto per ragioni materiali, ma psicologico-spirituali.
    Infatti nella storia, gli abitanti della «heartland», dalla Georgia all'Afghanistan, sono stati contenti di vivere nelle loro terre così bene assicurate dalla natura, e mai hanno nutrito progetti di espansione imperialista.
    Questi sono piuttosto venuti dai popoli delle pianure e delle steppe a nord, mongoli o russi.

    Gurdieff, il «mago» georgiano, ha ben descritto il clima psicologico di questi popoli del grande mare di terra dell'Eurasia centrale: una varietà stupefacente di costumi mantenuti nei secoli, con forti influssi spirituali dall'India e dal Tibet e persistenze culturali quasi «geologiche» e residuali, tutti segni della felice situazione di isolamento fisico, o piuttosto di autosufficienza montanara, in cui si trovavano.
    Il titanico mare di terra eurasiatico ispira ben altre «navigazioni», che sono pellegrinaggi e soddisfazione di curiosità etnologiche più che avanscoperte predatorie-commerciali tipiche delle potenze marittime, dai fenici agli inglesi.
    Ma soprattutto, la relativa imprendibilità della heartland era limitata dalla tecnologia del secolo decimonono, in cui scriveva Mackinder.
    Oggi le forze aeree possono superare quelle frontiere naturali, e i sistemi missilistici colpirne il cuore con rapidità fulminea.
    Già nel 1943 Ralph Turner, uno studioso strategico, scriveva su Military Affairs «l'alta mobilità delle potenze terrestri nelle steppe… è ora amplificata o neutralizzata dalla molto superiore mobilità dell'arma aerea».
    Ma Colin Gray, primo fra i geopolitici attuali, non è convinto che «la tecnologia abbia cancellato la geografia», essenzialmente perché la logistica si sviluppa ancora per via di terra o di mare.
    E dice: è ancora stato importante che le Falkland fossero isole o il Kuwait un deserto.
    Ma proprio quei due casi hanno mostrato come la tecnologia aero-navale possa superare grandi distanze e difese naturali.

    Mobilità.
    Come il darwinismo aveva una plausibilità prima della scoperta del DNA e della sua «dinamica immutabilità» alle mutazioni genetiche, così la teorie di Mackinder aveva qualche plausibità prima degli aeroplani.
    Allora, l'incubo britannico era la Germania: nella sua posizione centrale e con le sue moderne ferrovie, si riteneva avesse il vantaggio del sostanziale accorciamento delle linee di rifornimento logistico, tanto più che poteva muoversi per linee interne.
    L' aereo ha cambiato tutto.
    Colin Gray insiste che gli aerei devono comunque atterrare, e dunque la geografia conta ancora.
    Ma la tecnologia sta rendendo superato anche questo concetto: a bombardare il Kossovo erano B-52 che decollavano dal Missouri, e al Missouri tornavano al termine delle missioni.
    E non occorre nemmeno ricordare le possibilità dei missili intercontinentali: per essi non c'è alcuna «heartland» invulnerabile.

    Centralità.
    Il presunto vantaggio che deriverebbe alle potenze di terra dalla loro «posizione centrale» geografica, dice Fettweis, è anche quello più costantemente smentito.
    La Germania ha provato per ben due volte lo svantaggio strategico di trovarsi nel cuore dell'Europa, tanto più che ha commesso due volte l'errore di ingaggiare il conflitto contemporaneamente sui due fronti; ed ha finito per essere attaccata e invasa su entrambi i lati.
    La Russia è stata storicamente invasa da est e da ovest e dal sud: vero che la sua profondità strategica ha alla fine sconfitto la strategia di Napoleone, ma a grave prezzo; e nella coscienza russa manca la tranquilla sicurezza dalle invasioni che nutrono, circondati dagli oceani, gli americani.
    La stessa espansione imperiale zarista era dettata meno da avidità mercantile (un impulso senza eco nell'anima russa) che dal bisogno di creare zone-cuscinetto tra i suoi vicini d'Occidente e d'Oriente.

    Autosufficienza economica.
    Mackinder favoleggiò della presunta autosufficienza alimentare e mineraria della heartland, sugestionato dal grano ucraino e dalle miniere siberiane, in cui vedeva un vantaggio militare.
    E' una verità, ma assai sopravvalutata.
    La vera heartland, conclude Fettweis, è l'emisfero occidentale, quello che dominano gli Stati Uniti. Protetti dagli oceani, climaticamente favoriti per quanto riguarda l'autosufficienza alimentare assai più dell'ex impero zarista, più dinamici militarmente ed economicamente.
    Si potrebbe dire: «chi comanda il nord America comanda il mondo».
    Secondo lui, è dunque per abitudine a un vecchio schema concettuale che Brzezinsky e gli altri continuano a ripetere che occorre dominare l'Eurasia centrale.
    La versione più nuova di questo schema è la convinzione che il Caspio, con le sue riserve petrolifere recentemente scoperte, sarà l'Arabia Saudita del futuro.
    Il vuoto di potere creato dal crollo dell'URSS dà a Brzezinsky la convinzione che è il momento di riprendere il «grande gioco» britannico, prima che in quel vuoto si riversi la Cina, o la Turchia, o l'Iran, o una Russia tornata in salute imperiale.
    L'intrusione americana nei fatti interni delle repubbliche ex sovietiche dell'area risponde a questo presunto imperativo.

    Qui, la parola è a un geografo irlandese, Gearoid O Tuathail: «per capire il fascino della geopolitica su certi intellettuali, istituzioni e aspiranti strateghi, si deve coglierne il carattere mitico. La geopolitica è mitica perché promette un'assoluta e chiara comprensione di un mondo complesso. […] La pluralità del mondo viene ridotta ad alcune 'verità trascendenti' strategiche. La geopolitica è una forma ristretta di ragionamento strumentale, ma è anche una fede, la credenza nell'esistenza di un substrato segreto e/o di un quadro permanente di conflitti e interessi che sottendono il corso della politica mondiale».
    Il geografo sottolinea l'aspetto «metafisico» o «profetico-suggestivo» dell'opposizione di «potenze marittime» e «potenze terrestri», o di termini come «rim» e «heartland».
    Questi termini nella loro vaghezza consentono di sorvolare sulle differenze culturali e geografiche di un mondo assai vario, per chiuderle in «categorie geopolitiche de-pluralizzate».
    In questo modo, le complesstità della politica estera vengono mutate in «un semplice (semplicistico) gioco strategico»: «un fondamento fallace su cui costruire una politica estera, che invece abbisogna di sensibilità per le particolarità e le diversità degli Stati del mondo».
    E' così che Brzezinsky descrive il teatro del suo progetto strategico come «the great chessboard», la grande scacchiera.
    Analogia pericolosa, perché una partita a scacchi ha due avversari, ed è un gioco a somma zero: c'è chi vince e vince tutto, e c'è chi perde e perde tutto.
    Per Brzezinsky, la partita è ancora Stati Uniti contro Russia (5).

    Se affrontiamo la situazione dell'Eurasia come una partita a scacchi, dunque, le idee di cooperazione nel mutuo interesse saranno escluse fin dal principio.
    Se la superpotenza sfida il mondo a una partita a scacchi, finirà per avere contro, inevitabilmente, un'alleanza eurasiatica.
    E' quel che sta avvenendo.
    La proiezione di forze americane nella heartland centro-asiatica viene percepita come minaccia dagli attori dell'area.
    Cina e Russia (e Iran) sarebbero di per sé assai improbabili alleati; ma la comune minaccia può davvero portarli sulle stesse posizioni.
    Oltretutto, l'avventurismo unilaterale USA, seguendo le orme dell'impero britannico, sottovaluta la propria capacità, in quanto «unica superpotenza rimasta» (per ora), di plasmare il mondo secondo i suoi desideri con metodi più consensuali.
    Attenzione, dice Fettweis, perché la politica mondiale non è una partita a scacchi: almeno nel senso che le «regole del gioco» possono cambiare, e prendere di sorpresa la stessa superpotenza americana.

    Maurizio Blondet

    Note
    1) J. Thorndike, «Geopolitics: the lurid career of a scientific system which a briton invented, the germans used, and the americans need to study», Life, 21 dicembre 1942.
    2) N. Spykman, «The Geography of peace», New York 1944, pagina 43.
    3) Colin S. Gray, «The continued primacy of geography», New York, 1996, pagina 258.
    4) Christopher J. Fettweis, «Eurasia, the World-island: geopolitics and policymaking in the 21st century», Parameters, 14 marzo 2006.
    5) Brzezinsky è fra i membri di un «American Committee for peace in the Caucasus», nato con lo scopo evidente di intromettersi nelle faccende della Russia. Ne fanno parte i soliti neocon: Richard Perle, Michael Leeden, Morton Abramowitz, Max Kampelman, Stephen Solarz, Richard Pipes, Norman Podhoretz, James Woolsey.

    link http://www.effedieffe.com/interventi...metro=politica

  3. #23
    Dio e Po***o
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    l'autentica Geopolitica non è una scienza, perchè non potrebbe altrimenti rivelare eventi futuri o pronosticare eventi futuribili con un certo margine di esattezza e corrispondenza alla realtà.
    la Geopolitica è molto di più :
    è PROFEZIA !

  4. #24
    Cacciaguida
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    Citazione Originariamente Scritto da Eginardo Visualizza Messaggio
    Le prime manifestazioni di un pensiero che potrebbe essere definito "geopolitico" si trovano proprio in un geografo d'età imperiale che non può essere accusato di fantasticherie: Strabone.
    Si ma volevo dire un'altra cosa:la geopolitica evince le sue giustificazioni da tutta una congerie considerazioni ex post .
    Per questo insisto col dire che in fondo è storiografia.
    Qualsiasi espansione militare può essere successivamente -col senno di poi- interpretata sulla base di questo o quel motivo.
    Naturalmente non mi convincerete mai che Roma abbattè Cartagine perchè aveva un Senato con la commissione studi geopolitici.
    Insomma era buon senso: si doveva battere Cartagine sul mare, si doveva cancellare Cartagine dalla faccia della terra perchè sul mare Cartagine primeggiava e minacciava, non certo perchè i contadini del Lazio avessero elaborato e studiato il concetto di Talassocrazia opposto a quello di Tellurocrazia e astrattezze del genere.
    Il Romano certe cose di palmare evidenza non si metteva certo a farne oggetto di teorizzazione come certi storici moderni vogliono farci credere cercando di convincerci che i discendenti di Romolo avessere pensato alle linee di espansione geopolitica dell'Urbe.
    Vincevano, si espandevano e via di nuovo con battaglie vittorie ed espansioni.

  5. #25
    Cacciaguida
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    Citazione Originariamente Scritto da DharmaRaja Visualizza Messaggio
    Sapevano che un fiume non può e non deve essere un confine e se ne devono conquistare tutte e due le sponde mantenendolo del tutto all'interno del proprio territorio, sapevano che il Mare Nostrum andava unito tutto, su tutte le sponde perché solo così poteva essere controllato come il lago che è, e che anche la fascia del nordafrica doveva fare parte di quell'unità mediterranea perché il vero confine al sud non era il mare, ma il sahara. C'era un lungo articolo molto interessante che faceva parecchi esempi della storia romana riguardo all'organizzarsi delle conquiste d'espansione e delle gestioni tramite logica geopolitica, sarebbe bello ritrovarlo anche se sarà dura perché non ricordo proprio titolo e luogo.
    Ma andiamo.
    Per almeno 300 anni la geografia politica dei Romani si è esaurita nel perseguimento del sacrosanto utile dell'orticello di casa propria.
    Cosa vuoi ne sapessero quei santi uomini di isole del mondo e pivot continentali?
    Erano razzisti, religiosi,orgogliosi: sentivano il senso del proprio destino manifesto e si rimboccarono le maniche e le menarono di santa ragione tra una vangata e un arringa.
    Bastava e avanzava.

  6. #26
    Bieco reazionario colonialista
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    La geopolitica è real-politik, gli eurasiatici la rendono ideologia, per questo vivono immersi in mille e più contraddizioni.

    carlomartello

  7. #27
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    O Hitler a Mosca, o Stalin a Lisbona! Fuori gli yankee!!
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    Citazione Originariamente Scritto da carlomartello Visualizza Messaggio
    La geopolitica è real-politik, gli eurasiatici la rendono ideologia, per questo vivono immersi in mille e più contraddizioni.

    carlomartello
    detto da chi auspica la vittoria del partito ariano in Iran è un complimento.

  8. #28
    Kim Il Sung
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    Citazione Originariamente Scritto da Daltanius Visualizza Messaggio
    l'autentica Geopolitica non è una scienza, perchè non potrebbe altrimenti rivelare eventi futuri o pronosticare eventi futuribili con un certo margine di esattezza e corrispondenza alla realtà.
    la Geopolitica è molto di più :
    è PROFEZIA !
    .

  9. #29
    Kim Il Sung
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da amerigodumini Visualizza Messaggio
    Ma figurati se i Romani fantasticavano di geopolitica.
    Sapevano che bisogna accoppare i rivali, che bisogna fare la festa ai concorrenti e vinci oggi vinci domani si trono trovati quel popò di Impero.
    Le geopolitica è venuta 2000 anni dopo per spiegare quello che per millenni e millenni qualsiasi conquistatore ha sempre saputo dalla culla senza mai aver avuto l'onore di conoscere Mackinder o Haushofer.
    In sostanza la geopolitica -che non nego essere un passatempo relativamente divertente ma non sempre istruttivo- nel migliore dei casi è solo una combinazione pomposa di storia + propaganda, nel peggiore fantapolitica.
    Le leggi eterne della geopolitica sono fuffa allo stato puro.
    Insomma un topos di certa area antagonista anni 70/80 che fa splendida coppia con tutto il formulario liturgico della questione palestinese.
    Ecco un individuo che non ha mai letto un opera militare romana...
    Auguri sinceri...

  10. #30
    Bieco reazionario colonialista
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    Citazione Originariamente Scritto da Sabotaggio Visualizza Messaggio
    detto da chi auspica la vittoria del partito ariano in Iran è un complimento.
    La progressiva secolarizzazione della società iraniana accompagnata tra molti giovani ad una riscopertà delle proprie radici è una realtà.

    La vostra amata Turchia che esercita la propria influenza su tutta la dorsale islamica balcanica e caucasica fino alle trincee europee di Serbia e Russia anche, per fare solo uno dei tanti esempi dell'idiozia-ideologia eurasiatista.


    carlomartello

 

 
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