Dopo la “Robin tax” a danno dei petrolieri e la carta sociale distribuita ai poveri, stiamo per assistere ad un terzo atto della campagna demagogica messa in scena dal governo.
Stavolta l’iniziativa è del ministro Luca Zaia, che si è immaginato un paniere che dovrebbe essere composto da beni alimentari di prima necessità il cui prezzo andrebbe fissato per legge. In particolare, l’idea del ministro è di definire un listino “di Stato” per fermare i rincari di pane e pasta, specie all’indomani degli ultimi dati sui rincari di spaghetti e maccheroni (+30,4% nel primo semestre). Dopo il voto “politico” e il 18 garantito a tutti, ora si è pronti ad inventare un prezzo “politico”, imposto d’imperio: qualcosa che era ben noto in Germania Est o nella Romania di Ceausescu, ma che non caratterizza di certo i paesi più liberi e più civili.
Di fronte a prezzi che aumentano per ragioni di mercato ben note a tutti, il ministro intende infatti bloccare l’inflazione con un semplice atto d’imperio.
La giustificazione che Zaia ci offre per questa sua iniziativa segnala una cosa: che non si può continuare a seminare vento senza raccogliere tempesta. Sono infatti mesi che ministri ed intellettuali compiacenti ci raccontano che i prezzi sono alti a causa degli speculatori. Non possiamo allora sorprenderci se ora c’è chi pretende di farsi dire dai pastai, in un prossimo incontro, “quanto può costare il prodotto all’azienda escluse le spese della pubblicità”.
Tale affermazione di Zaia fa sorridere, non solo perché sembra indicare che la pubblicità è un inutile spreco di risorse (e ovviamente non è così), ma anche e soprattutto perché non è certo compito del ministro gestire le relazioni tra chi produce e chi compra. Invece che pretendere di bacchettare i liberi imprenditori che producono pane o pasta, Zaia farebbe bene – da ministro – a vedere se non vi sono strozzature legali che impediscono al mercato e alla concorrenza di tutelare nel migliore dei modi il consumatore.
In realtà, l’iniziativa del ministro ha tutta l’aria di cercare colpevoli fasulli affinché la gente non punti il dito contro i veri responsabili: ovvero quanti – nei governi passati come nell’attuale – non hanno compiuto quelle scelte in favore del mercato che oggi potrebbero lenire il generalizzato aumento dei prodotti alimentari e petroliferi.
Lo stesso ministro leghista, solo poche settimane fa, è stato molto attivo nell’impedire che dal Wto uscisse una qualche liberalizzazione agricola e che quindi i produttori africani o asiatici potessero vendere da noi quanto coltivano. Se ciò fosse avvenuto, oggi taluni prezzi sarebbero più bassi, il Terzo mondo starebbe un po’ meglio, la nostra agricoltura sarebbe costretta a compiere quelle scelte imprenditoriali di cui ha bisogno e anche talune ragioni all’origine dell’immigrazione di massa sarebbero venute meno.
Prezzi artificiosamente bloccati producono scarsità, perché nessuno è disposto a lavorare in perdita. È una legge ferrea, che conoscono non solo gli economisti, ma tutti quanti hanno vissuto entro economie amministrate dall’alto. Come potrebbe succedere a noi se idee come quella di Zaia dovessero prendere piede.
Da La Provincia, 25 agosto 2008
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