Opposizione di massa sul carovita
di Paolo Ferrero
Chiediamo al governo di bloccare i prezzi dei generi alimentari di largo consumo, degli affitti e dei mutui. Qualcuno commenterà questa richiesta dicendo che si tratta di una parola d’ordine demagogica. Io penso si tratti di una richiesta fondamentale da far vivere nell’autunno dentro la costruzione di un movimento di lotta.

Sono anni che diciamo che larga parte della popolazione italiana fa fatica ad arrivare a fine mese. L’erosione dei salari e delle pensioni arriva da lontano, fin da quando il governo Craxi abolì i primi punti di scala mobile. Dall’adozione dell’euro abbiamo però assistito ad un vero e proprio salto di qualità. Il governo Berlusconi non fece alcun controllo e dalla sera alla mattina ci trovammo con un enorme ed ingiustificato aumento di prezzi. Come se non bastasse negli anni successivi la cosa è continuata con una inflazione strisciante scaricata completamente sui generi di consumo di massa.

In parallelo è cresciuto esponenzialmente il costo della casa. Sul versante degli affitti siamo allo strozzinaggio con il costo dell’affitto che raggiunge e spesso sopravanza la metà di un buon stipendio. Per chi ha fatto fronte al caro affitti con l’acquisto, le cose sono andate anche peggio, perché il rialzo dei tassi d’interesse ha spinto i mutui a tasso variabile a cifre irraggiungibili per chi aveva fatto il mutuo.

Ci troviamo di fronte a una economia in cui tutti i prezzi sono indicizzati salvo quelli relativi alla forza lavoro. I salari non sono indicizzati e i prezzi relativi ai beni di consumo di massa sono in costante crescita. La riduzione del costo del lavoro e la redistribuzione del reddito la fanno così: contengono il monte salari nella sfera della produzione e riducono il suo potere d’acquisto nella sfera del consumo.

La questione dei prezzi è quindi una questione di classe e attraverso l’inflazione avviene una gigantesca operazione di redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto.

Tutto questo lo sappiamo così come lo sanno la maggioranza dei nostri concittadini e concittadine. Il punto è che milioni di persone hanno dovuto far fronte a questo situazione in termini individuali, da soli. La gente si è aggiustata. Facendo economie, prendendo d’assalto ogni genere in offerta in un supermercato, andando a fare la spesa al discount. Mi è capitato di leggere un rapporto della polizia di Pordenone che sottolineava come i furti di generi alimentari nei supermercati fossero tra i reati in maggiore aumento. Lo stesso rapporto sottolineava anche come gli autori di questo genere di furti fossero in larga parte anziani pensionati.

Una parte del mondo del lavoro è riuscita a difendere parzialmente il proprio potere d’acquisto attraverso i contratti nazionali di lavoro, che non a caso Governo e Confindustria vogliono smontare. Ma anche questo è stato uno strumento di difesa parziale.

Il punto politico è quindi questo: il fenomeno sociale che insieme alla precarietà ha modificato più pesantemente ed in negativo il modo di vivere della nostra gente è stato vissuto sostanzialmente come problema, a volte come dramma, individuale. Occorre ridirselo per averlo ben chiaro: l’impoverimento di massa che ha toccato milioni di persone in Italia non è stato in alcun modo scalfito o mitigato dalla politica e nello specifico dalla politica della sinistra. Non solo non è stato scalfito ma nessuna battaglia seria e continuativa è stata condotta in questi anni per cercare di affrontare in modo collettivo una situazione che viene vissuta come dramma individuale. Per dirla ancora in una altro modo: non è assolutamente chiaro a milioni di persone che non sanno come arrivare a fine mese che ci sia una parte politica che si batte strenuamente contro questo stato di cose.

Bisogna mettere mano a questa situazione. A mio parere è possibile non solo perché la situazione sociale ha raggiunto e superato il livello di guardia. Questo fatto da solo non basta perché com’è noto al peggio non c’è mai fine. Il punto è che la fase propulsiva della globalizzazione neoliberista è definitivamente tramontata e siamo entrati in una fase di crisi economica assai pesante in cui si riaffaccia chiaramente la richiesta di un intervento pubblico in economia. Anche da parte borghese viene invocato l’intervento pubblico e assistiamo ad un dibattito, che ha raggiunto ormai i grandi giornali. Il tema dell’intervento pubblico in economia è quindi posto ma dobbiamo aver ben chiaro che rischia di produrre un effetto perverso: la socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti. La tendenza a circoscrivere l’intervento pubblico al salvataggio di banche, aziende a fondi di investimento determinerebbe questo: garantirebbe al capitale la sua stabilità in un regime di bassi salari. Si tratta di una ipotesi di intervento pubblico che somiglia di più a quello dei fascismi del secolo scorso che non a quello del New Deal.

Per questo dobbiamo far diventare la campagna contro il caro vita parte decisiva della campagna di massa dell’autunno e dobbiamo essere in grado di articolarla concretamente: richiesta al governo di blocco dei prezzi; difesa ed allargamento dei contratti nazionali di lavoro; vertenze da aprire con i singoli supermercati e coinvolgendo i consumatori per abbattere i prezzi; costruire esperienze di gruppi di acquisto solidali. Battaglia politica, vertenzialità diffusa, mutualismo. Tutto questo dovremo organizzare nell’autunno per far si che il carovita da problema individuale diventi problema collettivo. Per far si che l’intervento pubblico serva a noi e non solo al capitale. Tutto questo dovremo fare per costruire una opposizione che non si riduca a propaganda ma diventi movimento di massa
http://liberazione.it/giornale_artic...rticolo=395113