Cominciamo dal Kosovo
La pace nel Caucaso? Iniziamo a costruirla dai Balcani

Il riconoscimento da parte russa delle repubbliche di Abkazia e Ossezia del sud, dettato dalla necessità d'impedire la pulizia etnica intrapresa dai georgiani che fu la causa scatenante del conflitto dell'8 agosto, mette la UE alle prese con la sua fragilità interna. Gli atlantisti spingono per un secco no al proclama moscovita e dettano in qualche modo la presa di posizione ufficiale euroccidentale. Posizione tutt'altro che univoca od omogenea perché mentre l'Inghilterra alza i toni, la Francia parla di errore, l'Italia richiama alla prudenza e la Germania dice che ci vuole dialogo. Una posizione più ferma, che tenendo conto degli interessi europei, del buon senso e della giustizia tout court, non potrebbe che essere nettamente filo-russa, è ostacolata dalla necessità di contenere il variegato fronte americanista. Questo si compone di Paesi letteralmente acquistati e sostanzialmente servili (Polonia e Repubblica Ceca), dell'alleato storico di Wall Street (Londra) con codazzo di area nordico/protestante Wasp e delle ex repubbliche sovietiche. Tuttavia il fornte atlantista è a sua volta fragile e poco coeso. L'Inghilterra, ad esempio, è in rotta su tutta la linea (geopolitica di droga e petrolio, finanza) e sempre più attratta dall'orbita europea. I Paesi baltici sono spinti da un revanscismo antirusso che, però, è più dettato dal timore di perdere l'indipendenza che altro. L'Ucraina sta alzando il tiro; ma, di fatto, è il suo Presidente Yushenko che getta benzina sul fuoco nella speranza avventata e sventurata di uscire dalla sua crisi (i sondaggi gli hanno attribuito una popolarità di appena 7%) scatenando una crisi generalizzata. Gli ucraini si dimostrano molto più prudenti di lui e anche la premier Tymoshenko dà segni di ponderazione. Chiamata a prendere posizione tra due fuochi (non dimentichiamo che è stata Washington a far precipitare la crisi prima con le sue dichiarazioni esaltate ed assurde e poi con l'invio di una flotta da guerra nel Mar Nero), la UE non sa che pesci prendere. Si parla di un incontro internazionale in ottobre per proporre la pace nel Caucaso; ma è ben difficile riuscire a convincere i russi a parteciparvi se si continua a prendere una posizione pubblica unilaterale e dettata dalla mala fede, come tutti gli addetti ai lavori ben sanno. Allora, come atto preliminare, non sarebbe il caso di disconoscere l'indipendenza unilaterale del Kosovo che ci siamo affrettati ad accettare senza riflettere, e richiedere la sua restituzione alla Serbia? Partendo dai Balcani (ove l'attacco americano all'Europa e alla Russia è iniziato) la diplomazia potrebbe estendersi al Caucaso e provare a trovare una soluzione condivisa e stabile.

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