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Discussione: Operazione Saakashvili

  1. #1
    Μάρκος Βαφειάδης
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    Predefinito Operazione Saakashvili

    Operazione Saakashvili - 21/08/08

    di Giulietto Chiesa




    Quei giorni di agosto 2008 resteranno sicuramente nella storia come
    giorni di una svolta, di un drastico del quadro politico internazionale.
    La Russia non è più quella che, per 17 anni, l'Occidente aveva immaginato
    che fosse. E' ben vero che, i primi anni dopo il crollo, l'euforia del
    trionfo dell'Occidente era stata corroborata da una leadership russa di
    Quisling, capitanati da un ubriacone rozzo e baro, come lo fu Boris
    Eltsin. Ma dopo, con la sua dipartita dal potere russo, la musica aveva
    cominciato a cambiare. I segnali erano tanti. Ma i vincitori erano
    convinti che Vladimir Putin facesse il muso duro solo per rabbonire i
    russi umiliati, mentre, in realtà, proprio lui stava - lentamente, ma con
    chiara progressione - mettendo le basi per un cambiamento.
    Solo che, come dice un antico proverbio coltivato sotto ogni latitudine,
    Dio acceca coloro che vuole perdere. L'illusione sulla disponibilità dei
    russi a lasciarsi mettere ormai il piede sul collo in ogni occasione
    avrebbe dovuto assottigliarsi e dare spazio al realismo.
    Da queste colonne ho scritto più volte - i lettori lo ricorderanno - che
    la Russia aveva smesso di ritirarsi e che sarebbe venuto il momento in cui
    tutti avremmo dovuto accorgercene.
    Al giovane avvocato americano Saakashvili, e ai suoi consiglieri e amici
    americani e israeliani, agli europei che continuano a tenere bordone, è
    toccato di sperimentare che la ritirata della Russia è finita. Resta loro
    ancora da capire che è finita per sempre. Nel senso che, per un periodo di
    tempo oggi non prevedibile, l'Occidente, o quello che ne resta, dovrà fare
    i conti con una Russia tornata protagonista mondiale.
    E non solo perchè la Russia è oggi molto più forte di quello che era nel
    1991, ma perchè l'Occidente - e in primo luogo gli Stati Uniti d'America -
    è molto più debole di allora. Sotto tutti i profili. Otto anni di George
    Bush hanno logorato l'America, il suo prestigio. Ma non è solo politica.
    La crisi della finanza internazionale è nata dalla "Grande Truffa" dei
    mutui facili, costruita da Wall Street. La crisi energetica, evidente a
    tutti salvo a chi non vuole vederla, incombe ormai sull'intera economia
    mondiale e determinerà contraccolpi drammatici in tutto il mondo, mentre
    la Russia si trova ad essere l'unica grande potenza che ha tutte le
    risorse al suo interno e non avrà alcun bisogno di andarsele a prendere,
    con la forza, fuori dai suoi confini.
    Il cambiamento climatico colpirà ogni area del pianeta, ma tra tutte la
    più avvantaggiata sarà proprio la Russia, mentre Europa e Stati Uniti
    dovranno difendersene in tempi relativamente rapidi.
    L'Europa, in primo luogo, avrà un bisogno imperioso, non eliminabile,
    dell'energia russa per fronteggiare una transizione a una società che non
    sarà più quella della crescita dei consumi (che verrà resa impossibile
    dalle nuove condizioni di scarsezza relativa e assoluta di risorse).
    Queste sono considerazioni di elementare realismo, alle quali molti
    dirigenti europei e entrambi i candidati alla presidenza americana,
    sembrano essere impermeabili.
    La loro visione del mondo ha continuato, in questi diciassette anni, ad
    essere quella della guerra fredda, dei vincitori. E hanno assunto come
    bibbia per i loro pensieri il libretto che Zbignew Brzezisnki aveva
    scritto parecchio tempo prima della caduta dell'Unione Sovietica:
    obiettivo prossimo venturo, "dopo la liquidazione del comunismo", dovrà
    essere la liquidazione della Russia, la sua scomposizione, la sua
    trasformazione in tre repubbliche (Russia Europea, Siberia Occidentale,
    Estremo Oriente russo) prima "leggermente federate" e poi indipendenti.
    Con la parte europea assorbibile dall'Europa, la Siberia Occidentale in
    mano americana, e l'estremo oriente russo messo a disposizione di Giappone
    e Cina, a sua volta omogeneizzata alla globalizzazione americana.
    Come sappiamo le cose sono andate molto diversamente su tutti i fronti. Ma
    la pressione sulla Russia è stata mantenuta, continua, asfissiante. Basta
    guardare oggi alle immagini della manifestazione di Tbilisi, in cui
    Saakashvili ha cercato di rimettersi in piedi dopo la durissima lezione
    subita tra il 6 e il 9 agosto, e passare in rassegna i nomi degli "ospiti"
    alleati morali (l'Ucraina anche alleata materiale) dell'aggressione
    all'Ossetia del Sud, per avere il quadro dei risultati di quella politica
    di Washington. Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ucraina in fila, con
    i loro presidenti, di fronte alla folla georgiana: vista sulla carta
    geografica è la rappresentazione dell'accerchiamento, di una nuova,
    davvero insensata, irrealistica operazione di accerchiamento.
    Aggiungendo la Georgia ecco completato il semicerchio con cui tutte le
    frontiere della Russia diventano bastioni di un'offensiva
    politico-diplomatico-energetica-psicologica antirussa. Mancavano,
    tuttavia, la Romania, la Bulgaria, perfino la Repubblica Ceca di quel
    reazionario con i fiocchi di Vaclav Klaus. Mancavano l'Ungheria la
    Slovacchia e la Slovenia, forse solo un tantino più prudenti, forse resesi
    conto che la corda era stata tirata troppo ed è giunto il momento di
    frenare se non si vogliono maggiori guai. Mancava perfino l'Italia,
    figurarsi!
    E il giorno dopo Varsavia firmava l'accettazione del nuovo sistema
    missilistico americano. Primo atto, presentato come "di ritorsione" dai
    media occidentali, mentre era in preparazione da almeno due anni.
    E, a proposito dei media occidentali, resta solo da constatare che
    l'ondata di menzogne da essi prodotte (con rarissime eccezioni) , se ha
    dato l'impressione momentanea di un isolamento completo della Russia in
    tutto l'Occidente, ha rappresentato la classica vittoria di Pirro. Non
    solo perchè i fatti, gli avvenimenti sul terreno, hanno confermato le
    versioni che venivano date dalla Russia e dai suoi media, ma perchè la
    falsificazione è stata così imponente, così sfacciata che negli anni a
    venire verrà ricordata da milioni di russi (e da miliardi di persone in
    tutto il mondo non occidentale) come la prova definitiva che il mainstream
    informativo occidentale è ormai diventato un megafono - attivo e passivo -
    dei centri imperiali del potere. Dunque non più affidabile.
    Sono quelle cose che in politica si pagano, magari non subito, magari dopo
    anni, ma restano nella memoria dei popoli, nella psicologia collettiva.
    Questa volta i bugiardi, gli aggressori non sono stati i russi, ma "i
    nostri".
    E non hanno mentito, imbarazzati, solo i portavoce. In quelle ore
    mentivano i numeri uno, sfilando, uno dietro l'altro davanti alle
    telecamere famose delle maggiori catene disinformative. Bush che annuncia
    il prossimo assalto a Tbilisi e il rovesciamento del "democratico governo
    della Georgia", Mc Caine che ripete la giaculatoria, e via tutti gli
    altri, incluso Obama. Dio ci protegga da questo futuro presidente
    americano, chiunque sia, nero o bianco, vecchio o giovane, democratico o
    repubblicano.
    "La Russia ha occupato Gori"; "colonne di tank russi si dirigono su
    Tbilisi". Le vie di Tzkhinvali, devastate dall'assalto di un esercito di
    migliaia di uomini di centinaia di carri armati, di aerei e elicotteri,
    mostrate al pubblico come fossero le strade di Gori "selvaggiamente
    bombardate" dagli aerei russi. Notizie di bombardamenti dell'oleodotto
    Baku-Ceyhan date per certe, ma inventate, offrono spazio a decine di
    commenti sul nulla.
    Ma il vertice dell'ipocrisia avviene quando i media occidentali, resisi
    conto che la Russia non punta affatto a conquistare Tbilisi e che si è
    fermata sulle frontiere dell'Ossetia del Sud e dell'Abkhazia, cominciano a
    stigmatizzare indignati i bombardamenti che la Russia ha effettuato fuori
    da quelle frontiere.
    Come se tutti si fossero dimenticati che gli aerei della Nato, nel 1999,
    andarono a bombardare Belgrado e decine di piccoli e medi centri urbani
    della Jugoslavia. Semplicemente per punire la popolazione, per
    democratizzarla, distruggendo ponti, infrastrutture, fabbriche, ospedali.
    E naturalmente uccidendo centinaia, anzi migliaia di civili.
    Due pesi e due misure, come al solito. Noi siamo i buoni, loro sono i
    cattivi. Punto e basta.
    Punto e basta lo ha detto ora la Russia di Medvedev e Putin. L'Ossetia del
    Sud e l'Abkhazia saranno riconosciute formalmente come repubbliche
    indipendenti dalla Russia. Fino ad ora non era avvenuto. L'avventura
    sanguinosa di Saakashvili e di Washington lo ha reso inevitabile prima
    ancora che possibile. Medvedev ha detto, senza la minima ambiguità, che la
    Russia accetterà le decisioni dei due popoli e le trasformerà in atti
    politici e diplomatici, "uniformando la propria posizione internazionale a
    quelle decisioni". E non vi è dubbio quali saranno quelle decisioni. E non
    vi saranno passi indietro rispetto a quello che ossetini e abkhazi hanno
    già ripetutamente scelto nei referendum per la sovranità che hanno
    approvato.
    L'"integrità territoriale" della Georgia - questa la formula difesa da
    diverse risoluzioni del Parlamento Europeo che io non ho mai votato - non
    sarà più possibile. Saakashvili è politicamente finito. Lo terranno in
    piedi ancora per qualche tempo, poi dovranno spiegargli che e meglio se
    torna a fare l'avvocato negli Stati Uniti.
    La Georgia nella Nato forse entrerà, se l'Occidente insiste nella sua
    offensiva antirussa. E forse entrerà anche l'Ucraina. Impossibile
    prevedere lo sviluppo di questi eventi perchè le variabili sono troppo
    numerose per essere calcolate tutte. Ma gli occidentali dovrebbero sapere
    che ogni passo che faranno in questa direzione sarà duramente contrastato
    dalla Russia che, come è evidente, ha smesso di ritirarsi. Georgia e
    Ucraina in Europa sembrano oggi, viste da Bruxelles, più difficili di
    prima. La crisi georgiana ha mostrato che in Europa vi sono forze
    ragionevoli che non vogliono portarsi in casa una guerra e non vogliono
    creare una crisi di enormi proporzioni (con l'Ucraina spaccata in due).
    L'operazione Saakashvili si è rivelata un vero disastro geopolitico per
    gli Stati Uniti. Le onde di risucchio andranno lontano. La guerra fredda è
    ricominciata, e non per colpa della Russia. L'Europa dovrà decidere da che
    parte stare.
    di Giulietto Chiesa, Megachip – da Galatea

    http://www.megachip.info/modules.php...cle&artid=7655

  2. #2
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    Che bell'articolo!

  3. #3
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    come al solito, chiusura apocalittica, ma fa bene a prospettare la situazione peggiore possibile

  4. #4
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    Ottimo articolo, molto chiaro e pungente

  5. #5
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    L'antipatico comunque conosce bene i fatti.
    L'URSS territorialmente era il proseguo dell'impero zarista (privo di Finlandia e Polonia).
    Con il dissolvimento del 91 ha perso le "regioni esterne", ma quel capitalismo occidentale-atlantico ha interesse a limitare il capitalismo russo, impedirgli di spiegare tutto il potenziale di quel paese.
    Non basta ridurre le frontiere europee russe riportandole a come erano al tempo di Pietro il Grande, si vuole provocare il risveglio delle nazionalità della Russia per indebolire il potere centrale e magari favorire la nascita di nuovi stati. Per ora il gioco si è manifestato nelle zone caucasiche, ma la Russia lo ha respinto con durezza e determinazione.

  6. #6
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    http://www.contropiano.org/Documenti...aakashvili.htm

    Georgia: Saakashvili "regala" a Mosca segreti Usa
    Perché gli Stati Uniti, che perdono ogni giorno in Iraq decine di veicoli blindati Hummer, hanno fatto tanto clamore per farsi restituire da Mosca i sei mezzi abbandonati sul campo dai soldati georgiani e portati in Russia come trofei di guerra? Se lo è chiesto il quotidiano Izvestia, che afferma oggi di aver scoperto il motivo di tanto interesse, sia da parte di Washington che delle forze armate e dello spionaggio russi. A bordo di quei veicoli, hanno rivelato fonti altolocate, c'erano sofisticati strumenti e connessioni con i satelliti militari Usa per l'allarme rapido anti-missile, i pezzi per le cosiddette "guerre stellari".
    La notizia è prudentemente avallata dallo stesso vicecapo di stato maggiore Anatoli Nogovitsin, che ha chiarito come i russi non abbiano nessuna intenzione di restituire il bottino, non solo perché conquistato sul campo di battaglia, ma perché è "molto interessante" per i loro scienziati militari. I sei mezzi, afferma Izvestia, hanno a bordo un sistema di rilevazione Gps di altissima precisione: e fin qui, nulla di eccezionale. Ma posseggono anche importanti chiavi del sistema di sicurezza americano, il che spiega l'ansia di restituzione del Pentagono, rivela una fonte del ministero della difesa.
    Gli Hummer sono stati presi senza colpo ferire a Gori, dopo che le forze georgiane avevano abbandonato la città: "Immaginiamo quanto siano arrabbiati gli americani - ha detto la fonte - per essere stati umiliati in questo modo dai loro pupilli. Per cinque anni hanno armato con mezzi sofisticatissimi e addestrato quei soldati, e loro sono scappati ai primi colpi, abbandonandosi tutto alle spalle".
    I sei veicoli costituivano in pratica un centro di controllo e comando, con apparecchiature di nuovissima generazione per lo spionaggio e la ricognizione, un sistema radio a circuito chiuso per comunicare in piena segretezza, un apparecchio in grado di distinguere i mezzi amici da quelli nemici, una connessione con i dati dei satelliti spia americani, un impianto in grado di vedere e valutare la situazione delle forze sul terreno, afferma la fonte: e altre cose oggetto di studio.
    Non è il solo colpo grosso che l'irruenza del presidente Mikhail Saakashvili ha involontariamente fornito a Mosca: a Gori, i militari russi si sono imbattuti in un centro di ricognizione made in Usa, ovviamente subito portato oltre confine, dotato di apparecchiature innovative per lo spionaggio. Gli hummer hanno inoltre dato ai russi una possibile risposta su un aspetto del conflitto che li aveva lasciati perplessi: i radar del sistema antiaereo georgiano restavano spenti praticamente tutto il tempo, tranne brevi finestre per seguire lanci di missili, impedendo così agli aerei russi di localizzare le strutture. Però le forze antiaeree di Tbilisi hanno tirato, almeno in quattro occasioni, a colpo sicuro, abbattendo un bombardiere Tupolev 22 e tre caccia Sukhoi 25 russi. Difficile pensare che avessero individuato gli apparecchi alla cieca.
    Secondo i militari di Mosca, sarebbero stati gli Stati Uniti a localizzare attraverso i loro satelliti i velivoli del nemico e ad avvertire in tempo reale, grazie alla strumentazione degli hummer, le batterie missilistiche georgiane delle coordinate su cui puntare, il tutto senza che i piloti russi potessero avere sentore di essere sotto tiro. "Ciò significherebbe - ha detto la fonte di Izvestia - che gli Usa non solo hanno armato e addestrato i georgiani, ma hanno direttamente partecipato all'aggressione in Ossezia del sud".

    (fonte: swissinfo.org)

  7. #7
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    Georgia - 29.8.2008
    ''Usa hanno partecipato alla guerra''
    Mosca denuncia il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti

    La Russia sta tirando fuori le prove del coinvolgimento diretto degli Stati Uniti a fianco delle forze georgiane durante la guerra dell'8-12 agosto.
    Consiglieri Usa in prima linea. Il vicecapo di stato maggiore russo, generale Anatoly , ha mostrato alle telecamere il passaporto di un cittadino Usa - un texano di nome Michael Lee White - rinvenuto dai soldati russi in una postazione conquistata alle forze speciali georgiane a Zemonekozi, un villaggio poco a sud di Tskhinvali, in Ossezia del Sud. "Quella posizione era stata tenacemente difesa dai commando georgiani", ha detto Nagovitsyn. "Non sappiamo perché questo americano fosse lì, ma è un fatto che stava in quell'edificio, assieme alle forze speciali georgiane".
    Questa scoperta aveva fatto dichiarare al premier russo Vladimir Putin, intervistato dalla Cnn: "Abbiamo serie ragioni di credere che cittadini americani fossero proprio nel cuore dell'azione militare".
    Del resto non è difficile immaginare, in quei giorni, la presenza di qualche consigliere militare statunitense a fianco delle truppe d'élite georgiane addestrate e armate dagli Usa, che erano appena state aviotrasportate dall'Iraq a bordo di aerei militari statunitensi.

    Difesa antiaerea con i satelliti Usa. Questa notizia fa il paio con quella ancor più clamorosa - ma praticamente ignorata dai mass media occidentali - dell'aiuto 'satellitare' che gli Usa avrebbero fornito alla contraerea georgiana nei giorni del conflitto. Mosca sostiene infatti che durante la guerra i radar del sistema di difesa antiaereo georgiano sono stati tenuti sempre spenti per evitare di essere localizzati (salvo brevi accensioni per seguire il lancio di missili), e che questo risulta incompatibile con la precisione con cui la contraerea georgiana ha abbattuto, tirando a colpo sicuro, un bombardiere Tupolev 22 e tre caccia Sukhoi 25 russi. La risposta, secondo Mosca, è nella sofisticata strumentazione satellitare trovata a bordo dei sei gipponi 'Hummer' dell'esercito Usa sequestrati dai russi nel porto georgiano di Poti: un sistema collegato ai satelliti militari Usa, un apparecchio per distinguere i mezzi propri da quelli nemici e sistemi criptati di comunicazione radio. Quel che bastava, secondo il generale Nagovitsyn, a fornire in tempo reale alle batterie missilistiche georgiane le coordinate dei velivoli russi.

    http://www.peacereporter.net/dettagl...=0&idart=12052
    http://www.russiatoday.com/news/news/29636/video

  8. #8
    COSTRUIRE IL COMUNISMO!!
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    La Follia di Saakashvili - 30/08/08

    (574 letture)

    www.megachip.info/modules.php?name=sections&op=view...artid=7703

    La reazione assolutamente maggioritaria in America e in Europa alla risposta russa all'attacco georgiano contro le “forze di pacificazione” russe in Ossetia del Sud è stata che la Russia ha mostrato troppo i suoi muscoli. Dovrebbe ora essere isolata o punita per un “eccesso di reazione” dopo un attacco contro i suoi soldati.
    Una tale risposta (dell'Occidente, ndt) evita di riconoscere che il presidente Mikhail Saakashvili di Georgia ha inferto una vero colpo agli Stati Uniti e alla Nato, così pure come alla stessa Georgia, che, per un periodo di tempo imprevedibile sarà una nazionae a sovranità limitata, e costituirà un enorme imbarazzo per i suoi alleati occidentali.
    La Georgia avrà ora truppe russe stazionanti indefinitamente sul suo territorio per proteggere l'Ossetia del Sud e l'Abkhazia – da ora in avanti da considerarsi come entità autoproclamatesi indipendenti ma sotto protezione russa o, eventualmente annesse dalla Russia su loro stessa richiesta. I russi, a questo punto, preferiscono una autoproclamazione di indipendenza perchè – come a loro piace sottolineare – seguirebbe in al modo il precedente dell'autoproclamazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia, nel febbraio di quest'anno, patrocinato dagli Stati Uniti.
    La crisi ha rappresentato un punto di svolta nelle relazioni internazionali perchè dimostra che gli Stati Uniti non difenderanno la Georgia nonostante l'impressione che Washington - dopo avere istruito le truppe georgiane e avere esplicitato che il governo di Saakashvili era sotto la sua protezione, - fosse in qualche modo implicata nell'attacco contro l'Ossetia del Sud e sui soldati russi che erano colà stanziati, legalmente, come “peacekeepers”.
    Quesi soldati russi sono stati là per 16 anni in base a un accordo internazionale che aveva fatto seguito al primo tentativo georgiano di “ricuperare” le storicamente e linguisticamente distinte Ossetia del Sud e Abkhazia, e che erano state protettorati autonomi o regioni russe dal 1810.
    Ora il vice-presidente Dick Cheney si appresta a visitare la Georgia la prossima settimana, dopo due visite in Azerbajgian e Ucraina – che indubbiamente hanno bisogno di qualche conforto dopo questo dispiegamento di furia russa e di “”moderazione diplomatica” americana (leggi assenza di alternative razionali). I vascelli navali americani sono ora nel Mar Nero e uno di essi, un cacciatorpediniere, ha portato un po' di forniture umanitarie nel porto meridionale georgiano di Poti.
    I russi hanno oscuramente dichiarato il loro sospetto che le navi americane stessero trasportando armi in Georgia. E sebbene i russi abbiano estirpato tutto ciò che era rimasto dei nuovi equipaggiamenti militari americani e tutte le installazioni recentemente donate alla Georgia, è improbabile che Saakashvili voglia ricominciare di nuovo la guerra (almeno nell'immediato, a meno che Cheney si appresti a portare con sé la 82-esima divisione aviotrasportata e la Sesta Flotta. Cosa, che, evidentemente sembra che Saakashvili si aspettasse di ricevere la notte in cui la sua invasione si è trasformata in una disfatta.
    “Dov'è l'America?” ha detto, “dov'è il Mondo Libero?” Da allora egli ha ricevutorassicurazioni dal candidato presidenziale (repubblicano, ndt) John McCaine e dal compagno di corsa di Barack Obama, Joe Biden, entrambi ammiratori appassionati del malcapitato liberatore georgiano.
    Tutto ciò è stato una inane e stupida faccenda, eccetto che per gli sfortunati che sono stati uccisi o feriti, che hanno perduto le loro case, o che sono stati etnicamente espulsi da una delle parti nel corso degli ultimi giorni e ora piangono il loro stato di rifugiati. Gli Stati Uniti hanno lasciato Saakashvili e i georgiani come sospesi in aria dopo avere raccontato loro che sarebbero divenuti parte della Nato e avrebbero contribuito a spargere la libertà nel Caucaso.
    L'Ucraina e i paesi baltici hanno ricevuto la lezione che le grandi potenze non vanno in guerra contro altre potenze pesantemente armate per risolvere antiche dispute settarie o rivalità linguistiche in paesi clienti, anche se questi sono potenziali nuovi membri della Nato.
    La Polonia e la Repubblica Ceca hanno ritenuto prudente soddisfare le ossessioni di Washington e dei suoi produttori di armi costruendo un sistema di difesa antimissile contro un Iran che commettesse un suicidio. Ora scoprono che Mosca è furiosa del fatto che essi si sono fidati sulla parola degli Stati Uniti, ma su un pasticcio che a quanto pare i politici di Washington hanno messo in piedi per titillare gli elettori e per fare soldi.
    Israele ora si trova con la Siria che parla con i fornitori moscoviti di armi. La cooperazione russa con gli USA su varie materie, - Iran, hamas, Hezbollah, il contro-terrorismo e le forniture di petrolio e di gas aall'Europa – è possibile che stia per finire.
    Perchè? Perchè un certo numero di politici delle Amministrazioni Clinton e Bush II, e nel Pentagono, hanno deciso che avrebbe potuto essere una dimostrazione gratuita del potere americano di estendere la legge della Nato fino davanti alla porta d'ingresso della Russia.
    di William Pfaff. (da International Herald Tribune del 29 agosto 2008) - traduzione di Giulietto Chiesa

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  9. #9
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    fatevi due risate con questa stolta americana (pure analfabeta)

  10. #10
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    La frittata di Saakashvili
    Giulietto Chiesa

    Il riconoscimento esplicito della sovranità dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia da parte della Russia ha sollevato ondate di indignazione in quasi tutte le cancellerie occidentali. Che sembrano essere state colte di sorpresa. In realtà Dmitrij Medvedev non ha fatto altro che dare corso a ciò che aveva già detto esplicitamente a combattimenti ancora in corso.
    Il governo russo - aveva dichiarato il capo del Cremlino - si regolerà in base alla volontà espressa dai popoli dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia. E uniformerà la propria politica estera in base a quella volontà. Un minimo di realismo ci vorrebbe: la Russia non tornerà indietro, quindi chiederle di farlo è senza senso. Purtroppo per la Georgia e la sua gente questa è la conseguenza tanto inevitabile quando logica del tremendo errore di calcolo di Saakashvili e dei suoi consiglieri americani, chiunque siano stati.
    Non si dovrebbe dimenticare - a coloro che continuano a descrivere le «prepotenze» dell'orso russo e le sue «crudeli astuzie» - che Mosca, prima dell'aggressione georgiana all'Ossezia del Sud, non aveva riconosciuto la sovranità di nessuna delle due regioni proclamatesi indipendenti da Tbilisi. E che questa situazione durava da ben sedici anni. Quali che ne fossero le ragioni, resta il dato che Mosca non ha voluto forzare la situazione né creare scelte irreversibili fino agli eventi di questo agosto.
    Ora la frittata è stata fatta. A farla è stato Saakashvili, non Putin o Medvedev. Chiedere alla Russia di ritornare alle uova originarie è senza senso. Ora ci vorrà molto sangue freddo e un riesame di tutti i panorami. Invece il nervosismo americano trasuda in Europa attraverso Tallin, Riga, Vilnius, Varsavia e - più di ogni altro luogo - da Kiev.
    E' stato evidente fin dai primi minuti dopo la devastante sconfitta militare georgiana che l'Europa reagiva in ordine sparso. Due percezioni diverse e, in qualche misura opposte, si sono viste quando i presidenti delle Repubbliche baltiche europee, più Kascinski e Jushenko, si sono radunati a Tbilisi a sostegno dell'aggressore, mentre il resto dell'Europa prendeva tempo e fiato. Da quel momento, sostenuti dai venti di Washington, si sono moltiplicati i solleciti alla linea dura contro Mosca e, sebbene Sarkozy abbia tenuto la testa a posto a Mosca, contribuendo a fissare i lineamenti della tregua, la situazione politico diplomatico militare si è seriamente deteriorata, fino all'agghiacciante danza delle navi Nato nel Mar Nero, di fronte a quelle russe. Ora bisognerebbe evitare che qualcuno cerchi di fare buchi nel fragilissimo tessuto della tregua.
    Anche perché i punti in cui quel tessuto è molto esile sono visibili da subito. La Russia basa ora la sua posizione sul documento prodotto nel 1999 dalla Commissione congiunta di controllo (Jcc) sotto la mediazione dell'Osce, Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa. Quel documento fu firmato dai quattro membri della Jcc: i governi di Russia e Georgia e i rappresentanti dell'Ossezia del Nord (Repubblica autonoma e soggetto federativo della Russia) e dell'Ossezia del Sud, entità senza definizione giuridica precisa, proclamatasi indipendente.
    Quel documento non solo riconosceva alla Russia il compito di peacekeeping, ma autorizzava le sue forze d'interposizione a controllare un «corridoio di sicurezza» largo circa 8 chilometri, a partire dalla linea di frontiera definita dall'accordo di Dagomys del 1992, con cui si era conclusa - in quel caso con la mediazione della Comunità di stati indipendenti (Csi) - la prima guerra tra Georgia e Ossezia del Sud.
    Le forze d'interposizione russe erano autorizzate a presidiare alcune zone del territorio georgiano, tra cui una parte dell'arteria principale autostradale che attraversa la Georgia orizzontalmente da est a ovest. In realtà i russi non avevano fatto uso di questa autorizzazione, si erano stanziati all'interno dell'enclave sud ossetina e prendevano parte alle guarnigioni quadripartite e disarmate che controllavano la linea di confine. Il tutto monitorato da un gruppo di osservatori europei che avevano possibilità limitate di movimento in territorio ossetino e erano acquartierati a Tzkhinvali.
    Si noti infine che la linea di demarcazione di Dagomys concedeva all'Ossezia del Sud circa la metà del territorio che ai tempi sovietici era stato assegnato al Distretto autonomo dell'Ossezia del Sud all'interno della Repubblica socialista sovietica di Georgia.
    Da qui nascono ora le polemiche sul «ritiro» russo. Tutto dipende da cosa s'intende. Mosca dichiara di averlo effettuato, e intende che sta presidiando adesso l'intero corridoio previsto dall'accordo Jcc. La Georgia, e molti giornalisti occidentali che vedono le truppe russe presidiare la strada georgiana, affermano che i russi sono fuori dal territorio dell'Ossezia del Sud. Il che è vero, ma non implica alcuna violazione degli accordi precedenti. E, dopo quello che è accaduto, sembra difficile pretendere ora che i russi non sorveglino i movimenti eventuali delle truppe georgiane troppo a ridosso della frontiera. Tanto più che Saakashvili aveva fatto una mossa molto chiara, nel marzo scorso, uscendo unilateralmente dai colloqui quadripartiti del 1999, comunque paralizzati da circa quattro anni. Ovvio che quella mossa aveva messo in allarme il Cremlino. E questo spiega perfettamente - oltre a molte altre cose su cui qui non c'è spazio per approfondire - perché Mosca non è stata colta di sorpresa dall'attacco georgiano del 7 agosto.
    Ma ora non solo la Jcc non esiste più. La Georgia è uscita anche dalla Csi, quella comunità di Stati indipendenti che Eltsin aveva creato come foglia di fico per nascondere il collasso sovietico e tenere insieme in qualche modo le restanti 12 repubbliche ex sovietiche (tutte meno le tre baltiche).
    Dunque formalmente la Georgia di oggi non riconosce più né gli accordi di Dagomys, né la Jcc del 1999, né il ruolo delle forze d'interposizione russe. E, ultima rottura, ha chiuso ogni relazione diplomatica con Mosca. Basta ora un cerino per far scoppiare un incendio.
    Il riconoscimento della sovranità delle due repubbliche - e gli accordi di cooperazione, anche militare, che immediatamente seguiranno - è ora la motivazione giuridica che autorizzerà la presenza delle truppe russe. E' una giurisprudenza assai debole. Si tratta ora di vedere se l'Europa sarà capace di convincere la Georgia a tornare allo status precedente, magari chiedendo alla Russia di consentire in quel corridoio la presenza di un contingente europeo di osservazione. Ma, in ogni caso, la «integrità territoriale» che poteva essere diplomaticamente rivendicata, almeno teoricamente, da Tbilisi, non ha più alcuna possibilità di essere ripristinata. In questa nuova situazione la Georgia ha perduto definitivamente perfino la possibilità - del tutto comunque teorica (che rimane invece a Moldova, e Azerbajgian, di ritornare in possesso, chissà quando, dell'Oltre Dnestr e del Nagorno-Karabakh) - di poter riprendere il controllo dei territori che rivendica.
    Un suo ingresso nella Nato trasformerebbe ora la crisi in un confronto militare diretto con la Russia. Un suo ingresso in Europa porterebbe la guerra in Europa.

    http://www.ilmanifesto.it/ricerca/ri...ml&word=chiesa

 

 
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