Operazione Saakashvili - 21/08/08
di Giulietto Chiesa
Quei giorni di agosto 2008 resteranno sicuramente nella storia come
giorni di una svolta, di un drastico del quadro politico internazionale.
La Russia non è più quella che, per 17 anni, l'Occidente aveva immaginato
che fosse. E' ben vero che, i primi anni dopo il crollo, l'euforia del
trionfo dell'Occidente era stata corroborata da una leadership russa di
Quisling, capitanati da un ubriacone rozzo e baro, come lo fu Boris
Eltsin. Ma dopo, con la sua dipartita dal potere russo, la musica aveva
cominciato a cambiare. I segnali erano tanti. Ma i vincitori erano
convinti che Vladimir Putin facesse il muso duro solo per rabbonire i
russi umiliati, mentre, in realtà, proprio lui stava - lentamente, ma con
chiara progressione - mettendo le basi per un cambiamento.
Solo che, come dice un antico proverbio coltivato sotto ogni latitudine,
Dio acceca coloro che vuole perdere. L'illusione sulla disponibilità dei
russi a lasciarsi mettere ormai il piede sul collo in ogni occasione
avrebbe dovuto assottigliarsi e dare spazio al realismo.
Da queste colonne ho scritto più volte - i lettori lo ricorderanno - che
la Russia aveva smesso di ritirarsi e che sarebbe venuto il momento in cui
tutti avremmo dovuto accorgercene.
Al giovane avvocato americano Saakashvili, e ai suoi consiglieri e amici
americani e israeliani, agli europei che continuano a tenere bordone, è
toccato di sperimentare che la ritirata della Russia è finita. Resta loro
ancora da capire che è finita per sempre. Nel senso che, per un periodo di
tempo oggi non prevedibile, l'Occidente, o quello che ne resta, dovrà fare
i conti con una Russia tornata protagonista mondiale.
E non solo perchè la Russia è oggi molto più forte di quello che era nel
1991, ma perchè l'Occidente - e in primo luogo gli Stati Uniti d'America -
è molto più debole di allora. Sotto tutti i profili. Otto anni di George
Bush hanno logorato l'America, il suo prestigio. Ma non è solo politica.
La crisi della finanza internazionale è nata dalla "Grande Truffa" dei
mutui facili, costruita da Wall Street. La crisi energetica, evidente a
tutti salvo a chi non vuole vederla, incombe ormai sull'intera economia
mondiale e determinerà contraccolpi drammatici in tutto il mondo, mentre
la Russia si trova ad essere l'unica grande potenza che ha tutte le
risorse al suo interno e non avrà alcun bisogno di andarsele a prendere,
con la forza, fuori dai suoi confini.
Il cambiamento climatico colpirà ogni area del pianeta, ma tra tutte la
più avvantaggiata sarà proprio la Russia, mentre Europa e Stati Uniti
dovranno difendersene in tempi relativamente rapidi.
L'Europa, in primo luogo, avrà un bisogno imperioso, non eliminabile,
dell'energia russa per fronteggiare una transizione a una società che non
sarà più quella della crescita dei consumi (che verrà resa impossibile
dalle nuove condizioni di scarsezza relativa e assoluta di risorse).
Queste sono considerazioni di elementare realismo, alle quali molti
dirigenti europei e entrambi i candidati alla presidenza americana,
sembrano essere impermeabili.
La loro visione del mondo ha continuato, in questi diciassette anni, ad
essere quella della guerra fredda, dei vincitori. E hanno assunto come
bibbia per i loro pensieri il libretto che Zbignew Brzezisnki aveva
scritto parecchio tempo prima della caduta dell'Unione Sovietica:
obiettivo prossimo venturo, "dopo la liquidazione del comunismo", dovrà
essere la liquidazione della Russia, la sua scomposizione, la sua
trasformazione in tre repubbliche (Russia Europea, Siberia Occidentale,
Estremo Oriente russo) prima "leggermente federate" e poi indipendenti.
Con la parte europea assorbibile dall'Europa, la Siberia Occidentale in
mano americana, e l'estremo oriente russo messo a disposizione di Giappone
e Cina, a sua volta omogeneizzata alla globalizzazione americana.
Come sappiamo le cose sono andate molto diversamente su tutti i fronti. Ma
la pressione sulla Russia è stata mantenuta, continua, asfissiante. Basta
guardare oggi alle immagini della manifestazione di Tbilisi, in cui
Saakashvili ha cercato di rimettersi in piedi dopo la durissima lezione
subita tra il 6 e il 9 agosto, e passare in rassegna i nomi degli "ospiti"
alleati morali (l'Ucraina anche alleata materiale) dell'aggressione
all'Ossetia del Sud, per avere il quadro dei risultati di quella politica
di Washington. Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ucraina in fila, con
i loro presidenti, di fronte alla folla georgiana: vista sulla carta
geografica è la rappresentazione dell'accerchiamento, di una nuova,
davvero insensata, irrealistica operazione di accerchiamento.
Aggiungendo la Georgia ecco completato il semicerchio con cui tutte le
frontiere della Russia diventano bastioni di un'offensiva
politico-diplomatico-energetica-psicologica antirussa. Mancavano,
tuttavia, la Romania, la Bulgaria, perfino la Repubblica Ceca di quel
reazionario con i fiocchi di Vaclav Klaus. Mancavano l'Ungheria la
Slovacchia e la Slovenia, forse solo un tantino più prudenti, forse resesi
conto che la corda era stata tirata troppo ed è giunto il momento di
frenare se non si vogliono maggiori guai. Mancava perfino l'Italia,
figurarsi!
E il giorno dopo Varsavia firmava l'accettazione del nuovo sistema
missilistico americano. Primo atto, presentato come "di ritorsione" dai
media occidentali, mentre era in preparazione da almeno due anni.
E, a proposito dei media occidentali, resta solo da constatare che
l'ondata di menzogne da essi prodotte (con rarissime eccezioni) , se ha
dato l'impressione momentanea di un isolamento completo della Russia in
tutto l'Occidente, ha rappresentato la classica vittoria di Pirro. Non
solo perchè i fatti, gli avvenimenti sul terreno, hanno confermato le
versioni che venivano date dalla Russia e dai suoi media, ma perchè la
falsificazione è stata così imponente, così sfacciata che negli anni a
venire verrà ricordata da milioni di russi (e da miliardi di persone in
tutto il mondo non occidentale) come la prova definitiva che il mainstream
informativo occidentale è ormai diventato un megafono - attivo e passivo -
dei centri imperiali del potere. Dunque non più affidabile.
Sono quelle cose che in politica si pagano, magari non subito, magari dopo
anni, ma restano nella memoria dei popoli, nella psicologia collettiva.
Questa volta i bugiardi, gli aggressori non sono stati i russi, ma "i
nostri".
E non hanno mentito, imbarazzati, solo i portavoce. In quelle ore
mentivano i numeri uno, sfilando, uno dietro l'altro davanti alle
telecamere famose delle maggiori catene disinformative. Bush che annuncia
il prossimo assalto a Tbilisi e il rovesciamento del "democratico governo
della Georgia", Mc Caine che ripete la giaculatoria, e via tutti gli
altri, incluso Obama. Dio ci protegga da questo futuro presidente
americano, chiunque sia, nero o bianco, vecchio o giovane, democratico o
repubblicano.
"La Russia ha occupato Gori"; "colonne di tank russi si dirigono su
Tbilisi". Le vie di Tzkhinvali, devastate dall'assalto di un esercito di
migliaia di uomini di centinaia di carri armati, di aerei e elicotteri,
mostrate al pubblico come fossero le strade di Gori "selvaggiamente
bombardate" dagli aerei russi. Notizie di bombardamenti dell'oleodotto
Baku-Ceyhan date per certe, ma inventate, offrono spazio a decine di
commenti sul nulla.
Ma il vertice dell'ipocrisia avviene quando i media occidentali, resisi
conto che la Russia non punta affatto a conquistare Tbilisi e che si è
fermata sulle frontiere dell'Ossetia del Sud e dell'Abkhazia, cominciano a
stigmatizzare indignati i bombardamenti che la Russia ha effettuato fuori
da quelle frontiere.
Come se tutti si fossero dimenticati che gli aerei della Nato, nel 1999,
andarono a bombardare Belgrado e decine di piccoli e medi centri urbani
della Jugoslavia. Semplicemente per punire la popolazione, per
democratizzarla, distruggendo ponti, infrastrutture, fabbriche, ospedali.
E naturalmente uccidendo centinaia, anzi migliaia di civili.
Due pesi e due misure, come al solito. Noi siamo i buoni, loro sono i
cattivi. Punto e basta.
Punto e basta lo ha detto ora la Russia di Medvedev e Putin. L'Ossetia del
Sud e l'Abkhazia saranno riconosciute formalmente come repubbliche
indipendenti dalla Russia. Fino ad ora non era avvenuto. L'avventura
sanguinosa di Saakashvili e di Washington lo ha reso inevitabile prima
ancora che possibile. Medvedev ha detto, senza la minima ambiguità, che la
Russia accetterà le decisioni dei due popoli e le trasformerà in atti
politici e diplomatici, "uniformando la propria posizione internazionale a
quelle decisioni". E non vi è dubbio quali saranno quelle decisioni. E non
vi saranno passi indietro rispetto a quello che ossetini e abkhazi hanno
già ripetutamente scelto nei referendum per la sovranità che hanno
approvato.
L'"integrità territoriale" della Georgia - questa la formula difesa da
diverse risoluzioni del Parlamento Europeo che io non ho mai votato - non
sarà più possibile. Saakashvili è politicamente finito. Lo terranno in
piedi ancora per qualche tempo, poi dovranno spiegargli che e meglio se
torna a fare l'avvocato negli Stati Uniti.
La Georgia nella Nato forse entrerà, se l'Occidente insiste nella sua
offensiva antirussa. E forse entrerà anche l'Ucraina. Impossibile
prevedere lo sviluppo di questi eventi perchè le variabili sono troppo
numerose per essere calcolate tutte. Ma gli occidentali dovrebbero sapere
che ogni passo che faranno in questa direzione sarà duramente contrastato
dalla Russia che, come è evidente, ha smesso di ritirarsi. Georgia e
Ucraina in Europa sembrano oggi, viste da Bruxelles, più difficili di
prima. La crisi georgiana ha mostrato che in Europa vi sono forze
ragionevoli che non vogliono portarsi in casa una guerra e non vogliono
creare una crisi di enormi proporzioni (con l'Ucraina spaccata in due).
L'operazione Saakashvili si è rivelata un vero disastro geopolitico per
gli Stati Uniti. Le onde di risucchio andranno lontano. La guerra fredda è
ricominciata, e non per colpa della Russia. L'Europa dovrà decidere da che
parte stare.
di Giulietto Chiesa, Megachip – da Galatea
http://www.megachip.info/modules.php...cle&artid=7655