Giustizia;Pressing Alfano-Udc su Pd-Anm:dite si a riforma insieme
Pd apre al dialogo ma non al contenuto.Toghe: non c'è pregiudizio
Roma, 2 set. (Apcom) - L'appello è di quelli che si possono definire comodamente 'accorati': "il Pd è un grande partito", quindi "abbia un'autonoma linea politica sulla giustizia" e partecipi attivamente alla Riforma, perchè farlo "non è un aiuto al governo, ma agli italiani". Il palcoscenico da cui viene rivolto è invece di quelli che in politichese si chiamano 'tavoli di confronto', ovvero un seminario a porte chiuse sul 'futuro della Giustizia' organizzato a Roma dall'Udc. Chi lo rivolge, infine, è membro di quel governo che "prima deve dialogare, poi decidere", ovvero il Guardasigilli Angelino Alfano. Con l'appoggio palese del produttore esecutivo della puntata di oggi, Pier Ferdinando Casini: "La riforma della giustizia non può essere imposta come in uno scambio tra cannibali, come è accaduto in questi anni", ma "va fatta". Musica per Alfano, che, al riparo da orecchie indiscrete, cioè lontano dai cronisti, avrebbe detto a tutti gli attori che "la riforma della Costituzione non vi verrà comunicata con una conferenza stampa", ma "dovrete farne parte". Anche perchè, detto per inciso, una riforma costituzionale deve essere approvata con maggioranza qualificata, altrimenti c'è il rischio che salti tutto con un referendum, come è già successo per il primo tentativo di federalismo. La replica del Pd, però, è di quelle che si possono definire 'sapide'. E' affidata a Luciano Violante e a Dario Franceschini, uno a Firenze alla Festa Democratica e l'altro presente al convegno Udc. Violante: "Abbiamo detto che avremmo fatto le riforme con Berlusconi anche se avessimo perso. Se si discute si discute sempre,perchè significa confrontarsi, ma non vuol dire essere d'accordo, solo essere disponibili al confronto". Franceschini: "Figuriamoci se il Pd si può sottrarre al confronto. Piaccia o non piaccia, Silvio Berlusconi è il presidente del Consiglio e questa è la maggioranza. Siamo disposti al confronto ma non cambiamo le valutazioni critiche su quanto questa maggioranza ha fatto in questi anni". E qui c'è il nodo gordiano della vicenda politica sottesa dalla Riforma della Giustizia: il Pd non è che non vuole dialogare, semplicemente non è d'accordo con quasi nulla di quanto proposto dall'esecutivo in materia di ordinamento giudiziario. Per questo, quando ad Alfano i giornalisti hanno chiesto se pensa che il Pd possa 'ammorbidire' le posizioni dell'Anm, il ministro ha glissato invocando "l'autonomia di linea politica sulla giustizia di un grande partito come quello democratico" mentre i magistrati, con il presidente dell'Anm Luca Palamara, sono montati su tutte le furie. "L'Anm - è stata l'asciutta dichiarazione del presidente del sindacato delle toghe - non vuole essere nè collaborazionista nè opposizione politica del Governo. Noi abbiamo a cuore la situazione generale: viviamo in una situazione di profondo malessere e chiediamo interventi su questo, ma non riteniamo più accettabile identificare la Magistratura come responsabile dei disastri". E qui si ricomincia, perchè, a leggere bene le dichiarazioni dei molti esponenti del Pd che hanno parlato, si vede chiaramente che i pareri vanno tutti nella direzione di far pagare al premier lo 'scotto' delle "molte leggi ad personam fatte in questi anni" negando l'appoggio a una riforma che alla fine, sia da destra che da sinistra, quasi tutti giudicano "indifferibile". Risultato: la riforma si farà e da dove partirà lo potranno dire soltanto il tempo e le carte, visto che in un solo giorno Alfano ha detto prima che "la durata dei processi è l'elemento centrale della riforma della giustizia" e poi che "si partirà dalla riforma della giustizia civile", mentre nei giorni precedenti si era parlato di un ddl costituzionale per separare le carriere di giudici e pm e riformare il Csm. Chi parteciperà alla sua redazione, invece, è punto ancora oscuro che via via si chiarisce: sembra ad esempio palese, almeno leggendo l'intervento di Casini di oggi, che l'Udc ci sarà. "Una riforma delle istituzioni di ampio respiro che abbia l'ambizione di recuperare quella distanza che troppe volte registriamo tra la politica e la società civile non può prescindere dalle riforme necessarie all'amministrazione della giustizia". D'altro canto, invece pare che il Pd sia ben lontano dal dire sì alla riforma del governo. La capogruppo al Senato Anna Finocchiaro,del resto, ha ribadito che "il Pd è disponibile a confrontarsi in funzione di un miglioramento e di tempi più snelli e certi della macchina della giustizia italiana. Non è disponibile a toccare la Carta costituzionale e l'obbligatorietà dell'azione penale e considera l'autonomia e l'indipendenza della magistratura un principio da salvaguardare". Gaetano Pecorella, invece, ha sottolineato dal convegno che "c'è un orientamento generale a modificare l'obbligatorietà dell'azione penale che è tale a parole ma non nei fatti. Si può fare una riforma costituzionale per demandare al legislatore di stabilire i casi in cui l'azione penale è obbligatoria e quelli in cui non lo è".
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