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    Predefinito Omelia del Santo Padre a Cagliari, incontro coi seminaristi e coi giovani

    OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
    Sagrato del Santuario di Nostra Signora di Bonaria
    Domenica, 7 settembre 2008

    Cari fratelli e sorelle!
    Lo spettacolo più bello che un popolo può offrire è senz’altro quello della propria fede. In questo momento io tocco con mano una commovente manifestazione della fede che vi anima, e di questo voglio esprimervi subito la mia ammirazione. Ho accolto volentieri l’invito a venire nella vostra bellissima Isola in occasione del centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria quale vostra Principale Patrona. Oggi, insieme alla visione della natura stupenda che ci circonda, voi mi offrite quella della fervida devozione che nutrite verso la Vergine Santissima. Grazie per questa bella testimonianza!
    Vi saluto tutti con grande affetto, incominciando dall’Arcivescovo di Cagliari, Monsignor Giuseppe Mani, Presidente della Conferenza Episcopale sarda, che ringrazio per le bellissime parole pronunciate all’inizio della santa Messa anche a nome degli altri Vescovi, ai quali va il mio cordiale pensiero, e dell’intera comunità ecclesiale che vive in Sardegna. Grazie soprattutto per l’impegno con cui avete voluto preparare questa mia visita pastorale. E vedo che effettivamente tutto è stato preparato in modo perfetto. Saluto le Autorità civili ed in particolare il Sindaco, che mi rivolgerà il saluto suo e della Città. Saluto le altre Autorità presenti e ad esse esprimo la mia riconoscenza per la collaborazione generosamente offerta all’organizzazione della mia visita qui in Sardegna. Desidero quindi salutare i sacerdoti, in maniera speciale la Comunità dei Padri Mercedari, i diaconi, i religiosi e le religiose, i responsabili delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, i giovani e tutti i fedeli, con un ricordo cordiale per gli anziani centenari, che ho potuto salutare entrando in chiesa, e quanti sono uniti a noi spiritualmente o attraverso la radio e la televisione. In modo del tutto speciale, saluto gli ammalati e i sofferenti, con un particolare pensiero per i più piccoli.
    Siamo nel Giorno del Signore, la Domenica, ma – data la particolare circostanza – la liturgia della Parola ci ha proposto letture proprie delle celebrazioni dedicate alla Beata Vergine. Si tratta, in particolare, dei testi previsti per la festa della Natività di Maria, che da secoli è fissata all’8 settembre, data in cui a Gerusalemme fu consacrata la basilica costruita sopra la casa di sant’Anna, madre della Madonna. Sono letture che in effetti contengono sempre il riferimento al mistero della nascita. Anzitutto, nella prima lettura, l’oracolo stupendo del profeta Michea su Betlemme, in cui si annuncia la nascita del Messia. Questi, ci dice l’oracolo, sarà discendente del re Davide, betlemmita come Lui, ma la sua figura eccederà i limiti dell’umano: “le sue origini” – dice – “sono dall’antichità”, si perdono nei tempi più lontani, sconfinano nell’eterno; la sua grandezza giungerà “fino agli estremi confini della terra” e tali saranno anche i confini della pace (cfr Mic 5,1-4a). L’avvento di questo “Consacrato del Signore”, che segnerà l’inizio della liberazione del popolo, viene definito dal profeta con un’espressione enigmatica: “quando colei che deve partorire partorirà” (Mic 5,2). Così, la liturgia – che è scuola privilegiata delle fede – ci insegna a riconoscere nella nascita di Maria un diretto collegamento con quella del Messia, Figlio di Davide.
    Il Vangelo, una pagina dell’apostolo Matteo, ci ha proposto proprio il racconto della nascita di Gesù. L’Evangelista, però, lo fa precedere dal resoconto della genealogia, che egli colloca all’inizio del suo Vangelo come un prologo. Pure qui il ruolo di Maria nella storia della salvezza risalta in tutta la sua evidenza: l’essere di Maria è totalmente relativo a Cristo, in particolare alla sua incarnazione. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo” (Mt 1,16). Salta all’occhio la discontinuità che vi è nello schema della genealogia: non si legge “generò”, ma “Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”. Proprio in questo si coglie la bellezza del disegno di Dio, che rispettando l’umano lo feconda dall’interno, facendo sbocciare dall’umile Vergine di Nazaret il frutto più bello della sua opera creatrice e redentrice. L’Evangelista pone poi sulla scena la figura di Giuseppe, il suo dramma interiore, la sua fede robusta e la sua esemplare rettitudine. Dietro i suoi pensieri e le sue deliberazioni c’è l’amore per Dio e la ferma volontà di obbedirgli. Ma come non sentire che il turbamento e quindi la preghiera e la decisione di Giuseppe sono mossi, al tempo stesso, dalla stima e dall’amore per la sua promessa sposa? La bellezza di Dio e quella di Maria sono, nel cuore di Giuseppe, inseparabili; egli sa che tra di esse non può esservi contraddizione; cerca in Dio la risposta e la trova nella luce della Parola e dello Spirito Santo: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi” (Mt 1,23; cfr Is 7,14).
    Possiamo così, ancora una volta, contemplare il posto che Maria occupa nel disegno salvifico di Dio, quel “disegno” che ritroviamo nella seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani. Qui l’apostolo Paolo esprime in due versetti di singolare densità la sintesi di ciò che è l’esistenza umana da un punto di vista meta-storico: una parabola di salvezza che parte da Dio e a Lui nuovamente giunge; una parabola interamente mossa e governata dal suo amore. Si tratta di un disegno salvifico tutto permeato dalla libertà divina, che attende tuttavia dalla libertà umana un contributo fondamentale: la corrispondenza della creatura all’amore del Creatore. Ed è qui, in questo spazio dell’umana libertà, che percepiamo la presenza della Vergine Maria, senza che venga mai esplicitamente nominata: Ella infatti è, in Cristo, primizia e modello di “coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Nella predestinazione di Gesù è inscritta la predestinazione di Maria, come pure quella di ogni persona umana. Nell’“eccomi” del Figlio trova eco fedele l’“eccomi” della Madre (cfr Eb 10,6), come anche l’“eccomi” di tutti i figli adottivi nel Figlio, di tutti noi appunto.
    Cari amici di Cagliari e della Sardegna, anche il vostro popolo, grazie alla fede in Cristo e mediante la spirituale maternità di Maria e della Chiesa, è stato chiamato ad inserirsi nella spirituale “genealogia” del Vangelo. In Sardegna il cristianesimo è arrivato non con le spade dei conquistatori o per imposizione straniera, ma è germogliato dal sangue dei martiri che qui hanno donato la loro vita come atto di amore verso Dio e verso gli uomini. È nelle vostre miniere che risuonò per la prima volta la Buona Novella portata dal Papa Ponziano e dal presbitero Ippolito e da tanti fratelli condannati ad metalla per la loro fede in Cristo. Così anche Saturnino, Gavino, Proto e Gianuario, Simplicio, Lussorio, Efisio, Antioco sono stati testimoni della totale dedizione a Cristo come vero Dio e Signore. La testimonianza del martirio conquistò un animo fiero come quello dei Sardi, istintivamente refrattario a tutto ciò che veniva dal mare. Dall’esempio dei martiri prese vigore il vescovo Lucifero di Cagliari, che difese l’ortodossia contro l’arianesimo e si oppose, insieme ad Eusebio di Vercelli, anch’egli cagliaritano, alla condanna di Atanasio nel Concilio di Milano del 335, e per questo ambedue, Lucifero ed Eusebio, vennero condannati all’esilio, un esilio molto duro. La Sardegna non è mai stata terra di eresie; il suo popolo ha sempre manifestato filiale fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro. Sì, cari amici, nel susseguirsi delle invasioni e delle dominazioni, la fede in Cristo è rimasta nell’anima delle vostre popolazioni come elemento costitutivo della vostra stessa identità sarda.
    Dopo i martiri, nel V secolo, arrivarono dall’Africa romana numerosi Vescovi che, non avendo aderito all’eresia ariana, dovettero subire l’esilio. Venendo nell’isola, essi portarono con sé la ricchezza della loro fede. Furono oltre cento Vescovi che, sotto la guida di Fulgenzio di Ruspe, fondarono monasteri e intensificarono l’evangelizzazione. Insieme alle reliquie gloriose di Agostino, portarono la ricchezza della loro tradizione liturgica e spirituale, di cui voi conservate ancora le tracce. Così la fede si è sempre più radicata nel cuore dei fedeli fino a diventare cultura e produrre frutti di santità. Ignazio da Láconi, Nicola da Gésturi sono i santi in cui la Sardegna si riconosce. La martire Antonia Mesina, la contemplativa Gabriella Sagheddu e la suora della carità Giuseppina Nicóli sono l’espressione di una gioventù capace di perseguire grandi ideali. Questa fede semplice e coraggiosa, continua a vivere nelle vostre comunità, nelle vostre famiglie, dove si respira il profumo evangelico delle virtù proprie della vostra terra: la fedeltà, la dignità, la riservatezza, la sobrietà, il senso del dovere.
    E poi, ovviamente, l’amore per la Madonna. Siamo infatti qui, oggi, a commemorare un grande atto di fede, che i vostri padri compirono affidando la propria vita alla Madre di Cristo, quando la scelsero come Patrona massima dell’Isola. Non potevano sapere allora che il Novecento sarebbe stato un secolo molto difficile, ma certamente fu proprio in questa consacrazione a Maria che trovarono in seguito la forza per affrontare le difficoltà sopravvenute, specialmente con le due guerre mondiali. Non poteva essere che così. La vostra Isola, cari amici della Sardegna, non poteva avere altra protettrice che la Madonna. Lei è la Mamma, la Figlia e la Sposa per eccellenza: “Sa Mama, Fiza, Isposa de su Segnore”, come amate cantare. La Mamma che ama, protegge, consiglia, consola, dà la vita, perché la vita nasca e perduri. La Figlia che onora la sua famiglia, sempre attenta alle necessità dei fratelli e delle sorelle, sollecita nel rendere la sua casa bella e accogliente. La Sposa capace di amore fedele e paziente, di sacrificio e di speranza. A Maria in Sardegna sono dedicate ben 350 chiese e santuari. Un popolo di madri si rispecchia nell’umile ragazza di Nazaret, che col suo “sì” ha permesso al Verbo di diventare carne.
    So bene che Maria è nel vostro cuore. Dopo cent’anni vogliamo quest’oggi ringraziarLa per la sua protezione e rinnovarLe la nostra fiducia, riconoscendo in Lei la “Stella della nuova evangelizzazione”, alla cui scuola imparare come recare Cristo Salvatore agli uomini e alle donne contemporanei. Maria vi aiuti a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche e cellule della società, oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale che su quello sociale. Vi aiuti a trovare le opportune strategie pastorali per far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembrano negarli. Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile. In tutti questi aspetti dell’impegno cristiano potete sempre contare sulla guida e sul sostegno della Vergine Santa. Affidiamoci pertanto alla sua materna intercessione.
    Maria è porto, rifugio e protezione per il popolo sardo, che ha in sé la forza della quercia. Passano le tempeste e questa quercia resiste; infuriano gli incendi ed essa nuovamente germoglia; sopravviene la siccità ed essa vince ancora. Rinnoviamo dunque con gioia la nostra consacrazione ad una Madre tanto premurosa. Le generazioni dei Sardi, ne sono certo, continueranno a salire al Santuario di Bonaria per invocare la protezione della Vergine. Mai resterà deluso chi si affida a Nostra Signora di Bonaria, Madre misericordiosa e potente. Maria, Regina della Pace e Stella della speranza, intercedi per noi. Amen!

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    ANGELUS
    Sagrato del Santuario di Nostra Signora di Bonaria
    Domenica, 7 settembre 2008


    Cari fratelli e sorelle!
    Al termine di questa solenne celebrazione eucaristica desidero rinnovare a tutti il mio saluto e il mio ringraziamento. Soprattutto desidero salutare e ringraziare per la sua accoglienza e la sua presenza l’On. Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri; l’On. Dott. Giovanni Letta, Sottosegretario, e tutte le Autorità civili e militari qui presenti. Ed infine volgiamo ancora il nostro sguardo verso la “dolce Regina dei Sardi”, venerata su questo colle di Bonaria. Nel corso dei secoli, quanti personaggi illustri sono venuti a renderle omaggio! Quanti miei Predecessori hanno voluto onorarla con particolare affetto! Il beato Pio IX ne decretò l’incoronazione; san Pio X, cent’anni or sono, la proclamò Patrona di tutta la Sardegna; Pio XI attribuì alla nuova chiesa il titolo di Basilica Minore; Pio XII, 50 anni fa, si rese qui spiritualmente presente con uno speciale Messaggio trasmesso in diretta dalla Radio Vaticana e il beato Giovanni XXIII, nel 1960, inviò una lettera per la riapertura del Santuario al culto, dopo il restauro. Primo Papa a tornare nell’Isola dopo 1650 anni fu il Servo di Dio Paolo VI, che visitò il Santuario il 24 aprile del 1970. E davanti alla sacra effigie della Madonna, sostò in preghiera pure l’amato Giovanni Paolo II, il 20 ottobre 1985. Sulle orme dei Papi che mi hanno preceduto, anch’io ho scelto il Santuario di Bonaria per compiere una visita pastorale che vuole idealmente abbracciare l’intera Sardegna.
    A Maria abbiamo oggi rinnovato l’affidamento della città di Cagliari, della Sardegna e di ogni suo abitante. Continui la Vergine Santa a vegliare su tutti e su ciascuno, perché il patrimonio dei valori evangelici sia trasmesso integro alle nuove generazioni, e perché Cristo regni nelle famiglie, nelle comunità e nei vari ambiti della società. In particolare, protegga la Madonna quanti, in questo momento, più necessitano del suo materno intervento: i bambini e i giovani, gli anziani e le famiglie, gli ammalati e tutti i sofferenti.
    Consapevoli del ruolo importante che Maria svolge nell’esistenza di ciascuno di noi, quali figli devoti ne festeggiamo quest’oggi la nascita. Quest’evento costituisce una tappa fondamentale per la Famiglia di Nazareth, culla della nostra redenzione; un evento che tutti ci riguarda, perché ogni dono che Dio ha concesso a Lei, la Madre, lo ha concesso pensando anche a ciascuno di noi, suoi figli. Perciò, con immensa riconoscenza, domandiamo a Maria, Madre del Verbo incarnato e Madre nostra, di proteggere ogni mamma terrena: quelle che, insieme col marito, educano i figli in un contesto familiare armonioso, e quelle che, per tanti motivi, si trovano sole ad affrontare un compito così arduo. Possano tutte svolgere con dedizione e fedeltà il loro quotidiano servizio nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Per tutte la Madonna sia sostegno, conforto e speranza!
    Sotto lo sguardo di Maria voglio ricordare le care popolazioni di Haiti, duramente provate nei giorni scorsi dal passaggio di ben tre uragani. Prego per le vittime, purtroppo numerose, e per i senza-tetto. Sono vicino all’intera Nazione ed auspico che ad essa giungano al più presto i necessari aiuti. Tutti affido alla materna protezione di Nostra Signora di Bonaria.

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    INCONTRO CON I SACERDOTI, I SEMINARISTI E LA COMUNITÀ
    DELLA PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA DELLA SARDEGNA
    NELLA CATTEDRALE DI CAGLIARI
    DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
    Domenica, 7 settembre 2008

    Cari fratelli nel Sacerdozio,
    cari seminaristi e studenti di teologia,
    cari fratelli e sorelle!
    Conservo viva negli occhi l’immagine suggestiva della solenne celebrazione eucaristica di questa mattina presso la Basilica di Nostra Signora di Bonaria. Attorno a Maria, speciale Patrona di tutta la Sardegna, si sono date appuntamento le comunità parrocchiali dell’intera Regione. Ed ora, quasi a prolungamento di quell’incontro spirituale, ho la gioia di intrattenermi con voi, cari sacerdoti, seminaristi, alunni e docenti della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, in questa Cattedrale, anch’essa dedicata a Santa Maria Vergine. In questo tempio antico, rinnovato e abbellito nel corso degli anni dalla cura di zelanti Pastori, tutto parla di fede: una fede viva, testimoniata dalla devota conservazione delle reliquie dei Martiri cagliaritani, tra i quali mi piace citare i santi Vescovi Siridonio, Martino, Ninfo, Ilario, Fabrizio e Giovenale.
    Ringrazio di cuore l’Arcivescovo, Mons. Giuseppe Mani, per il rinnovato saluto che mi ha rivolto a nome di tutti i Vescovi, i presbiteri di Cagliari e della Regione. Incontrando voi, cari sacerdoti qui presenti, penso con affetto e gratitudine ai vostri confratelli che lavorano nell’Isola su un terreno dissodato e coltivato con ardore apostolico da coloro che vi hanno preceduto. Sì! La Sardegna ha conosciuto presbiteri che, come autentici maestri di fede, hanno lasciato meravigliosi esempi di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Lo stesso tesoro inestimabile di fede, di spiritualità e di cultura è affidato oggi a voi; è posto nelle vostre mani, perché di esso siate attenti e saggi amministratori. Abbiatene cura e custoditelo con gioia e passione evangelica!
    Mi rivolgo ora con paterno affetto alla comunità del Seminario e della Facoltà Teologica, dove molti di voi hanno potuto realizzare la loro formazione dottrinale e pastorale, e dove attualmente diversi giovani si vanno preparando al futuro ministero sacerdotale. Mi preme ringraziare gli educatori e i professori, che quotidianamente si dedicano a un così importante lavoro apostolico. Accompagnare nel loro percorso formativo i candidati alla missione sacerdotale, significa aiutarli innanzitutto a conformarsi a Cristo. In quest’impegno, voi, cari formatori e docenti, siete chiamati a svolgere un ruolo insostituibile, poiché è proprio durante questi anni che si pongono le basi del futuro ministero del sacerdote. Ecco perché, come in diverse occasioni ho avuto modo di ribadire, occorre guidare i seminaristi ad una personale esperienza di Dio attraverso la quotidiana preghiera personale e comunitaria, e soprattutto attraverso l’Eucaristia, celebrata e sentita come il centro di tutta la propria esistenza. Nell’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis Giovanni Paolo II ha scritto: “Formazione intellettuale teologica e vita spirituale, in particolare vita di preghiera, s’incontrano e si rafforzano a vicenda, senza nulla togliere né alla serietà della ricerca né al sapore spirituale della preghiera” (n.53).
    Cari seminaristi e alunni della Facoltà Teologica, voi sapete che la formazione teologica – lo ricordava ancora il mio venerato Predecessore nella citata Esortazione Apostolica - è opera quanto mai complessa e impegnativa. Essa deve condurvi a possedere una visione “completa e unitaria” delle verità rivelate e del loro accoglimento nell’esperienza di fede della Chiesa. Di qui scaturisce la duplice esigenza di conoscere la totalità delle verità cristiane, e di conoscere tali verità non come verità separate una dall’altra, ma in modo organico, come un’unità, come un’unica verità di fede in Dio, operando “una sintesi che sia il frutto degli apporti delle diverse discipline teologiche, la cui specificità acquista autentico valore soltanto nella loro profonda coordinazione” (ibid n.54), che ci fa vedere l’unità della verità, l’unità della nostra fede. Inoltre, in questi anni, ogni attività e iniziativa deve disporvi a comunicare alla carità di Cristo Buon Pastore. Di Lui siete chiamati ad essere domani ministri e testimoni: ministri della sua grazia e testimoni del suo amore. Accanto allo studio e alle esperienze pastorali ed apostoliche delle quali potete usufruire, non dimenticate pertanto di porre al primo posto la costante ricerca di un’intima comunione con Cristo. Sta qui, solo qui, il segreto del vostro vero successo apostolico.
    Cari presbiteri, cari aspiranti al sacerdozio e alla vita consacrata, Iddio vi vuole tutti per sé e vi chiama ad essere operai nella sua vigna, così come ha fatto con tanti uomini e donne lungo la storia cristiana della vostra bella Isola. Essi hanno saputo rispondere con un “sì” generoso alla sua chiamata. Penso, ad esempio, all’opera evangelizzatrice svolta dai religiosi: dai Francescani ai Mercedari, dai Domenicani ai Gesuiti, dai Benedettini ai Vincenziani, dai Salesiani agli Scolopi, dai Fratelli delle Scuole Cristiane ai Giuseppini, agli Orionini, a tanti altri ancora. E come dimenticare la grande fioritura di vocazioni religiose femminili, di cui la Sardegna è un vero e proprio vivaio? In tanti Ordini e Congregazioni sono presenti donne sarde, specie nei monasteri di clausura. Senza questo grande “nugolo di testimoni” (cfr Eb 12,1), sarebbe stato certamente più difficile diffondere l’amore di Cristo nei paesi, nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri e nei luoghi di lavoro. Quale patrimonio di bene è venuto accumulandosi grazie alla loro dedizione! Senza il seme del cristianesimo la Sardegna sarebbe più fragile e povera. Insieme a voi rendo grazie a Dio che mai fa mancare al suo popolo guide e testimoni santi!
    Cari fratelli e sorelle, a voi tocca ora proseguire l’opera di bene compiuta da chi vi ha preceduto. A voi, in particolare, cari presbiteri - e mi rivolgo con affetto a tutti i sacerdoti della Sardegna - assicuro la mia vicinanza spirituale, perché possiate rispondere all’appello del Signore con totale fedeltà come, pure di recente, hanno fatto alcuni vostri confratelli. Ricordo don Graziano Muntoni, sacerdote della diocesi di Nuoro ucciso alla vigilia del Natale del 1998, mentre si recava in Chiesa a celebrare la Messa, e Padre Battore Carzedda del PIME, che ha dato la vita perché i credenti di tutte le religioni si aprano ad un dialogo sincero sorretto dall’amore. Non vi spaventino, né vi scoraggino le difficoltà: il grano e la zizzania, lo sappiamo, cresceranno insieme sino alla fine del mondo (cfr Mt 13,30). È importante essere chicchi di buon grano che, caduti in terra, portano frutto. Approfondite la consapevolezza della vostra identità: il sacerdote, per la Chiesa e nella Chiesa, è segno umile ma reale dell’unico ed eterno Sacerdote che è Gesù. Deve proclamarne autorevolmente la parola, rinnovarne i gesti di perdono e di offerta, esercitarne l’amorevole sollecitudine al servizio del suo gregge, in comunione con i Pastori e fedelmente docile agli insegnamenti del Magistero. Ravvivate dunque ogni giorno il carisma che avete ricevuto con l’imposizione delle mani (cfr 2 Tm 1,6), identificandovi con Gesù Cristo nella sua triplice funzione di santificare, ammaestrare e pascere il gregge. Vi protegga e vi accompagni Maria Santissima, Madre della Chiesa. Quanto a me, tutti vi benedico, con uno speciale ricordo per i sacerdoti anziani e malati, e per le persone affidate alle vostre cure pastorali. Grazie per questo incontro e auguri per il vostro ministero.

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    INCONTRO CON I GIOVANI IN PIAZZA YENNE
    DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
    Domenica, 7 settembre 2008

    Prima di rivolgermi a voi, cari giovani, di Cagliari e della Sardegna, ho l’obbligo e il piacere di rivolgere un particolare saluto al Presidente della Regione Sarda, On. Renato Soru, come pure a tutte le Autorità regionali, che con il loro generoso contributo e sostegno hanno permesso la riuscita di questa mia visita pastorale. Grazie, Signor Presidente: i giovani qui presenti ricorderanno questo giorno, essi che sono il domani di questa terra, che Lei con competenza amministra.
    E adesso a voi, cari giovani. È una grande gioia per me incontrarvi, al termine di questo breve ma intenso soggiorno nella vostra bella Isola. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per questa calorosa accoglienza. In particolare, ringrazio coloro che, a vostro nome, mi hanno espresso i fervidi sentimenti che vi animano. So che alcuni di voi hanno partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney, e sono certo che hanno tratto giovamento da una così straordinaria esperienza ecclesiale. Come ho potuto vedere io stesso, le Giornate Mondiali della Gioventù costituiscono singolari occasioni pastorali per consentire ai giovani del mondo intero di conoscersi meglio, di condividere insieme la fede e l’amore verso Cristo e la sua Chiesa, di confermare il comune impegno di adoperarsi per costruire un futuro di giustizia e di pace. Abbiamo oggi una Giornata non mondiale, ma sarda, della gioventù. E sperimentiamo la bellezza di essere insieme.
    Dunque, veramente vi saluto con affetto, cari ragazzi e ragazze: voi costituite il futuro pieno di speranza di questa Regione, nonostante le difficoltà che conosciamo tutti. Conosco il vostro entusiasmo, i desideri che nutrite e l’impegno che ponete per realizzarli. E non ignoro le difficoltà e i problemi che incontrate. Penso, ad esempio – e abbiamo sentito di questo - penso alla piaga della disoccupazione e della precarietà del lavoro, che mettono a rischio i vostri progetti; penso all’emigrazione, all’esodo delle forze più fresche ed intraprendenti, con il connesso sradicamento dall’ambiente, che talvolta comporta danni psicologici e morali, prima ancora che sociali. Cosa dire poi del fatto che nell’attuale società consumistica, il guadagno e il successo sono diventati i nuovi idoli di fronte ai quali tanti si prostrano? La conseguenza è che si è portati a dar valore solo a chi – come si suol dire – “ha fatto fortuna” ed ha una sua “notorietà”, non certo a chi con la vita deve faticosamente combattere ogni giorno. Il possesso dei beni materiali e l’applauso della gente hanno sostituito quel lavorio su se stessi che serve a temprare lo spirito e a formare una personalità autentica. Si rischia di essere superficiali, di percorrere pericolose scorciatoie alla ricerca del successo, consegnando così la vita ad esperienze che suscitano soddisfazioni immediate, ma sono in se stesse precarie e fallaci. Cresce la tendenza all’individualismo, e quando ci si concentra solo su se stessi si diventa inevitabilmente fragili; viene meno la pazienza dell’ascolto, fase indispensabile per capire l’altro e lavorare insieme.
    Il 20 ottobre del 1985, il caro Papa Giovanni Paolo II, incontrando qui a Cagliari i giovani provenienti dall’intera Sardegna, volle proporre tre valori importanti per costruire una società fraterna e solidale. Sono indicazioni quanto mai attuali anche oggi, che volentieri riprendo evidenziando in primo luogo il valore della famiglia, da custodire – disse il Papa - come “antica e sacra eredità”. Tutti voi sperimentate l’importanza della famiglia, in quanto figli e fratelli; ma la capacità di formarne una nuova, non può essere data per scontata. Occorre prepararvisi. In passato la società tradizionale aiutava di più a formare e a custodire una famiglia. Oggi non è più così, oppure lo è “sulla carta”, ma nei fatti domina una mentalità diversa. Sono ammesse altre forme di convivenza; a volte viene usato il termine “famiglia” per unioni che, in realtà, famiglia non sono. Soprattutto, nel contesto nostro, si è molto ridotta la capacità dei coniugi di difendere l’unità del nucleo familiare a costo anche di grandi sacrifici. Riappropriatevi, cari giovani, del valore della famiglia; amatela non solo per tradizione, ma per una scelta matura e consapevole: amate la vostra famiglia di origine e preparatevi ad amare anche quella che con l’aiuto di Dio voi stessi formerete. Dico: “preparatevi”, perché l’amore vero non si improvvisa. L’amore è fatto, oltre che di sentimento, di responsabilità, di costanza, e anche di senso del dovere. Tutto questo lo si impara attraverso l’esercizio prolungato delle virtù cristiane della fiducia, della purezza, dell’abbandono alla Provvidenza, della preghiera. In questo impegno di crescita verso un amore maturo vi sosterrà sempre la Comunità cristiana, perché in essa la famiglia trova la sua più alta dignità. Il Concilio Vaticano II la chiama “piccola Chiesa”, perché il matrimonio è un sacramento, cioè un segno santo ed efficace dell’amore che Dio ci dona in Cristo attraverso la Chiesa.
    Strettamente connesso a questo primo valore del quale ho voluto parlare è l’altro valore che intendo sottolineare: la seria formazione intellettuale e morale, indispensabile per progettare e costruire il vostro futuro e quello della società. Chi su questo vi fa degli “sconti” non vuole il vostro bene. Come si potrebbe infatti progettare seriamente il domani, se si trascura il naturale desiderio che è in voi di sapere e di confrontarvi? La crisi di una società inizia quando essa non sa più tramandare il suo patrimonio culturale e i suoi valori fondamentali alle nuove generazioni. Non mi riferisco solo e semplicemente al sistema scolastico. La questione è più ampia. C’è, lo sappiamo, un’emergenza educativa, che per essere affrontata richiede genitori e formatori capaci di condividere quanto di buono e di vero essi hanno sperimentato e approfondito in prima persona. Richiede giovani interiormente aperti, curiosi di imparare e di riportare tutto alle originarie esigenze ed evidenze del cuore. Siate davvero liberi, ossia appassionati della verità. Il Signore Gesù ha detto: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Il nichilismo moderno invece predica l’opposto, che cioè è la libertà a rendervi veri. C’è anzi chi sostiene che non esiste nessuna verità, aprendo così la strada allo svuotamento dei concetti di bene e di male e rendendoli addirittura interscambiabili. Mi hanno detto che nella cultura sarda c’è questo proverbio: “Meglio che manchi il pane piuttosto che la giustizia”. Un uomo in effetti può sopportare e superare i morsi della fame, ma non può vivere laddove giustizia e verità sono bandite. Il pane materiale non basta, non è sufficiente per vivere umanamente in modo pieno; occorre un altro cibo del quale essere sempre affamati, del quale nutrirsi per la propria crescita personale e per quella della famiglia e della società.
    Questo cibo – ed è il terzo grande valore – è una fede sincera e profonda, che diventi sostanza della vostra vita. Quando si smarrisce il senso della presenza e della realtà di Dio, tutto si “appiattisce” e si riduce ad una sola dimensione. Tutto resta “schiacciato” sul piano materiale. Quando ogni cosa viene considerata soltanto per la sua utilità, non si coglie più l’essenza di ciò che ci circonda, e soprattutto delle persone che incontriamo. Smarrito il mistero di Dio, sparisce anche il mistero di tutto ciò che esiste: le cose e le persone mi interessano nella misura in cui soddisfano i miei bisogni, non per sé stesse. Tutto ciò costituisce un fatto culturale, che si respira fin dalla nascita e che produce effetti interiori permanenti. La fede, in questo senso, prima di essere una credenza religiosa, è un modo di vedere la realtà, un modo di pensare, una sensibilità interiore che arricchisce l’essere umano come tale. Ebbene, cari amici, Cristo è anche in questo il Maestro, perché ha condiviso in tutto la nostra umanità ed è contemporaneo all’uomo di ogni epoca. Questa realtà tipicamente cristiana è una grazia stupenda! Stando con Gesù, frequentandoLo come un amico nel Vangelo e nei Sacramenti, voi potete imparare, in modo nuovo, ciò che la società spesso non è più in grado di darvi, cioè il senso religioso. E proprio perché è una cosa nuova, scoprirla è meraviglioso.
    Cari giovani, come il giovane Agostino con tutti i suoi problemi sulla sua strada difficile, ognuno di voi sente il richiamo simbolico di ogni creatura verso l’alto; ogni creatura bella rimanda alla bellezza del Creatore, che è come concentrata nel volto di Gesù Cristo. Quando la sperimenta, l’anima esclama: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato!” (Conf. X, 27.38). Possa ognuno di voi riscoprire Dio quale senso e fondamento di ogni creatura, luce di verità, fiamma di carità, vincolo di unità, come canta l’inno dell’Agorà dei giovani italiani. Siate docili alla forza dello Spirito! È stato Lui, lo Spirito Santo, il Protagonista della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney; Egli vi renderà testimoni di Cristo. Non a parole, ma con i fatti, con un nuovo genere di vita. Non avrete più paura di perdere la vostra libertà, perché la vivrete in pienezza donandola per amore. Non sarete più attaccati ai beni materiali, perché sentirete dentro di voi la gioia di condividerli. Non sarete più tristi della tristezza del mondo, ma proverete dolore per il male e gioia per il bene, specialmente per la misericordia ed il perdono. E se è così, se avrete scoperto realmente Dio nel volto di Cristo, non penserete più alla Chiesa come ad una istituzione esterna a voi, ma come alla vostra famiglia spirituale, come la viviamo adesso, in questo momento. Questa è la fede che vi hanno trasmesso i vostri padri. Questa fede voi siete chiamati a vivere oggi, in tempi ben diversi.
    Famiglia, formazione e fede. Ecco, cari giovani di Cagliari e dell’intera Sardegna, anch’io, come Papa Giovanni Paolo II, vi lascio queste tre parole, tre valori da fare vostri con la luce e la forza dello Spirito di Cristo. Nostra Signora di Bonaria, Patrona Massima e dolce Regina dei Sardi, vi guidi, vi protegga e vi accompagni sempre! Con affetto vi benedico, assicurandovi un quotidiano ricordo nella preghiera.

  2. #2
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  3. #3
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    Lo riporto su perchè spero che molti leggano queste splendide parole.

 

 

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