Il Partito dell’Alleanza scrive al PDL
(Un’azione di governo è efficace se sa compiere scelte pragmatiche sulla base di un’analisi della realtà)
Da Sante Pisani (Segretario Politico) e Damiano Angelotti (Coordinatore Nazionale)
E’ dall’analisi dei tecnici che si evince, ormai da anni, che i problemi economici dell’Italia hanno essenzialmente a che fare con i bassi tassi di crescita, di produttività e di occupazione; hanno a che fare con il ridotto dinamismo della crescita economica, le sue ricadute in termini di mobilità sociale e il conseguente ripiegamento civile.
La crescita, è il metro di misura del progresso civile di una nazione.
L’andamento dell’economia, d’altronde, incide da sempre sulla domanda degli elettori: più cresce l’economia più la domanda di intervento pubblico lascia il campo alla richiesta di “disimpegno” pubblico e di autonomia degli individui, nelle decisioni imprenditoriali, nelle attività professionali e nelle scelte previdenziali e di welfare. In un certo senso, il pendolo dei sentimenti dell’opinione pubblica oscilla storicamente tra protezione e libertà, ma la politica non può permettersi di offrire soluzioni altalenanti e, in una fase di crisi, consolatorie.
E’ stato osservato da tutti gli analisti che una fetta consistente di operai ed impiegati, più che in passato, questa volta ha votato per il PDL. Non dobbiamo pensare che abbiano votato “a destra” per avere le stesse politiche paternalistiche e stataliste “della sinistra”. Penso invece che abbiano votato perché ritengono che è innanzitutto nel loro interesse una politica che attraverso la riduzione della burocrazia e una riduzione delle imposte sulle imprese, oltreché sul loro reddito e sui loro risparmi, produca più crescita, più occupazione e più salario.
Siamo immersi, con il resto d’Europa, in un contesto globale nuovo e ricco anche di nuove e a volte impreviste difficoltà. Ma non dobbiamo dimenticare che noi paghiamo prima di tutto lo scotto dei ritardi e delle minori performance rispetto alle economie dei principali paesi in tutto simili a noi come la Germania, la Francia, la Spagna e la Gran Bretagna. Anche loro vivono nella globalizzazione, subiscono l’aumento del costo del petrolio, adottano l’euro e hanno elevati standard di protezione sociale: eppure crescono più di noi, hanno più occupati e salari netti più alti. Ridurre in cinque anni il divario con questi paesi è possibile: dipende solo da Voi.
Per questo occorrono:
§ infrastrutture adeguate;
§ una giustizia che funzioni;
§ una pubblica amministrazione che non sia un peso ma una risorsa per l’economia;
§ un rilancio della produzione energetica che riapra all’opzione nucleare e che unisca qualità dell’ambiente e sviluppo.
Ma occorre anche non dico continuare, ma finalmente avviare le liberalizzazioni, in una logica di sistema e non vendicativa. Senza furori verso le categorie, ma senza sconti politici, ormai troppo costosi per il paese. Pubblico impiego, servizi pubblici locali, energia, professioni, sanità, welfare, scuola, ricerca: ciascuno di questi settori può giovarsi di iniezioni di merito e di mercato. Ciascuno di questi settori può e deve ragionevolmente divenire un capitolo del dossier-liberalizzazioni del nuovo governo. Accanto alla riduzione della pressione fiscale, queste sono risposte e “speranze” efficaci alla giustificata “paura”: perché ne affrontano le cause reali.
Il confronto nelle gradi democrazie è sempre più tra innovazione e conservazione: il governo che sa scegliere la prima rinunciando alle “rendite” permesse dalla seconda, sposterà verso l’alto l’asticella della crescita e del benessere.
Quel che occorre, inoltre, onde poter incrementare il divario fra destra e sinistra (e poter dare agli italiani la tranquillità derivante dalla certezza della governabilità senza il rischio del cambio di casacca) è il coinvolgimento dei Partiti minori di matrice democristiana, liberale, Repubblicana e socialista riformista, destinati (grazie alla Legge elettorale “Porcellum”) a rimanere fuori del “sistema politico”. Una debacle, cioè, della Democrazia e del Pluralismo!!
La filosofia del Partito dell’Alleanza è quella di accantonare quel vecchio modo di fare politica sostanzialmente finalizzato al mantenimento del potere, a vantaggio di una politica del fare, che non scende a compromessi, che pone le sue basi sulla consapevolezza dei propri valori culturali, che pone al centro della sua azione lo spirito di servizio nei confronti della collettività. Valori, questi, fortemente sentiti dagli uomini del nostro partito, consapevoli del fatto che è più coerente mettere definitivamente da parte la vecchia logica dell’opportunità strategica a vantaggio della serietà politica, rischiando ma credendo nei propri ideali.
Il Partito dell’Alleanza, forte della sua presenza diffusa in tredici Regioni Amministrative italiane, come altri piccoli Partiti e Movimenti fuori dal quorum imposto dalla legge elettorale, nel rispetto della sua ideologia, calzante con i principi politici del PDL, non pensa a correnti del tipo “prima Repubblica”. Parlare di corrente nel Pdl sarebbe un’autentica sciocchezza.L’obbiettivo è, invero, costruire una rete solida ed imparare, assieme alle altre anime politiche minori, a fare squadra evitando inutili personalismi e concentrandosi invece sulle politiche concrete.
Siamo disponibili ad identificarci quale partito militante del Popolo delle Libertà, un partito nuovo, tutto da costruire insieme, sotto l’indiscussa leadership di Silvio Berlusconi.
Postato il 08.09.2008