Redattore Sociale - Dire, 11 settembre 2008Progettato per accogliere 320 detenuti, le presenze superano quota 430. Turni massacranti per gli agenti penitenziari. Il sindacato Sappe chiede per tutta la Sardegna almeno 350 nuovi poliziotti. Superata la soglia massima tollerabile: il carcere di Buoncammino è al collasso. Progettato per ospitare massimo 320 detenuti, le celle del penitenziario di Cagliari possono arrivare ad accoglierne 410. Ma "da sette mesi siamo sempre sopra quota 430 - spiega il direttore Gianfranco Pala - quando è possibile cerchiamo di trasferire qualche gruppetto nelle colonie penali di Mamone, Isili e Is Arenas, ma ci sono comunque cinque o sei nuovi arrivi praticamente tutti i giorni".
E mentre in tutta Italia riemerge il problema delle carceri sovraffollate, a Cagliari c’è chi fa i conti con la carenza degli spazi ormai da mesi, dividendo in sette celle da quattro, con una matematica che diventa sempre più flessibile per consentire di trovare un posto ai cinque o sei arrivi giornalieri. "Siamo arrivati ai livelli del periodo pre-indulto, anzi in alcuni casi siamo già oltre - denuncia Angelo Tedde, segretario regionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) - con troppi detenuti e pochi agenti si è costretti a ridurre i posti di servizio, venendo meno in alcuni casi anche la sicurezza dell’istituto.
A Buoncammino non c’è solo una carenza di spazi, ma anche di organico: servirebbero dai settanta agli ottanta agenti in più. Lo scorso gennaio, infatti, ho consegnato all’ex capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) una dettagliata relazione sulla situazione degli istituti sardi, dove l’organico accertato necessario è di almeno altre 350 unità". Carcere di massima sicurezza al centro della città, tanto è vero che non è mai evaso nessuno, Buoncammino è considerato però un penitenziario di transito: solo sei gli ergastolani, mentre altri trecento hanno pene che oscillano dall’anno ai 30 anni. Alta è anche la percentuale delle persone che ci restano solo per qualche giorno, magari arrestati in flagranza di reato e tenuti in custodia cautelare sino all’interrogatorio col magistrato.
"Dei nuovi arrivi giornalieri - chiarisce Pala - più della metà non resta che per pochi giorni". Esclusa la via di un nuovo indulto, si torna a parlare di bracciale elettronico: un segnalatore per accertare costantemente la posizione del detenuto rimesso in libertà. "Si parla da anni di questi braccialetti che non sono certo una novità - prosegue Tedde - per quanto ci riguarda siamo favorevoli, naturalmente facendo una giusta selezione sui soggetti, per evitare che escano di prigione persone pericolose". Non boccia l’ipotesi nemmeno il direttore Gianfranco Pala: "Se hanno fatto degli esperimenti e offre buone garanzie di sicurezza - sintetizza - potrebbe essere una soluzione per sfoltire il numero dei detenuti". Contrari, anzi contrarissimi, i volontari dell’associazione "5 novembre per i diritti civili".
"È una forma di violenza persino maggiore rispetto ad altre soluzioni - chiarisce il portavoce Roberto Loddo - già sperimentato, non solo è fallimentare, ma anche incompatibile con i diritti civili del detenuto. L’unica soluzione possibile è la salvaguardia della legge Gozzini, con misure alternative al carcere. Tanti sono in carcere per immigrazione o tossicodipendenze: per quanto ci riguarda proponiamo un’amnistia generalizzata che estingua il reato". Ormai al collasso, nel penitenziario di Cagliari c’è anche un dramma sanitario. "Ci sono molti detenuti con una doppia diagnosi - denuncia Loddo - sia con tossicodipendenza che con patologie psichiche. Vanno aiutati".