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    Gli investimenti della Fiat in Serbia.

    Torino ferma, Belgrado aspetta
    12.09.2008 Da Belgrado, scrive Aleksandra Mijalković

    Il futuro della partnership Fiat-Zastava dopo la ratifica da parte del parlamento di Belgrado dell'Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l'Unione Europea. La collaborazione tecnica, le dimensioni dell'investimento e il programma sociale. Nostro resoconto
    Mercoledì 10 settembre i membri del parlamento serbo hanno ratificato l'Accordo di Stabilità e Associazione (ASA) e l'Accordo commerciale di transizione con l'UE. A dire il vero non all'unanimità, ma per maggioranza. In ogni caso si tratta di un grande passo avanti, con riferimento al fatto che recentemente sembrava che a causa dell'opposizione del blocco “popolare” [DSS, NS, SRS] l'accordo con l'UE non sarebbe stato ratificato in tempi brevi.

    I partiti filo-europeisti hanno subito colto l'occasione per parlare di tutti i vantaggi concreti che i cittadini serbi si aspettano dall'entrata nell'Unione. Uno di questi, a cui in particolare si è riferito il ministro dell'Economia Mlađan Dinkić, è l'abbassamento della tassa doganale per l'importazione delle automobili dal mercato europeo, vale a dire la possibilità di ribasso delle auto importate a partire dal 1° gennaio 2009.

    Cosa accadrà, quindi, con la produzione di automobili serbe, e soprattutto che ne sarà della "Zastava“ di Kragujevac che l'italiana Fiat dovrebbe rilevare, modernizzare e rendere capace di produrre 300 mila veicoli all'anno?

    Nelle scorse settimane, i mezzi d'informazione hanno parlato molto del fatto che l'accordo sul futuro partenariato strategico della Zastava - del valore di un milione di euro firmato dal governo serbo con la casa automobilistica italiana - sarebbe stato ratificato solo a condizione della ratifica dell'ASA da parte del parlamento serbo, in quanto il gigante italiano aspetterebbe che i soldi stanziati per l'investimento nella casa di Kragujevac arrivino da fondi europei. Fondi che resterebbero bloccati in un paese che rifiutasse rapporti più stretti con l'UE. (Ricordiamo, invece, che i rappresentanti della Fiat sono giunti alla firma del Memorandum d'intesa di collaborazione strategica e di investimenti congiunti nella casa automobilistica di Kragujevac "Zastava“ il giorno successivo alla firma dell'Accordo della Serbia con l'UE, avvenuta lo scorso 29 aprile.)

    Alle "insinuazioni giornalistiche“ sono seguite, quindi, le smentite sia da Belgrado che da Torino. Gualberto Ranieri, direttore dell'ufficio stampa del gruppo Fiat, ha dichiarato che tali affermazioni sono "del tutto infondate“, e che la compagnia resta fedele all'accordo con il governo serbo, senza riferimento all'ASA.

    Perché, quindi, Fiat ancora non ha siglato questo documento?

    La ragione è, come riportato dai giornali mercoledì 10, di più alto livello. L'intera documentazione (di alcune migliaia di pagine) e la serietà dell'intero lavoro richiedono ulteriore tempo perché "è necessario risolvere ancora alcuni piccoli dettagli tecnici“, ha affermato Dejan Jovanović, segretario del ministero dell'Economia e dello Sviluppo regionale. Da Kragujevac, invece, dichiarano che non sono state risolte nemmeno le questioni legali e riguardanti la proprietà all'interno della "Zastava“, cosa che in primis si riferisce alla partnership dell'ex "Zastava transport“ con la compagnia austriaca "Hödlmayr “ e alla ridefinizione del rapporto con l'impresa "Reomat“ ("Zastava Reomat“ è stata venduta nel 2006 alla tedesca Scholz).

    La terza ragione è l'aumento significativo delle cifre originarie di investimento del governo serbo (300 milioni di euro al posto dei precedenti 100 milioni) e della Fiat (800 milioni di euro al posto di 700). Ora, quindi, la nostra parte dovrebbe assicurarsi una cifra tre volte maggiore per la ricostruzione e la modernizzazione degli impianti e dei pezzi "Zastava“, cosa che richiederebbe un'ulteriore decisione sulla ridefinizione del budget da parte del Parlamento serbo. Si pone anche la domanda del cambiamento della propria partecipazione nella nuova compagnia comune, di cui Fiat disporrebbe del 70% e la Serbia del 30%. Quindi, ancora si attende.

    Nel frattempo i delegati di Kragujevac, a inizio settembre, hanno preso parte alla riunione congiunta dei rappresentanti sindacali Fiat nel mondo (Italia, Polonia, Turchia, Brasile e altri paesi), in cui si è arrivati all'accordo su regole uguali per tutti i lavoratori Fiat, indipendentemente dall'ubicazione degli stabilimenti. "Ciò non significa che i lavoratori della futura impresa Fiat a Kragujevac avranno la stessa paga di coloro che sono in Italia, ma la cosa fondamentale è che saranno unificate tutte le altre regole“, ha dichiarato Zoran Mihajlović, presidente del sindacato di Zastava, aggiungendo che per loro è stato significativo anche lo scambio di esperienze sindacali negli altri paesi dopo l'arrivo della Fiat.

    Con il memorandum, lo ricordiamo, sono assicurate al partner italiano e ai suoi collaboratori un terreno edificabile e altre precondizioni per la produzione di parti e componenti dell'auto. L'accordo è formato da tre parti: la prima comprende gli aspetti stabiliti per la collaborazione tecnica, la seconda l'investimento congiunto Fiat e governo serbo, e la terza il programma sociale che si riferisce alla tutela dei diritti dei lavoratori Zastava. Per questo punto specifico si sono accordati i sindacati della compagnia di Kragujevac, già forti dell'esperienza di un passato non molto lontano.

    Con la ratifica dell'ASA alla fine è stato allontanato quell'ostacolo, come direbbero i partner di Torino, "fittizio“ che impediva alla Fiat di siglare il contratto per rilevare la Zastava. Rimangono, quindi, solo le motivazioni "reali“, al cui centro c'è, come di solito accade, la questione monetaria.

    Fonte: www.osservatoriobalcani.org

  2. #2
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    Tiro alla fune
    25.09.2008 Da Belgrado, scrive Aleksandra Mijalković

    L'UE non trova l'unanimità per scongelare l'Accordo commerciale con Belgrado. E se premier e filoeuropeisti sostengono l'implementazione unilaterale dell'accordo, proposta dall'UE, l'opposizione la ritiene una mossa ingiusta e umiliante per la Serbia
    I rapporti tra la UE e la Serbia ricordano sempre più l'antico gioco del “tiro alla fune”, molto popolare nei Balcani, in cui i giocatori tirano avanti e indietro la corda per portare l'avversario dalla propria parte e vincere. Nel caso più recente, Belgrado ha guadagnato un punto con la ratifica dell'Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) al Parlamento serbo, ma poi, il 15 settembre, Bruxelles ha pareggiato con la decisione del Consiglio dei ministri UE, che fa sì che questo documento per ora resti solo “sulla carta”. L'Accordo commerciale di transizione basato sull'ASA rimane pertanto "congelato".

    L'opinione pubblica serba, invece, non riesce a capire perché l'UE stia temporeggiando su qualcosa che non le è favorevole, e che oltretutto danneggia la Serbia e i Balcani. Con l'Accordo commerciale tra Serbia e Unione Europea, infatti, si dovrebbe iniziare a diminuire e poi ad eliminare gradualmente il dazio sulle merci importate dall'UE, cosa positiva soprattutto per le compagnie europee (ma anche per i consumatori serbi).

    Inoltre, si avrebbe la conferma che l'UE è pronta a sostenere l'avanzamento della candidatura della Serbia (che ovviamente entrerà quando entrambe saranno pronte), e il chiaro riconoscimento, nei confronti dei suoi cittadini, istituzioni e forze democratiche, degli sforzi fatti finora per rispettare gli standard europei. Si tratterebbe del modo migliore per l'UE di incoraggiare e sostenere i suoi alleati in Serbia. Infine, questo contribuirebbe alla sicurezza e alla collaborazione in questa parte d'Europa, in quanto stimolerebbe i paesi dei Balcani occidentali a continuare più seriamente il loro cammino d'integrazione europea con il rispetto dei paesi vicini e con la fiducia in Bruxelles.

    Invece le cose sono andate diversamente. Sotto la spinta dell'Olanda (sostenuta dal Belgio), alla Serbia è stata negata l'entrata in vigore del primo documento ufficiale che l'avrebbe messa in rapporti contrattuali con l'UE.

    Secondo le valutazioni del capo della diplomazia olandese, Maxim Verhagen, la Serbia non ha ancora soddisfatto la “condizione dell'Aja”, ed è necessario insistere ulteriormente affinché raggiunga una piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia. Verhagen ha affermato che sono già stati fatti dei buoni passi avanti, e spera che “ce ne saranno anche in futuro, fino alla cattura di Ratko Mladić.”

    Incoraggiamento o umiliazione

    “Quando in aprile è stato firmato l'ASA, è stato deciso che sarebbe entrato in vigore una volta raggiunta la piena collaborazione della Serbia con il Tribunale dell'Aja. Se qualcuno ritiene che questo sia stato realizzato, va bene. Ma noi reputiamo che non sia così”, ha affermato Verhagen riportando la posizione del suo governo.

    La maggior parte degli stati membri dell'UE non ha condiviso questo pensiero, ma la decisione dev'essere presa all'unanimità. Così, ai cittadini serbi, invece della tanto attesa “luce verde” per l'ASA, da Bruxelles è arrivata una consolante promessa che i ministri “continueranno ad insistere con l'Olanda” (per modificare la decisione forse già il mese prossimo), e la raccomandazione che, nel frattempo, la Serbia inizi con un'implementazione unilaterale dell'Accordo.

    L'accordo con la Fiat non è in pericolo
    Il fatto che l'Accordo commerciale di transizione tra Serbia e UE non sia stato ancora scongelato non influirà negativamente sull'iniezione di investimenti stranieri in Serbia e sull'attività delle nostre imprese, né metterà in pericolo l'affare di 700 milioni di euro dell'investimento congiunto di Fiat e Governo serbo nella casa automobilistica di Kragujevac “Zastava”.
    Per la Fiat è importante che il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini sostenga chiaramente il cammino europeo della Serbia. “Sono convinto che sia una garanzia sufficiente per la Fiat”, ha commentato Đelić.
    Il premier Cvetković ha confermato ai giornalisti che i colloqui con la Fiat sono stati portati a termine, la domanda è quando sarà siglato l'accordo. Cvetković ha ricordato il piano Fiat, che produrrà 200.000 auto nella prima fase e 300.000 nella seconda, “un'enorme iniezione valutaria che ha una grande importanza per la nostra stabilità macroeconomica”.
    Il Commissario europeo per l'allargamento Olli Rehn ha dichiarato che questo aumenterebbe le possibilità per la Serbia di ottenere lo status di paese candidato nel prossimo 2009, definita “data possibile” dal presidente della Commissione europea Josè Barroso .

    Il capo della diplomazia francese, Bernard Kouchner, alla presidenza del Consiglio dei ministri UE, ha espresso il suo dispiacere per il mancato raggiungimento di un consenso, nonostante la “grande maggioranza” degli stati UE sia favorevole a sbloccare l'accordo con la Serbia. L'Alto rappresentante UE per la politica estera e la sicurezza, Xavier Solana, crede che nelle prossime settimane si terranno altri incontri (compresi quelli a margine dell'Assemblea Generale dell'ONU a New York), per raggiungere un accordo in ottobre. E' quanto spera anche Kouchner, che ha presieduto la seduta del Consiglio.

    Questi incoraggiamenti, in particolare, non hanno consolato la parte filo-europea della Serbia, politici, cittadini ed esperti. Tra questi, anche l'ex ministro degli Affari Esteri della SRJ [Repubblica Federale Jugoslava, ndt] Goran Svilanović, consulente nella Commissione economica ONU per l'Europa, il quale ritiene che la decisione dell'UE sia negativa, perché nell'opinione pubblica serba si conferma l'impressione che tutto in Europa venga deciso per volontà politica di un gruppo di persone che decidono fuori dai criteri stabiliti.

    Questi incoraggiamenti hanno suscitato una valanga di proteste da parte degli euroscettici e dell'opposizione anti-europea. Il Partito democratico della Serbia (DSS) ritiene che la posizione del premier Mirko Cvetković, secondo cui la Serbia dovrebbe accettare la raccomandazione di Bruxelles e implementare unilateralmente l'accordo con l'UE, sia il “proseguimento della politica parassitaria del governo serbo, che va contro lo sviluppo economico e contro i suoi cittadini”, e “l'inizio del danneggiamento sistematico dell'economia del paese, a causa della realizzazione degli interessi economici delle grandi compagnie dell'UE e dei loro emissari all'interno del governo serbo”.

    Secondo questo partito, i cittadini sarebbero stati prima illusi con false dichiarazioni - che dicevano che l'accordo sarebbe stato scongelato a Bruxelles - e poi, come “apice di ipocrisia e cinismo dei funzionari UE”, sarebbe stato offerto loro di implementarlo unilateralmente, e “questa sarebbe soltanto una delle umiliazioni che il Governo serbo ha subito da parte dell'UE”, si legge nella comunicazione del DSS.

    Miloš Aligrudić, funzionario DSS, ha definito l'esito dell'incontro a Bruxelles come “lo scontato proseguimento della politica di ricatto dell'UE nei confronti della Serbia”, condotta più sulla questione dell'indipendenza del Kosovo che sul problema della collaborazione con l'Aja. Il presidente del DSS Vojislav Koštunica ritiene che il proseguimento della sospensione dell'Accordo di Transizione economica con l'UE dimostra che la Serbia non può aspettarsi che gli altri stati la rispettino, se il governo in carica non ha la forza di manifestare nemmeno il minimo rispetto di sé nel difendere gli interessi del paese.

    Il partito Nuova Serbia sottolinea che ora “è più che chiaro che l'UE non vuole una collaborazione di partenariato con la Serbia”, e il Partito democristiano vuole convincere i cittadini che l'UE “ha punito senza ragione la Serbia”, e chiede le dimissioni del vicepresidente Božidar Đelić per aver umiliato la gente con un falso ottimismo.

    Uno schiaffo alle forze filoeuropee

    Come hanno reagito le autorità in Serbia alla raccomandazione di Bruxelles e alle critiche nel paese?

    Il presidente Boris Tadić ha riconosciuto che la Serbia, quando si tratta di integrazione europea, si confronta con gli ostacoli e le incomprensioni di questo processo, testimoniati dai singoli stati dell'UE, in primis l'Olanda, e che “non si traggono molti vantaggi dai grandi discorsi sull'entrata facile e veloce in UE, ma dal grande lavoro al processo di integrazione traggono vantaggio tutti i cittadini”.

    “Oggi l'Olanda ha fatto un torto alla Serbia. Il nostro paese ha fatto tutto ciò che era in suo potere per collaborare con il Tribunale dell'Aja”, ha dichiarato Božidar Đelić ai giornalisti, insoddisfatto perché “un ministro (il capo della diplomazia olandese) ha bloccato l'intera valutazione della collaborazione del nostro paese con il Tribunale dell'Aja, e questa non è in nessun modo la strada giusta né per l'UE, né per la Serbia verso l'UE”.

    Tuttavia, ha aggiunto Đelić, la Serbia non desiste dal suo cammino europeo. “L'implementazione unilaterale dell'ASA può essere nell'interesse della Serbia nella misura in cui viene presa in considerazione formalmente anche dalla Commissione europea, perché, se l'anno prossimo sarà valutata la nostra richiesta per ottenere lo status di candidato all'UE, Bruxelles guarderà sicuramente se avremo rispettato le condizioni di detto accordo”, ha spiegato Đelić, facendo notare che “la proposta di Olli Rehn costituisce un tentativo di superare l'impasse del nostro paese nel processo di integrazione. L'obiettivo è quello di acquisire esperienza nell'implementazione dell'Accordo, perché è questo ciò che viene valutato nell'attribuzione dello status di candidato”.

    A suo avviso, la prossima occasione di sbloccare l'Accordo di transizione con l'UE sarà a dicembre, dopo che il procuratore capo del Tribunale dell'Aja, Serge Brammertz, avrà presentato il suo rapporto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

    Il premier Cvetković ha dichiarato che, nonostante tutto, la Serbia resta fedele al suo cammino europeo, in quanto questa è la strada per il miglioramento della vita dei cittadini, e non desisterà. Cvetković fa notare che sarebbe meglio se Goran Hadžić e Ratko Mladić, accusati dall'Aja, si consegnassero di loro spontanea volontà. Il premier è convinto che la Serbia sia più preparata per l'UE rispetto a molti altri paesi che sono già membri, ma che 5-6 anni siano una “data ragionevole” per l'entrata della Serbia in UE.

    Il vice premier serbo e ministro dell'Interno Ivica Dačić ha commentato che il confine tra l'umore pro-europeo e quello anti-europeo è molto sottile in Serbia, e che l'UE ora ha rafforzato il peso delle forze anti-europee nel paese”. Quando gli è stato chiesto se il suo ministero sa dove potrebbe nascondersi Mladić, Dačić ha risposto che “non dispone di nessuna informazione operativa”.

    La direttrice della Segreteria governativa per l'integrazione europea, Tanja Miščević, fa sapere che la Serbia non deve perdersi d'animo, ma continuare e approfondire il processo di adesione. Il capogruppo dei deputati e membro della Presidenza del partito G17 plus, Suzana Grubješić, riguardo alla proposta di Rehn ha detto che è “senza alcuno sfondo politico” e che la si deve accettare. A suo parere non si tratta di una “umiliazione per la Serbia”, e invece di aspettare che l'Olanda ceda, “dovremmo fare tutto quello che ci viene richiesto secondo il diritto internazionale e le nostre leggi interne”.

    Particolarmente interessante la posizione del capo della diplomazia serba Vuk Jeremić, per il quale è necessario capire che “l'Olanda è contraria per principio all'allargamento dell'UE”, e che l'opposizione al caso della Serbia, ponendo la condizione della collaborazione con l'Aja, è solo una scusa.

    “Senza alcun dubbio possiamo dire che sono state ragioni politiche interne all'Olanda che hanno decretato che, proprio in questo incontro, non si facesse tale passo [lo scongelamento dell'Accordo]”, ha dichiarato Jeremić. In realtà, il ministro degli Esteri serbo crede che la decisione sfavorevole dei ministri degli Esteri dell'UE “non rappresenti una sconfitta, ma solo un rinvio” di un passo successivo verso la legittima entrata della Serbia in UE.

    Quello che, tuttavia, il ministro non ha detto è che rimandare troppo a lungo, sfortunatamente, potrebbe essere rovinoso per la posizione internazionale della Serbia, per la sua crescita economica e la stabilità sociale del paese e, soprattutto, per l'atteggiamento filo-europeo dei suoi cittadini.

    Fonte: www.osservatoriobalcani.org

  3. #3
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    tutta Fiat
    30.09.2008 Da Belgrado, scrive Aleksandra Mijalković

    Mladjan Dinkic e Sergio Marchionne Siglato l’accordo di investimento congiunto tra Belgrado e l’italiana Fiat. Con un valore di 950 milioni di euro è il più grande investimento mai fatto finora in Serbia. Previsti quasi 5000 nuovi posti di lavoro e il rafforzamento dei rapporti economici e politici tra Italia e Serbia
    Da tempo in Serbia non si vedeva una tale solennità come quella che ha accompagnato la firma dell'Accordo di investimento congiunto nello stabilimento “Zastava” di Kragujevac tra i rappresentanti del governo serbo e l'italiana Fiat. Siglando il documento, il ministro dell'Economia e dello Sviluppo regionale Mlađan Dinkić, uno dei protagonisti della trattativa, ha valutato che il contratto con il partner italiano, del valore di 950 milioni di euro, costituisce il più grande investimento mai fatto finora in Serbia; mentre l'altro firmatario, il presidente del gruppo Fiat Sergio Marchionne, ha dichiarato che si tratta di un vero e proprio esempio di collaborazione tra un'impresa privata e un'istituzione statale.

    I piani di Dinkić

    A Kragujevac e in Šumadija verranno investiti da 1,3 a 1,5 miliardi di euro, ha dichiarato il ministro per l'Economia e lo Sviluppo regionale Mlađan Dinkić dopo la sigla dell'accordo tra il Governo serbo e la Fiat. Questo, ha detto, lo si poteva solo sognare. Stando alle sue parole, tra 15-16 mesi dovrebbe iniziare la produzione del nuovo modello di automobile che sarà più bello e più moderno della famosa 500 (nella fase iniziale 200.000 mezzi, poi tra un anno altri 100.000), e il 95% della produzione sarà piazzato sul mercato dei paesi dell'UE. Questi affari d'esportazione dovrebbero portare un guadagno di un miliardo di euro.
    Entro la fine del 2010 si attende anche l'inizio della produzione del nuovissimo modello classe A, il cui aspetto è per ora un affare segreto della Fiat, le cui foto pubblicate in questi giorni dai media locali e stranieri sono false, ha dichiarato Dinkić.

    Non sorprende quindi che all'evento abbiano partecipato i più alti funzionari statali, in primis il presidente serbo Boris Tadić e il premier Mirko Cvetković, e per la firma è arrivato a Belgrado anche il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini.

    Dopo la fastosa cerimonia al Palazzo “Serbia” (un tempo Palazzo della Federazione) a Belgrado, Frattini ha sottolineato che il contratto sull'investimento congiunto di due stati è significativo perché rafforza le relazioni dal punto di vista economico e politico e, ha aggiunto, l'Italia è interessata anche ad effettuare altri investimenti nell'”amica Serbia”, che considera partner strategico sia in politica che in economia. "La Serbia riottiene un posto prioritario per gli investimenti italiani”, ha aggiunto Frattini.

    Il presidente Tadić ha espresso la sua soddisfazione per l'accordo con la Fiat, in quanto la vicinanza della Serbia all'Italia e la sua disposizione a sostenere l'integrazione europea del paese ora sono confermate anche dalla sfera economica. “Questo è un grande giorno per il nostro paese, per la Fiat e per l'industria italiana. Dopo 55 anni, questo è un nuovo inizio economico per la Šumadija [regione della Serbia meridionale, ndr] e per la Serbia, per questo condivido l'orgoglio dei cittadini serbi che una delle più grandi compagnie al mondo e principale compagnia italiana sia di nuovo nel nostro paese”, ha affermato Tadić. Oltre all'offerta di 5000 nuovi posti di lavoro, da questo affare, dunque, ci si aspetta un rafforzamento dell'occupazione anche in altri settori dell'economia serba. Tadić, invece, ha notato che gli operai della Zastava ora avranno una concorrenza molto più forte nel settore automobilistico rispetto a mezzo secolo fa, quando il gigante di Torino cominciò a collaborare con la fabbrica di Kragujevac.

    “Coloro che 10-15 giorni fa non credevano che la Fiat sarebbe arrivata in Serbia, che non credono che otterremo lo status di paese candidato e che entreremo nella lista bianca di Schengen, devono sapere che riusciremo a fare tutto questo!”, ha dichiarato con ottimismo il presidente serbo, mentre nel cielo sopra al Palazzo “Serbia” volavano palloncini coi colori delle bandiere italiana e serba.

    Nuova impresa, vecchi partner

    Grande gioia a Kragujevac, dove dopo la firma dell'Accordo si sono diretti gli elicotteri speciali di Dinkić e Marchionne, al seguito del sindaco di Kragujevac Veroljub Stevanović. I velivoli sono arrivati con un ritardo di 45 minuti, e ai giornalisti e ai fotoreporter è stato vietato l'accesso alla pista d'atterraggio della Zastava. Questo però non ha rovinato l'impressione generale secondo cui si tratta di un evento di vitale importanza per questa città della Šumadija, che ancora dal 1954, quando è stato firmato il primo accordo con la Fiat, ha legato il suo futuro con il partner italiano (allora, dal nastro della fabbrica della “Crvena Zastava” di Kragujevac è uscita la prima Fiat 600 per licenza del produttore torinese). Tre anni fa la Zastava ha firmato un accordo con la Fiat sulla commissione e l'ottenimento della produzione del vecchio modello della Punto, conosciuto in Serbia come “Zastava 10”.

    L'affare del secolo – o la beffa del secolo
    L'Accordo tra il Governo serbo e la Fiat potrebbe trasformarsi da “affare del secolo” a “beffa del secolo”, commenta l'economista Danijel Cvetićanin. Nelle dichiarazioni per l'agenzia stampa nazionale Tanjug, ha affermato che l'accordo si potrà ritenere veramente di successo solo se le automobili di Kragujevac saranno esportate anche in Russia, e se il mercato russo ne accetterà non alcune migliaia, ma alcune centinaia di migliaia, e nella prospettiva di alcuni milioni di automobili serbe; ma se i russi non diranno di sì, e se gli italiani non investiranno o non investiranno i soldi nel modo giusto, allora questo affare può diventare con gran facilità la beffa del secolo”.
    Un altro analista economico, Jurij Bajec, ritiene che questa sia “l'occasione che la Serbia dimostri, con un esempio concreto e in collaborazione con un rinomato produttore mondiale, di essere pronta come paese, come autogoverno locale e come fabbrica, ad accogliere un investimento così grande e ad assicurare tutte le infrastrutture indispensabili, i quadri e i presupposti affinché questo progetto resti in vita”. Il suo collega Milan Kovačević indica che sarebbe stato meglio che lo stato avesse privatizzato la fabbrica di Kragujevac invece di investire nella produzione di automobili nella Zastava, in cui la Serbia ha già buttato soldi a lungo come in un pozzo senza fondo.

    Con l'Accordo odierno sull'investimento congiunto è stato precisato che la neonata impresa, che rileva il patrimonio di Zastava, apparterrà per il 33% alla Serbia e per il 67% alla Fiat, e vi saranno impiegati 4.750 operai. Stando alle parole del ministro Dinkić, l'Accordo permetterà alla Zastava “di non essere più un'impresa in perdita, ma di diventare una compagnia dai buoni profitti e il più grande esportatore in Serbia”. L'investimento iniziale della Fiat sarà attorno ai 700 milioni di euro, e quello del governo serbo di 200 milioni di euro. La Serbia si è impegnata anche a permettere alla Fiat impulsi aggiuntivi nei prossimi dieci anni, quali grandi sgravi fiscali, svincolamento da tasse locali, sicurezza delle infrastrutture e aree gratuite per l'ampliamento delle capacità, oltre che il conferimento a Kragujevac di status di zona tax free.

    L'impresa congiunta a Kragujevac svilupperà la produzione in due fasi: in principio con una capacità di produzione di 200.000 automobili (classe A) all'anno, e in seguito, a partire dal 2010, di ulteriori 100.000 (probabilmente di modelli di classe B e una versione compatta del modello Uno).

    Marchionne e Dinkić hanno firmato anche il Memorandum d'intesa sulla futura collaborazione di due membri del gruppo Fiat – Iveco e Magneti Marelli - con il Governo serbo per la produzione di autobus, mezzi speciali e componenti automobilistici. Con il documento si prevede la formazione di due nuove compagnie congiunte che sarebbero per il 70% di proprietà italiana e per il 30% del Governo serbo. L'investimento iniziale di queste compagnie sarà di 240 milioni di euro, di cui la Serbia parteciperà per 60 milioni di euro, oltre allo sgravio fiscale e all'investimento nell'infrastruttura. Iveco, in qualità di comproprietario di “Camion Zastava”, ha intenzione di produrre in futuro anche mezzi speciali e circa 2.200 autobus all'anno, mentre la Magneti Marelli produrrà componenti ed elementi per il mercato interno serbo. Entrambe le fabbriche saranno situate nella zona industriale di Kragujevac e impiegheranno 2.350 operai.

    Ricordando la "Fića"

    Gli abitanti di Kragujevac hanno atteso il presidente del gruppo Fiat pieni di gioia e di speranza. Il sindaco Stevanović, in presenza dei media, ha solennemente consegnato a Marchionne le chiavi della città insieme ad un'icona di San Giorgio, patrono di Kragujevac, mentre il premier Cvetković ha evidenziato come la collaborazione con la Fiat avrà un significato particolare per l'amministrazione locale, perché avrà un'influenza sullo sviluppo generale della città, dei servizi e di tutto ciò che segue l'implementazione dell'accordo. Marchionne ha detto ai giornalisti che la Fiat, tra tutte le offerte di collaborazione, ha optato per la Zastava e Kragujevac per due ragioni: in primo luogo per la disponibilità e la velocità con cui è stata richiesta e realizzata la collaborazione, e in secondo luogo perché gli abitanti di Kragujevac hanno accolto la Fiat a braccia aperte.

    Il presidente del gruppo Fiat ha confermato che la fabbrica di Kragujevac sarà inclusa nella loro rete di produzione mondiale, e verrà dotata delle più nuove tecnologie Fiat. Marchionne ha dichiarato che le auto prodotte a Kragujevac non saranno indirizzate solamente al mercato serbo, ma anche ai mercati dei paesi vicini e dell'Europa occidentale, e ha espresso particolare soddisfazione per il ritorno di Fiat in Serbia e per il rinnovo del partenariato con la Zastava.

    La collaborazione delle due compagnie, in generale, è datata 1954, anno in cui è stato firmato l'accordo sul riscatto della licenza. Tre mesi dopo a Kragujevac è stato avviato il montaggio dei primi modelli Fiat, tra cui la leggendaria Fiat 600, nota col vezzeggiativo di "Fića". In brevissimo tempo dopo l'avvio della usa produzione, è diventata uno status symbol della classe operaia dell'ex Jugoslavia – ricordano le agenzie stampa odierne – e un esemplare di questo modello, con il baldacchino, si trova oggi esposto al Museo dell'automobile di Belgrado. Con la Fiat 600 viaggiava l'ex presidente della SFRJ Josip Broz Tito, che l'aveva ricevuta in regalo dal fondatore e proprietario della Fiat Gianni Agnelli in persona. La produzione della 600 è iniziata nel 1955, e nei successivi 30 anni, quanto è durata la produzione, ne è stato prodotto quasi un milione di esemplari. Secondo alcune stime, in Serbia oggi ce ne sarebbe ancora qualche migliaio di modelli in circolazione.

    Fonte: www.osservatoriobalcani.org

 

 

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