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  1. #1
    Pasdar
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    Predefinito Intervento di Romagnoli al Congresso nazionale MSR

    La notizia è vecchia ormai, ma non ricordo di averla letta su POL e l'intervento è, forse, degno di commenti da parte di molti, Fiammisti ed ex-Fiammisti in primis.



    Madrid, 14 e 15 giugno 2008: intervento di saluto dell'on. Luca Romagnoli al Congresso nazionale MSR

    Cari amici e camerati del Movimento Sociale di Spagna, ho il piacere di partecipare alla chiusura del vostro Congresso e vi porto i saluti, oltre che dell’intero MSFT che ho l’onore di dirigere, di: Valerio Cignetti, Massimo Zannoni, Attilio Carelli, Piero Cappellari e Gennaro Gargiulo, che a diversa ragione avete avuto modo di conoscere, e dei tanti altri militanti italiani del Partito che qui rappresento.
    Ovviamente saluto Antonio Llopart, Erik Norling, il Segretario Generale Antonio M. Cayuela, e il segretario madrileno Francisco Gomez e tutti i militanti del MSR.
    Ciascuno dei nostri Partiti, ciascuna delle nostre, piccole, è vero nei numeri, però solo nei numeri, comunità rappresenta quanto di più intenso, impegnativo, vivo e profondo sentimento per la politica e per il miglior bene dei nostri popoli, di antichissima e grande cultura: noi, ciascuno di noi, e i nostri partiti rappresentiamo i paletti fondanti e abbiamo l’ardire di dire anche l’ultima difesa delle nostre comunità di popolo, o meglio di quello che ancora vorremmo fossero tali. Sentiamo ancora l’orgoglio di una continuità ideale, cerchiamo ancora d'essere fieri della nostra stirpe e della nostra civiltà con l’ambizione, anche, di educare e fare proseliti, delle idee e dell’impegno, dell’ordine sociale e della dignità dell’individuo, del bene supremo e comune contro egoismi individualistici e contro prepotenze transnazionali.
    Insomma, ancora pretendiamo di insegnare ai nostri figli una via diversa, una “terza via”, per impegnare, in senso profondo e compiuto, un’esistenza che non è solo ossessivamente tellurica, come in questo mondo la vulgata dominante sembra ormai aver imposto a modello universale. Già questa e la nostra prima vittoria, anche se abbiamo fatto e continuiamo a fare una scommessa per il futuro, piuttosto che illuderci del successo del presente.
    Combattiamo per un'Europa che non e la nostra Europa. Non è quella del Trattato di Lisbona, già dopo il clamoroso tonfo del progetto costituzionale, grazie ai referéndum francese ed olandese, che tenta di resuscitare un modello d’Europa laicista e ossessivamente materialista. Ci provano dal Dicembre 2000, con il Trattato di Nizza, che doveva riformare le istituzioni europee in vista dell'allargamento ad Est. Poi nel Dicembre 2001, con la Dichiarazione di Laeken, i premier europei danno mandato all'ex presidente francese Valéry Giscard d'Estaing di presiedere la "Convenzione europea" per riscrivere le regole dell'Europa allargata. Nel Marzo 2002, si aprono i lavori Della Convenzione (composta di rappresentanti dei governi e dei Parlamenti nazionali, nonché Europeo e della Commissione). Nel Luglio 2003, la Convenzione licenzia una bozza di costituzione, il 29 Ottobre 2004, Gli Stati membri firmano la bozza e dopo qualche ritocco, nasce il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. Comincia l'iter di ratifica, ma nella Primavera 2005, il NO dai referendum di Francia (29 maggio) e Olanda (1° giugno) mette in crisi il meccanismo. Si apre un «periodo di riflessione». Nel Dicembre 2007, il Trattato di Lisbona, dopo l'elezione di Sarkozy e con la Presidenza tedesca dell'UE viene approvato un testo ridimensionato, che rimette in moto la macchina delle ratifiche. Questa volta tutti evitano accuratamente di parlare o accennare alla possibilità di referendum. Tutti tranne un piccolo Paese di 4,6 milioni di anime ma grande di tradizione ed identità: l'Irlanda.
    Grazie dunque al "Popolo delle fate e dei folletti" perchè speriamo che il No irlandese del 13 giugno 2008, sia non solo la fine del Trattato di Lisbona, ma di ogni tentazione falsamente europeista.
    Si perchè la nostra Europa (e crediamo sia quella che veramente vorrebbero gli Europei se a tutti fosse data opportunità di conoscenza e valutazione, nonché di democratica espressione attraverso un referéndum) è fatta di altro: è fatta di composizione -se possibile-, degli interessi nazionali, ma di rispetto delle identità e della completa sussidiarietà; deve essere fatta sulla base di una sua emancipazione da interessi extraeuropei, tanto finanziari, che economici, che geopolitici.
    Il Trattato è stato scritto, negoziato e approvato a porte chiuse, tra leader: come se si trattasse di un accordo diplomatico. Ecco che gli Irlandesi hanno avuto l'invidiabile opportunità di aver detto no a un’Europa percepita come avida di poteri e controllo burocratico su tutto e tutti.
    Si poteva trattare di costruire un'unione politica che definisse le regole di una "realtà politica", forse la più innovativa del secondo dopoguerra, l’Unione Europea, appunto. Un’entità che, senza essere uno Stato, ne racchiude oggi in sé i principali poteri: battere moneta (l’Euro), gestire le frontiere (Schengen), produrre legislazione (a iosa). Eppure, in un mondo globalizzato c’è bisogno di Europa, ma bisogna prima spiegarlo ai popoli, dargli paletti ideali, identitari e veramente comunitari, soprattutto prima discuterne e poi scriverne le regole in modo effettivamente democratico attraverso l'elezione, e con una sola consultazione lo stesso giorno in tutti i Paesi, di un'assemblea costituente (potrebbe esser coincidente con quella del Parlamento Europeo) chiamata a scrivere una vera Costituzione, poi da verificare con una consultazione referendaria.
    Lo storico, peraltro di sinistra, Jacques Le Goff sul Nouvel Observateur (N. 2072) in un articolo dal titolo «L’Europa medievale e noi», che tanto ha studiato e scritto sul medioevo europeo e non solo, e che di rado si concede a generalizzazioni perché sa quanto possano ingannare, dovendo spiegare il modo in cui il Medioevo ha contribuito al nostro essere Europa di oggi, inizia a ragionare su come nel Medioevo erano percepiti il tempo e lo spazio e come alcuni dei parametri antropologici di quello che Le Goff chiama «il lungo Medioevo» (lo fa finire con la rivoluzione industriale), abbiano condotto all'attuale status quo.
    Senza cadere nelle tentazioni laiciste di Le Goff (per il quale i re anche se erano santi erano laici, argomentazione per altro discutibile), é ovvio che un'Europa affatto imperiale, come é fin dalla nascita della Comunità Europea e quindi dell'Unione concepita, sia stato il prodotto immaginato di chi quell'idea rifiuta in nome di una supposta superiorità liberale che nascerebbe dall'emancipazione, niente meno che delle arti e dei mestieri, e quindi per parossistica esagerazione dal primato dalla liberalità dell'economia e del mercato sulla politica.
    Ne é esempio emblematico la questione dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea: improbabile a tempi brevi, ma non tanto a causa della religione musulmana (installata da secoli nei Balcani) bensì per la distanza non solo geografica, ma culturale e identitaria, e oggettivamente anche nello sviluppo dei diritti. Non sarebbe invece preferibile lo sviluppo di accordi preferenziali con i Paesi del Nord Africa e soprattutto con la Russia?
    Resta da vedere, aggiungo, se l'entità politica Unione Europea debba autodefinirsi in termini di identità ed eredità o se, come vuole "la vulgata della maggioranza", debba affidare piuttosto il proprio futuro semplicemente alla congruità di un progetto prima economico e poi politico.
    Legislazioni elettorali, che già in Spagna come in tante altre Nazioni d'Europa, ora vieppiù in Italia, pretendono il marchio di democrazia e sono invece sempre più orientate a sedimentare oligarchie, costringono, se non addirittura annullano, purtroppo, i nostri margini di rappresentatività.
    Anche in Italia si è ora al bipolarismo, forse addirittura al bipartitismo coatto.
    A questo dobbiamo trovare, se non soluzioni ma elastica tattica che consenta di sopravvivere politicamente ed avere ancora la possibilità di continuare a trasmettere ai nostri figli un modello di vita diverso, sperando che nelle pieghe dei corsi e ricorsi storici, la ruota del tempo consenta a loro l'opportunità -non importa se democratica o rivoluzionaria-, di concretarlo. Quello che oggi non sembra alla nostra portata può germogliare in futuro se riusciamo in qualche modo a curare le antiche radici. Grazie a tutti voi e i migliori auguri per il futuro politico e sociale della vostra comunità, così affine e vicina a quella della Fiamma. Arriba España!

    Segretario Nazionale
    MS Fiamma


    http://www.fiammatricolore.net/fiamm...lo.asp?id=2462
    «Non ti fidar di me se il cuor ti manca».

    Identità; Comunità; Partecipazione.

  2. #2
    PaleoCons
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    Predefinito

    grazie di averlo postato.
    iniziavo a pensare di dover passare la vita senza leggerlo.

  3. #3
    Pasdar
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    Predefinito

    La tua ironia è così sottile che in prima battuta non l'avevo colta.
    «Non ti fidar di me se il cuor ti manca».

    Identità; Comunità; Partecipazione.

  4. #4
    mormilla
    Ospite

    Predefinito

    cioè questo vorrebbe un europa imperiale adesso?

 

 

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