Dux and the city
di Marco Damilano e Marco Lillo
Le polemiche sul fascismo. I proclami bipartisan. Il sindaco di Roma studia da leader. Ma ai problemi della capitale non mette mano. E la città soffoca tra cantieri e traffico
Traffico a Roma
Piazza Esedra,
il viaggiatore che arriva a Roma dalla stazione Termini viene accolto da nuvole di fumo e da una montagna di sampietrini. Il biglietto da visita della nuova Roma Alemanna. Via l'asfalto, che tornino i vecchi sassi umbertini, ha ordinato appena eletto il sindaco di Roma scompigliando il progetto già approvato dalla giunta di Walter Veltroni che prevedeva l'eliminazione dei gloriosi 'serci'. "Grazie alle nuove tecnologie non creeranno problemi alla circolazione", ha assicurato il primo cittadino il 15 luglio inaugurando il cantiere di via Nazionale. Risultato: due mesi di caos e di traffico bloccato dalla stazione a piazza Venezia, nel cuore di Roma. E il peggio deve ancora arrivare.
È
la scelta di Gianni Alemanno per lasciare il segno nella città che governa da quattro mesi, dalla clamorosa vittoria al ballottaggio contro Francesco Rutelli. Smantellare le decisioni già prese dal predecessore, oggi leader del Pd. A costo di rifare le cose due volte, come per via Nazionale, e a costo di smentire se stesso, come nel caso dell'ormai famoso parcheggio da costruire sotto il Pincio: il sindaco ora si schiera pubblicamente dalla parte della lobby trasversale, da Giuliano Ferrara a Fausto Bertinotti, che vuole bloccare l'opera decisa dalla giunta di centrosinistra. Ma da consigliere comunale di An, capo dell'opposizione alla giunta Veltroni, Alemanno si comportò diversamente. Quando alle sedici e quindici del 25 settembre 2006 arrivò in aula Giulio Cesare la delibera per l'approvazione del "parcheggio sottostante al piazzale", dopo avere esaminato documentazione ponderosa, progetti, planimetrie, il futuro sindaco non si alzò in piedi per difendere "i sentimenti profondi di sacralità" del luogo, come proclama oggi. Preferì astenersi.
No al Pincio, no alla Notte bianca, no al menù etnico nelle scuole elementari.
Finora Alemanno si è distinto per i suoi niet e per l'interventismo su temi lontani dalla città e dai suoi problemi reali. Eppure aveva vinto le elezioni attaccando i sindaci alla Rutelli e Veltroni che si erano occupati delle loro carriere politiche nazionali e non dell'amministrazione. "Pensate solo alla visibilità e non alla concretezza", li aveva accusati nei faccia a faccia televisivi. Appena entrato in Campidoglio il morbo della visibilità ha colpito anche lui: prima, il tentativo di presentarsi come l'uomo del dialogo e delle riforme con una commissione bipartisan su modello della francese Attali, con la presidenza affidata a Giuliano Amato, con il vago compito di ridisegnare l'assetto istituzionale della Capitale, infarcita di personaggi del calibro di Antonello Venditti e Federico Moccia.
Pubblicità abusive nella capitale
Poi, l'ennesima correzione di linea sul fascismo, non più "male assoluto" come aveva tuonato Gianfranco Fini, ma derubricato timidamente a "un fenomeno un po' più complesso". Parole che hanno indignato la comunità ebraica romana e provocato le dimissioni di Veltroni dalla fondazione per il museo della Shoah.
Al di là delle discettazioni storiche e delle commissioni di palazzo,
il sindaco del fare, per ora, ha fatto ben poco. A sfogliare delibere e ordinanze spiccano soprattutto i favori agli amici di partito, uomini dello staff, sostenitori elettorali, fedelissimi e parenti.
Un diluvio di nomine e consulenze, quattordici addetti solo all'ufficio stampa, che costeranno in totale alle casse del Comune 8 milioni e 310 mila euro per la durata del mandato. L'ultimo assunto, nell'ordine, con una delibera del 2 settembre, è un ex prete dei Legionari di Cristo: Giuseppe Maria De Lillo, piazzato nella segreteria particolare del sindaco, fratello dell'assessore comunale all'Ambiente Fabio e del senatore di Forza Italia Stefano: una dynasty. Segue di qualche settimana l'ingresso nella segreteria del giovane Dario Panzironi, 24 anni, che guadagnerà 164 mila euro in due anni. Il papà, Franco Panzironi, è il braccio operativo della fondazione alemanniana Nuova Italia e poi segretario generale dell'Unire, nominato da Alemanno quando era ministro delle Politiche agricole. Poche settimane dopo l'ingresso della destra in Campidoglio ha ricevuto in dote una delle municipalizzate più delicate tra quelle controllate dal Comune: amministratore delegato dell'Ama, l'azienda della nettezza urbana. Dall'ippica si è dato alla monnezza.
Nell'ufficio stampa si è sistemato anche Fernando Maria Magliaro, figlio di Massimo, storico portavoce di Giorgio Almirante al Msi, oggi amministratore di Rai International. Alla direzione delle relazioni internazionali e cerimoniale del sindaco c'è un altro rampollo illustre, Mario Andrea Vattani, figlio dell'inamovibile presidente dell'Ice Umberto, arrestato negli anni Ottanta con alcuni naziskin dopo un'aggressione davanti al cinema romano Capranica. Ma poi totalmente prosciolto. Alla direzione del dipartimento politiche ambientali Alemanno ha portato un'altra vecchia conoscenza, il professor Paolo Togni, braccio destro di Altero Matteoli al ministero dell'Ambiente e già presidente della filiale italiana della multinazionale dei rifiuti Waste Management. Un posto al sole, a titolo gratuito, per Leopoldo Facciotti, l'avvocato dei tassisti che bloccarono Roma all'epoca della guerra delle licenze: consulente alla mobilità privata, cioè i taxi. L'uomo giusto al posto giusto.
La mobilità, infatti, è il punto debole di questo avvio dell'era di Alemanno. Dalla Tiburtina alla Prenestina, dal centro storico a via Marmorata, da Piazza Venezia alla Batteria Nomentana, basta fare un giro nei cantieri avviati o progettati dalla giunta Veltroni per scoprire una situazione di stallo nei lavori o di ingorgo per quelli attivati. I pendolari in fila ogni mattina sulla via Tiburtina si chiedono cosa ne è stato del raddoppio della consolare che attendono da anni. Probabilmente non conoscono Jacques Attali e per loro il 'male assoluto' è quel muro di auto che li separa dal lavoro. Dopo due anni di guerra legale davanti al Tar tra il vincitore e il secondo classificato, avevano sperato nell'apertura del cantiere agli inizi del 2008. Finalmente questa arteria strategica per le industrie che si affacciano sulla Tiburtina valley e per il centro alimentare di Guidonia, sarebbe stata ampliata. Ora è tutto fermo. E Alemanno da queste parti non si è mai visto.
In compenso ha inaugurato in pompa magna i lavori per la nuova bretella della Tangenziale tra Nomentana e Stazione Tiburtina: peccato che dopo due mesi il cantiere sia stato bloccato in sordina. Non va meglio per l'altra grande strada del quadrante nord-est: la Prenestina bis. La giunta Veltroni era pronta a partire con la gara, per mesi tutto immobile. "Il 23 settembre", fanno sapere dagli uffici dell'assessore ai lavori pubblici Fabrizio Ghera, "assegneremo le aree". Nessuna notizia invece sul fronte della 'Città dei giovani' che doveva sorgere all'Ostiense. Se ne parla dal 2003 e durante la vecchia consiliatura era stato fatto un mega-scavo di 8 ettari, profondo 9 metri, per costruire nell'area degli ex mercati generali un polo di attrazione per gli studenti universitari di Roma 3. Tutto bloccato anche qui.
Lo stop di molti cantieri dipende anche dal clima di diffidenza tra vecchi e nuovi amministratori. Appena insediata, la giunta Alemanno ha bloccato le aggiudicazioni e i contratti: colpa del buco di bilancio lasciato da Veltroni, si giustificano in Campidoglio. Sarà, ma il risultato è che i pagamenti degli stati di avanzamento lavori procedono con il contagocce. Insomma, la paralisi.
Perfino i costruttori romani, raccolti nell'associazione Acer, hanno cominciato a marcare le distanze da quello che all'epoca delle elezioni sembrava il loro beniamino. Anche perché gli unici cantieri che vanno avanti, paradossalmente, sono quelli del maxi-appalto vinto dal gruppo Romeo insieme a Caltagirone: i grandi palazzinari, i soliti, quelli che possono contare sull'accoppiata giornali-cemento. Non a caso il caltagironiano 'Il Messaggero' non perde occasione di osannare il sindaco. Dopo l'aggressione ai danni dei due turisti olandesi a Ponte Galeria, due settimane fa, titolò trionfalmente: "Periferie e stazioni più controllate, malviventi in fuga: così Roma sta riducendo i reati". Nel giro di soli tre mesi, che mago questo Alemanno. Il giorno dopo, il 26 agosto, altro peana: "Roma oggi è più sicura, Alemanno sta facendo un grande lavoro", è l'incipit. Autore del pezzo, Angelo Mellone. Gioca in casa: è l'ex ghost writer del sindaco. Sulla battaglia del Pincio, invece, il quotidiano romano ha bacchettato l'avanti e indietro della giunta. Carezze e buffetti, in vista della riapertura della partita dell'edilizia popolare nella capitale: il piano casa del governo Berlusconi consente di riaprire le concessioni edilizie sui terreni non edificabili e di scavalcare il piano regolatore.
Anche sui cavalli di battaglia della campagna elettorale,
sicurezza contro il crimine e pulizia delle strade, Alemanno ha prestato più attenzione alle poltrone che alle politiche. Dopo avere nicchiato sull'arrivo dei militari inviati dal governo, ha istituito una task force guidata dall'ex capo dei servizi segreti Mario Mori. Per ora, l'ex numero uno dell'intelligence, l'uomo che ha arrestato Totò Riina, è stato dirottato nell'agro romano, dopo l'aggressione di Ponte Galeria: dovrà occuparsi di censire le fattorie abbandonate nelle campagne.
Sul
fronte della pulizia, nomina di Panzironi a parte, non si vede la svolta annunciata. Per pulire le strade non bastano le dichiarazioni ai giornali, ci vogliono i netturbini. Il contratto di servizio tra Comune e Ama, la municipalizzata dei rifiuti, prevede l'obbligo di pulire ciascuna strada in media una volta e mezza alla settimana. Nella città di Trilussa tutti conoscono la storia della media del pollo. Così ci sono strade come via Condotti, spazzate più volte in un giorno, mentre il 70 per cento della periferia vede la ramazza una volta ogni venti giorni. Bisognerebbe mettere mano al contratto scaduto dal 2005, prorogato di anno in anno anche da Veltroni, per ora nessuno se ne preoccupa.
Nel regno di Veltroni, la cultura, i no di Alemanno si fanno sentire più che altrove. Via la notte bianca, ridimensionato l'impegno per il teatro (cancellata la rassegna Bella Ciao, dimezzata Metamorfosi), normalizzata la Festa del Cinema, con al vertice il sempreverde Gianluigi Rondi e l'innesto in cda di Luca Barbareschi, al posto del regista del modello Roma di epoca centrosinistra Goffredo Bettini. Resiste l'Auditorium con Gianni Borgna e la cassaforte degli eventi culturali Zetema, dove è cambiato il presidente ma è rimasto l'amministratore delegato Albino Ruberti.
Ultime sacche di veltronismo da cui liberarsi, per un sindaco che sogna di agganciare l'immaginario, cone ha fatto il suo predecessore, ma da destra. Ecco perché, spiegano i suoi amici, Alemanno si è messo in testa di riscrivere la storia del fascismo. Per affermare la sua leadership all'interno del nuovo partitone del centrodestra, il Pdl, dove An conta sempre di meno. Usare il Campidoglio come trampolino nazionale, insomma. "Ma stai attento, Gianni", lo consigliano nel partito. "Se il trampolino non è ben puntellato rischi di precipitare". Non sarebbe il primo sindaco di Roma a inciampare in un sampietrino.
(
15 settembre 2008)