Le polemiche di questi giorni sul “Fascismo” (il male assoluto ) e l’ ‘antifascismo” (l’angelo del bene !) personalmente mi lasciano completamente indifferente anche perché tutto questo si ripete regolarmente quando il sistema “liberaldemocratico” si trova in grosse difficoltà. E’ una costante che si ripete ritualisticamente nel tempo e l’unica cosa che mi sento di chiedere a questi democratici della sesta giornata e neo convertiti alla religione del “vitello d’oro” é la seguente: ma dove vivete ? E’ ormai cosa conclamata che la nostra sia una democrazia senza “demos” al cui vertice si é insediata una oligarchia inetta, spregevole, servile verso lo straniero, corrotta e ciarlatana; una casta autoreferenziale senza progetto se non quello della difesa di privilegi malamente ed illecitamente acquisiti. Questa progressiva degenerazione antropologico-sociale é stata possibile perché “…….non siam popolo. perché siam divisi…… “, ed anche perché siamo una nazione colonizzata. Tutto ciò ha favorito il disegno strategico degli “gnomi della finanza usurocratica” che attualmente sono i veri detentori del potere reale in questo paese chiamata ancora Italia e, addirittura. nell’intera Europa. Nell’assenza totale della politica sono loro attualmente gli arbitri del destino degli italiani considerati nella loro dimensione dl uomini e di lavoratori. Ma gli italiani hanno consapevolezza di tutto ciò? Ritengo di no, anche perché continuano a rispondere automaticamente, come il cane di Pavlov, al richiamo della foresta antifascista popolata da antifascisti divenuti tali quando il Fascismo regime e sistema non esiste più da 65 anni. La maggioranza degli italiani vive ormai nel regno di Beozia; i cittadini si comportano come monadi isolate avendo perso il senso della comunità, dell’appartenenza, dell’identità. Gli adoratori del “vitello d’oro”, naturalmente antifascisti di antico pelo, così volevano ridurre gli italiani che sono caduti attualmente in una forma di autismo sociale, ripiegati patologicamente su sé stessi, indifferenti verso gli altri, distaccati dal reale, legati solo da interessi egoistici momentanei e contingenti. Una fuga dalla logica e dalla realtà, una forma di schizofrenia che porta inevitabilmente a rivendicare i più strani ed estemporanei diritti senza assunzione di responsabilità di quei doveri sociali che caratterizzano una comunità eticamente sana ed unita nei valori condivisi di Patria, Onore, Lealtà, Fedeltà, Onestà, Solidarietà, Giustizia Sociale che - se permettete - sono i Valori che il Fascismo ha insegnato alla mia generazione. Sento già il grido di dolore del democratico di turno (naturalmente antifascista !) che mi sfida sull’argomento in questione. Ebbene, in primis mi si deve dimostrare che un uomo può essere considerato libero vivendo in una nazione a sovranità molto limitata come é la co ndizione attuale dell’Italia. Ma oltre a ciò mi si conceda di sostenere che la nozione che é racchiusa nella parola “libertà” è il risultato di una elaborazione secolare alla quale hanno partecipato uomini e popoli di diversa formazione culturale e spirituale, ma soprattutto quelli che, avendo ereditato e fatto propria la civiltà greco-romana (alla quale vogliamo orgogliosamente appartenere !) si sono sviluppati nel suo solco fecondando i germi da essa gettati. Il concetto di libertà é in origine un concetto aristocratico e come tale affiora anche dopo. La parola greca” eleuteria’ e la corrispondente latina”liber” risalgono ad una base identica ario-europea “leudho” che significa” stirpe”, “popolo”; il significato originario é dunque quello di “appartenente alla stirpe” e lo sviluppo semantico che si ha in latino “ liberi”, “figli “ lo conferma poiché liberi sono in origine i “nati nella stirpe”.
Tutto ciò non é sufficiente ? Allora se si guarda al valore che tale nozione ha nella coscienza non del tutto unitaria dell’occidente, si osserva che esso é generalmente duplice: uno filosofico , che investe l’azione umana nella sua possibilità o impossibilità a determinarsi come espressione di una libera volontà ; l’altro politico e giuridico, cioè come diritti da far valere più che in funzione di una qualità politica, quella del cittadino, di una qualità naturale, quella di uomo. Quest’ultima é precisamente l’impostazione che la nozione di “libertà” possiede nel pensiero di ispirazione liberaldemocratica. Si tratta di una impostazione la quale considera la libertà come l’interesse dell’uomo a disporre della propria persona e ad agire secondo la propria volontà, interesse questo che lo stato deve riconoscere e proteggere elevandolo così a diritto soggettivo. Da ciò deriva un insanabile antagonismo tra l’individuo e lo stato, tra l’individuo e la società che finisce per provocare la prevaricazione dei ceti più forti rispetto alle classi meno abbienti. Tale configurazione dei diritti di libertà finisce per andare fatalmente contro quella che é la realtà e la necessità della vita statuale e sociale moderna man mano che l’evolversi di questa ha portato con se il sentimento di una più intima solidarietà e di una cooperazione sociale più intensa. Il conflitto tra il lato positivo e quello negativo della libertà costituzionale, è rappresentato dal profondo travaglio della liberaldemocrazia e dalle sue contraddizioni. La vera libertà, contrariamente a quanto continua ad affermare la retorica antifascista (e, quindi, anche antinazionale ! ) restauratrice dello stato liberaldemocratico asservito alla cupola usurocratica, inizia a trovare realizzazione nella concezione fascista che, armonizzando tutte le attività della vita sociale integra la personalità dell’individuo e realizza la democrazia partecipativa che è il fondamento necessario per il concreto raggiungimento della giustizia sociale. Nella partecipazione organica alla vita dello stato, non contro ofuori di esso, il singolo é veramente libero. Qui il Fascismo si afferma come superatore della liberaldemocrazia capitalistica ed usurocratica e di tutte le sue contraddizioni.

Stelvio Dal Piaz

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