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    Predefinito A Firenze presentazione de IL BARATTO di Michele De Lucia

    Firenze: ore 21, presentazione del libro di Michele De Lucia "Il baratto"
    http://www.radicali.it/view.php?id=129470

    3 ottobre 2008

    Firenze, venerdì 3 ottobre 2008

    Presentazione del libro di Michele De Lucia
    “Il baratto. Il Pci e le televisioni. Le intese e gli scambi tra il comunista Veltroni
    e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta” (Kaos edizioni)

    Libreria Feltrinelli, via de’ Cerretani 30-32/r, ore 21


    Intervengono:

    MICHELE DE LUCIA, autore del libro, Tesoriere di Radicali italiani
    RICCARDO MAZZONI, deputato PDL
    PANCHO PARDI, senatore IDV

    Per ulteriori informazioni sulla presentazione:
    Associazione radicale di Firenze “Andrea Tamburi”
    Antonio Bacchi, 3336498956
    Elisa Fontanelli, 3393492749
    www.radicalifirenze.it

  2. #2
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    “Il baratto” di Michele De Lucia, ovvero la storia di due esemplari ladri di Pisa


    di Valter Vecellio

    Per irrobustire il suo concetto di rivoluzione in salsa italiana cita Lenin (articolo del maggio 1975, per il mensile della Federazione dei Giovani Comunisti di Roma “Roma Giovani”, Crisi del capitalismo e costruzione del socialismo in Italia); sempre su “Roma Giovani”, nel febbraio del 1976, difende la strategia berlingueriana del “compromesso storico”: “…Non vuole essere un accordo tattico o peggio di potere quanto invece una grande linea strategica che oggi passa attraverso una lotta serrata alla DC, alla sua organizzazione del potere e dello Stato, favorendo un esito della crisi di questo partito che determini una ricomposizione nel positivo delle lotte rinnovatrici delle masse poste in movimento…”. Abbondanti citazioni di Palmiro Togliatti, Pietro Ingrao, Herbert Marcuse, Antonio Gramsci, Mao, innaffiate da Karl Marx, nell’introduzione al saggio di Eduard Rosental “Alla ricerca di un ideale”, pubblicato da Roberto Napoleone, editore filosovietico su licenza dell’agenzia di stampa “Novosti”…Niente male per uno che pur militando fin da quando aveva i calzoni corti nel PCI, sostiene baldanzoso di non essere mai stato comunista. Si parla di Walter Veltroni, già anni fa oggetto di un pamphlet-sberleffo pubblicato da “Stampa Alternativa”; era, quello, un divertissement, serissimo, peraltro, come tutte le cose “leggere”.

    Serissimo, e documentatissimo, è anche il corposo saggio di Michele De Lucia “Il baratto” (Kaos edizioni, pagg.335, 17 euro), da cui abbiamo ricavato citazioni e riferimenti ormai dimenticati e che è bene, invece, non vadano smarriti.

    Il lavoro di De Lucia si propone di scandagliare il percorso politico di Veltroni: “Il PCI e le televisioni: le intese e gli scambi fra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta”. Con certosina pazienza De Lucia deve essersi spaccato gli occhi spulciando tra montagne di carte ormai ingiallite. Ne ha saputo ricavare un affresco terrificante anche per chi segue – per mestiere o per personale interesse – quotidianamente le vicende politico-affaristiche che animano e scuotono questo paese.

    Il lavoro di De Lucia si snoda e sviluppa attorno a un’idea all’apparenza “semplice”, e proprio per questo mai percorsa: il “cammino” personale e politico delle “due facce” che incarnano la “medaglia-regime”: Veltroni appunto, e Silvio Berlusconi, l’antagonista, e grazie al “viaggio” che De Lucia ci propone abbiamo la prova provata che non è un’esagerazione quella di chi li paragona ai proverbiali ladri di Pisa, che di giorno litigano per meglio accordarsi sui furti da consumare la notte. Con una non piccola differenza: che i due “ladri” in questione, spesso di giorno non si danno neppur pena di fare la “mossa” del litigio: “Durante la campagna per le elezioni dell’aprile 2008”, annota De Lucia, “uno dei mantra del candidato premier Veltroni è: “Basta con l’antiberlusconismo! Non si può continuare a discutere di conflitto di interessi”, e nel programma di governo del Partito Democratico i problemi della normativa antitrust per le TV e sul conflitto di interessi sono solo delle vaghe menzioni: “I conflitti di interesse vanno rimossi nella nuova logica dell’intervento pubblico, li elimina uno Stato che fa meno gestione diretta, concentrandosi su leggi antitrust…”(pag.207). Farraginoso fraseggio, e uno non sa bene cosa augurarsi: che siano frasi prive di senso, come possono apparire, a una prima occhiata; oppure che un senso ce l’abbiano, ed è forse peggio.

    Il prezioso libro di De Lucia ha avuto pochissime segnalazioni, e si capisce. Appartiene al genere dei libri scomodi, che bisogna rimuovere. Del resto, De Lucia se la va a cercare, a cominciare dalla copertina del suo libro, più che maliziosa, e che non è un fotomontaggiop come si sarebbe tentati di credere: mostra un Silvio Berlusconi con capelli non trapiantati e un giovanissimo Walter Veltroni, accostati. E’ una fotografia che risale al 1987; scommettiamo? Sarà stata scattata in occasione del convegno “Il villaggio di vetro”, organizzato dal PCI, e tenuto il 14 marzo di quell’anno. Un convegno di cui è rimasta traccia grazie al formidabile archivio di “Radio Radicale”. In quell’occasione Berlusconi rilevava con soddisfazione “un cammino convergente”, e dichiarava di gradire particolarmente quel che aveva appena detto Veltroni, “pronto a sottoscrivere di tutto cuore”. Berlusconi si riallacciava a un passo del discorso di Veltroni che più apprezzava: “Quello che auspica un accordo generale definitivo tra emittenza pubblica ed emittenza privata. Ma come avrete compreso, nella mia visione, tale accordo dovrà avere per obiettivo non soltanto un armistizio, ma soprattutto l’armonizzazione e il coordinamento, e ove possibile anche l’unione, di due grandi forze dell’economia e della comunicazione italiana, nella prospettiva di una loro apertura e affermazione sui mercati esteri, con benefici incalcolabili per tutti a ogni livello…”.

    Davvero non si può sostenere che Berlusconi le abbia mandate a dire. Ha chiaramente detto quello che poi avrebbe fatto, quello che ha fatto è accaduto perché nessuno pur potendo, gliel’ha impedito. Il “baratto”, insomma: l’indicibile che De Lucia indica, con il candore del ragazzino quando indica la nudità del re, con il rigore, ormai raro, di chi documenta ogni affermazione con dati, cifre, fatti controllati e controllabili. E’ un libro che spiega molto dell’ “oggi”, e prefigura tanto del “domani”. E’ la paziente, certosina storia degli anni appena trascorsi, che per una sorta di presbiopia, risultano sconosciuti a noi stessi; accade quello che George Orwell aveva previsto nel suo “Looking Back on the Civil War”: “…il Capo o la cricca al potere controllano non solo il futuro, ma il passato. Se il Capo dice di questo o quest’altro fatto: “Non è mai accaduto”, bene, non è mai accaduto…”.


    http://www.radicali.it/newsletter/vi...ZIE%20RADICALI

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    IL BARATTO VELTRONIANO


    Il baratto veltroniano del gennaio 1985: via libera a Berlusconi in cambio di Raitre al Pci. Ecco perché Uolter è strutturalmente subalterno a Silvio. Del resto anche l’Eni venne sacrificata, sia pure agli angloamericani.
    Edito da Kaos Edizioni, si intitola “Il baratto” ed è stato scritto da Michele De Lucia, membro della direzione nazionale del Partito radicale e autore anche del libro “Fiat, quanto ci costi?”.

    Il sottotitolo dice tutto: “Il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi fra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta”, vale a dire nel periodo in cui l’arrendevolezza del Pci, la complicità del Psi e la corruttela non solo della sinistra DC pongono le basi dello strapotere berlusconiano, commedia e dramma all’italiana della quale stiamo vivendo il IV atto o governo che dir si voglia, in attesa di sprofondare nella tragedia.






    Terribile il capitolo intitolato “1986 - L’abuso dell’abuso. A pagina 115 si legge: “Intanto a Milano il numero di febbraio de “Il Moderno” (il mensile della corrente “migliorista” del Pci) scrive che “la Rivoluzione Berlusconi [è] di gran lunga la più importante, cui ancora qualcuno si ostina a non portare il rispetto che merita per essere stato il principale agente di modernizzazione, nelle aziende, nelle agenzie, nei media concorrenti. Una rivoluzione che ha trasformato Milano in capitale televisiva e che ha fatto nascere, oltre a una cultura pubblicitaria nuova, mille strutture e capacità produttive”.
    Il dramma è che la corrente “migliorista” del Partito comunista italiano, della quale Il Moderno era l’organo di stampa, era capeggiata da Giorgio Napolitano, vale a dire dall’attuale presidente della Repubblica…. A pagina 117 mi sono venuti i brividi. “Il 12 settembre, a Milano, al Festival nazionale de “l’Unità”, si svolge un dibattito cui partecipano Walter Veltroni, Silvio Berlsuconi, il presidente della Rai Sergio Zavoli e l’editore Mario Formenton della Mondadori.
    E’ un minuetto Pci-Fininvest, una corrispondenza d’amorosi sensi. Il compagno Veltroni è lirico: “Io voglio dire qui – Berlsuconi sa che questa è la mia opinione – che non abbia giovato al gruppo imprenditoriale della Fininvest l’eccessivo padrinato politico e l’eccessiva copertura politica che ha questo gruppo è stato dato da uno e da uno solo partito”, vale a dire dal Partito socialista italiano, segretario Bettino Craxi.
    E Berlusconi risponde così: “Mi fa caldo al cuore l’idea che il Partito comunista, da tempo ormai, si apra alla considerazione di queste realtà con tanto senso concreto, con tanto senso pragmatico….”.
    I brividi dipendono dal fatto che quel 12 dicembre io c’ero. Nel pubblico, con una mia amica di Milano dai capelli lunghissimi, la festa de “l’Unità” si svolgeva alla montagnetta di S. Siro se non ricordo male. Ricordo che se ebbi una pessima impressione di quella scena e di quei discorsi. E ora il libro mi spiega anche il perché., 21 anni dopo. Il 4 febbraio dell’anno prima, 1985, nel dibattito al Senato – presieduto da Francesco Cossiga - per la conversione in legge del secondo decreto Craxi deciso a legalizzare l’illegalità delle tv berlusconiane prese di mira dai pretori, il senatore Nicola Lipari interviene e dice cose profetiche:

    “ L’efficacia e l’incidenza della televisione è stata decisiva, nel bene e nel male, nell’evoluzione della cultura e del costume del nostro Paese. La televisione ci ha dato una unificazione della lingua che per decenni la scuola non è riuscita a ottenere, ma ci ha dato anche, specie dal momento in cui il sistema è stato lasciato all’arbitraria occupazione dei privati, un logoramento del costume morale, una diffusa deresponsabilizzazione, una facile cultura del consumo e del benessere. Ci chiediamo: se 30 anni di televisione, almeno formalmente pubblica, ci hanno dato tanto, cosa ci daranno anche solo 10 anni di un sistema misto, in cui tutto alla fine sarà affidato alla logica della pubblicità e del mercato?”.


    La risposta al preoccupato interrogativo di Lipari l’abbiamo sotto gli occhi da tempo. Ma leggiamo ancora cosa dice Lipari proseguendo: “Perché di questo si tratta: di creare non un sistema di “gestione” misto, ma un sistema in cui “i contenuti” del messaggio televisivo rischiano di essere sempre più mercificati. Cosa diremmo di uno Stato che affidasse la scuola, non solo nella gestione dei contenuti, ma alla logoca del mercato? E la televisione è ben più efficace della scuola!”.
    Lipari non poteva neppure lontanamente immaginarlo, ma lo Stato italiano è riuscito non solo a disfarsi di buona parte della scuola pubblica, lasciandola ai privati, cioè alla Chiesa sempre più eversiva non solo dei Ruini, è riuscito perfino a fare di peggio con la sanità pubblica, come dimostrano gli scandali a ripetizione, sempre più feroci, che affliggono soprattutto la sanità lombarda, il cui equivalente di Berlusconi si chiama Roberto Formigoni, assiso sul trono dell’immenso fiume di denaro pubblico regalato ai suoi sodali di Comunione e Liberazione e annessa Compagnia delle Opere sempre più scatenate nelle cliniche private et similia.
    Anche il senatore Adriano Ossicini dice cose profetiche, gravi e profetiche, ovviamente inascoltate: “Forse molti di voi non sono obbligati a saperlo, ma il linguaggio televisivo supera le barriere della coscienza, perché è un linguaggio per immagini; noi siamo abituati strutturalmente a un controllo legato a un linguaggio razionale della coscienza. Il linguaggio delle immagini o per immagini in movimento supera questa barriera, supera il linguaggio cosciente e modifica le dinamiche profonde dell’inconscio, specialmente nei bambini: può dunque educare in modo sbagliato e drammatizzare una intera generazione”. Come puntualmente è avvenuto, con danno anche per generazioni successive, temo. Ossicini prosegue implacabile, sed vox clamans in deserto: “Di questo problema non possiamo discutere un’ora soltanto. Dovremmo vergognarci di fronte ai nostri figli, di fronte a tutti! Si tratta di un impegno morale incredibile che disattendiamo di fronte all’unico linguaggio che ci sfugge, che supera tutte le barriere e che modifica profondamente le coscienze e il costume. Siamo veramente al livello di una prevaricazione inaccettabile, disumana e immorale, tale che, se avessimo forse il coraggio di andare fino in fondo, dovremmo dimetterci dal nostro posto, perché questo è un modo di disattendere il mandato parlamentare in modo tale da vergognarci di fronte agli elettori”. Ma, come sappiamo, non s’è vergognato nessuno. Anzi: Barlusconi è stato mandato al governo ben 4 volte, guadagnandosi così comunque un posto nella storia del Bel Paese.
    A pagina 311 inizia il capitolo “Berlusconi in Urss – L’anticomunista nella patria del comunismo”. Vi si leggono cose chockanti, a partire dalla conferenza stampa di Berlsuconi il 4 maggio 1988 nella Sala della Stampa Estera a Roma, per illustrare i contenuti dell’accordo tra la Fininvest e la tv sovietica, firmato quattro giorni prima a Mosca, dove tutto era pronto per una Fininvest sovietica…..
    Berlusconi: “Noi non abbiamo cattivi rapporti col Partito comunista italiano, e cerchiamo di averne sempre di migliori”. Veltroni: “Intendo rivolgere a Berlsuconi due complimenti sinceri, di stima… Il primo per la sua capacità di imprenditore che è riuscito a “inventare” un settore. Il secondo complimento va alla sua capacità di avere imposto, attraverso un alto grado di egemonia, i tempi delle decisione politica in un settore così delicato come quello in cui opera…”.
    Come si fa a credere che questo stesso Veltroni possa guidare una opposizione non di facciata, non subalterna a un Berlusconi e relativo sistema di potere cui ha non solo aperto la strada, ma la ha anche asfaltata in vista delle benedizione perfino di un D’Alema?
    E c’è un altro problema, grave. Se libri come questo non trovano spazio sui mass media è per la paura di direttori e giornalisti di non poter un domani essere assunti e fare carriera in tv, essendo quella pubblica e quella privata entrambe controllate da Sua Emittenza, unita alla paura di non essere più neppure invitati come ospite in qualche comparsata salottiera televisiva. Per non parlare della paura degli editori di perdere fatturato pubblicitario, visto che anche il mondo della pubblicità è in buona parte in mani berlusconiane.
    Detto in altre parole, c’è un problema di libertà reale di stampa e informazione. C’è quindi un problema di democrazia. O meglio: di minaccia alla democrazia. Qui non si tratta di ideologia o di essere antiberlusconiani: qui si tratta di fatti. Incontrovertibili.

    Sia ben chiaro. Non parlo di un fenomeno solo italiano, intriso di provincialismo e volgarità qual è quello che ci sta sommergendo. Non parlo neppure di un fenomeno che in Brasile ha espresso vari capi di governo e presidenti della Repubblica. Parlo invece di un fenomeno preoccupante anche negli Usa, tanto che Arthr Miller vi ha dedicato un libretto intitolato “I presidenti americani e l’arte di recitare”. Nella quarta di copertina del suo libro, edito in Italia da quel Bruno Mondadori del dibattito con Veltroni e Berlusconi del 1986 a Milano, si legge quanto segue: “Non è certo una novità affermare che i politici e gli attori hanno sempre avuto molto in comune, se non altro perché puntano entrambi alla persuasione. Ma con la televisione il fenomeno ha acquisito una dimensione nuova: il potere dell’immagine di convincere non grazie alla forza e alla veridicità provata di un argomento, ma grazie allo stile in cui è presentato. La conseguenza di tutta questa recitazione è l’erosione graduale della realtà come fattore che permette ai cittadini di valutare le situazioni”.

    Arthur Miller parla cioè della nostra capacità di valutazione della realtà ormai eliminata dal berlusconismo annaffiato dal veltronismo.

    Come si vede, c’è poco da stare allegri. E ancor meno lo saremo dopo avere letto il terzo articolo che Benito Li Vigni mi ha inviato. Come diceva Mike Bongiorno, “Allegria!”. Tanto più che la Spagna ha battuto l’Italia, Cossiga s’è deciso a dire la verità sul DC 9 precipitato a Ustica e i depistatori di professione, capitanati dall’ex magistrato Ferdinando Imposimato, stanno tirando fuori l’ennesima puntata della Verità, come sempre taroccata, della scomparsa della bella ragazza vaticana Emanuela Orlandi…. E’ la solita orchestra che suona sul Titanic inclinato.

    di Pino Nicotri dal Suo Blog

    Leggi la cronaca del Decreto Berlusconi

    Articolo davvero illuminante. In questi anni, e chi mi legge lo sa, mi sono sempre chiesto perchè mai la sinistra sembrava essere "complice" di Berlusconi, oppure completamente stupida. Mi chiedevo perchè non capivano che la risoluzione del conflitto di interessi ed un riassetto del sistema TV che impedissero lo strapotere berlusconiano, erano la priorità delle priorità. Mi chiedevo perchè ogni loro decisione sembrava un regalo per il kaimano.
    Questo anche a rischio di perdere le elezioni, nonostante Berliusconi pubblicamente li accusasse delle peggiori nefandezze, nonostante avesse cavalcato l'odio anticomunista mai morto nel paese.
    Che vi fossero dei patti era chiaro. Violante del resto lo disse chiaramente in Parlamento. Nessuno però volle approfondire quelle dichiarazioni esplosive fatte in una sede istituzionale. Violante fece esplicito riferimento ad un patto segreto intercorso tra Berluscni e l'allora DS perchè ci fosse la garanzia che in caso di vittoria elettorale della sinistra le TV non sarebbero state toccate. Nessuno ne chiese conto.

    Che però i patti e gli accordi sottobanco datassero cosi indietro nel tempo non lo sapevo. Meritano la massima diffusione. Perchè danno una chiave di lettura finalmente chiara delle mosse politiche della sinistra.

    Quanto a Napolitano dissi all'epoca della sua elezione che sarebbe stato una iattura per il paese. Peggiore di quella di Ciampi che almeno non era coinvolto in certe magagne.

    giuseppe galluccio 29/6/08




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    Giovanni Valentini (La Repubblica) su "Il Baratto"
    http://rassegna.camera.it/chiosco_ne...tArticle=I1S29

 

 

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