.Uno degli aspetti meno indagati, rispetto alla costruzione di un ipotetico stato federale, è quello del ruolo che la laicità sarebbe chiamata a svolgere in questo tipo di nuova organizzazione. Ora, tralasciando ogni polemica di quanto vi potrebbe essere di federalismo e quanto di regionalismo nel l’Italia che molti vorrebbero formare, credo sia interessante porsi il problema di quali forze potrebbero trarre vantaggio da uno stato unitario più debole. Il rischio è quello che una forza che tradizionalmente, in assenza di una forte presenza dello stato, è solita accamparsi sulle istituzioni e sulla società italiana , parlo ovviamente della Chiesa Cattolica, da una diminuzione del ruolo dello stato potrebbe trarne vantaggio al punto tale da costituire l’autentico punto di riferimento per la classe politica di intere regioni del nostro paese. Già oggi regioni ed enti territoriali minori fanno concessioni alla chiesa cattolica che sfuggono gli occhi dell’opinione pubblica più facilmente di quanto possa avvenire per una legge dello stato ed , inoltre, proprio per l’essere questi enti più vicini alla vita dei cittadini,più difficilmente trovano una risposta di principio ad un effluvio di denaro che di primo acchito sembra non possa avere che risvolti vantaggiosi per gli abitanti di un determinato territorio ( si pensi al finanziamento di un asilo o di una clinica gestita da mani clericali) . Senza parlare di quelle organizzazione cattoliche operanti nel campo dell’economia che traggono vantaggi da rapporti privilegiati con istituzioni locali, anche regionali. Ma la realtà sembra sempre più chiaramente essere quella che solo il pluralismo religioso può consentire ad uno stato di assumere una dimensione federale ( od a regionalismo avanzato, come sarebbe probabilmente più giusto dire) senza che non “le ganasce ultramontane “di cui temeva il Giusti, ma quelle ultrateverine non finiscano con il “mangiare meglio”. Una preoccupazione che era già nel pensiero di Carlo Cattaneo che ben vide come il federalismo non potesse essere solo il riconoscimento di un pluralismo di territori , ma che fosse ancor prima un pluralismo, culturale, religioso, politico, all’interno dei territori, e di come fosse auspicabile anche per l’Italia la presenza di forti e diversi gruppi religiosi come avveniva ed avviene per la Germania ( nella quale la struttura federale riesce meglio a resistere alle pressioni delle varie religioni rispetto alle autorità territoriali e se vi è una eccezione è, non a caso la Baviera, che solo in tempi recenti riesce a svincolarsi da un abbraccio troppo stretto . Il Mazzini , che era decisamente regionalista, superava questa esigenza auspicando una sorta di religione universale , senza preti e senza gerarchie .
Pensiamo pure dunque a rendere meno accentrato il nostro stato , ma attenti a che altre forze storicamente altrettanto e più accentrate ed altrettanto e più potenti non finiscano per diventare i domini delle nostre realtà territoriali. Anche perché non vi è solo la Chiesa Cattolica a poter svolgere tale ruolo, ma se l’ho citata è in quanto essa può rappresentare una preoccupazione antica che trova nuovi strumenti di espansion in camp iche non le dovrebbero essere propri. Ma non sarebbe certo consolante vedere altre realtà, magari ancor più preoccupanti, quali la criminalità organizzata porsi in gara con questa per il dominio delle nostre regioni e delle nostre città. I federalisti ed i democratici del nostro ottocento amavano dire che la libertà è come una lancia che guarisce da sola le ferite che arreca; ma da un federalismo opera di un poujadismo bottegaio ( lo stesso habitat che a suo tempo fu contrario all’entrata in vigore delle regioni a statuto ordinario) privo del senso dello stato, pronto a passare da paganeggianti inni al Po ad un cattolicesimo inteso come identità civica da usare come una clava, ed incurante del destino di intere regioni italiane, possiamo ben temere che le ferite potranno essere così forti che il risanamento delle stesse non saremo certamente noi a far in tempo a vederlo.
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