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  1. #1
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    Predefinito 'le ragioni dell'indipendentismo'

    amigus, si sinnalu custu liburu:

    http://ivomurgia.splinder.com/post/18498301

    gosaisiddu

  2. #2
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    mi sembra strano che ci sia ancora gente che non l'ha letto...
    faeddhant de indipendentismu....tra l'altro è un volume uscito anni fa con diversa copertina

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Gothico Visualizza Messaggio
    mi sembra strano che ci sia ancora gente che non l'ha letto...
    faeddhant de indipendentismu....tra l'altro è un volume uscito anni fa con diversa copertina
    come minimo ,più del 95% dei sardi!

  4. #4
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    "Dall’idea di Antonio Simon Mossa
    di un Sindacato Sardo alla realizzazione di un progetto"

    di Giacomo Meloni
    "Non sono… le intese, non sono le nazionalizzazioni parziali, non sono le riforme fondiarie, non è nemmeno il ventilato riordino dei fondi rustici, ma è la volontà concorde e unanime del popolo sardo, e di tutto il popolo, che vedrà un giorno la terra promessa.

    Come gli antichi ebrei seguivano il carro con l’arca dell’Alleanza sulla quale una nube di fuoco si elevava verso l’Altissimo, perché avevano coscienza che quello era il cammino della salvezza, così il popolo sardo oggi, dopo esser stato strappato dal cammino della verità dalle demoniache forze degli "stranieri ", saprà riconoscere nella fiamma mai spenta del sardismo la sua strada".
    Non ho conosciuto personalmente Antonio Simon Mossa ed è per me un grande rammarico per non aver potuto riscaldarmi al fuoco di una grande anima "autenticamente sarda", una personalità di alto profilo, "rivoluzionario per aspirazione", profondamente conoscitore e sostenitore dei movimenti etnici europei e mondiali, cultore della Nazione Sarda come soggetto pensante e popolare capace di trasformare la Terra Sarda e i sardi.
    La rilettura degli scritti di Antonio Simon Mossa ed in particolare il saggio del 1965 " L’Autonomia Politica della Sardegna" ( Sassari 1965 – Edizioni "Sardegna Libera") hanno riacceso in me la speranza di quella Terra Promessa.
    L’immagine mi piace e credo sia molto coinvolgente non solo per capire il personaggio politico e dirigente sardista di cui con questo importante convegno stiamo ripercorrendo - a 30 anni dalla sua prematura scomparsa – il pensiero e l’impegno di una vita; ma perché in questa immagine di un popolo in cammino alla conquista della libertà e del benessere che quella terra promessa avrebbe portato, vi è un pezzo di storia della nostra Sardegna.
    Ma Simon Mossa esce subito dal riferimento biblico per riportarci alla realtà "… in quella Terra Promessa che noi indichiamo ai Sardi non scorrerà il latte e il miele",quella stessa immagine che sembrava una visione, diventava precisa indicazione politica: "soltanto con una cosciente unità civica si potrà avere, con sacrificio e con umiltà, quella società nuova che da sempre i Sardi si attendono".
    Ne nasce un programma:
    " La restituzione a chi lavora dei beni di produzione", salutato come di per sé un fatto "altamente rivoluzionario".
    Ma, sentite, come da questa affermazione prende respiro ed elevazione quasi un grido, una esortazione al risveglio, un incitamento alla riscossa:
    " Ma noi dobbiamo restituire la Sardegna ai Sardi. Tutta la Sardegna, la terra e le acque, i campi e le officine, le miniere e le città e i villaggi. Perché la Sardegna può redimersi soltanto per opera loro, ed è questo il principio assoluto che muove tutto il nostro spirito autonomistico ".
    Al rileggere queste parole, credetemi, mi sono commosso e tale è la vibrazione dei sentimenti che mi è difficile entrare nei distinguo se Antonio Simon Mossa fosse o meno un "rivoluzionario" che si ispirasse a forme e ideologie esterne che avrebbe voluto importare nella sua terra o se questa figura di rivoluzionario non appartenga di più alla fantasia e al farsi cavaliere errante, come novello Don Chisciotte.
    Io credo che Antonio Simon Mossa fosse un "autentico rivoluzionario" e che il suo intenso lavoro culturale e politico di risveglio delle coscienze lo definisca come tale.
    La mia convinzione poggia sul fatto che Antonio Simon Mossa conosceva direttamente e concretamente tutte le situazioni delle minoranze etniche, avendo viaggiato a lungo per studiarle ed organizzarle.
    Egli non dà ricette né soluzioni per uscire dalle situazioni, ovvero potrebbe essere che maturasse anche qualcosa in questa direzione, se un destino crudele non lo avesse prima debilitato con una lunga malattia e poi portato prematuramente alla morte.
    Quella di Simon Mossa è stata una vita tutta spesa a far crescere coscienze rivoluzionarie dalla sua collaborazione a <Radio Sardegna> nell’immediato dopoguerra allo stesso suo lavoro da professionista come valente architetto – lavorava indefesso e nei progetti voleva sempre che emergesse la valorizzazione dell’elemento locale in una compenetrazione di respiro mediterraneo, così come sono gli alberghi da lui disegnati e progettati.
    La collaborazione,instaurata da Angelo Santi - alias Antonio Simon Mossa – con
    Radio Sardegna" non costituisce un episodio isolato di scarso rilievo storico-politico,ma è ( come scrive Simona De Francisci nel Libro "La Voce della Libertà – Un contributo alla storia di Radio Sardegna " edizioni Fondazione Sardinia 1992) un momento fondamentale di applicazione coerente dell’ideologia politica sardista.La difesa dell’autonomia - ma in qualche caso anche dell’indipendenza –
    di Radio Sardegna prende avvio dalle voci,molto insistenti nel 1945,che volevano "assorbire" l’emittente sarda in un più vasto e omologato sistema radiofonico nazionale.Si voleva negare,insomma,la natura per così dire "resistenziale"a forte carattere autonomistico della Radio dei Sardi.In un bellissimo articolo,pubblicato nel periodico Il Solco del 13 maggio 1945,Antonio Simon Mossa scriveva:"I servizi di Radio Sardegna rivestono per l’isola importanza a diventare essenziale per l’ordinamento autonomistico della Regione, costituendo lo strumento più valido per la affermazione,la divulgazione e la difesa dei suoi problemi e dei suoi interessi". L’assorbimento dei servizi viene vista come un’operazione di soffocamento della "libera espressione delle aspirazioni dei Sardi" e come indice di una "sistematica sopraffazione delle energie regionali".Scriverà inascoltato Antonio Simon Mossa nel periodico Riscossa 13 Agosto 1945 :"Ci vogliono dare in pasto la stessa cosa delle radio italiane completamente assorbite dalla RAI, di cui conosciamo troppo bene costituzione e metodi. Il chief avvocato Don Armando Rossigni,questo sublime incompetente di problemi radiofonici,questo tipico prodotto del caos postbellico, ci vuol costringere ad ascoltare,da Radio sardegna, gli stessi simpatici programmi di Radio Roma,gli stessi notiziari, la stessa musica". "La soppressione dell’autonomia della stazione radiofonica sarda nega ai Sardi il diritto di affermare liberamente le loro idee attraverso la Radio".
    Radio Sardegna fu soppressa anche e soprattutto per l’insipienza della nostra classe politica ed ora non resta che il rimpianto e la riproposizione a distanza di anni di salvare l’archivio storico :un immenso giacimento culturale fatto di migliaia di bobine(53009,chilometri di pellicole da recuperare e restaurare;ore e ore di registrazioni da riascoltare,immagini da visionare,dov’è raccolto un pezzo consistente della nostra memoria e delle nostre radici.Questo progetto di
    recupero,pensato e sofferto dalla regista e programmista recentemente scomparsa Maria Piera Mossa, è stato fatto proprio dall’Assessorato Regionale competente ed è già iniziato il lavoro di catalogazione e scelta del materiale da parte di un gruppo di intellettuali ed esperti che speriamo ci restituiscano almeno la memoria, giacché il danno prodotto dalla soppressione nel 1992 di Radio Sardegna è una ferita alla libertà di parola e di espressione autonoma che non potrà essere rimarginata facilmente.
    Di Simon Mossa restano soprattutto gli insegnamenti nei suoi scritti e nella sua attività di dirigente del Partito Sardo.
    Era un assertore della necessità che non solo gli intellettuali come categoria, ma tutti i sardi, come popolo, dovessero rendersi consapevoli del loro dominio esterno. C’è un imperativo morale, vi deve essere la ricerca costante della liberazione. Il popolo Sardo non deve accettare la sua subalternità.
    "Noi, scriveva Antonio Simon Mossa nel 1967, non possiamo accontentarci di una posizione riformistica e subordinata, ma dobbiamo assumere una posizione nettamente rivoluzionaria, al fine della conquista dell’indipendenza nazionale e dell’attuazione di una federazione o confederazione, di respiro europeo"
    Concetti riaffermati al congresso sardista del 1968, dove Antonio Simon Mossa diventa sempre più preciso e stringente quando, parlando del ruolo del suo partito, dirà che" il PSD’AZ nella sua essenza democratica e popolare ripudiava il centralismo ottocentesco degli stati potenza, riaffermava i diritti delle Comunità etniche e delle minoranze nazionali a regime di autonomia politica, entro cornici di stati federali o di federazione di stati, con la partecipazione di tutti i popoli in un’aspirazione di fratellanza universale"
    C’è in tutto il pensiero di Antonio Simon Mossa questa tensione al cambiamento,attraversando le coscienze, riscoprendo e aiutandoci a riscoprirci come protagonisti del nostro destino.
    La sua concezione della società civile discende essenzialmente dalla sua concezione federalista e la ricerca della stessa strumentazione e strategia per organizzare la società è un derivato della sua concezione di autonomia.
    E’ in questo contesto che Antonio Simon Mossa affronta il tema delle cooperative, la questione sociale, la tutela dei lavoratori, l’autonomia sindacale e infine il problema e l’esigenza di un sindacato "sardista".
    L’idea di un sindacato Sardo non nasce certo con Antonio Simon Mossa, essa è antica e affonda le sue origini nel primo sardismo.
    Già nel III Congresso Regionale della Federazione dei Combattenti Sardi (Macomer 8/9 Agosto 1920) gli intervenuti ritenevano di dover fare " ogni sforzo per la costituzione di cooperative di produzione e di lavoro su tutti i comuni e di "organizzazioni sindacali di resistenza" al fine di elevare le condizioni economiche e morali dei lavoratori sardi"
    Il primo congresso Regionale del PSD’AZ del 16/17 aprile 1921 ad Oristano assume questo impegno, inserendolo nel proprio Statuto Sociale ( Art. 2, 1° comma) come strumento necessario di promozione della "Rinascita della Sardegna".
    Ma è l’architetto Antonio Simon Mossa che nel saggio citato del 1965 –"L’autonomia politica della Sardegna",curato unitamente a Ferruccio Oggiano, Antonio Cambuse e Giampiero Marras, affronta in termini espliciti il problema della tutela del lavoro e del riscatto delle classi lavoratrici, ribadendo come " necessaria e improcrastinabile" l’esigenza di battersi per la conquista di una forte autonomia sindacale che consenta di giungere in tempi rapidi alla costituzione di un "Sindacato Nazionale dei Lavoratori Sardi, che sia non solo uno strumento di lotta temporanea tra lavoratore e datore di lavoro, ma anche e soprattutto che si batta per la rinascita economica e sociale e per il progresso civile del popolo sardo".
    E’ interessante che questo passaggio sul Sindacato sardo sia inserito in un contesto dove Antonio Simon Mossa parla del risveglio sardista, di comunità etniche, di centralismo e nazionalizzazione, di riforma dello statuto autonomistico, di rinascita e federalismo, della Questione sarda, di industrializzazione e della Cooperazione come "elemento di redenzione sociale"
    C’è , dunque, un ragionamento e un percorso molto rigoroso, nelle tesi di Antonio Simon Mossa. Non si lascia cogliere impreparato nel terreno dell’organizzazione sociale.
    Parte dalle cooperative di produzione e lavoro, cooperative di consumo, che definisce "articolazione moderna di mercato".
    Queste forme di organizzazione rompono "la passività tradizionale individualistica" e la trasformano in una <collaborazione collettiva>. Cooperazione che aveva già dato i suoi frutti positivi nel passato proprio a partire dall’ambiente dei pastori, erroneamente ritenuto, "primitivo e arretrato". Le cooperative dei pastori avevano portato alla formazione di una classe di pastori " consci dei loro doveri sociali e dei loro diritti, contro lo sfruttamento degli industriali scesi dal continente a godere di uno dei prodotti più importanti di tutta l’economia dell’isola: il latte ei suoi derivati".
    Le "latterie sociali", i caseifici con la produzione dei formaggi non più e solo a livello artigianale, promuovevano una rete commerciale interessante tale da poter sostenere i prezzi a fronte di una concorrenza più forte.
    Antonio Simon Mossa sottolinea la capacità organizzativa delle cooperative dei pastori e fa notare come lo stesso tessuto resistette al Fascismo che non ebbe la forza di distruggere il sistema delle "latterie sociali" che i sardisti avevano costituito.
    L’analisi delle cooperative lattiero-casearie si fa così puntuale che, leggendo oggi, a distanza di più di 37 anni, quelle pagine ci sembra di ripercorrere le difficoltà attuali che il settore denuncia.
    "Ma il problema, scrive Antonio Simon Mossa nel saggio del 1965, è soprattutto legato al credito, la cui erogazione è tuttora macchinosa e lenta…."
    Spazia Antonio Simon Mossa e così dalla filiera lattiera-casearia passa all’esame delle cooperative agricole, delle Cantine sociali e delle stesse cooperative artigiane e da tutto ciò trae una indicazione di linea per il Partito Sardo che, a suo avviso, "dovrà farsi nel prossimo avvenire parte attiva nel risveglio generale della cooperazione a tutti i livelli, dalla produzione e lavoro, alla trasformazione, alla vendita, sia seguendo le direttrici fondamentali consacrate dai suoi primi programmi …, sia proponendo nuove forme associazionistiche in dipendenza del mutare dei tempi e delle flessibilità e varietà del mercato".
    La questione sociale diventa perciò centrale nella presa di coscienza collettiva e l’impegno per un moderno sistema cooperativo nella Sardegna rurale e artigiana, diventa un impegno per una politica di ridistribuzione armoniosa dei redditi e per il miglioramento degli stessi.
    Antonio Simon Mossa è molto chiaro sulle politiche di piano e precisa che non vi sono scorciatoie per i risultati perché " a una tale conquista non si giunge senza una lotta aspra e continua, con la visione sempre presente degli obiettivi, che sono quelli di sempre, cioè quelli della rinascita civile ed economica della gente delle nostre campagne".
    E’ a questo punto del saggio del 1965 che Antonio Simon Mossa richiama con forza e anche con una certa enfasi il documento approvato dal Congresso di Macomer del 1920 dai Combattenti sardi, sul problema della giustizia sociale in difesa delle classi lavoratrici.
    Del documento congressuale, Antonio Simon Mossa ne fa un vero e proprio manifesto e lo indica come la Magna Carta del partito sardo per l’emancipazione del mondo del lavoro.
    Ci sono, infatti, nel documento congressuale di Macomer del 1920 i fondamenti dell’azione sociale e sindacale di chi – da sardista – vuole agire nel mondo del lavoro:
    Primo ideale:
    "la liberazione dell’individuo da ogni forma di schiavitù ereditaria e nuova, dall’oppressione della ricchezza accumulata nelle mani di pochi come da quella dei partiti confessionali e politici".
    Secondo principio:
    "la salvaguardia della libertà individuale del lavoratore, così manuale che intellettuale, il rispetto delle singole libertà di coscienza e di convinzione dei lavoratori organizzati".
    Terzo principio:
    "la loro concezione del divenire operaio e sociale è in ultima analisi socialista, ma non statale".
    Quarto principio:
    "Organismi sindacali omogenei – organizzazioni di classe, di categoria, di gruppi sotto l’impulso di comuni interessi, ma in forma che soffochino il meno possibile la coscienza e l’iniziativa dell’individuo".
    Quinto principio:
    "Anticomunisti in quanto la minacciata costruzione iperstatale impedirebbe la formazione di aristocrazie di valori umani, antididattoriali, antidemagogici, in quanto lo stato capitalista e comunista e il partito riducono l’uomo lavoratore a un numero a una tessera.
    "I combattenti affermano che il movente capitale dell’attività umana sta nel susseguirsi perenne di più lotte, né considerano perciò la lotta di classe l’avvenimento della storia sociale a cui tutti gli altri si possono ridurre, né credono che per riuscire feconda di libertà debba essa avere una soluzione politica".
    Il concetto di anticomunismo, ricorrente nelle citazioni di Antonio Simon Mossa, va inteso nella sua accezione "ideologica", mai come discriminante per giudicare né tanto meno dividere ed escludere gli avversari politici.
    Sintomatico l’episodio da lui stesso citato dell’On. Pietro Soggiu, che, durante un dibattito all’Assemblea regionale il 31 maggio 1954, rispose ad un consigliere che gli chiedeva di precisare la qualificazione di " anticomunismo" del partito sardo.
    <se anticomunismo significa opposizione ideologica, nessuno, certo, è più congenitamente anticomunista dei democratici cristiani e, almeno per quanto riguarda lo sbocco finale nel totalitarismo di stato, nessuno lo è più di noi sardisti… Ma se intende la lotta contro il comunismo nel senso della estromissione dei Comunisti dalla lotta democratica e nel rigetto aprioristico di legittime istanze sociali di cui anche i comunisti sono portatori, debbo dirgli che egli vagheggia rimedi peggiori del male, che si illude sui risultati di tali metodi di lotta e che non potrà mai averci come alleati>.
    Parole molto chiare quelle dell’On. Pietro Soggiu e altrettanto chiaro ciò che vuole intendere Antonio Simon Mossa, che aveva affinato l’anima e la cultura al rispetto delle diversità al punto che mai e poi mai avrebbe utilizzato formule ideologiche per discriminare gli avversari.
    Del resto non poteva farlo. Egli uomo di profonda e vasta cultura conosceva gli scritti di Gramsci e Salvemini e lo si evince man mano che affronta il discorso e l’analisi sul tema della tutela dei lavoratori.
    Egli non cita mai questi grandi pensatori, scegliendo sempre ora i combattenti ora i Grandi del Sardismo per ricordare le battaglie del partito "per ottenere innanzi tutto ai lavoratori dell’Isola un trattamento economico equo e del tutto proporzionato ai loro bisogni>.
    Nell’affrontare i problemi del mondo del lavoro A.Simon Mossa è di una modernità sorprendente. Parte dalla frattura tra Nord e Sud del Paese e subito denuncia il divario sul trattamento economico e sulla diversa formazione del reddito nazionale. Spinge l’analisi sui fattori economici, ma non dimentica di notare che le organizzazioni Sindacali non sono sufficientemente forti e unite neppure al Nord per imporre un giusto equilibrio nei salari; anzi A. Simon Mossa cita gli articoli pubblicati da "Il Solco" nel febbraio 1958", a firma di Pietro Melis, dal titolo " Il prezzo del lavoro varia da nord a sud" per riproporre in modo deciso la battaglia contro questa infame discriminazione.
    "Che gli industriali difendano ad una ad una le loro trincee è perfettamente nell’ordine naturale delle cose. Ma che le organizzazioni sindacali operaie si mettano sotto i piedi, per difendere posizioni privilegiate e interessi sezionali, il principio della solidarietà operaia, questo significa tradimento degli interessi generali della classe lavoratrice: ed ha significato, ahimè, degli interessi della classe lavoratrice meridionale e sarda>.
    Vorrei che si cogliesse con quanta cura A.Simon Mossa scelga i brani e gli scritti dei sardisti sull’argomento del lavoro, non nascondendo l’amarezza di chi non ha lo strumento sindacale per operare direttamene ed in modo incisivo per la risoluzione dei problemi. Ed è un crescendo di motivazioni che lo porterà alla proposta di un sindacato tutto "sardo".
    Ma per arrivare a questa proposta deve aprire un capitolo di estrema e decisiva importanza, quello dell’Autonomia sindacale. Senza l’autonomia sindacale non è possibile <operare una fattiva difesa dei diritti dei lavoratori>.
    E’ in questo passaggio che si deve cogliere la grandezza del pensiero di A.Simon Mossa. Egli non è un fautore del sindacato sardo per scelta ideologica o di propaganda. Questa scelta è radicata e discende da un altissimo concetto di autonomia.
    Antonio Simon Mossa sull’esigenza dell’Autonomia sindacale è intransigente; la pone come condizione "necessaria e indispensabile", al punto che vede nelle grandi organizzazioni sindacali nazionali l’impossibilità che le stesse possano essere "autonome dai grandi partiti politici e che, quindi, abbiamo oggettive difficoltà a "servire la Sardegna e i suoi lavoratori".
    L’idea del sindacato sardo in A.Simon Mossa è quindi un tutt’uno con l’idea dell’autonomia. Dati i presupposti dell’autonomia da qualsiasi partito nazionale, il SINDACATO DEL LAVORATORI SARDI dovrà essere una realtà.
    Le difficoltà saranno immense, si affretta a sottolineare A.Simon Mossa:" la massiccia…travolgente azione di proselitismo sindacale operata dai sindacalisti d’oltre mare renderà il nostro compito arduo… partiti e organizzazioni nazionali hanno una particolare idiosincrasia ogni qual volta si rafforza un movimento autonomistico, i qualunque settore.
    Nella concezione di Antonio Simon Mossa il sindacato sardo nasce in una atmosfera di lotta. " E in questa lotta noi dobbiamo abbeverarci di sardismo. Dobbiamo esprimere con tutta la nostra energia la nostra intransigenza autonomistica, perché soltanto così siano nel giusto e salviamo la nostra terra".
    E’ un crescendo di entusiasmo e di motivazioni. E’ a questo punto del ragionamento che A.Simon Mossa non ha più esitazioni e che precisa la proposta.
    "Abbiamo la coscienza e il temperamento per giungere alla costituzione di un sindacato autonomo, di un sindacato sardista, che non sia soltanto strumento di lotta temporanea per lavoratore e datore di lavoro, ma soprattutto sia mosso da quei motivi ideali che uniscono tutto il popolo sardo per il suo rinnovato periodo di riscossa, verso una rinascita sociale, economica e il suo progresso civile >.
    Proposta che verrà successivamente fatta propria dalla Federazione Distrettuale di Sassari del Partito Sardo d’Azione, alla cui guida era in quel periodo Giampiero Marras, "delfino" di Antonio Simon Mossa, al quale era succeduto nella carica alcuni mesi dopo la Sua morte e che, durante le Sue lunghe assenze per malattia, assumeva ad interim – per espressa volontà dello stesso Simon – la "reggenza politica temporanea"del Distretto, pur conservando la carica di Segretario Organizzativo, alla quale era stato eletto con voto unanime nel 1970 dal Primo Congresso Distrettuale della Federazione Sardista di Sassariroposta accolta ed esplicitata in un"comunicato stampa" nel quale si affermava che:"Affinché l’azione sindacale sa politicamente più incisiva e socialmente più avanzata, si auspica la formazione di una Confederazione Sarda dei Sindacati dell’Isola che dovrà avere la sua piena autonomia nei confronti delle Confederazioni dei Sindacati Italiani, federandosi, però, con essi per quanto concerne la soluzione dei problemi a carattere generale "nazionale" e "internazionale", accentuando così in Sardegna la sua piena indipendenza dai partiti politici e dalle stesse Centrali Sindacali".
    Occorrerà,quindi, attendere gli anni 70 perché l’idea del sindacato sardo, così come disegnato da Antonio Simon Mossa, assumesse una sua concretezza ad opera di un gruppo di lavoratori e sindacalisti della SIR di Portotorres e del Banco di Sardegna di Sassari e Alghero.
    Ma i vari tentativi falliranno perché i quadri sindacali sardisti operanti in CGIL/CISL/UIL, soprattutto nella UIL, non ritenevano matura l’uscita delle organizzazioni di appartenenza.
    Furono gli anni 80, gli anni di maggior dibattito e spinta verrà la costituzione del Sindacato Sardo.
    Il 21 Aprile 1980 fu fondata la "Libera Organizzazione Sindacale Sarda"
    Il 5/6 Dicembre 1981 il XX Congresso Nazionale del PSD’AZ a Portotorres inserisce nella "Mozione Conclusiva" l’impegno del "Partito Sardo D’Azione a favorire l’organizzazione di organismi unitari di massa delle istanze anticolonialiste e nazionalitarie che si sviluppano e crescono nei vari settori della società sarda; nel mondo del lavoro attraverso la Costituzione di Sindacati Sardi o di "componenti nazionali "all’interno dei sindacati Statalisti".
    E così che si arriva alle Assemblee distrettuali e interdistrettuali di attivisti sindacali e lavoratori sardisti con numerose riunioni e assemblee i tutte le località della Sardegna ed in particolare nel Sassarese, come si evince dalla Relazione ufficiale,svolta da Giampiero Marras della Segreteria Nazionale della CSS, dal titolo "Nel decennale della Fondazione del Movimento dei Lavoratori di Sardegna verso la Costituzione di un Sindacato Etnico – dalla sua idea alla Assemblea costitutiva del 19 e 20 gennaio 1985-tra storia e cronaca".(Relazione estrapolata da "La storia della CSS attraverso i suoi Congressi",che era stata fascicolata insieme ad altri documenti e distribuita dalla Segreteria Generale della CSS il 12 dicembre 1998 ai delegati del 4° Con grasso Nazionale della Confederazione Sindacale Sarda).
    Determinante in quegli anni fu il contatto e la collaborazione con i sindacati etnici.
    Il 4 Agosto 1982 a Saint Michel De Cuxà al III Convegno internazionale dei Sindacati Etnici partecipa Eliseo Spiga (che sarà il primo Segretario Generale della Confederazione Sindacale Sarda) in rappresentanza del "Gruppo di Sindacalisti Sardisti" e in quella occasione si fissarono i "principi del sindacalismo Etnico, ribaditi e sviluppati nel IV convegno del 9-11 settembre dello stesso anno a Bolzano.
    Nel 1983 si tengono in tutta l’isola le assemblee dei lavoratori e sindacalisti per la promozione del Sindacato Nazionale dei Lavoratori Sardi.
    Il 13 Novembre 1983 ad Oristano si costituisce il "coordinamento Nazionale dei Quadri e attivisti sindacali sardisti" e viene eletto il Comitato Esecutivo del Coordinamento.
    Ne fanno parte: Mario Carboni, Gianpaolo Cerchi, Mario Deligios, Antioco Dore, Demetrio Sanna, Gigi Sanna e Arnaldo Vallascas a cui viene affidato il compito di Segretario Coordinatore.
    L’anno 1984 è importante per l’incontro con la delegazione del sindacato dei lavoratori Valdostani (14 gennaio 1984, con i quali si organizza il V convegno internazionale dei "sindacati etnici (4 febbraio 1984): sono presenti i Sindacati SAVT (valdostani), ASGB (sudtiloresi) SQC (catalunya) SSS (Sindacato sloveno).
    Il 1° Maggio 1984 a Sassari la 3° Assemblea Nazionale dei Quadri Sindacali Sardisti decide la Costituzione del "Gruppo Promotore del Sindacato Etnico sardo".
    Il XXI Congresso Nazionale del Psd’az (Carbonia 5/6 maggio 1984 prende atto con entusiasmo di questa decisione e approva "la totale indipendenza da ogni obbedienza di partito del sindacato sardo, a partire dal Partito Sardo".
    Il sindacato Sardo "dovrà essere in primo luogo svincolato dalle logiche centralistiche e direttamente rapportato agli interessi nazionali dei sardi."
    In secondo luogo dovrà essere un’organizzazione diversa, costruita sui modelli politico- organizzativi rispondenti al territorio della Sardegna.
    In terzo luogo dovrà cercare di essere sempre un sindacato realmente unitario.

    E’ su queste basi e presupposti che il 20 gennaio 1985 nasce la Confederazione Sindacale Sarda (Setar Hotel – Quartu S.Elena 19-20 gennaio 1985) in una affollata assemblea di 400 lavoratori e sindacalisti alla presenza della delegazione del sindacato valdostano (SAVT), dell’ASGB (sudtiloresi) e del sindacato corso STC, del sindacato della Polizia di Stato SIULP, del partito Sardo D’Azione, del Movimento politico "Sardigna e Libertade e di Democratiza Proletaria Sarda.
    Dal 1985 La Confederazione Sindacale Sarda, attraverso i suoi primi 4 congressi nazionali 1988-1991-1994-1998, è sempre presente nel tessuto economico e sociale della Sardegna con la sua organizzazione – proposte – piattaforme e lotte.
    I temi dei Congressi Nazionali della CSS la qualificano:
    1° CONGRESSO NAZIONALE (20-21-21/02/1988 "MUDAT SA REALIDADI – MUDA SU SINDICATU" – verrà eletto segretario nazionale il Dr. Eliseo Spiga.
    Le prese di posizione non si faranno attendere – interverrà polemicamente lo stesso Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini e scomposte si faranno le critiche del segretario Generale della UIL Giorgio Benvenuto per la presenza al Congresso del Presidente della Giunta Regionale il sardista On. Mario Melis.
    Ritornano in mente le parole di Antonio Simon Mossa "partiti e organizzazioni nazionali hanno una particolare idiosincrasia ogni qual volta si rafforza un movimento autonomistico, in qualunque settore".
    La relazione di Eliseo Spiga, scritta e pronunciata in limba, è un documento di altissimo valore,diverso da qualsiasi discorso di altri sindacalisti,poetica e storica insieme,fondamento per una nuova Organizzazione Sindacale come la CSS che,come preconizzava Antonio Simon Mossa, non può prescindere dall’affermazione e dalla convinzione che i Sardi sono una Etnia, un Popolo-Nazione.
    "Depeus stabiliri cun firmesa si is ideas chi si girant in conca portant a cuddas terras chene lacanas e chene crisuris,mannas cantu currit ogu e chi tocant su celu,sempiri friscas e fruttuosas;cuddas terras chi totu s’umanidadi bramat de candu at incumenzau a freddai e,duncas,a pensai;cuddas terras aundi su traballu no est malasorti ma valori e misura de totu is cosas…"
    Ci sembra,in queste parole, di ritrovare il tema caro al Simon Mossa della Terra promessa, del Popolo in cammino in ricerca della propria identità: Bisogna osare, bisogna scommettere, occorre l’utopia per cambiare la Sardegna.
    Il Sindacato Sardo non può essere la ripetizione degli altri sindacati italiani.In esso l’uomo – s’omini - deve essere " misura de totu is cosas " e il lavoro – su traballu – è "valori e misura", cioè elemento essenziale di crescita della persona del lavoratore, che, senza lavoro, è un uomo e una donna, un cittadino dimezzato.
    I sardi hanno bisogno di un loro sindacato "po dezidi aundi,commenti,candu e cantu depeus chistionai,;po dezidi totu dae su barzolu finzas a su baulu…" Il sindacato sardo deve combattere senza mai arrendersi " chi bolint …incatenai is sardus a dependi dae s’economia furistera e dae modus de pensai,freddai e bivi chi funt portendi sa Sardinnia intera anci perdi de unu totu su treballu e sa limba,is terras e is ateras siendas,sa cultura e is usanzas chi nos ant permittiu in is seculus de parai faci a totu is disgrazias nascias in s’Isula nostra e portadas de su mari"
    Vi sono nelle conclusioni di Eliseo Spiga elementi di grande pessimismo sulla situazione regionale e sembra di sentire il grande Simon Mossa, quando a proposito del dibattito sulla identità dei sardi, osservava che molti intellettuali, giornalisti, politici e sindacalisti negavano questa specificità:"Depu nai,cun disgustu,ca finzas in Sardinnia nc’est chini andat aboxinendi in is giornalis,in is partidus,in is sindacaus e po finzas in su Consillu Regionali ca una diversidadi sarda non esistit,e sa chi esistit est arroba antiga chene valori,est arroba de messaius e de pastpris,arroba de poburus,de delinquentis,de genti arretrada chi arrefudat sa modernidadi de su mundu occidentali"
    "S’indipendenzia chi nosus boleus no est fata,duncas,de togas,de corazieris e de aterus bistimentus, ma est fata de poteris de dezidi, primamenti,ca is benis e is siendas chi apartenint a is sardus po deretu istoricu e naturali no podint essi usurpaus de nisciunus ma depint essi infrutaus e gosaus dae is sardus e totu.
    "Su chi bolemus, duncas, est una Regioni Sarda chi tengat is poderis e sa forza de unu Stadu federau, chi pozat fai leis chi ballant po totus e primamente po is uficius e is aziendas de sa Sardinnia,chi pozat contai in campu internazionali po commercius e po cultura, chi pozat bogai a campu totu chi is sardus tenint in su coru e in su sentidu"
    E’ in questo quadro che il I° Congresso Nazionale della CSS pone l’obiettivo della contrattazione regionale per rompere la gabbia della Contrattazione Collettiva Nazionale Italiana per affermare la capacità contrattuale dei lavoratori nel territorio della Sardegna La contrattazione regionale pone con forza l’esigenza della riforma dello Statuto speciale della Sardegna per inserire in esso ed allargare le competenze primarie sulle materie contrattuali.
    CONGRESSO NAZIONALE (10-11-12/05/1991) " PRO S’IDENTITADE - PRO S’AMBIENTE – PRO SU TRABALLU "– verrà eletto segretario Nazionale il prof .Francesco Casula
    In questo 2° Congresso Nazionale si entra nel merito dell’Identità del popolo sardo e, come fa osservare Casula nella sua relazione, ciò "non poteva essere diversamente per un sindacato etnico che fonda la sua ragione d’essere nella dimensione etno-nazionale dei sardi, ovvero nella sua cultura,nella sua storia,nella sua civiltà e nei suoi valori più alti e autentici: la solidarietà,il com’unitarismo,il federalismo,il federalismo in primo luogo".
    "Vogliamo come CSS, dirà Casula citando il prof. Giovanni Lilliu archeologo di fama mondiale e Accademico dei Lincei, recuperare il senso di appartenenza e delle radici ma soprattutto quell’umore esistenziale del proprio essere sardo come individui e come gruppi, che, in ogni momento, nella felicità e nel dolore delle epoche vissute, ha reso i Sardi costantemente resistenti, antagonisti e ribelli, non nel senso di voler fermare, con l’attaccamento spasmodico alla tradizione, il movimento della vita e della loro storia, ma di sprigionarlo, attivandolo dinamicamente, rompendo le catene imposte dal dominio esterno"
    Ritorna il motivo dell’indipendenza e della rottura delle catene,così come in tutti gli insegnamenti di Antonio Simon Mossa, che sembra ispirare i temi dei Congressi della CSS, Siamo,altresì, convinti che Simon Mossa sottoscriverebbe la battaglia sulla lingua e la cultura sarda, battaglia fatta propria dalla Confederazione Sindacale Sarda fin dagli inizi della sua nascita"limba come affermazione di identità e alterità" "Il problema della lingua per noi della CSS s’intreccia, prosegue la relazione di Francesco Casula, con questioni più vaste e complesse concernenti l’autonomia regionale, l’autogoverno del popolo sardo ma soprattutto il tipo di sviluppo e di civiltà per la Sardegna degli anni duemila,specialmente a fronte dei guasti e disastri provocati dall’inciviltà industriale" che minaccia la stessa sopravvivenza del pianeta". "Infatti la devastazione della natura,con danni profondi agli ecosistemi (il buco nell’ozono, la fine delle foreste, il problema delle acque, dei rifiuti, ecc.) e alla salute degli esseri umani (nuove malattie fisiche,esteso malessere psichico) ha ormai raggiunto livelli drammatici,sempre meno compatibili con processi e cicli biologici".
    Sembra di sentire il respiro e la sensibilità dei temi mondiali del cosmopolita Simon Mossa che nei suoi frequenti viaggi all’estero aveva avuto modo di constatare limiti e pericolosità di un progresso senza guida e controllo dell’uomo. Una persona attenta ed intelligente come Simon Mossa aveva già una coscienza
    che oggi avremmo chiamato "ambientalista", certamente nel termine concreto e misurato con le conoscenze e competenze specifiche che non mancavano all’architetto Simon Mossa.
    CONGRESSO NAZIONALE (2-3-4/12/1994) " TRABALLAI LIBERUS E UNIUS PO GUVERNAI SU SVILUPPU E S’AVVENIRI DE SA SARDINNIA – verrà eletto Segretario nazionale il Dr. Giacomo Meloni, che porterà, uscendone riconfermato come segretario, l’organizzazione al
    CONGRESSO NAZIONALE (12-13 dicembre 1998) "SU TRABALLU - S’IDENDITADI - SU SVILUPPU-OLTRE IL 2000".
    Entriamo nel vivo del nostro tempo,attraversato da guerre e avvenimenti così laceranti da essere argomenti in primo piano anche nella relazione introduttiva del Congresso. Il Segretario Nazionale affrontava con grande lungimiranza questi temi: " E’ una strana cultura giuridica quella internazionale, spesso tentata ad interferire nei fatti interni di un Paese quando forti sono soprattutto gli interessi economici:Così è sembrato giusto intervenire in Iraq contro il Dittatore Saddam Hussein, lasciando per anni l’embargo anche quando ciò sta a significando la morte di migliaia di bambini per la scarsità dei medicinali.Ma il controllo dei pozzi petroliferi e gli interessi economici diretti nel Kuwait erano e rimangono l’emergenza assoluta per gli Stati Uniti ed i Paesi Europei, compresa l’Italia.
    Diversa la sensibilità mostrata per l’Afganistan, dove la Comunità Internazionale non ha saputo e voluto bloccare la distruzione e l’annientamento delle popolazioni.Diversa la sensibilità dimostrata nei confronti della ex Iugoslavia dove i ritardi con cui sono intervenuti i paesi dell’Unione Europea, con il più totale disinteresse americano e sovietico,si rischiava di trovare, insieme alle macerie della città e la distruzione di innumerevoli opere d’arte, milioni di persone senza più identità e patria a cui rimaneva il pietoso compito di seppellire i morti".
    Questa sensibilità internazionale è una costante nella storia della Confederazione Sindacale Sarda, che mai ha trascurato di guardare agli avvenimenti del mondo con particolare riferimento alle Società senza Stato, alle Nazioni mancate e alle Identità oppresse, sensibilità presente nel grande animo di Simon Mossa che aveva posto questa esigenza di apertura internazionale nei fondamenti di un costituendo sindacato sardo.
    Il nostro tempo ci ha abituato a vedere e vivere gli avvenimenti mondiali in contemporanea e con quella immediata contestualità che i mezzi moderni di informazione ci consentono. Non ci è dato il tempo di riflettere se non a posteriori su avvenimenti che,sebbene a distanza di molti chilometri da noi, ci vengono rappresentanti nell’immediatezza delle immagini: Così le ultime guerre le abbiamo viste in televisione e la spettacolarità degli eventi spesso hanno cancellato emozioni e indignazione.
    L’11 settembre 2001 con il crollo delle due Torri e la tragedia di migliaia di persone della città di New York che hanno perso la vita; la guerra che nessuno aveva previsto di segno opposto in Afganistan; questa guerra ci ha fatto diversi perché ci ha indotto ad assumerla come strumento contro tutto ciò che si oppone alla modernità e civiltà occidentale, spingendo a negatività tutto il resto del mondo, La PAURA è diventato l’elemento che ci unifica nel silenzio e nella subordinazione.
    Occorre ribellarsi a questo stato di cose.Riprendere con forza e coraggio il cammino della riscossa, come ci ha insegnato Simon Mossa. Mai cedere alla paura, al dominio dei padroni del mondo, a chi nega l’autodeterminazione dei popoli che è e resta l’unica via alla libertà e alla democrazia.
    La CSS ha espresso questo concetto, portando a tutte le manifestazioni il suo striscione: CONTRA SU DOMINIU DE SU MUNDU, LIBERAI TOTU SA TERRA
    CONTRA SU TERRORISMU PO SU TRABALLU E SU SVILUPPU
    SARDINNIA LIBERA E SOBERANA.

    Antonio Simon Mossa non ha potuto vedere nascere il sindacato sardo che avrebbe voluto conoscere.
    Sappiamo di avere una grande responsabilità davanti alla storia dei sardi; crediamo di onorare colui che ha speso tutta la vita ad insegnare e promuovere il risveglio delle coscienze dei sardi, cercheremo di non deludere questa grande forza non piegando l’autonomia ad alcun compromesso.
    Grazie Antonio Simon Mossa!

    Giacomo Meloni

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Gothico Visualizza Messaggio
    mi sembra strano che ci sia ancora gente che non l'ha letto...
    faeddhant de indipendentismu....tra l'altro è un volume uscito anni fa con diversa copertina
    eja is scritus originalis funt de is annus '60, su liburu dd'at pubricau 's'iscola sarda' in is annus '80. si dd'apu sinnalau ca ocannu dd'at torrau a imprentai sa 'alfa editrice' e m'est parta s'ocasioni giusta po ndi torrai a chistionai, finas ca, cumenti eis nau, mi timu ca su prus de is sardus mancu ddu connosciat!

  6. #6
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    cantu costada?

  7. #7
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    10 euro....comprato 10 giorni fà....

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da The Dream Maker Visualizza Messaggio
    10 euro....comprato 10 giorni fà....
    gei est a baratu e si ddu balit totu!

  9. #9
    Dilli che tu sì a voce rivolta
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  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da is4morus Visualizza Messaggio
    gei est a baratu e si ddu balit totu!
    dove posso trovarlo a cagliari?

 

 
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