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  1. #11
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    Mellano: Si spegne la fiaccola olimpica. Non si ammaini la bandiera del Tibet, simbolo degli oppressi del mondo
    Si chiudono le olimpiadi dei diritti negati. Auspico che coloro i quali hanno levato la propria voce per la democrazia e la libertà, non cessino di essere con noi Radicali, con i Tibetani, con gli Uiguri

    Roma , 24 agosto 2008
    • In occasione della chiusura delle olimpiadi cinesi, Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

    Come avevamo immaginato - ma purtroppo molto meno di quello che avevamo sperato e di quanto sarebbe stato necessario - queste olimpiadi sono state un’occasione storica per far sentire la voce degli oppressi al regime cinese. In parte tentativi di utilizzati il palcoscenico delle olimpiadi di Pechino per rafforzare la lotta per i diritti umani sono stati vani e inadeguati, in parte sono stati di qualche efficacia. Ora però dobbiamo scongiurare il rischio che lo spegnimento della fiaccola olimpica sia la metafora dello spegnimento di ogni speranza di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini cinesi e di genuina autonomia per le tante minoranze, a partire dai Tibetano, dagli Uiguri, dai Mongoli dell’interno. Tra poche settimane il Governo tibetano in esilio proporrà un piano per una reale autonomia del Tibet, all’interno della Repubblica Popolare di Cina. Le Diplomazie, i Governi, i cittadini, le opinioni pubbliche, non devono lasciare solo il Dalai Lama. Dobbiamo insieme continuare questa lotta che troppo spesso e per troppi anni, ha visto silenti e complici quasi tutti. Auspico che tutti quanti coloro che hanno levato la propria voce per la democrazia e la libertà, non cessino di essere con noi Radicali, con i Tibetani, con gli Uiguri , per una Cina libera e democratica.

  2. #12
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    Pullia:Bene la Granbassi. E ora azioni concrete a sostegno del popolo tibetano


    22 agosto 2008
    • Dichiarazione di Francesco Pullia, Della Direzione nazionale di Radicali Italiani

    Margherita Granbassi, schermitrice di valore, ha affermato al suo rientro in Italia di sentirsi in colpa per avere gioito per le sue, tra l’altro meritatissime, medaglie conquistate a Pechino ed ha esortato gli atleti, una volta tornati a casa, a fare sentire la loro voce.
    “Credo che le Olimpiadi siano state inutili”, ha detto in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica. “L'organizzazione impeccabile, lo splendore esibito in questi giorni”, ha aggiunto “nascondono altre verità. Come le medaglie coniate per questa edizione. Davanti, l'oro, l'argento, il bronzo, dietro, la giada che mi risulta provenire dallo sfruttamento di molti lavoratori”.
    Accogliamo ovviamente con piacere le sue dichiarazioni e apprezziamo la sua sincerità. Proprio per questo rinnoviamo, tuttavia, il nostro invito a farsi promotrice di un’azione esemplare che, senza dubbio, potrà compensare eventuali complessi di colpa: contatti quanto prima gli atleti vincitori e faccia in modo che le medaglie vinte giungano al Dalai Lama come testimonianza di concreto sostegno alla lotta nonviolenta del popolo tibetano. Lo aveva giustamente suggerito il sindaco di Assisi al termine della manifestazione dell’otto agosto. Se attuata, proprio in questo momento in cui il governo cinese si affanna a negare l’ennesima barbarie compiuta in Tibet con i giochi in pieno svolgimento, questa proposta avrebbe grande risonanza, molto più di tante parole.

  3. #13
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    Messaggio di Marco Pannella ai militanti tibetani in sciopero della sete in India
    Purtroppo solo oggi leggo la notizia del 4 agosto che annuncia che alcuni dei marciatori verso il Tibet hanno iniziato uno sciopero della fame e della sete.
    Intanto nella grande urgenza che abbiamo lo inviamo direttamente anche a Sua Santità il Dalai Lama, al Primo Ministro del Governo tibetano in esilio.
    Invitiamo tutti a fornirci le traduzioni in tibetano, in cinese, in uiguro, in montagnard, in ceceno, in laotiano, in vietnamita, in birmano, in esperanto.

    Roma, 9 agosto 2008

    Carissimi compagni di lotta di speranza e di ideali,

    leggo che avete oltrepassato i quattro, o cinque, giorni di sciopero della sete per dar così voce, corpo, forza alla risposta nonviolenta, cioè di amore per la verità, perché anche chi si illude di poter fare della violenza una forza di vita sia raggiunto dalla vostra speranza e fiducia che anche in lui si affermi una scelta di vita di libertà di compassione.

    Vorrei letteralmente supplicarvi, di non dimenticare mai, e men che mai oggi, che nonviolenza è rischiare la vita e non la morte. Ogni morte è una nostra sconfitta, ogni nostra morte nella lotta come anche, certo, nell'inerzia è anche una nostra dolorosa sconfitta.

    Dobbiamo assolutamente evitare di cadere nella tentazione di scagliare contro il "nemico" come una nostra arma i nostri corpi contro di lui. L'uso distorto della lotta nonviolenta, specie in Occidente, ha appunto portato all'errore di colpirlo rendendolo assassino. Dobbiamo sapere e ricordare che ogni martirio, ogni martire ha per costo umano il corrispondente assassino che noi stessi in quel caso concorriamo a creare. E' l'opposto, insomma, del nostro onore di inermi ma mai inerti, armati appunto di nonviolenza e di compassione.

    Dalla mia storia personale molto diversa, credo di intuire sempre di più che il buddismo tibetano, sotto la guida di Sua Santità il Dalai Lama, costituisce oggi forse il massimo tesoro spirituale, cioè vitale. Dalle mie parti forse è quello che intendiamo quando ci riferiamo all'"anima".

    Anch'io sono convinto che nel suo governo politico Sua Santità il Dalai Lama possa commettere o aver commesso errori. Almeno quanto lo proclami lui stesso con la grande riforma che da decenni ha immaginato e proposto per un Tibet liberato non solamente dai suoi violentatori, dai suoi occupanti, ma anche dal suo crescere in armonia con la scienza e la natura nel loro svolgimento terreno, politico, umano.

    Ma credo di sapere proprio per aver avuto l'onore e l'amore di essere da Lui ascoltato e inteso proprio anche nel criticarlo che anche su questo Maestro, comprende e compie annunci profetici che dobbiamo con amore sapere intendere e alimentarcene.

    Con questi pensieri, con questa lotta che come Partito Radicale Nonviolento conduciamo anche con le nostre compagne e compagni uighuri, mongoli, Montagnards e le popolazione oppresse in Vietnam, nel Laso, in Birmania, in Cecenia, nella Corea del Nord, cominciamo tutti insieme a meglio comprendere che la lotta per il Tibet libero e per tutti questi altri compagni di altri territori dell'Oriente estremo e no, è anche lotta consapevole e voluta perché cresca e s'affermi una libera Cina.

    La forza di noi tutte e tutti, esclude il cedere alla disperazione, alla rabbia, allo sdegno e all'accecamento dinanzi alla cattiveria, alla malvagità, alla violenza dei potenti, da millenni resi ovunque folli dalla propria impotenza costretti all'illusione della violenza. Questi i pensieri che dal cuore del nostro Partito mi ispirate e ve ne sono grato, molto riconoscente. Avete la nostra gratitudine e siete voi speranza, anche se in qualche momento la smarrite e per questo che torno, per ora e per il domani, mi sdraio accanto a voi e vi scongiuro: mai compite una scelta di morte, mai morire per mancanza di prudenza e di speranza, per rabbia e odio contro chi ci opprime e vuole la nostra morte, la fine di quel che siamo e speriamo.

    Anche nello sciopero della sete siamo responsabili di tutto il bene e di tutto il male, di tutta la vita e di tutta la morte, che anche con esso comunque saremo responsabili di creare. Attendo con fiducia e con amore e con forza la vostra risposta. Per oggi per queste ore e questi giorni così comuni, ma anche per tutta la durata della nostra vita e lotta nonviolente. Spero fortissimamente che vi raggiunga tutti, nessuno escluso, vivi, compagne e compagni e avendo così in quest'occasione cercato di crescere insieme in forza della verità e della nonviolenza.

    Marco Pannella

  4. #14
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    Assisi chiama Pechino: "Tibet libero"
    Radicali in piazza con i monaci. Bonino: rispetto per i diritti umani

    • da L'Unità del 9 agosto 2008, pag. 4

    di Andrea Carugati

    Mentre il mondo guardava a Pechino, loro si sono ritrovati nella piazza del Comune di Assisi, con i monaci, a parlare di diritti umani, del Tibet e delle altre minoranze, etniche e linguistiche, che non trovano pace sotto il governo cinese. Un centinaio, poco più, i manifestanti che hanno risposto all`appello dei radicali (sostenuto dall`Anci, da Cgil, Cisl, Uil e Ugl, dai socialisti, Articolo 21, dal Pd dell`Umbria) e hanno sfidato il solleone, dalle 11 di mattina fino alle 14, quando ha suonato la grande campana delle Laudi proprio mentre iniziavano i giochi. Le bandiere tibetane sventolavano dal palazzo comunale, mentre sul piccolo palco sono stati accesi dei fumogeni rossi, un`azione che si chiama «Sad Smoking Mountains» e che è stata lanciata nei mesi scorsi proprio in segno di solidarietà al Tibet. «Speriamo che queste campane risuonino nelle orecchie di tanti

    amici attivisti cinesi, che non ci chiedono di boicottare i giochi, ma di aiutarli ad aprire il loro paese al mondo. E di esserci anche quando i riflettori delle Olimpiadi si saranno spenti», ha detto Emma Bonino. Poco dopo, il sindaco della cittadina umbra Claudio Ricci ha detto: «Qui si accende la vera fiaccola olimpica, quella dei diritti umani». Il sindaco ha fatto due richieste, a nome dei manifestanti: la prima al governo cinese «affinché questa olimpiade si concluda con una stretta di mano con il Tibet»; la seconda agli atleti italiani: «Il primo che vincerà una medaglia ne faccia dono al popolo tibetano». Alla manifestazione hanno aderito i deputati Pd Furio Colombo e Guglielmo Vaccaro. Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni ha mandato un messaggio: «La vostra è una battaglia giusta, non so se sia di destra o di sinistra. Non posso ignorare il dolore di tanti, di troppi».

    La giornata è iniziata con un seminario su «diritti civili e libertà di religione» cui ha partecipato anche il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, che ha ricordato le gravi difficoltà dei cattolici in Cina, citando i vescovi carcerati, e ha spiegato che «la Chiesa chiede la libertà di religione per tutte le altre confessioni». Il lama Lobang Phende, in Italia da diversi anni, non ha usato mezzi tennis: «Il mondo ha regalato a questo regime brutale una straordinaria occasione di propaganda». Lucio Malan, senatore del Pdl, ha fatto un paragone con le Olimpiadi del 1936 nella Germania nazista: «Forse stavolta è persino peggio, perché nel 36 il regime fu costretto ad allentare un po` la presa, tanto che parteciparono due atleti ebrei. Insomma, presentarono un`immagine un po` meno brutale». Veronica Melelli, dell`associazione Falun Dafa-Falun Gong (un movimento spirituale che in Cina ha milioni di seguaci), ha ricordato le «persecuzioni» cui sono soggetti gli adepti in Cina. «Ricordiamoci sempre che poco lontano dalle nuove strutture delle olimpiadi si sono campi di concentramento in cui la gente viene torturata».

    Nella piazza i monaci hanno suonato strumenti tibetani, anche l`inno nazionale. La Bonino ha ricordato anche altre minoranze perseguitate, gli luguri, musulmani accusati di essere terroristi islamici, e i Montagnard, cristiani. «Non ci facciamo illusioni, la strada che porta allo stato di diritto è difficile, sanguinosa e contraddittoria. Ci vogliono umiltà e pervicacia», ha detto la vicepresidente del Senato. «Lanciamo un richiamo forte alle autorità cinesi. Non vogliamo dare lezioni, ma dopo due guerre mondiali e un genocidio qualcosa abbiamo imparato».

  5. #15
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    Destra e Radicali in piazza «Vogliamo il Tibet libero»
    Manifestazioni in tutta Italia. Latita la sinistra

    • da Il Tempo del 9 agosto 2008, pag. 5


    A Pechino gli occhi dei cinesi erano rivolti allo stadio Olimpico, in Italia si manifestava per il Tibet.
    Roma. Un monaco ha sventolato la bandiera del Tibet in segno di protesta contro la Cina nei pressi del Colosseo mentre un altro vessillo veniva esposto in Campidoglio. Il sindaco Gianni Alemanno come segno di solidarietà e di pace verso il popolo tibetano ha indossato una sciarpa bianca, la Kata, e due consiglieri del Pdl del Comune di Roma, Federico Guidi e Marco Di Cosimo, hanno lanciato un appello ai romani chiedendo di non assistere alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Pechino lasciando spenta la televisione.
    Assisi. Il «Campanone delle laudi», che dalla torre civica di Assisi suona solo nelle occasioni più importanti, ha fatto sentire i suoi rintocchi alle 14 di ieri, per alcuni minuti, in concomitanza con l`apertura dei Giochi olimpici a Pechino. La città di San Francesco, simbolo di pace e di dialogo, si è fatta carico di lanciare un forte richiamo per il rispetto dei diritti civili in Cina e in tutti i Paesi del mondo. Promotori della manifestazione sono stati il Comune umbro e il Partito radicale con il sostegno dell`Associazione nazionale dei comuni d`Italia dell`Umbria. Molti i politici presenti: il vice- presidente del Senato, Emma Bonino, il presidente del gruppo interparlamentare per il Tibet Matteo Mecacci (Radicali), e il vicepresidente Lucio Malan (Pd1). Anche il ministro Giorgia Meloni ha dato la propria adesione inviando un messaggio di saluto. «È giusta - ha scritto - la battaglia per i diritti civili» in Cina come in altri Paesi. Decine poi le persone e i gonfaloni di comuni italiani che hanno partecipato alla sfilata. «Una manifestazione - hanno spiegato i promotori - non contro qualcosa, ma a favore di qualcosa, cioè per la pace, la democrazia ed il rispetto dei diritti umani». Presente alla manifestazione anche il Lama Lobsang Samten, che è in esilio dagli anni `60.

    Mentre il vescovo della città, monsignor Domenico Sorrentino, ha augurato che lo «spirito di Assisi», porti pace e dialogo interculturale nella lontana Cina, il sindaco della città, Claudio Ricci (a guida di una giunta di centrodestra) ha esposto una grande bandiera del Tibet ad una finestra del palazzo comunale e ha chiesto al governo cinese di chiudere le Olimpiadi con un gesto simbolico di amicizia con il Tibet. Ha invitato poi il primo atleta italiano che -vincerà una medaglia a donarne una copia al popolo tibetano.

    Napoli. Alcuni attivisti della rete «Napoli per il Tibet» hanno manifestato in piazza del Plebiscito per testimoniare solidarietà con il popolo tibetano.

    Trieste. L`associazione Penombre, partecipando alla protesta dal nome The Sad Smoky Mountains and skyscrapers, ha acceso dei fumogeni rossi «per il Tibet» nei pressi del santuario di Monte Grisa. La stessa cosa, in contemporanea, accadeva a Venezia sul campanile della basilica di san Giorgio Maggiore, a Vicenza, a Verona e in alcune località delle Dolomiti.

    Firenze. Alcuni militanti di «Casa Pound» hanno affisso due striscioni con la scritta «Free Tibet» sul ponte alle Grazie e sul Ponte alla Carraia, sull`Arno. Due bandiere sventolavano davanti al consolato cinese e altre, con i colori della pace, sono state esposte a Palazzo Vecchio.

    Trento. Una decina di esponenti del gruppo Atletico Poeti Trento e dell`associazione buddhista Samten Choling hanno acceso tre fumogeni rossi visibili da gran parte della città davanti a due bandiere del Tibet e ad un grande striscione con la scritta «Free Tibet». Non si è trattato di una manifestazione contro la Cina o contro le Olimpiadi ha ricordato il giornalista Gigi Zoppello - ma un momento di raccoglimento, per ricordare che la Dichiarazione dei Diritti Umani è stata firmata nel 1948 ma non è ancora applicata integralmente nel mondo.

  6. #16
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    Ecco il racconto della nostra festa non violenta ad Assisi


    • da Il Riformista del 9 agosto 2008, pag. 3

    di Francesco Pullia

    Ecco il racconto della nostra festa non violenta ad Assisi Non è stata una manifestazione di protesta, come è stato costantemente sottolineato, ma una festa che, nel segno della non violenza e dell’affermazione dei diritti umani, ha unito una pluralità di voci. Mentre i riflettori erano puntati sull’inaugurazione, enfaticamente spettacolare, di queste controverse Olimpiadi, da Assisi in perfetta concomitanza di fuso orario i suoni delle telescopiche trombe tibetane e i toni cupi di sgargianti tamburi raggiungevano in una singolare quanto affascinante commistione i rintocchi delle campane delle laudi. Dal palco, nella piazza antistante il palazzo comunale, il giallo e l ‘amaranto dei monaci, insieme ai colori delle bandiere tibetane, hanno fatto da sfondo, non da contorno, alle parole dei numerosi intervenuti all’iniziativa testardamente voluta dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito e dal Comune di Assisi, in collaborazione con l’Anci regionale umbra.

    La giornata. Prima, alle 11, un convegno sulla libertà religiosa, introdotto dal sindaco Claudio Ricci, soddisfatto e visibilmente emozionato per la riuscita, oltre ogni attesa, dell’iniziativa, con la partecipazione dell’arcivescovo monsignor Domenico Sorrentino, di Lama Lobsang Phende, del senatore Lucio Malan, vicepresidente dell’intergruppo parlamentare per il Tibet e, particolare niente affatto irrilevante, valdese, di Valentina Melelli, del Falun Dafa, movimento perseguitato dal governo cinese, di Paolo Raffaelli, presidente regionale dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia, e concluso da Emma Bonino che, rifacendosi anche agli eventi politici che in questi giorni hanno scosso lo scenario internazionale e al lungo impegno transnazionale dei radicali, ha messo in evidenza il legame tra la lotta nonviolenta dei tibetani e quella di altri popoli, come gli uiguri, i montagnard nel Vietnam del Nord, i birmani, i ceceni, e di tante donne che, in situazioni troppo dimenticate, si battono contro soprusi, violenze, sopraffazioni. Poi, in piazza, sull’ampio palco, dove Bruno Mellano, presidente di Radicali Italiani e coordinatore della giornata, ha chiamato uno ad uno ad alternarsi i diversi oratori, le musiche tradizionali dei monaci hanno scandito gli appassionati messaggi, densi di amarezza e, nello stesso tempo, ricchi di speranza dei vari relatori come quelli del presidente della comunità dei tibetani in Italia, Thupten Tenzin, e dell’instancabile Dechen Dolkar, dell’Associazione delle donne tibetane. Tibet. Non sono mancati colpi di scena come lo srotolamento da parte del sindaco Ricci e di Lama Phende, da una delle finestre della storica sede municipale, di una bandiera tibetana lunga più di quattro metri, e, poco prima che dalla Torre del popolo cominciassero a diffondersi le gravi e potenti vibrazioni delle campane, la consegna sempre da parte del primo cittadino di Assisi di una simbolica medaglia d ‘oro ad un rappresentante tibetano. L’accensione di fumogeni rossi, mentre la televisione trasmetteva le prime immagini della messinscena olimpionica, seguita dall’esecuzione dell’inno del Tibet libero, ha coronato l’invito, espresso a chiare lettere da Emma Bonino, a non abbassare la guardia subito dopo i giochi di Pechino. La gara per la libertà in Cina non può arrestarsi.

  7. #17
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    La Cina, i diritti e la voce di Assisi


    • da L'Unità del 7 agosto 2008, pag. 25

    di Bruno Mellano

    Domani, in coincidenza con la cerimonia di inaugurazione a Pechino dei giochi olimpici, si leverà alto da Assisi un messaggio a sostegno della linea nonviolenta adottata dal Dalai Lama per il riconoscimento dell`autonomia del Tibet e per l`affermazione dei diritti umani in Cina. Non si tratta di un`iniziativa di protesta ma, al contrario, di proposta concreta, concepita all`interno del satyagraha («forza della verità») mondiale per la pace, lanciato dall`inizio dell`anno da Marco Pannella e volto a costruire un`alternativa strutturale alla minaccia di un tremendo conflitto che, divampando dal Medio Oriente, si estenda rapidamente al mondo intero.

    La scelta della città umbra per questo duplice appuntamento (alle 11 un seminario nella Sala della Conciliazione del Comune e alle 12,30 musiche ed interventi nella piazza centrale, antistante alla sede municipale) non è affatto casuale sia per il ruolo di capitale del dialogo tra i

    popoli che unanimemente le viene riconosciuto, sia perché punto d`arrivo, e quindi luogo culminante (nell`accezione più ampia del termine), nel 1961, della prima marcia ideata dal filosofo Aldo Capitini, propugnatore della nonviolenza come base imprescindibile per la creazione di una società aperta, di cui ad ottobre ricorre il quarantesimo anniversario della scomparsa.

    Proprio perché fermamente convinti che ogni avvenimento sportivo non sia disancorato dalla società e, quindi, dalla politica, abbiamo ritenuto che queste olimpiadi non dovessero essere boicottate ma tramutate in importante occasione per esercitare sul governo cinese doverose pressioni affinché si attui davvero un improcrastinabile cambiamento di rotta per quanto concerne il rispetto dei diritti umani (a cominciare dai cattolici della chiesa del silenzio, dai falungongalla stessa popolazione han) e dell`autodeterminazione dei popoli (primi fra tutti tibetani, uiguri e mongoli) indebitamente assoggettati da Pechino.

    Tibet e Xinjiang (Turkestan orientale) non costituiscono questioni a sé ma sono componenti di un unico problema avvertito con urgenza, come dimostrano anche recenti avvenimenti verificatisi in seguito alla catastrofe sismica nella regione del Sichuan, dalla stragrande maggioranza dei cinesi. Si tratta, in altri termini, di garantire diritto e diritti. In un mondo globalizzato, sempre più caratterizzato dall`interdipendenza di stati e culture, nessuno può dichiararsi estraneo a quanto accade in ambiti solo geograficamente distanti dal nostro. Non ci si può non sentirsi coinvolti dal dramma di chi è costretto a patire vessazioni, incarcerazioni, torture, a pagare pesantissimi tributi e talvolta la perdita della vita.

    I problemi che attanagliano la Cina non possono non investirci e interpellarci dal momento che ci riguardano molto più di quanto si possa superficialmente supporre. Al governo di Pechino che, come sappiamo, risponde al- le legittime richieste delle minoranze e dei dissidenti accentuando la morsa repressiva e censoria ed incentivando ulteriormente nei territori occupati il proprio programma di colonizzazione forzata, è giusto e doveroso contrapporre adeguati strumenti di lotta unicamente imperniati sulla nonviolenza attiva.

    Con il Comune di Assisi e la sede regionale umbra dell`Associazione Nazionale dei Comuni d`Italia, abbiamo pensato ad un otto agosto di festa, impegno, riflessione.

    Ci saranno i monaci con le loro musiche e le loro caratteristiche danze tradizionali. Sventoleranno tante bandiere del Tibet libero con le loro strisce blu e rosse, i raggi dorati che si diramano in ogni direzione, i leoni delle nevi, la ricca simbologia buddhista. Noi, da laici, ripeteremo ancora una volta con profonda convinzione, che la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona ed un utile "cartina di tornasole" per cogliere l`evoluzione dei regimi e le speranze di apertura.

  8. #18
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    Tibet/Mellano: Madrid processa la Cina, Frattini va alla cerimonia: persa un'occasione per far vivere l'Europa


    Roma, 5 agosto 2008
    • Dichiarazione di Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani

    La procura della repubblica di Madrid ha aperto un'inchiesta sulla repressione in Tibet effettuata dall'autorità di Pechino nello scorso mese di marzo. Sette esponenti di grande rilievo del Repubblica popolare di Cina, tra cui il Ministro della Difesa ed il Ministro della Sicurezza dello Stato, sono stati indicati come responsabili di "crimini contro l'umanità" e "attacco generalizzato e sistematico contro la popolazione tibetana". Nella denuncia si fa riferimento ai dati, ufficiosi, di 203 morti ed oltre 1000 feriti, con circa 6.000 tibetani scomparsi, perchè arrestati o nascostisi dalla repressione militare e di polizia. Per le autorità cinesi i morti, nelle rivolte di Lhasa di marzo ed aprile, furono in tutto 18, quasi esclusivamente cinesi.

    Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani, ha dichiarato:

    "La notizia che giunge dalla Spagna ci aiuta a sperare che, nell'agonismo di questi giorni così poco olimpici, non si perda di vista che cosa indicano i numeri. Non si sta parlando di gol, di canestri, di punti o di metri: qui, nella realtà in carne ed ossa delle donne e degli uomini tibetani, si parla di persone arrestate, torturate, condannate a pene infinite o alla pena di morte. Ed è il risultato della decennale repressione di una legittima richiesta di libertà, di rispetto, di autonomia, di un futuro per sé, per i propri figli, per il proprio territorio, per la propria storia. Nel dibattito, un po’ surreale, che si è aperto oggi in Italia, si deve registrare l'incapacità della politica europea ed italiana di trasformare le proprie buone intenzioni in buone pratiche, in buone politiche concrete. Noi radicali ci permettiamo di ripetere il nostro invito pubblico, al Ministro Meloni ed al Capogruppo Gasparri, ad essere ad Assisi, città della pace, in concomitanza dell'apertura dei Giochi di Pechino, magari ritardando di un giorno la vacanza. Anche per far vivere la patria europea."


  9. #19
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    L'Opinione: "Olimpiadi, diritti e democrazia. Perché l’otto agosto ad Assisi", di Francesco Pullia


    31 luglio 2008
    • da L'Opinione del 31 luglio 2008

    Di Francesco Pullia
    L’otto agosto, nello stesso momento in cui i riflettori di tutto il mondo saranno puntati su Pechino per l’inaugurazione ufficiale delle Olimpiadi, da Assisi si lancerà un messaggio perché cessino in Tibet la colonizzazione forzata attuata dal governo cinese e la feroce repressione seguita ai moti dello scorso marzo. Non solo. Si ribadirà convinto sostegno a chi, nel vasto territorio della Cina, anche a costo della vita, si batte per il rispetto degli elementari diritti umani e l’avvio di un processo democratico. E’ un segnale forte, fermo, inequivocabile, quello che si vuole mandare in perfetta concomitanza con un evento privo ormai di connotati squisitamente sportivi. Chi si era illuso che la designazione di Pechino a sede idonea ad ospitare i giochi olimpici potesse contribuire ad apportare auspicabili cambiamenti si è dovuto amaramente ricredere. Di passi avanti neanche l’ombra. La Cina continua a detenere il triste primato al mondo per quanto riguarda le esecuzioni capitali. Dei 5.851 passati nel 2007 per le armi o le mani del boia, oltre cinquemila sono cittadini cinesi. Il che la dice, purtroppo, lunga sulla realtà di un regime restio a qualsiasi forma di apertura. La stessa risoluzione Onu dello scorso diciotto dicembre sulla moratoria della pena di morte è stata prima ostacolata e poi disattesa. Qualsiasi critica proveniente dall’estero viene considerata indebita ingerenza e come tale respinta anche quando l’evidenza dei fatti (si pensi ai tragici avvenimenti in Tibet, nel Turkestan orientale o nel Sichuan disastrato dal terremoto e dalla corruzione) è netta, schiacciante.

    Non solo Pechino non vuole ascoltare nessuno ma, anzi, appellandosi al ruolo conferito dalla propria ascesa economica (conseguita nel pieno disprezzo di qualsiasi regola sindacale e ricorrendo vergognosamente allo sfruttamento del lavoro minorile), si dimostra sempre più arrogante, strafottente, esigendo addirittura scuse, come è successo con la Fiat, per pubblicità che risultano poco gradite, come appunto quella affidata dalla casa automobilistica a Richard Gere, noto difensore della causa tibetana. Cosa intenda il regime cinese per dialogo è risaputo: l’accettazione incondizionata dei propri interessi. Basti considerare cosa continua ad opporre alle richieste autonomistiche del Dalai Lama, tenace prosecutore della via gandhiana: sciolga il suo governo in esilio e cancelli dallo statuto del piccolo stato creato in India, a Dharamsala, l’articolo che sancisce l’indipendenza del Tibet, allora, solo allora, si avranno “rapporti proficui”. Questa è la Cina, paese che ha introdotto la pena di morte per la pirateria informatica e si permette impunemente di censurare e oscurare la libera circolazione di notizie (come è successo con i fatti di Piazza Tien An Men e, più recentemente, a Lhasa). Emblematica, in questo senso, la vicenda di Huang Qi, blogger quarantacinquenne, già detenuto dal 2000 al 2005, arrestato per avere espresso critiche sulla gestione del dopo terremoto nel Sichuan e fatto sparire come accadde con Gedhun Choekyi Nyima, riconosciuto dal Dalai Lama come undicesimo Panchen Lama, seconda maggiore carica del buddhismo tibetano, e “per questa grave colpa” dissoltosi misteriosamente, con la sua famiglia, il 17 maggio1995.

    Quando fu rapito dalla polizia cinese aveva appena sei anni. Le autorità cinesi, ingerendosi persino in questioni religiose, lo sostituirono con un altro bambino, Gyaltsen Norbu, figlio, manco a dirlo, di funzionari comunisti. Tutto questo è inaccettabile così come i laogai, i campi di concentramento in cui milioni e milioni di persone, patendo torture e ogni sorta d’umiliazione, sono finite e finiscono anche per avere semplicemente espresso una personale opinione o la propria fede. Accettare equivale ad essere conniventi. Nessuna logica può ammetterlo, neanche una esclusivamente mercantilista. Gli stessi rapporti commerciali dovrebbero, al contrario, costituire una valida occasione per esercitare pressioni in senso umanitario. Occorre, pertanto, ritrovarci in tanti ad Assisi affinché proprio nel giorno di un’ipocrita, spettacolare, messinscena mediatica possa levarsi alta e nitida una parola di verità, di speranza, di nonviolenza.

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    Oscuriamo la cerimonia di apertura


    • da Il Riformista del 31 luglio 2008, pag. 2

    di Mambo

    Mancano pochi giorni alle Olimpiadi di Pechino e tutto quel daffare che c'era stato quando viaggiava per il mondo la fiaccola olimpica sembra spento. Le Olimpiadi sono una straordinaria manifestazione, girano un sacco di soldi, imprese di tutto il mondo investono sul marchio attraverso la tv; la Cina è il più grande mercato per i paesi occidentali, in crisi e no. Tuttavia tutte queste buone ragioni non annullano l'unica buona ragione che c'è. E’ giusto accettare di lavorare, scrivere, correre, saltare in un paese che attacca la libertà di stampa? Molti pensano cinicamente che sono affari dei cinesi. E’ la tesi della libertà-fai-da-te.

    Chi ce l'ha ce l'ha, chi no si arrangi come può. Tuttavia ieri gli organizzatori cinesi dei giochi hanno confermato che sarà censurata Internet. I giornalisti accreditati potranno accedere a Internet al centro stampa di Pechino ma alcuni siti saranno inaccessibili. Sono i siti che parlano del Tibet e quelli dei giornali di Hong Kong e di Taiwan, e censurata anche la Bbc. Non voglio fare il guastafeste, ma siamo ancora in tempo per dire qualcosa. Non propongo di ritirare gli atleti. Poveri ragazzi si sono così ben preparati! Ma non è neppure accettabile, con la sensibilità di oggi, mandare ai giochi atleti, accompagnatori e giornalisti fingendo che nulla lì accada, sequestrati dall'idea concentrazionaria di Pechino. I giornali italiani e le tv potrebbero fare una cosa e proporla agli europei: oscurare la cerimonia di apertura.

 

 
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