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  1. #1
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    Arrow Lilli Gruber, i vescovi e La7

    La polemica/Il direttore Boffo: ha anche sbagliato a lasciare il seggio europeo

    Lilli Gruber, i vescovi e La7
    «Avvenire»: troppo disinvolta


    Lei: macché crumira, non c'era nessuno sciopero



    Lilli Gruber (LaPresse)
    ROMA — Pentiti, Lill
    i. O perlomeno attenta a quel che dici. Glielo chiede l'Avvenire che dopo la prima settimana di «Otto e mezzo» invita la titolata neo-conduttrice a documentarsi prima di parlare, massima offesa (o quasi) per una giornalista.
    «Se la Gruber critica senza leggere» si intitolava ieri la rubrica delle lettere al direttore. Poco misericordiosa reprimenda domenicale di Dino Boffo che in poche righe smonta una delle «divinità del video», come la chiama lui. E forse già rimpiange la conduzione del pio «orco» Giuliano Ferrara. Il peccato commesso dalla «disinvolta » Rossa sarebbe questo: nella puntata dopo la sentenza della Cassazione sul doppio cognome, materno e paterno, la Gruber ha parlato di una certa contrarietà dei vescovi, prendendo spunto da un editoriale del quotidiano Cei a firma di Francesco Riccardi. «Non l'ha proprio letto perché non diceva così», gli rinfaccia Boffo che le concede «un certo appeal».
    E già che c'è rinforza il carico: «Devo mettere nero su bianco qualche considerazione purtroppo sgradevole». Prima le rinfaccia «l'abbandono anzitempo del seggio europeo ("La rappresentanza politica non è un giocattolo")», poi di non aver scioperato per i colleghi licenziati de La7 («Come può una giornalista di fama progressista »?) quindi ritorna sul tema caro. «Non c'è neppure una riga in quel nostro articolo che condanni l'ipotesi che al cognome paterno si aggiunga quello materno. Si contesta solo che ad innovare la legge sia la Cassazione e non il Parlamento ». Conclusione: Lilli, parli senza sapere.
    Ma la Gruber gli rigira le accuse: «Devo dedurne che il direttore Boffo, di cui ho grande stima, non ha visto la trasmissione. Ho correttamente citato due loro editoriali. Contro le sentenze della Cassazione. Che poi Otto e mezzo entri nel merito, è lecito pure senza il permesso di Avvenire».
    Il ritorno dell'ex primo mezzobusto del Tg1 che, per un contratto di 3 anni con La7 si è dimessa dalla Rai e da europarlamentare, è stato «bagnato» da lodi e tante critiche. «Me le aspettavo, sono stupefatta dal tono, alcuni mi hanno bocciata prima che andassi in onda». Una risposta cumulativa: «Non prendo lezioni di giornalismo da chi dimentica una regola base: sentire tutte le parti. Non mi ha cercato nessuno». Qualcuno (non solo Boffo) ha tradotto così il suo percorso: da Lilli la Rossa a Lilli la Crumira. Lei non la fa passare: «Non c'era sciopero, solo un'astensione audio-video, nessun'altra trasmissione è stata sospesa. La seconda puntata poi era preregistrata ». Non si tratta, dice, di disimpegno: «Esprimo solidarietà ai colleghi licenziati in altro modo: questa settimana farò una trasmissione dedicata alla crisi dell'editoria». Sul mandato politico interrotto anzitempo spiega: «Lascio dopo 4 anni e mezzo, la legislatura è ormai finita. Ho fatto ciò che dovevo. Preciso che così perdo i diritti alla pensione».
    Sarà mica che Lilli risulta antipatica?

    «Non so. Ma sono disposta a subire ancora critiche, purché con altri argomenti, per piacere». Sarà che ora come giornaliste vanno le Borromeo e le Granbassi? «Santoro, bravissimo a sceneggiare una lunga diretta, ha una trasmissione complessa, evidentemente ritiene che queste figure femminili siano essenziali». La carabiniera Margherita le piace: «È intelligente. Ma non lavori gratis, si faccia pagare, è giusto così».
    Giovanna Cavalli
    29 settembre 2008


    http://www.corriere.it/spettacoli/08...4f02aabc.shtml

  2. #2
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    W la Lilli che sicuramente sarà meno "devota" di tanti altri conduttori ! l'argomento dell' Avvenire sulla questione del cognome materno è subdolo, è chiaro che intervengono sul "metodo" ritenendo, e spero a ragione, che i giudici saranno meno manovrabili dei politici in merito a questioni che riguardano lo Stato e non la Chiesa, la quale può avere tutte le opinioni che vuole e tenersele !

  3. #3
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    Si, ma in tutto questo non s'è capito ancora cosa ha scritto l'Avvenire sulla sentenza sul cognome materno.

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da mosongo Visualizza Messaggio
    Dino Boffo:
    «l'abbandono anzitempo del seggio europeo ("La rappresentanza politica non è un giocattolo")»....

    Risposta Lilli Gruber:

    Sul mandato politico interrotto anzitempo spiega: «Lascio dopo 4 anni e mezzo, la legislatura è ormai finita. Ho fatto ciò che dovevo.

    Preciso che così perdo i diritti alla pensione»
    .

    ...

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da mosongo Visualizza Messaggio
    Ma la Gruber gli rigira le accuse: «Devo dedurne che il direttore Boffo, di cui ho grande stima, non ha visto la trasmissione. Ho correttamente citato due loro editoriali. Contro le sentenze della Cassazione. Che poi Otto e mezzo entri nel merito, è lecito pure senza il permesso di Avvenire».


    http://www.piuvoce.net/newsite/artic...ano.php?id=546
    Avvenire 24 Settembre 2008
    di Francesco Riccardi
    Cognome figli, la Cassazione surroga
    L`INSOSTENIBILE CREATIVITA`DELLA SOLITA SEZIONE

    Nel nome della madre, questa volta, rischia di commettersi un altro "piccolo delitto" ai danni del diritto e dell`equilibrio dei poteri nel nostro Paese. Un nuovo tentativo di imporre soluzioni legislative attraverso una sentenza "creativa" della Corte di Cassazione, scavalcando di fatto il Parlamento, facendo leva e forzando allo stesso tempo il diritto europeo. Il caso è quello di una coppia che, di : comune accordo, vorrebbe trasmettere ai figli il cognome materno anziché quello paterno, come previsto dalla normativa vigente e com`è da consuetudine " stratificatasi nei secoli. Per due gradi di giudizio si sono visti rifiutare la richiesta. Per il semplice fatto che la legge non lo prevede e - come dovrebbe essere naturale - un giudice non può che applicare le norme esistenti. Ieri invece la prima sezione civile della Cassazione ha emesso un`ordinanza £ nella quale da un lato si valuta che i tempi siano maturi per cambiare la consuetudine italiana e, dall`altro, si cerca di colmare direttamente il vuoto normativo in materia. Come? Chiedendo di trasmettere gli atti al primo presidente della stessa Cassazione, affinchè valuti se rimettere la questione alle sezioni unite. Queste ultime potrebbero, «adottando un`interpretazione della norma di sistema costituzionalmente orientata», "disapplicare" in sostanza la legge per come è oggi e prevedere - almeno in caso di comune accordo tra i genitori - che possa essere trasmesso ai figli legittimi il cognome della madre. Diversamente, sentenzia sempre la prima prima sezione della Corte suprema, «se tale soluzione sia ritenuta esorbitante dai limiti dell`attività interpretativa», andrebbe valutato «se la questione possa essere rimessa nuovamente alla Corte Costituzionale». Ora, che si possano cambiare le norme e le consuetudini sulla trasmissioni del cognome non è certo un tabù. Nella passata legislatura, un disegno di legge era già stato ampiamente discusso in Parlamento e l`iter dell`approvazione è stato interrotto solo dallo scioglimento delle Camere. Nulla impedirebbe ora di riprendere in mano quel testo o altri analoghi disegni di legge già ripresentati. Per discuterli, modificarli ove fosse necessario, e approvare una nuova norma. Legiferando - occorre ricordarlo - come è prerogativa esclusiva del Parlamento democraticamente eletto. Per l`ennesima volta, invece, la stessa sezione che ha emesso la discussa sentenza sul caso di Eluana Englaro prova a forzare, con un`interpretazione creativa dei propri poteri. Si tenta così di imporre un cambiamento della legge sulla base, tra l`altro, di motivazioni che appaiono discutibili sul piano del diritto. Basti dire che la sentenza si basa «sul probabile mutamento delle norme comunitarie», riferito alle previsioni del Trattato di Lisbona ancora non del tutto ratificato. E soprattutto che, appellandosi al principio della non discriminazione per sesso (in questo caso della donna) finisce per intervenire in una materia - il diritto di famiglia - che gli stessi trattati costitutivi dell`Unione europea prevedono essere di esclusiva competenza nazionale. Un evidente cortocircuito. Con il rischio, per il futuro, di vedere stravolgere altri pezzi fondamentali delle regole che presiedono alla nostra vita familiare, sulla base non di un processo di riforma democratica, ma delle sensazioni, dei convincimenti e magari degli umori del presidente di una sezione della Cassazione.


    Citazione Originariamente Scritto da ConteMax Visualizza Messaggio
    Si, ma in tutto questo non s'è capito ancora cosa ha scritto l'Avvenire sulla sentenza sul cognome materno.

  6. #6
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    Ah ecco. Un articolo cervellotico che non tiene conto che lo Stato Italiano è vincolato dalla Costituzione (art. 9 e 10) ad adeguare le proprie leggi alle convenzioni internazionali e alle direttive direttive UE, anche senza la ratifica del Trattato di Lisbona.

    Insomma, all'Avvenire, come al solito, fanno finta di non capire.

    La sentenza: http://www.ilcivilista.giuffre.it/ps...23934_2008.doc

 

 

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