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    alcune riflessioni sul concetto di pericolosità sociale

    di Luigia Padalino

    www.aipsimed.org, 29 settembre 2008

    Ci sono notizie che gridano vendetta. Questa mattina il quotidiano di Milano "Cronaca qui" recava in prima pagina la notizia dell’arresto di un energumeno che per anni aveva torturato e picchiato selvaggiamente la sua compagna. Ci sono alcuni dettagli che mi hanno fatto oltremodo indignare.

    "Il carnefice, in un crescendo di violenza, la picchiava con calci e pugni, la insultava e minacciava, infieriva sul suo viso e nella parte interna della bocca con un paio di forbici." Mi sono detta: con tutte gli arresti e le denunce precedenti, nessuno aveva pensato di fare una perizia psichiatrica a questo individuo? Nessuno aveva pensato di sottoporre questo individuo a un bel trattamento sanitario obbligatorio?

    Dico questo perché a Milano se ne raccontano di belle circa il modo di procedere dei reparti psichiatrici, ma evidentemente i reparti sono troppo impegnati a occuparsi di poveri cristi per accorgersi che in giro ci sono autentiche mine vaganti. E sono gentile, perché li vorrei chiamare con il loro nome: mostri. Secondo voi è una persona normale uno che mette in atto simili violenze? Non è "pericoloso socialmente"?

    Se le commissioni giustizia del nostro beneamato parlamento fossero meno impegnate a elaborare nuovi "lodi" per salvare presidenti e ministri dalle "attenzioni" della giustizia, potrebbero invece seriamente occuparsi di come nel nostro paese venga gestito il problema sicuramente presente della "pericolosità sociale". Una tale sensibilità presupporrebbe però l’esistenza di uno Stato degno di questo nome, uno Stato che non rinchiude per decenni le persone nei manicomi criminali (li voglio proprio chiamare esattamente come si chiamavano fino al 1975), condannandoli al cosiddetto "ergastolo bianco", mentre lascia in libertà recidivi predatori di anime come l’individuo di cui stiamo parlando.

    Uno Stato degno di questo nome rinchiuderebbe per il tempo necessario e curerebbe con decenza persone che sono delle autentiche mine vaganti per le tante creature deboli e indifese che popolano il mondo. E invece sapete chi ci sta, nei manicomi criminali?

    Vittorino Andreoli, illustre psichiatra veronese, nel 2001 aveva condotto una ricerca sui detenuti ricoverati nelle sei strutture italiane : "Anatomia degli ospedali psichiatrici giudiziari italiani". Certo lascia perplessi leggere che: "Vi sono però anche 52 casi, sottolinea la ricerca, circa il 4% dell’intera popolazione, senza una diagnosi possibile. Si tratta in altre parole di casi "dubbi" o che non sono classificabili psichiatricamente".

    In altre parole persone che nulla hanno a che fare con l’ospedale psichiatrico giudiziario e che quindi mai ci sarebbero dovuti entrare. Tutto a spese del contribuente italiano che peraltro se ne è sempre ampiamente fregato della qualità delle cure ammannite in queste strutture. C’è chi le vuole chiudere e forse ha ragione. Ma cosa succederà delle persone veramente pericolose come l’energumeno di cui stiamo parlando? Affidiamoci alla provvidenza perché non incroci mai la nostra strada.

  2. #2
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    Predefinito

    e la galera no?
    inveced i perseguitare berlusconi perseguissero queste belve

 

 

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