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Risultati da 1 a 10 di 10
  1. #1
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    Predefinito Il Congresso USA baluardo di ragionevolezza e Libertà

    30/09/2008 09:10 - Usa: no al piano di salvataggio
    Il Congresso statunitense ha bocciato il piano di salvataggio dell’amministrazione Bush con 228 voti contrari e 205 a favore. Borse americane ovviamente a picco. Per trovare variazioni negative maggiori di quelle registrate ieri, bisogna tornare indietro di almeno vent’anni. A nulla sono servite le esortazioni dello stesso Bush, di Paulson e di Bernanke. Prima della pausa per le elezioni verrà fatto un altro tentativo.
    http://www.borse.it/News.php?IDNews=125244


    Fortunatamente il Congresso non ha approvato la rivisitazione del piano Paulson che nelle trattative congressuali era passato da 3 (tre) pagine a 106 (centosei), con un carosello di provvedimenti assistenziali.

    Già la versione originaria però presentava aspetti oscuri come l'identificazione del prezzo di riacquisto dei titoli spazzatura dagli operatori finanziari in un fumoso "fair market price"


    per approfondire vedi Se fallisce il salvataggio rischia anche l’Europa

  2. #2
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    Come rilevato dal prof. Antonio Martino l'errata filosofia di fondo del provvedimento presentato dall'Amminitrazione Bush al Congresso era nel senso di introdurre anche in america, in via di fatto, il principio che le grandi imprese (nello specifico le grandi istituzioni finanziarie) non debbono mai fallire, nemmeno a fronte di errori macroscopici protratti per anni e anni (quando non di veri e propri abusi).

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Hayekfilos Visualizza Messaggio
    Come rilevato dal prof. Antonio Martino l'errata filosofia di fondo del provvedimento presentato dall'Amminitrazione Bush al Congresso era nel senso di introdurre anche in america, in via di fatto, il principio che le grandi imprese (nello specifico le grandi istituzioni finanziarie) non debbono mai fallire, nemmeno a fronte di errori macroscopici protratti per anni e anni (quando non di veri e propri abusi).

    Sono felicissimo di questa soluzione. I congressisti americani si stanno dimostrando molto migliori di quelli del Bel Paese.
    Comunque Hayekfilos tieniti pronto che tra qualche settimana scoppia dentro Pol un pandemonio e tu ci devi essere

  4. #4
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    Solidarietà al congresso USA.

  5. #5
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    Bush non è mai stato un liberista duro e puro, è Franklin Delano Bush


    • da Il Foglio del 30 settembre 2008, pag. 4

    di Christian Rocca

    Ora tutti scoprono che George W. Bush non è un liberista duro e puro e per commentare il piano di salvataggio pubblico di Wall Street si avventurano in analisi strampalate sul tradimento improvviso della dottrina di mercato e sull’improbabile avvento dei socialismo in America. Esattamente tre anni fa, il 27 settembre 2005, un piccolo quotidiano d’opinione ha pubblicato un non isolato articolo dal titolo "Il socialista Bush" che spiegava come, al contrario di quanto si diceva in giro, Bush non fosse per niente il presidente di destra più di destra del reame né il paladino dello stato minimo, ma al contrario il presidente degli Stati Uniti che negli ultimi quarant’anni ha ampliato più di ogni altro l’intervento statale nell’economia.

    Bush non è mai stato un liberista selvaggio come da caricatura giornalistica europea e, per questo, in patria è da anni criticato con libri, articoli, convegni dei seguaci, ortodossi e no, del pensiero liberista e conservatore. L’unica concessione di Bush, molto rilevante, ai caposaldi della dottrina economica conservatrice è stata il taglio delle tasse, peraltro solo temporaneo e in scadenza nel. 2011. Per il resto è stato molto più liberista di lui il democratico Bill Clinton con il suo slogan, concretizzato in provvedimenti della sua Amministrazione, sulla "fine dell’era del big government" e con l’allentamento delle regole di controllo sulla concessione dei mutui che, nel 1999, ha avviato l’arricchimento e la bolla speculativa sulle abitazioni.

    Bush, al contrario, è stato criticato dai suoi compagni conservatori per aver creato un nuovo Leviatano di destra, per aver ampliato a dismisura il programma federale Medicare (500 miliardi di dollari per le medicine gratuite agli anziani), per aver istituito un nuovo ministero, quello della Sicurezza del territorio nazionale, che era una vecchia idea della sinistra liberal. E per aver moltiplicato il peso di quello dell’Istruzione, che i conservatori avrebbero voluto cancellare. Bush, invece, s’è battuto assieme a Ted Kennedy per il "No child left behind Act", il gigantesco programma di recupero scolastico finanziato da Washington. Di fronte alle critiche degli esponenti repubblicani sul piano di salvataggio di Wall Street, sostenute da un appello di 192 professori di economia, Bush non s’è posto il problema di tradire un principio liberista e, secondo la Abe, al suo staff avrebbe detto: "Non mi interessa che cosa dicono nei campus universitari, mi fido di uno con l’esperienza di Hank Paulson".

    Bush non è il tipico repubblicano nemmeno sulle questioni di politica estera, dove più che altro è un seguace delle dottrine pro democracy, interventiste e idealiste, tradizionalmente care al Partito democratico dai tempi di Woodrow Wilson fino a John Kennedy. Ma restando all’intervento pubblico nell’economia, Bush è il presidente che ha governato con il deficit, detassando e spendendo, spendendo, spendendo.

    Escluse le ingenti spese militari, Bush ha aumentato il bilancio interno del 35 per cento e in 5 anni ha creato un debito pubblico di mille miliardi di dollari, Bush ha mantenuto i finanziamenti all’agricoltura e ha posto tariffe sull’acciaio, ha preparato un mega piano di ricostruzione di New Orleans da 200 miliardi, ha raddoppiato gli aiuti umanitari ai paesi in via di sviluppo e nessuno quanto lui ha investito soldi pubblici per provare a debellare la malaria e l’Aids in Africa.

    Il New York Sun, quotidiano conservatore contrarissimo al piano di salvataggio di Wall Street, in questi anni ha titolato "John Fitzgerald Bush", "Lyndon Baines Bush" e "Franklin Delano Bush", ogni volta che le politiche sociali e di spesa della Casa Bianca hanno ricordato da vicino la Nuova Frontiera di Kennedy, il New Deal di Roosevelt e la Great Society di Johnson. La dottrina di Bush è il "conservatorismo compassionevole", cioè solidale, una filosofia di governo ispirata - come ha scritto Jacob Heilbrunn sul New York Times - alle riflessioni del padre fondatore del neoconservatorismo Irving Kristol, autore tra le altre cose di un libro dal titolo "Due hurrà per il capitalismo".

    Due hurrà, invece dei tradizionali tre. I neoconservatori sono ex democratici cresciuti ammirando il New Deal di Roosevelt. Negli anni Settanta hanno spiegato ai conservatori che avrebbero fatto bene ad abbandonare l’ortodossia antistatalista di Barry Goldwater, perché gli americani si sono abituati a certi servizi forniti dallo stato. Bush ha seguito lo schema, ovvero guidare la spesa pubblica, invece che eliminarla, limitandosi - grazie ai tagli fiscali - a trasferire alcuni servizi a privati e associazioni religiose caritatevoli.

  6. #6
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    Miope come una vecchia dama di carità questo conservatorismo compassionevole e presuntuoso quel tanto da indurlo a non correggere li errori dell'Amministrazione precedente e da abbracciare ancora una volta i falsi dogmi in economia che sono stati confutati da una valanga di dati e di letteratura accademia.

    ma l'Accademia no recita l'infatuato tuttologo talib che ha uno spessore culturale in fatto di economia tale da far sembrare un foglio di carta largo quanto una trave.

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Hayekfilos Visualizza Messaggio
    Miope come una vecchia dama di carità questo conservatorismo compassionevole e presuntuoso quel tanto da indurlo a non correggere li errori dell'Amministrazione precedente e da abbracciare ancora una volta i falsi dogmi in economia che sono stati confutati da una valanga di dati e di letteratura accademia.

    ma l'Accademia no recita l'infatuato tuttologo talib che ha uno spessore culturale in fatto di economia tale da far sembrare un foglio di carta largo quanto una trave.
    Molto interessante... che situazione futura di va prospettando secondo te?

  8. #8
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    Quello sì che è un parlamento Onore alla democrazia americana


    • da Il Riformista del 1 ottobre 2008, pag. 1

    di Andrea Romano

    Visto dall’Italia, c’è qualcosa di vertiginoso nel modo in cui la democrazia americana ha confermato il proprio primato con il voto congressuale di lunedì. Vertiginoso, spericolato, ma comunque irresistibile. Perché anche di fronte all’abisso del «meltdown» finanziario, un’assemblea di rappresentanti democratici ha ritenuto di non dover comprare il pacchetto di emergenza venduto da una leadership priva ormai di carisma e autorevolezza. La stessa leadership presidenziale che ieri è stata costretta da quel voto a chiedere la diretta televisiva, per spiegare alla nazione americana che il pacchetto era indispensabile ma soprattutto per implorare il Congresso a tornare sui propri passi.

    Quella che abbiamo visto in questi due giorni è la differenza che passa tra un parlamento di eletti dal popolo e un parlamento di nominati dai vertici politici. I primi devono andare e tornare nei propri collegi, spiegare ai propri elettori cosa si è fatto e perché, conquistarsi a fatica ogni centimetro di consenso e spenderlo poi con molta attenzione nel gioco politico nazionale. I secondi possono cavarsela contrattando con la segreteria di partito la propria sopravvivenza politica, esibendo dosi ponderate di fedeltà verso l’alto e facendo affidamento sull’impossibilità per gli elettori di scegliere. Il problema della democrazia italiana non è certo nel fantasioso «putinismo berlusconiano», ma nella stanchezza di partiti che non riescono più a trovare un legame di autentica responsabilità con i propri elettori. L indipendenza mostrata lunedì dal Congresso statunitense ci inquieta per le conseguenze che ha provocato sui mercati. Ma allo stesso tempo ci rassicura.

    Il voto del Congresso Usa ci racconta una storia democratica che non finisce di mostrarsi vitale, anche nei passaggi di maggiore pressione e difficoltà. Sarà anche vero che l’avvicinarsi dell’Election Day del 4 novembre avrà spinto molti congressisti a diffidare degli appelli di un presidente ormai devastato, così come avrà pure contato una buona dose di populismo anti-Wall Street. Ma la maggioranza parlamentare che ha rifiutato l’approvazione del pacchetto era ampiamente trasversale, fatta sì di Repubblicani radicali che hanno gridato al bolscevismo di stato ma anche di molti Democratici che non se la sono sentita di vendere ai propri elettori la storia del salvataggio in corner di una finanza irresponsabile.

    Quella variegata maggioranza andrebbe guardata con attenzione. E persino con una punta di invidia. Perché il Congresso ha rivelato un’idea di interesse nazionale più sofisticata di quello che ci suggerirebbero le nostre chiacchiere sul modello americano di bipartisanship. Il consenso tra le parti parlamentari quando serve, ma prima ancora la difesa di quel legame tra eletto ed elettore che rappresenta ancora la vera sostanza della democrazia. Al contrario di Vittorio Zucconi che ieri su Repubblica declinava il suo solito antiamericanismo nel racconto di una «dimostrazione di mediocrità provinciale e di ammutinamento egoistico offerta dalla Camera degli Stati Unti» in quel voto riconosciamo i segni di un autentico primato democratico. E siamo tentati di scommettere che il pacchetto salva-Wall Street alla fine ci sarà, approvato da una maggioranza di parlamentari per niente spaventati dalle proprie azioni ma sicuri a quel punto di poter spiegare con maggiore serenità il senso di quella scelta ai propri elettori.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Burton Morris Visualizza Messaggio
    Molto interessante... che situazione futura di va prospettando secondo te?
    col voto del Senato, è molto probabile che il piano Paulson sarà approvato anche dalla Camera dei Rappresentanti.
    il che è una sciagura. le audizioni presso lo steering committee delle camere USA, ad esempio quella del presidente della FED Bernanke, sembrano dimostrare che i policy maker non hanno le idee chiare su come affrontare questa crisi se non ricomprando a man bassa i titoli non pagati (le promesse non mantenute) utilizzando per questo fine denaro pubblico.
    Questo è estremamente inefficiente perchè contente di mascherare gli errori e magari di compierne altri e nuovi approfittando della situazione. potrebbe insomma innescarsi una reazione tale da far approfondire e perdurare oltre il ragionevole la crisi.

    Intanto l'indice ISM che misura lo stato dell'industria manifattuiriera in america registra il più forte arretramento da ottobre 2001.

    vedi http://macromonitor.net/2008/10/01/s...to-di-rottura/

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Hayekfilos Visualizza Messaggio
    col voto del Senato, è molto probabile che il piano Paulson sarà approvato anche dalla Camera dei Rappresentanti.
    il che è una sciagura. le audizioni presso lo steering committee delle camere USA, ad esempio quella del presidente della FED Bernanke, sembrano dimostrare che i policy maker non hanno le idee chiare su come affrontare questa crisi se non ricomprando a man bassa i titoli non pagati (le promesse non mantenute) utilizzando per questo fine denaro pubblico.
    Questo è estremamente inefficiente perchè contente di mascherare gli errori e magari di compierne altri e nuovi approfittando della situazione. potrebbe insomma innescarsi una reazione tale da far approfondire e perdurare oltre il ragionevole la crisi.

    Intanto l'indice ISM che misura lo stato dell'industria manifattuiriera in america registra il più forte arretramento da ottobre 2001.

    vedi http://macromonitor.net/2008/10/01/s...to-di-rottura/
    Invece, sarebbe meglio far fallire chi deve fallire (con tutte le conseguenze del caso in termini di tutela del risparmio, posti di lavoro, economia) ed investire diversamente questa enorme massa di denaro pubblico.
    Così vi sarebbe anche la moral suasion verso i futuri manager, che invece così penseranno: chissenefrega, anche se rischio come un pazzo, male che mi vada me la caverò con una ricchissima buonuscita.
    Speriamo che non accada qualcosa di simile anche dalle nostre parti, perché temo che Tremonti sarebbe il primo fra gli interventisti, con Berlusconi che ama giocare al "salvatore della patria".

 

 

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