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    Thumbs up 2° GM - Quando gli "eroi" diventano ciò che sono sempre stati...

    ..."I partigiani scappavano dopo aver attaccato"; Spike Lee: per il mio film non chiedo scusa

    TORINO- Nonostante siano passati più di sessant’anni dalla fine della guerra, la Resistenza non conosce pace. Ma se il dibattito su questa controversa pagina di storia ha spesso coinvolto politici, storici e giornalisti del nostro Paese (si pensi al Sangue dei vinti di Giampaolo Pansa, pubblicato solo pochi anni fa, che ha riaperto la disputa con grande successo di vendite), questa volta la polemica arriva dall’America. La pietra dello scandalo si chiama Miracolo a Sant’Anna, il film di Spike Lee (in uscita nelle nostre sale venerdì) che da mesi fa infuriare le associazioni partigiane. Eppure il regista americano non ha alcuna intenzione di chiedere scusa ai partigiani. Sui quali, anzi, nutre opinioni tutt’altro che tenere.

    A suscitare le ire dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è stato l’inserimento nella trama del film di un elemento non riconducibile alla realtà: si tratta del tradimento di un partigiano, che avrebbe rivelato ai nazisti la falsa notizia della presenza di altri membri della Resistenza nel paese toscano di Sant’Anna, causando in tal modo, indirettamente, la strage. «Se questo film crea discussione è solo una buona cosa - sottolinea il cinquantunenne regista nero di Atlanta, ospite al Tg1 -. È vero, ci sono diverse interpretazioni della strage di Stazzema, ma una cosa è certa ed è quella che il film vuole raccontare: il 12 agosto 1944 la 16ma divisione delle SS uccise 560 civili». Dura la reazione di Giovanni Cipollini, vicepresidente della sezione Anpi di Pietrasanta: «Le dichiarazioni del regista ci indignano. Quello che ha detto è un’ulteriore dimostrazione di ciò che sosteniamo da tempo: Lee che ha realizzato un film senza tenere presente la verità storica su ciò che avvenne a Sant’Anna. Avevamo richiesto un confronto con il regista, ma non è stato possibile ottenerlo e questo ci dispiace molto».

    Ma il cineasta afroamericano, che per la sua pellicola si è ispirato all’omonimo libro di James McBride, non torna sui suoi passi: «Sono davvero dispiaciuto di aver offeso i partigiani, ma non ho alcuna intenzione di chiedere scusa a nessuno. Io sono un artista, non posso piacere a tutti. Mi criticano? E allora cosa devo fare, buttarmi giù dall’Empire State Building? Faccio film da 23 anni e di sicuro continuerò a farli anche se a qualcuno non piacciono». Sulla Resistenza Lee sembra avere le idee chiare: «Nemmeno i partigiani, sia italiani che francesi, erano amati da tutti: c’erano anche quelli che dopo aver fatto qualche azione scappavano sulle montagne, lasciando la popolazione civile a subirne le conseguenze. Oggi tutti in Italia si dicono partigiani, ma allora, negli anni Quaranta, non era affatto così. È stato così anche per noi americani di colore per la difesa dei diritti civili». Il regista rifiuta un aperto schieramento a favore della Resistenza: «Rispetto l’opinione dell’Anpi - dice -, ma ci sono molti aspetti in ciò che è successo a Sant’Anna di Stazzema: non ci sono solo buoni o solo cattivi. Anche alcuni soldati americani non erano il bene e perfino qualche nazista non era solo male. Questa complessità caratterizza il film, che vuole rendere tutte le sfaccettature della vicenda».

    Oggi cast e regista saranno a Firenze per presentare in anteprima il film. Si prevede l’intervento delle associazioni partigiane e, con ogni probabilità, nuove polemiche.

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    Miracolo a Sant'Anna Il regista: dopo gli attentati molti combattenti fuggivano lasciando al loro destino i civili; Spike Lee, scontro con i partigiani


    «Antifascisti traditori? Non mi scuso». L'Anpi protesta: volantinaggi contro il film.

    «Menzogne storiche e offesa recata alla Resistenza. Volevamo incontrare l'autore, ma non è stato possibile».

    ROMA — Per i partigiani, non ha fatto la cosa giusta. «Le dichiarazioni di Spike Lee ci indignano, ha fatto un film che non ha presente l'esatta verità di ciò che è avvenuto a Sant'Anna di Stazzema». Il vicepresidente della sezione Anpi di Pietrasanta, Giovanni Cipollini, ha replicato in serata al regista Usa. Lui aveva appena finito di dire che dopo gli attentati i partigiani spesso fuggivano lasciando i civili inermi, soli a vedersela con le rappresaglie dei soldati tedeschi. E poi: «Come regista, non mi scuso con nessuno». Il regista di Fa la cosa giusta avrebbe voluto chiudere così la polemica dei partigiani sul film Miracolo a Sant'Anna, che 01 distribuisce da venerdì in 250 copie.

    Domani all'anteprima del film a Viareggio l'Anpi, l'associazione dei partigiani, farà volantinaggio di protesta «per le menzogne storiche e per l'offesa recata alla Resistenza». Volevano incontrare il regista per un confronto, «ma non è stato possibile». I partigiani l'avevano già accusato di «falso storico», perché si ipotizza che la strage di civili a Stazzema ad opera delle SS sarebbe causata dal tradimento di uno di loro. A dire il vero le stragi nel film sono due e, per motivi diversi, entrambe provocate da partigiani: il traditore impersonato da Sergio Albelli («non ho mai pensato di recitare il cattivo») non avvisa dell'arrivo di una colonna di tedeschi, e l'eroe Pierfrancesco Favino («siamo un paese diviso a metà dai tempi di Dante») non attribuendosi la colpa dell'imboscata provoca la strage in chiesa col principio della decimazione: 10 civili inermi per ogni soldato ucciso.

    «Che il film possa aprire una discussione sul passato dell'Italia — continua il regista — è una cosa positiva, ci sono diverse interpretazioni su ciò che è successo, ma il fatto è che il 12 agosto 1944 la 16ª divisione di SS massacrò 560 civili italiani, uomini e donne, anziani e bambini». James McBride è sceneggiatore e autore dell'omonimo romanzo (edito da Rizzoli): «Chiedo scusa se ho urtato la suscettibilità o la sensibilità dei partigiani. Però è una storia di finzione, romanzata, nata il giorno in cui sono entrato nel villaggio di Sant'Anna di Stazzema. Nessuno parlava più dell'eccidio, c'è voluto un film e un romanzo, che non è un libro di storia. Ho raccontato la guerra attraverso un fatto che mette contro padri e fratelli e distrugge rapporti d'amicizia. Una storia che noi uomini di colore sentiamo ancora più vicino, eravamo parte integrante della guerra e abbiamo il diritto di scriverne. È meglio parlare di queste cose che dell'ultima puntata del Grande fratello. Oggi sono tutti partigiani. Ma all'epoca solo una piccola parte». «I partigiani — continua il regista —, non erano amati da tutti gli italiani, dopo le imboscate fuggivano e si nascondevano sulle montagne lasciando i civili alle reazioni dei tedeschi. Io non ho inventato nulla, fu Kesselring a concepire il principio della decimazione».

    All'inizio una vecchia sequenza con John Wayne, il simbolo della mitologia del soldato bianco, «per marcare una differenza rispetto agli altri film». Altri italiani nel film, Omero Antonutti nella parte di un fascista e Valentina Cervi che fa sua figlia. Spike Lee con la sua rabbia dentro, la sua forza e il suo limite, risponde alle critiche negative ricevute in Usa, soprattutto quella di Variety, all'impressione di un film a tesi di 144 minuti dove i soldati neri sono tutti bravi fratelli «trattati come schiavi da una nazione che non li vuole». «Faccio questo mestiere da 23 anni, sono un artista che si prende i suoi rischi, non è che a ogni recensione negativa mi taglio le vene o mi butto dall'Empire State Building».

    dal sito: www.corriere.it

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    Citazione Originariamente Scritto da Sùrsum corda! Visualizza Messaggio
    [B] Sulla Resistenza Lee sembra avere le idee chiare: «Nemmeno i partigiani, sia italiani che francesi, erano amati da tutti: c’erano anche quelli che dopo aver fatto qualche azione scappavano sulle montagne, lasciando la popolazione civile a subirne le conseguenze. Oggi tutti in Italia si dicono partigiani, ma allora, negli anni Quaranta, non era affatto così. È stato così anche per noi americani di colore per la difesa dei diritti civili».

 

 

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