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abc123
A Mosca la crisi sparisce dai media
di Corrado Poggi
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10 ottobre 2008
MOSCA - Indici in picchiata libera, capitali esteri in fuga e un preoccupante ridimensionamento del prezzo del greggio che rappresenta a tutt'oggi la principale fonte di ricchezza del Paese. La crisi che da mesi flagella i mercati finanziari di tutto il mondo non ha mancato di far arrivare i suoi tentacoli anche nella Federazione Russa che pure per qualche tempo era parsa in grado di proseguire il suo cammino a pieno ritmo di marcia. Anzi, forse per riguadagnare il terreno perso, qui la crisi è esplosa negli ultimi mesi con violenza ancora maggiore, causa anche la breve guerra con la Georgia in agosto. Se a Wall Street il Dow Jones ha perso quasi il 40% dall'inizio dell'anno, a Mosca i due principali indici, l'Rts e il Micex, hanno lasciato sul terreno quasi il 65% dal solo mese di maggio costringendo le autorità a sospendere in continuazione le attività di contrattazione per eccesso di ribasso e inducendo il Cremlino a continui interventi a sostegno delle banche e delle stesse maggiori compagnie nazionali. Eppure, se a Occidente e in Asia gli investitori rimangono incollati ai televisori e ricalcolano freneticamente i loro portafogli azionari per metabolizzare le perdite, in Russia non succede nulla di tutto questo e la ragione è semplice: molti di loro non sanno nulla della crisi in atto, anzi sono convinti che l'economia sia ancora in un momento di grande espansione. Della crisi in atto del resto non c'è praticamente traccia sui tre principali canali a controllo statale, vale a dire Rossia, Channel One e Ntv e a quanto pare non e' una semplice coincidenza di scelte editoriali discutibili.
Secondo il vicedirettore di Ekho Moskvy, Vladimir Varfolomeyev, nelle scorse settimane sono giunte ai media dal Cremlino direttive "informali" ma molto precise su come trattare la materia. I collaboratori del presidente Dmitry Medvedev in particolare avrebbero messo nella lista nera le parole "crisi" e "collasso"- del resto molto adatte al momento – suggerendo di sostituirle con vocaboli meno drammatici come il generico "ribasso". Con ovviamente l'aggiunta di un invito a focalizzarsi sugli aspetti positivi anziché solo su quelli negativi. Lunedì ad esempio, mentre i media mondiali riportavano la notizia dell'ennesimo crollo di Wall Street, i canali statali russi offrivano della crisi un taglio ben diverso mostrando immagini dell'incontro al Cremlino tra lo stesso Medvedev e il miliardario Mikhail Friedman in cui si era discusso delle grandi opportunità di espansione che il meltdown finanziario in atto all'estero offre alle aziende russe. Nessuna menzione invece del crollo della borsa di Mosca e solo brevi cenni nei giorni seguenti sulle sospensioni per eccesso di ribasso e della perdita di centinaia di miliardi di rubli in capitalizzazione di mercato per le public companies del Paese. Secondo la società di ricerche Medialogia, solo emittenti minori come RenTv e Zvezda sono riuscite a trovare spazio nel loro palinsesto per dare notizia dei crolli sulla piazza di Mosca. Il ricorso alle tecniche di controllo dell'informazione nell'Ex Unione Sovietica del resto è storia vecchia. Basti pensare ai giorni che trascorsero nel 1982 prima che venisse data la notiza della morte di Leonid Brezhnev o a quelli che passarono nel semisilenzio nel 2004 in occasione dell'attacco alla scuola elementare di Beslan occupata da terroristi ceceni o all'affondamento del sommergibile Kursk nel 2000. Alla "strategia del silenzio" adottata anche in questo caso dall'apparato informativo non e' sfuggito neppure un big del calibro del ministro delle finanze Alexei Kudrin che si è visto oscurare un intervento pubblico in cui aveva usato toni troppo "franchi" ricordando la celebre parabola dei 7 anni di vacche grasse che sono destinati a essere seguiti da 7 anni di vacche magre.
Trovano invece largo spazio sugli schermi russi le notizie dei disastri finanziari registrati in Europa e negli Stati Uniti e grande risalto è stato dato alle parole del primo ministro Vladimir Putin che ha definito gli americani "irresponsabili" e "incapaci di prendere decisioni appropriate" e a quelle del presidente Medvedev che a Evian, in Francia, ha parlato mercoledi' di situazione frutto dell"egoismo economico di vari Paesi". Ma non sono solo i canali pubblici ad essersi allineati. Un giornalista del gruppo Rbc Information Systems, che controlla un giornale, un'agenzia di stampa e un'emittente tv, ha confidato al Moscow Times che a metà settembre i vertici aziendali hanno invitato le redazioni a non utilizzare analisi che potrebbero impattare negativamente i mercati. "Ci hanno detto che questo non è un gioco – ha spiegato – perché le sorti dell'azienda e i nostri stipendi dipendono dall'avere un mercato in buona salute".
Non sorprendono dunque in quest'ottica i risultati di un'indagine pubblicata pochi giorni fa dalla Public Opinion Foundation, una società di ricerche con buoni agganci nel governo. Secondo il 57% degli interpellati la situazione dell'economia è soddisfacente, in rialzo dal 53% di luglio. Secondo il 20% degli intervistati inoltre la crisi del credito negli Stati Uniti puo' essere un vantaggio per la Russia perché le dà la possibilità di "svilupparsi indipendentemente" e in generale perché "quando le cose vanno male agli americani è meglio per i russi". Insomma se negli Usa c'è tempesta, in Russia grazie a Dio splende ancora il sole.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...lesView=Libero