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  1. #1
    anarchico
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    Post Corriere della Sera: «Noi cristiani dimentichiamo che la sofferenza ha un senso»

    http://www.corriere.it/Primo_Piano/C.../cilicio.shtml

    «Noi cristiani dimentichiamo che la sofferenza ha un senso»
    I cattolici e il «ritorno» del cilicio
    Il poeta Rondoni: «La società ne impone di peggiori». Socci: «Gesto d'amore». Messori:«E le diete? E la chirurgia estetica?»

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    MILANO — «Davvero non capisco. Oggi c'è una sacralità addirittura feticistica per la libertà totale e di chiunque, perché mai chi è esterno all'ascetica cristiana dovrebbe occuparsene o indignarsi? Per dire, ma se io stanotte mi flagellassi a lei importerebbe qualcosa?». Vittorio Messori tira un sospiro vagamente ironico, «eh sì, vivremmo tutti meglio se ciascuno si facesse i cilici suoi». E invece no, troppo facile. La povera senatrice e numeraria dell'Opus Dei Paola Binetti cade nel trappolone, ammette in tv di non ignorare l'uso del cilicio, tenta di darne un senso («ci costringe a riflettere sulla fatica del vivere, è il sacrificio della mamma che si sveglia di notte perché il bimbo piange»), serve un assist a porta vuota a Franco Grillini («ma certo, il sadomasochismo è un modo di godimento, ha tutto il
    Nella fotografia un cilicio
    Nella fotografia un cilicio
    diritto di farlo!») e lo strumento ne esce come protagonista assoluto, ammantato d'un fascino gotico tipo garrota o vergine di ferro e in più garantito dal successo planetario del Codice da Vinci. Tutti pensano al «monaco» Silas dell'Opus Dei, tutto assassinii e penitenze, e pazienza se nell'Opera i monaci manco esistono. A quelli dell'Opus è toccato ripeterlo per l'ennesima volta, «il cilicio è nominato nella Bibbia, non è una nostra invenzione, san Josemaría ne sconsigliava l'uso alla maggior parte dei fedeli...». Anche le accuse di «imporlo» per due ore al giorno sono storia vecchia, smentita, rilanciata eccetera. Resta il fatto che a quanto pare circoli ancora l'evoluzione di quel panno ruvido intessuto (nella regione della Cilicia, appunto) di peli di capra: lo indossavano i soldati romani e si dice che i primi anacoreti cristiani, come penitenza, usassero portarlo sulla pelle nuda. Poi sono arrivate le versioni in metallo, i ganci.
    E non è che facesse furore tra pazzi fanatici e ignoranti: lo usavano Dottori della Chiesa come la mistica trecentesca Santa Caterina da Siena, un genio dell'umanesimo come Tommaso Moro, in tempi più recenti pure il coltissimo Paolo VI. E allora? Messori, lo scrittore cattolico più letto al mondo, autore di best-seller planetari sia con Wojtyla sia con Ratzinger, confessa: «Io sono un pigro, doppiamente scomunicato dal politicamente corretto perché fumatore e leggermente obeso, e le poche volte che m'è capitato di vedere una palestra ho provato una sensazione di raccapriccio, il fitness!, mi parevano strumenti di tortura... Non solo sudavano ma manifestamente soffrivano. E i cicloturisti? E quelli che fanno roccia? E le diete? E la chirurgia estetica?». Insomma, «il mondo è pieno di gente che, grazie a Dio, sceglie liberamente il suo tipo di sofferenza, solo che questa è elogiata ed elegante. Immagino che almeno il cilicio sia più economico che rifarsi il naso».
    Sì, ma che senso ha? «Il senso è comprensibile solo in una prospettiva di fede. Non mi accodo alle crociate dei cattolici su matrimonio o eutanasia perché finisce sempre che facciamo la parte dei rompiscatole, dall'esterno sembrano aberranti». Il cilicio riguarda l'ascesi, «cioè la salita spirituale, l'invito a partecipare in qualche modo alla Passione di Cristo» e del resto «la Chiesa invita all'equilibrio, nelle penitenze, il limite è non danneggiare mai la propria salute». Senza contare che il penitente «non danneggia nessuno. Io non ho mai chiesto a nessuno se lo portava perché tanto non me l'avrebbe detto. Come dice Gesù: fai penitenza nel chiuso della tua stanza. Li lascino in pace...». Non è l'unico a pensarla così. «Piuttosto è strano che i cristiani non lo pratichino più, o che si faccia così poco il digiuno», osserva Antonio Socci. Altro che scandali: «È come dicevano Del Noce e Don Giussani: la cultura contemporanea è sleale verso il cristianesimo perché se ne costruisce una caricatura e fa i conti con essa. A Medjugorje e Fatima la Madonna ha chiesto rosario, digiuno e penitenza. E qui non c'è ricerca del dolore: se tuo figlio o un amico avesse bisogno, non andresti a donare il sangue? Non ti alzeresti nel cuore della notte? Ogni sacrificio è sempre un gesto d'amore anche se al di fuori può apparire folle, la follia di un Dio che per salvarci si è fatto flagellare, sputare e crocifiggere anziché usare il potere».

    Del resto, fa notare il poeta Davide Rondoni, «il sacrifico crea sempre scandalo, anche quello di Padre Kolbe o di Salvo D'Acquisto, se non si capisce di fronte a che cosa e per che cosa è fatto. In un'epoca nella quale Dio è ritenuto assente è ovvio che sia difficile capire. A me il cilicio fa l'effetto di qualcosa da trattare con grande rispetto, sono scelte personali non banali. Sono molto più preoccupato dei tanti cilici obbligatori che ci vengono fatti indossare, mente e corpo, dalla società in cui viviamo: almeno la pratica ascetica può piacere a Dio, questi al massimo possono essere graditi al capufficio». Don Gianni Baget Bozzo è lapidario: «Cristo ha salvato il mondo non con le parole, ma con il suo sangue». Però non crede sia ancora diffuso, «accadeva un tempo, ma il mondo post- cristiano, e anche un po' noi credenti, ha dimenticato che la sofferenza ha un senso: il male non è il male, il male è il dolore fisico». Eppure Luigi Amicone, direttore di Tempi, un dubbio lo ha: «Personalmente sono intemperante e non autoflagellante. Non mi sono avvicinato al cristianesimo pensando al sacrificio. Forse il cilicio appartiene a un'epoca perfetta come il Medioevo, a quell'equilibrio tra uomo, mondo e Dio cui non mancava alcuna sfumatura, neanche il mistero, la grande mistica... Nella nostra età imperfetta tocca a tutti noi, poveri cristi, risalire la china: il cilicio lo abbiamo già, è la nostra vita quotidiana».
    Gian Guido Vecchi
    08 marzo 2007


  2. #2
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    interessante notare come tutte le persone citate/intervistate pencolino tutti da una parte.
    messori, socci, rondoni, baget bozzo, amicone.

    ovvio che dicano tutti le stesse cose.

    cmq la sofferenza non ha un senso in sè.
    DIO permette all'uomo di DARE senso alle sofferenze.

    la differenza è tutta qui.

    e oltretutto le sofferenze non vanno MAI cercate.
    chi si infligge (sì, infligge) sofferenze, senza motivo non esegue atti di devozione, ma ricade in una concezione magico-pagana, per cui il corpo deve essere mortificato/modificato per arrivare all'illuminazione.

    tra il cilicio e i ganci della Danza del Sole in "un uomo chiamato cavallo" che differenza c'è?
    nessuna.

  3. #3
    Ut unum sint!
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    un pò di penitenza a bottero la consiglierei. Digiuno e preghiera nel prossimo avvento ed un bel cilicio... che non provochi la svolta?
    UT UNUM SINT!

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Alex Bottero Visualizza Messaggio
    interessante notare come tutte le persone citate/intervistate pencolino tutti da una parte.
    messori, socci, rondoni, baget bozzo, amicone.

    ovvio che dicano tutti le stesse cose.

    cmq la sofferenza non ha un senso in sè.
    DIO permette all'uomo di DARE senso alle sofferenze.

    la differenza è tutta qui.

    e oltretutto le sofferenze non vanno MAI cercate.
    chi si infligge (sì, infligge) sofferenze, senza motivo non esegue atti di devozione, ma ricade in una concezione magico-pagana, per cui il corpo deve essere mortificato/modificato per arrivare all'illuminazione.

    tra il cilicio e i ganci della Danza del Sole in "un uomo chiamato cavallo" che differenza c'è?
    nessuna.
    Il "senza motivo" è una tua considerazione personale che - in maniera subdola e inelegante - appioppi agli altri.

    Niente da fare, la tua tesi risulta sbagliata anche con questo fare.

    E' spiegato bene: il cilicio (come peraltro gli altri strumenti di mortificazione) è un mezzo di ascesi, non un fine. Un mezzo che aiuta nella preghiera per gli altri, e un mezzo per avvicinarsi alla sofferenza di Cristo sulla Santa Croce.

    D'altronde passa per buono chi si spacca in palestra per ore (molto ma molto più duro del cicilio), mentre viene offeso chi lo fa per pregare.

    Mi fa piacere che il sig.Bottero consideri Santa Caterina, San Thomas More, Paolo VI dei pagani, simili agli adoratori del dio sole............

    Un pò patetico, non credi?

  5. #5
    Ut unum sint!
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    cmq un pò di mortificazione corporale e della sua importanza me ne hanno parlato prima al catechismo quando ero bambino, poi al CLU ed infine anche negli incontri dell'Opus Dei. E non vi scandalizzate, perfino alla FUCI dove mi si imponevano (da parte dell'assistente e non con la forza ma come consiglio) interi giorni di digiuno e le "notti di nicodemo", cioè veglie di preghiera in cappella universitaria che duramano fino all'alba.
    Che abbiano tutti torto...
    UT UNUM SINT!

  6. #6
    Ut unum sint!
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    Citazione Originariamente Scritto da Merello Visualizza Messaggio

    Mi fa piacere che il sig.Bottero consideri Santa Caterina, San Thomas More, Paolo VI dei pagani, simili agli adoratori del dio sole............
    Gli altri si... saranno retrogradi figli del tempo ma il Grande Paolo VI no, questo poi no... stai demolendo un mito
    UT UNUM SINT!

  7. #7
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    Mi fa piacere che il sig.Bottero consideri Santa Caterina, San Thomas More, Paolo VI dei pagani, simili agli adoratori del dio sole............

    Un pò patetico, non credi?
    no. non è patetico.
    solo l'ammettere che ANCHE nel cattolicesimo resistono residui pagani, che GUARDA CASO, si fondono con una concezione del corpo come "gabbia dello spirito".

    ripeto, che differenza c'è tra il cilicio e pratiche di mortificazione corporali in uso tra gli sciamani o tra gli indiani delle pianure americane?

    nessuna.

    in entrambi i casi si usa lo strumento "sofferenza", per entrare in comunione con il religioso.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Merello Visualizza Messaggio
    E' spiegato bene: il cilicio (come peraltro gli altri strumenti di mortificazione) è un mezzo di ascesi, non un fine. Un mezzo che aiuta nella preghiera per gli altri, e un mezzo per avvicinarsi alla sofferenza di Cristo sulla Santa Croce.

    D'altronde passa per buono chi si spacca in palestra per ore (molto ma molto più duro del cicilio), mentre viene offeso chi lo fa per pregare.

    Magari a praticare la boxe, ossia a spaccare la faccia agli altri e farsi spaccare la propria. Fino a restare suonati.
    Per il benessere spirituale, invece, e per la vita eterna no.
    Quello non va bene.
    E' proprio vero : nel mondo, ma non del mondo !

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da catholikos Visualizza Messaggio
    cmq un pò di mortificazione corporale e della sua importanza me ne hanno parlato prima al catechismo quando ero bambino, poi al CLU ed infine anche negli incontri dell'Opus Dei. E non vi scandalizzate, perfino alla FUCI dove mi si imponevano (da parte dell'assistente e non con la forza ma come consiglio) interi giorni di digiuno e le "notti di nicodemo", cioè veglie di preghiera in cappella universitaria che duramano fino all'alba.
    Che abbiano tutti torto...
    Sì, tutti adoratori del dio sole. Come Santa Caterina...

  10. #10
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    Che abbiano tutti torto...
    probabile.

    se queste cose vengono proposte come "mortificazione" la cosa è sicura.

 

 
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