di Ornella Sangiovanni
Osservatorio Iraq, 13 ottobre 2008
Tante grazie, e arrivederci: di voi non abbiamo più bisogno. Non potrebbe essere più chiaro l’invito a fare i bagagli rivolto dal premier iracheno Nuri al Maliki ai soldati britannici che ancora si trovano nel sud dell’Iraq – o meglio, rinchiusi in una base nei pressi dell’aeroporto internazionale di Bassora.
In una
intervista pubblicata oggi dal
Times, il capo del governo di Baghdad non lascia spazio a equivoci.
"Li ringraziamo per il ruolo che hanno avuto, ma penso che non sia necessario che restino per mantenere la sicurezza e il controllo”, ha detto Maliki al quotidiano britannico. “Potrebbe esserci bisogno della loro esperienza nell’addestramento e per alcuni problemi tecnologici, ma come forza di combattimento, non penso che sia necessaria”.
Il perché è presto detto, e il premier iracheno non ha peli sulla lingua a riguardo. I soldati di sua Maestà sono stati del tutto inutili per proteggere gli abitanti di Bassora dalle bande criminali e dalle milizie che infestavano la città, terrorizzando i cittadini.
"Si sono sottratti allo scontro, il che ha dato alle bande e alle milizie l’opportunità di controllare la città", dice Maliki al
Times. "La situazione si era deteriorata a tal punto che giovani corrotti giravano armati di spade, tagliando la gola a donne e bambini”.
Il riferimento è al ritiro delle forze britanniche dal Basra Palace, l’ultima base che avevano a Bassora città,
avvenuto ai primi di settembre 2007 – ritiro che, dice il premier iracheno, è stato “molto prematuro”, perché "in quel momento Bassora non era sotto il controllo del governo locale, ma nelle mani delle bande e delle milizie".
E’ stato il governo di Baghdad, sottolinea Maliki, a dover poi intervenire per riportare la situazione sotto controllo, inviando in città migliaia di uomini – la cosiddetta operazione “Carica dei cavalieri”,
iniziata a fine marzo.
Non è l’unica critica che il premier iracheno rivolge al governo di Londra.
Alle autorità irachene non sono andati giù gli
accordi, più o meno sottobanco, che gli inglesi hanno fatto con l’Esercito del Mahdi, la milizia fedele a Muqtada al Sadr, per potersi prima ritirare senza incidenti nella base presso l’aeroporto di Bassora, e poi perché cessassero gli attacchi – pressoché quotidiani – a suon di missili contro la stessa base.
“Naturalmente, non eravamo a nostro agio, e abbiamo comunicato il nostro disagio, considerando la mossa come l’inizio di un disastro", dice Maliki al quotidiano britannico, sottolineando che il suo governo non fu consultato. “Se ci avessero detto che volevano farlo, ci saremmo consultati con loro, e avremmo escogitato la migliore decisione possibile. Ma il problema si è verificato quando hanno agito da soli".
Ora, comunque, arriva il benservito. Arrivederci, e buon viaggio: l’invito perché i circa 4.000 soldati britannici rimasti ancora nel sud dell’Iraq prendano la strada di casa non potrebbe essere più chiaro.
Anche se questo, sottolinea il premier iracheno, non significa affatto che l’aiuto delle “forze della coalizione” non sia stato importante.
Solo che adesso è tempo di “voltare pagina”. E di pensare agli affari.
L’Iraq, dice Maliki, “è aperto alle compagnie britanniche e all’amicizia britannica, per gli scambi economici e una cooperazione positiva nel campo della scienza e dell’istruzione”.
A Londra, è noto da tempo, sono assolutamente d’accordo.
L’articolo del Times
La trascrizione integrale dell’intervista di Maliki al Times (11 ottobre 2008)