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Discussione: Sulla legge 133

  1. #1
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    Predefinito Sulla legge 133

    è una mail che mi ha girato un'amico, non che la condivida, ma giusto per avere un quadro completo della legge per capirne pregi e difetti:


    Viste le proteste dilaganti di questi ultimi giorni e il clima di allarmismo e di concreta preoccupazione che aleggia tra gli studenti universitari, vorrei soffermarmi su alcuni punti della legge 133 oggetto di dibattito. Punto primo : Il fantomatico taglio di 456 milioni di euro dal FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) è in realtà sensibilmente inferiore, perchè si tratta infatti di 63.5 milioni di euro che sono giustificabili con l'adozione del blocco del turn over, secondo il quale ogni cinque dipendenti dell'università che vanno in pensione, ne sarà assunto uno. Dato che nel nostro paese ci sono 75 atenei, secondo una rapido calcolo , ciascuno di essi subirà un taglio di circa 847.000 euro ( 63.500.000E / 75 atenei ). A Pisa sono previsti 300 pensionamenti che, in virtù del turn over, porteranno a 60 assunzioni ( ogni 5 pensionamenti ci sarà un'assunzione ), con una differenza di 240 dipendenti in meno. Calcolando, in media per ciascun lavoratore, uno stipendio di circa 2000E, ogni anno l'università risparmierebbe 5.760.000 euro. Se da questa cifra vengono detratti gli 847.000 euro di tagli, all'ateneo toscano resterebbero comunque circa 4.900.000 euro da destinare al recupero dei debiti, ad offrire maggiori e migliori servizi agli studenti e ai dipendenti... Punto secondo : Il blocco del turn over è stato pensato per arginare quella politica di assunzione selvaggia che ha costi esorbitanti per il cittadino e che ha caratterizzato tutta la pubblica amministrazione, comprese l'Università, negli ultimi anni. La legge prevede che quando cinque dipendenti dell'ateneo ANDRANNO IN PENSIONE ( e non saranno quindi nè licenziati, nè allontanati con la forza dall'università, nè destinati allo svolgimento di altre mansioni ), ne venga assunto uno, in modo da poter contenere i costi di mantenimento dell'apparato universitario. E ciò significa razionalizzazione, perchè in un ufficio dove bastano due segretarie, non ha molto senso averne quattro ; e se all'ingresso di una facoltà c'è una stanza che può a malapena ospitare un custode, perchè averne due o tre ? In questo avvicendamento, i servizi essenziali rimarranno garantiti e nessun insegnamento verrà soppresso, nè alcun ufficio sarà chiuso. Quindi la nostra cultura non è in svendita, nè in pericolo, nè all'asta. Punto terzo : Per ciò che attiene le Fondazioni, ai sensi della legge 133 i Senati Accademici avranno LA FACOLTA' e non l'obbligo di deliberare la trasformazione dell'Università in Fondazione. Pertanto, nessuno desidera tramutare improvvisamente le nostre università in centri dati in mano a privati che speculeranno sulle nostre giovani menti e possenti braccia, oberandoci di rette altissime che in pochi potranno permettersi. No! Nessuno intende vendere l'università, ma lasciare LIBERA SCELTA ad ogni senato accademico di optare per la soluzione migliore. Infatti, se in una zona ci sono dei privati che intendono contribuire alla trasformazione dell'università in fondazione, e i componenti dell'organo centrale di ateneo, considerano conveniente l'offerta ( per gli studenti che magari potranno godere di servizi migliori, per l'università che conoscerà un notevole sostegno economico, per le strutture che verranno ampliate offrendo nuovi posti di lavoro ... ), possono, a MAGGIORANZA ASSOLUTA deliberare per il passaggio dell'università in fondazione. In quest'ultima ipotesi, gli Atenei potranno usufruire dei finanziamenti privati ed avere la garanzia di costruire un concreto ponte nel mercato del lavoro che spesso, cari colleghi studenti, ci vediamo negato perchè, una volta conquistato l'agognato pezzo di carta siamo costretti a fare la fila tra un ufficio e l'altro in cerca di un impiego. Senza che l'università ci abbia fornito alcun contatto . Grazie per l'attenzione e per aver letto motivazioni che si discostano da quelle che probabilmente avrete ascoltato negli ultimi giorni. A voi la valutazione del tutto, libera, incondizionata, ragionata con la vostra fresca e lucida mente. E, vi chiedo cortesemente, di fare circolare questa e-mail, in modo che ' il dibattito ' sia aperto su più 'fronti'.

  2. #2
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    Il fatto è che il blocco del turn over è fatto per fare cassa, non per razionalizzare.

    Quanto alle Università-Fondazione io sono favorevolissimo.

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Manfr Visualizza Messaggio
    Il fatto è che il blocco del turn over è fatto per fare cassa, non per razionalizzare.

    Quanto alle Università-Fondazione io sono favorevolissimo.
    sicuro riguardo al secondo punto? ho paura che nascerà l'università di serie A, quella dei ricchi che potranno permettersi di pagare più e che avrà i finanziamenti statali, mentre quelle pubbliche potranno pure chiudere.

  4. #4
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    obiettivamente riconosco la presunta utilità delle università-fondazioni, ma constato dei limiti sociali ed economici che rendono questo progetto non idoneo in Italia, principalmente negli atenei meridionali.

    l'università riceve finanziamenti da una serie di industrie, generi di imprese che investono sulle attività delle facoltà, caratterizzandone la direzione, le modalità di scelta dell'utenza, l'offerta formativa in modo da indirizzare il capitale umano - sul quale si è investito - secondo le esigenze delle imprese creditrici (pensiamo alle case farmaceutiche, alle aziende informatiche ecc).

    analizziamo alcuni punti:
    molto probabilmente gli iscritti ricevono una preparazione più affine alle scelte del mercato del lavoro nei settori interessati dalle facoltà rispetto al piano formativo offerto dallo Stato.
    questo perchè le imprese - secondo scelte di mercato e secondo le proprie esigenze - formano il futuro personale in base alle attività professionali richieste.
    la riforma degli ordinamenti avviene in modo immediato e parallelamente alla richieste di mercato rispetto a quanto possa fare lo Stato.
    ci potrebbero essere pure agevolazioni in merito all'inserimento lavorativo dei laureati.
    inoltre il sistema-università verrebbe a costare decisamente meno allo Stato.

    tuttavia bisogna fare delle precisazioni non di poco conto.
    l'interesse privato potrebbe privare le università di fondi finalizzati normalmente a sostenere i redditi inferiori nelle spese universitarie, nelle borse di studio, negli alloggi, nel servizio mensa e navetta, nei mezzi pubblici...
    una grande utenza richiederebbe enormi investimenti nella didattica (strutture, docenti, tecnici, impiegati, materiale informatico, laboratori, biblioteche) e nei servizi essenziali offerti, per cui presumibilmente i costi d'accesso ai corsi diverrebbero eccessivamente elevati per una famiglia media, tra l'altro non avendo diverse garanzie offerte dalle università statali a sostegno degli studenti meno agiati.
    da questa prospettiva, viene meno il diritto allo studio soprattutto in una tappa dell'educazione e della formazione ormai essenziale nella società di oggi.

    in secondo luogo si instaurerebbe il monopolio formativo-occupazionale delle grandi multinazionali o in genere di quelle imprese che dispongano di ampi investimenti da destinare alle fondazioni.
    si creerebbe inoltre disparità nella capacità di occupare personale laureato da parte di diverse imprese in base al capitale disponibile.

    in sintesi avremmo università migliori perchè maggiormente finanziate e destinate ad una precisa classe di redditi, mentre di contro università meno finanziate, quindi che offrono un piano di studi limitato e a questo punto accessibile dai redditi inferiori.

    paradossalmente verrebbe meno anche il valore della laurea - da università ad università - per quanto riguarda le possibilità d'accesso al mondo del lavoro.

    le università meglio finanziate e meglio collocate offrirebbero ai propri laureati possibilità di gran lunga superiori al collega connazionale che ha studiato in zone diverse, seppur seguendo analoghi corsi.

    questo è il caso riguardante le università del Mezzogiorno.

    il Meridione ha scarsità di imprese che possano investire sulla formazione e sulla qualità delle facoltà universitarie.
    di conseguenza c'è poco interesse a mantenere in vita atenei dove per la vastità strutturale e per i costi sorretti finora dallo Stato, ci sarebbero difficoltà di finanziamento dalle imprese locali, qualora piccole e qualora fossero presenti sul territorio.

    la soluzione a questo punto sarebbe chiudere parte delle strutture interessate dal problema oppure accorpare diverse sedi sotto la medesima amministrazione, seppur con difficoltà di collegamenti che spesso persistono al Sud.

    in ogni caso, l'offerta formativa degli studenti di queste università-fondazioni sarebbe qualitativamente e strutturalmente inferiore nella didattica (dunque nella qualifica risultante) e nei servizi relativi, inoltre non offrirebbe le medesime possibilità di inserimento nel mondo del lavoro che forniscono le imprese creditrici ubicate su un territorio sviluppato e industrializzato.

 

 

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