Roma. La “mentalità della tata” che ha contagiato l’Amministrazione Bush di fronte alla crisi economica farebbe inorridire Barry Goldwater, l’appassionato senatore dell’Arizona che perse le elezioni presidenziali nel 1964 contro Lyndon Johnson.
Suo figlio, Barry jr, dice al Foglio che lui era convinto che “il genio del sistema americano avrebbe concesso ai cittadini la massima libertà di realizzarsi”. Sogno americano, unito a imprenditorialismo e individualismo, con lo stato rigorosamente fuori dall’economia.

In “Pure Goldwater”, Barry jr e l’ex consigliere di Nixon, John W. Dean, ricostruiscono il conservatorismo dell’ex senatore scomparso nel 1998, basandosi sui suoi scritti mai pubblicati.
La destra americana è a caccia di voti e anima, non necessariamente in quest’ordine, visto
che, secondo un sondaggio
Pew Survey,
soltanto un terzo
degli americani oggi
si definisce “conservatore”.
C’è nostalgia per
gli eroi del passato, da
Ronald Reagan a William
F. Buckley allo stesso
Goldwater, autore de “La
coscienza di un conservatore”.
“Mio padre voleva meno governo,
meno tasse e una difesa forte come miglior
offesa – spiega Barry jr – Per questo avrebbe
da ridire su alcune scelte di politica
estera del presidente Bush. Ma soprattutto
sarebbe deluso dal fatto che Bush abbia
permesso al budget federale di esplodere.
E ovviamente sarebbe furioso per il piano
di bailout da 700 miliardi di dollari”.
Goldwater jr, che nello scorso gennaio decise
di far campagna in New Hampshire per
il libertario Ron Paul, è categoricamente
contrario all’intervento pubblico: “I cicli finanziari
– dice – creano prosperità e recessione
se si permette loro di funzionare naturalmente.
Ma se il governo s’intromette, si
generano problemi assolutamente inutili.
Non siamo una nazione socialista, dobbiamo
mettere fine alla ‘mentalità della tata’”.
Quando nel 1986 Goldwater lasciò il seggio
di senatore dell’Arizona, a prendere il
suo posto fu John McCain, l’attuale candidato
del Gop alla Casa Bianca, il maverik impulsivo
che non convince del tutto neppure
i suoi. “All’inizio mio padre sosteneva John
perché era molto amico del padre, l’ammiraglio
McCain, ma poi cominciò a disapprovarlo
perché sfruttava la sua reputazione
nel proprio interesse, e non per lo stato o
per i conservatori. Sentiva che era venuto in
Arizona con la calcolata ambizione di candidarsi
al Congresso”. Se c’è qualche perplessità
su McCain, per la sua vice proveniente
dall’Alaska sarebbe amore a prima
vista. “Sarah Palin lo incanterebbe per la
sua capacità di comunicare e il suo spirito
pionieristico. Non è qualificata? Essere qualificati
non è un requisito fondamentale per
essere vicepresidenti o presidenti. Se questo
fosse lo standard, metà del Congresso
non starebbe a Washington”. Eppure su certi
temi, anche Palin è molto diversa da
Goldwater, il quale pensava che lo stato non
dovesse intromettersi neppure nella vita
privata degli americani, in questioni come
l’aborto o i diritti degli omosessuali. Diceva
con un intraducibile gioco di parole (“straight”
vuol dire dritto e anche eterosessuale):
“Per combattere e morire per il proprio paese
non è necessario essere ‘straight’, è sufficiente
saper sparare ‘straight’”.

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