Prodi a braccetto con Ahmadinejad antisemita. Incredibile.
Sconcertante mancanza di reazione di Romano Prodi, in visita a Teheran, a fronte ad un Mohammed Ahamadinejad e un ayatollah Khamenei che in sua presenza hanno ribadito –solo ammantando le frasi di prudenza lessicale- la volontà di eliminare Israele (e di contrastare il legittimo governo di Baghdad). L’ex premier martedì scorso ha infatti partecipato a Teheran –assieme a Kofi Annan e altri leader occidentali- a un incontro “interreligioso” organizzato dall’ex presidente Mohammed Khatami. Gli ospiti sono stati ricevuti prima dal presidente della repubblica, Ahamadinejad e in seguito dal Rahabar, l’ayatollah Khamenei che hanno pronunciato frasi inequivocabili, quanto intollerabili, anche se con linguaggio volutamente diplomatico, contro Israele. Ma Prodi ha fatto finta di non sentire, non ha reagito e non le ha minimamente contestate, consolidando così una sua posizione di dissociazione a mala pena dissimulata dalla “linea delle fermezza” sia dell’Ue che dell’Onu e una sua personale insensibilità al tema della difesa intransigente di Israele dalle esplicite minacce di distruzione più volte pronunciate dai due leader fondamentalisti. Ahmadinejad, dopo avere accusato la politica Usa in Medio Oriente , è stato esplicito circa Israele: “Il regime sionista commette da 60 anni crimini contro i palestinesi, e questo problema non potrà essere risolto fino a quando le terre palestinesi saranno sotto occupazione e vi saranno cinque milioni di profughi”. Ma Prodi sa benissimo che quando Ahamadinejad denuncia le “terre palestinesi sotto occupazione” intende tutto il territorio di Israele -non solo la Cisgiordania- e che quindi queste parole altro non sono che la reiterazione dell’auspicio della “scomparsa di Israele dalla faccia della terra”, ma non ha ritenuto di dovere ribattere. Silenzio totale di Prodi anche di fronte a un ayatollah Khamenei che –sempre con linguaggio volutamente contorto, ma chiarissimo- ha sostenuto che Israele è retaggio del colonialismo europeo, che è simile alla Germania nazista e infine che contro il suo governo (e anche contro il governo iracheno, sostenuto dall’Italia), l’unica risposta è il Jihad: “All’origine delle tensioni attuali vi sono le passate politiche coloniali dell'Occidente. Oggi ci sono governi che vogliono saccheggiare i diritti delle nazioni e avere il dominio nel mondo, come quelli del passato. Contro coloro che opprimono i popoli della Palestina e dell’Iraq l’unica azione efficace è la lotta contro la tirannia”. Prodi, si badi bene, non è un privato cittadino, ma un ex premier e oggi è incaricato dall’Onu della presidenza della commissione per il peacekeeping in Africa e con questi gravissimi silenzi, va ben oltre la reiterazione di una posizione di “apertura” al regime di Teheran. Il fatto ben più grave, è che con questo suo atteggiamento, Prodi continua a offrire ai leader iraniani più oltranzisti, l’immagine di una Italia divisa in due, rafforzando le critiche negli ultimi mesi da loro rivolte al governo Berlusconi, “colpevole” di avere chiuso la fase di condiscendenza dimostrata dal governo dell’Unione. Dopo aver un incontro discusso con Ahmadinejad durante la sessione Onu del 2007, infatti, Prodi, assieme a Massimo D’Alema, ha continuato a sviluppare una diplomazia parallela a quella dell’Onu e della Ue, in più incontri col responsabile iraniano della sicurezza Alì Larinjani, tanto che il 21 gennaio avrebbe dovuto ricevere a palazzo Chigi il primo consigliere di Ahmadinejad, Hashemi Samareh, incontro saltato a causa della caduta del suo esecutivo. La natura opaca ed addirittura equivoca di queste relazioni italo-iraniane emerse subito dopo, quando gli interlocutori di Prodi e D’Alema iniziarono a criticare duramente “la svolta” dell’Italia nei confronti di Teheran, determinata dal governo Berlusconi. Il 26 maggio il portavoce del ministero degli Esteri, Ali Hosseini dichiarò: “Alcuni Paesi europei mostrano reazioni negative e illogiche. Ci aspettiamo reazioni logiche dai Paesi europei, e specialmente da Paesi amici come l’Italia”. Due mesi dopo, il 14 luglio 2008, lo stesso interlocutore diretto di Prodi e D’Alema, Alì Larijani, diventato speaker del Parlamento iraniano, il Majlis, ha poi direttamente attaccato “alcune prese di posizione del nuovo governo italiano sulle questioni mediorientali”, riferendosi chiaramente alle dichiarazioni di Franco Frattini che, nel corso di un viaggio in Israele, aveva abbracciato la linea della fermezza verso l’Iran e le sue ambizioni nucleari.
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