Resoconto della conferenza stampa di Radicali Italiani di fronte alla sede dell'ENI: "A 8 anni dall'assassinio del giornalista Antonio Russo. L'Italia non anteponga gli interessi economici al rispetto della democrazia"
Roma, 16 ottobre 2008
Questa mattina, nell'anniversario della morte di Antonio Russo, il giornalista di Radio Radicale deceduto otto anni fa in circostanze misteriose nella città georgiana di Tiblisi, dove si trovava per documentare la guerra in Cecenia, i radicali hanno tenuto una conferenza stampa sotto il palazzo dell'ENI per richiamare i dirigenti dell'Ente Nazionale Idrocarburi – e dunque il governo italiano, azionista di maggioranza – a non subordinare il rispetto della democrazia e dei diritti umani in Russia agli interessi economici e agli accordi commerciali che vengono periodicamente sottoscritti tra Roma e Mosca.
Durante la conferenza stampa è stato distribuito un dossier curato da RadioRadicale.it, intitolato “La preoccupante situazione di dipendenza energetica dell'Italia dal regime di Putin e le pericolose connessioni tra Eni e Gazprom”, scaricabile da questa pagina.
Ricordando Antonio Russo, Bruno Mellano, presidente di Radicali Italiani, ha sottolineato come ormai le democrazie occidentali siano pericolosamente legate al potente impero energetico russo e come ormai ai ripetuti casi di violazione dei diritti umani – in particolare contro giornalisti, come Antonio Russo e Anna Politkovsakya – queste rispondano solo con silenzio e titubanza. Mellano ha poi citato e commentato un passo del discorso dell'ad di Eni, Paolo Scaroni: « “La Russia fornisce il 100% del gas alla Finlandia, alla Slovacchia, all'Estonia, alla Bulgaria, all'Ungheria, alla Lettonia e alla Romania; l'80% all'Austria, alla Repubblica Ceca, alla Polonia e alla Grecia; il 40% alla Germania; il 30% all'Italia e alla Francia: in questo quadro è evidente che l'Unione Europa e ciascuno degli stati membri hanno un interesse primordiale a mantenere rapporti eccellenti col fornitore Russia”: non è più Stato, non è più organismo internazionale, è il fornitore Russia...».
Interevenendo durante la conferenza, il senatore Marco Perduca, ha spiegato come l'uccisione di Antonio Russo sia in parte collegata alla richiesta di espulsione dall’Onu, avanzata dalla Russia proprio durante la permanenza del giornalista in Cecenia, nei confronti del Partito radicale transnazionale, reo di aver concesso diritto di tribuna alla Commissione diritti umani delle Nazioni Unite a rappresentanti del popolo ceceno, definiti “terroristi” da Mosca. Il comitato dell’Onu chiamato a decidere sulla richiesta russa, nella sorpresa generale, bocciò per la prima volta dalla sua esistenza una raccomandazione presentata da uno dei membri permanenti delle Nazioni Unite , nonché membro del consiglio di sicurezza (23 voti contro la proposta russa, 20 a favore e 9 astenuti). «Antonio Russo – ha detto Perduca – stava lavorando a un dossier che è scomparso riguardante la guerra in Cecenia e la violazione del diritto internazionale, in particolare relativamente all'utilizzo di armi non convenzionali da parte dell'esercito russo. Antonio stava tentando di fare arrivare all'Aja il dossier che aveva preparato. Un giornalista così non è esclusivamente un giornalista: nessuno al mondo come Russo è spiccato per interesse, per intensità di collegamenti e per dovizia in Kosovo e Cecenia. Era un giornalista libero e non poteva che lavorare per Radio Radicale, ma era anche un militante che voleva porre la questione delle norme di diritto internazionale e del rispetto dei diritti umani al centro della sua iniziativa».
Ricordando Antonio Russo, il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin ha affermato: «Antonio non era un giornalista imprudente. Era un giornalista coraggioso, ma non era una persona imprudente. Tant'è vero che aveva seguito per Radio Radicale una serie di questioni assai più pericolose della sua ultimo reportage dalla Georgia». Secondo Bordin l'ultimo lavoro giornalstico di Antonio Russo non erea sicuramente il più pericoloso al quale si fosse dedicato e proprio questo particolare, insieme al fatto che «in quei mesi i radicali erano sottoposti a grandi pressioni da parte di Cina e Russia rispetto alla loro presenza come organizzazione non governativa all'ONU», costituirebbe «una chiave di lettura dell'omicidio» del giornalista: «Il corpo di Antonio Russo venne trovato su una strada di comunicazione tra Tiblisi e un checkpoint, in una delle ultime enclave russe in Georgia. I passaggi su quella strada non potevano avvenire senza avere un controllo da parte dei soldati russi che presidiavano quella via di accesso alla capitale georgiana. Le indagini portano ad escludere incidenti o tentativi di rapine, poiché le ferite non sono ferite: si trattò di una compressione della cassa toracica, fino a far implodere gli organi interni, una tecnica militare sperimentata con successo dalle forze di repressione sovietiche e poi mutuata dalle varie polizie del regime russo successivo alla caduta del muiro di berliono. Una sorta di firma, se uno ci mette il checkpoint e le condizioni del corpo. Io ho sempre letto questi due segnali come tali, con una sorta anche di valore intimidatorio».
Bordin ha poi proseguito affrontando il rapporto tra l'Eni e il governo russo e quello tra i radicali e l'Eni: «Quando si parla dell'Eni, anche se non c'è più Enrico Mattei si parla di una azienda che in realtà fa politica estera. I radicali e l'Eni – ha continuato – hanno sempre avuto un rapporto complesso, di denuncia di quella politica estera e dei suoi rischi; ma è anche vero che numerosi radicali hanno avuto rapporti con l'Eni (Gianfranco Spadaccia è stato caporedattore dell'Agenzia Italia, Marco Pannella e Franco Roccella furono giornalista de il Giorno e anche Ernesto Rossi, nella sua polemica con Don Sturzo difendeva l'Eni, mentre l'esponente democristiano difendeva le richieste di esclusiva delle compagnie petrolifere americane). Proprio i radicali sono forse più in diritto di altri a chiedere chiarezza e attenzione non solo riguardo ai gasdotti e agli oleodotti, ma anche ai diritti. Questo credo che potrebbe rientrare perfino in una sorta di filosofia aziendale e potrebbe essere un motivo serio per poter continuare una battaglia politica che vede l'affermazione dei diritti in Russia come in Cecenia come in tante altre parti del mondo».
Silvia Aversa, rappresentante dell'associazione AnnaViva, ha legato gli omicidi di Antonio Russo e Anna Politkovsakya: «Chi li ha uccisi e perchè? Non ci sono ancora risposte a queste domande. Proprio ieri è iniziato il processo-farsa per l'omicidio della Politkovsakya che vede alla sbarra tre ceceni, due fratelli Makmudov e Dzrabil Kashikurbanov. Nessun movente né mandante perché secondo il procuratore generale Cajka il mandante è all'estero alludendo chiaramente a Berezovsky nemico numero uno di Putin. Sempre ieri abbiamo appreso che Karina Moskalenko, l'avvocato che difended la famiglia della Politkovsakya ha raccontato alla Radio Echo Moskvy di essere stata avvelenata: qualcuno avrebbe messo nella sua auto una sostanza molto simile al mercurio. Aleggia l'ombra dei servizi segreti e ancora una volta serpeggia la volontà di dover oscurare la verità ad ogni costo: se qualcuno pensava che la Russia di Medvedev era cambiata si sbagliava. Se per Anna un processo-farsa di farà, per Antonio non ci sarà nemmeno quello. Sulla sua morte non è stata fatta chiarezza, anche se la matrice russa è emersa chiaramente da alcuni fatti».
Secondo Nodar Gabashvili, ex viceministro degli esteri della Repubblica di Georgia, la Russia ha oggi « la possibilità di destabilizzare le democrazie occidentali, come faceva ai tempi della Guerra Fredda. Ma dal punto di vista dell'economia e da quello militare e finanziario, l'occidente può ancora costruire dei rapporti con la russia basati non sul modello della dipendenza, ma sul modello di rapporti proficui per ambedue le parti. Perchè l'occidente ha bisogno delle risorse della Russia, ma quest'ultima ha bisogno delle tecnologie e degli investimenti occidentali. C'è ancora tempo per non cadere in questa trappola del gass e del petrolio russo»
Michele De Lucia, tesoriere di Radicali Italiani è infine intervenuto sottolineando come i rapporti tra l'attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la Russia: « Berlusconi conduce una realpolitik tutta sua e con criteri tutti suoi, da sovrano militare: questa è la sua misura di libereale da operetta. Berlusconi non ha niente di liberale, così come non ha niente di anticomunista: quest'immagine che ha cercato di costruirsi è un trucco. Il Berlusconi che non dice nulla di Antonio Russo, il Berlusconi che non ne chiede conto in alcun modo e in alcuna sede all'amico Putin, è lo stesso Berlusconi che – è questa è un'altra verità che non deve essere conosciuta – è sbarcato addirittura negli anni Ottanta in Unione Sovietica, non in Russia, ha preso in quegli anni i soldi dell'Urss con i contratti stipulati con Publitalia, era la stessa Unione Sovietica nella quale poi negli anni immediatamente successivi Putin è diventato capo del Kgb, in questo contesto è chiaro che l'illiberale Silvio Berlusconi non possa chiedere conto della sorte di Antonio Russo a quelli che a tutti gli effetti possimao considerare dei suoi sodali e colleghi di affari».