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  1. #1
    Hic Sunt Leones
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    Predefinito Venezuela: Chavez verso l'epurazione dei comunisti

    Chavez Clashes with Communist Party of Venezuela over Candidacies
    October 13th 2008, by James Suggett - Venezuelanalysis.com
    http://www.venezuelanalysis.com/news/3871



    Mérida, October 13, 2008 (venezuelanalysis.com)-- Venezuelan President Hugo Chávez threatened to "sweep off the map" the Venezuelan Communist Party (PCV) and fellow leftist party Patria Para Todos (PPT), both of which have launched alternative candidacies to those of Chávez's United Socialist Party of Venezuela (PSUV) in the upcoming November 23rd regional and local elections. PCV and PPT leaders responded that it is their commitment to the revolution which compels them to remain independent.

    "We must throw out the traitors, the deserters, those who were not at the height of commitment to the people," said Chávez during a PSUV rally in the state of Trujillo. "They are moved by personal interests, and they are playing into the division of the popular forces that support the revolutionary process, so I call them disloyal and counter-revolutionary."

    Chávez repeated his previous challenge to the PCV and PPT party leadership to see if they are viable without his support. "We are going to sweep them off the map... they are going to disappear! I will take care of that, be sure of it," said the president.

    PPT leader Andrea Tavares responded, "We are a revolutionary organization, not because someone puts a label on our foreheads, but because we demonstrate it with deeds."

    The national coordinator of the PPT, José Albornoz, demanded that Chávez be more careful and respectful, and told the press Monday, "Our struggle is to construct a better country... our plan is to help consolidate the revolution, that is why our behavior is revolutionary."

    Albornoz also assured that the PPT would not renege on its candidate decisions and said Chávez's remarks reminded him of "old sociological and political readings where Stalin was mentioned."

    Oscar Figuera, a national coordinator of the PCV, said his party is running alternative candidates "out of commitment to the revolution."

    "No self-valuing revolution can be anti-communist," said Figuera in an interview with alternative media Sunday. "Pertinence to the PSUV should not determine pertinence to the revolution."

    When President Chávez called on the political parties that support him to unite into one party in 2007, 95% of PCV members voted to remain independent, according to PCV leader Oscar Figuera.

    Following the PSUV's internal party elections last June, the PCV decided to support PSUV candidates in 16 of Venezuela's 23 states, but it launched independent candidacies in the other 6 states.

    "We have just completed 77 years struggling for socialism in Venezuela," Figuera said, emphasizing that those who seek to sabotage the revolution are not the communists.

    The PCV leader criticized the PSUV because "there was not a qualitative evaluation" of PSUV membership, so anybody, including the boss of a factory and the workers, could register. In contrast, "the Communist Party has a classist profile, with a clearly defined ideology," said Figuera.

    Figuera said his party "shares the anti-imperialist character" of the PSUV, "but that is not sufficient for us."

    Chávez however, called this "the classic behavior of the old partisanship. "They simply do not recognize leadership, and that is the heart of the question. They have their own plan," he said.

    Figuera said he understands the president's critique in the context of a heated "electoral dispute," but speculated, "It must hurt his conscience to say such things." Figuera reiterated that Chávez will not be able to destroy the PCV, just as the dictatorships and two-party rule of the century prior to Chávez could not destroy the party.

    Both the PCV and PPT remain in the coalition of pro-Chávez parties called the Patriotic Alliance. PSUV officials promised to re-examine the alliance with the PPT and PCV at this week's coalition meeting. The PSUV already broke its alliance with the party Gente Emergente for supporting an opposing candidate for governor of Barinas state.

  2. #2
    Hic Sunt Leones
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    Per farvi capire, nel caso non lo sapeste: il partito governativo di Chavez, il PSUV, è una realtà molto giovane.
    Nella sua recente evoluzione, è nato come una sorta di "Listone", e solo negli ultimi anni ha iniziato a strutturarsi e a darsi una forma organizzativa stabile.
    Fatto sta che nelle suddette liste erano confluiti candidati di altre realtà politiche a sostegno del progetto Chavista, di una vasta gamma, da nazional-populisti fino ad arrivare ai Comunisti Venezuelani, che nei confronti di Chavez hanno sempre fatto buon viso a cattivo gioco, cercando di sostenerlo per salire sul carro del vincitore, pur non essendo in verità mai stati veramente entusiasti di Chavez, considerato "poco marxista" (e hanno ragione, perchè lui marxista non lo è proprio, nè lo è mai stato).

    Beh, pare che in vista del voto locale di novembre, i rapporti siano ulteriormente scaduti, e a Chavez pare che dei veterocompagni non gliene importi alla fine tanto....

  3. #3
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    Ma vieniiii!!!!

  4. #4
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    Il socialismo bolivarano non è filocomunista. Cmq non mi pare che Chavez si sia mai dichiarato marxista. Ne avevamo discusso già in un'altro topic dei rapporti tra chavismo e comunismo. Voglio vedere la reazione dei rifognaroli...

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Vis et Honor Visualizza Messaggio
    Il socialismo bolivarano non è filocomunista. Cmq non mi pare che Chavez si sia mai dichiarato marxista. Ne avevamo discusso già in un'altro topic dei rapporti tra chavismo e comunismo. Voglio vedere la reazione dei rifognaroli...
    i rifognaroli sono troppo ottusi per capire ..certe cose..
    lasciamoli estinguersi in tranquillità.

  6. #6
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    Ditela tutta la storia, Chavez epura i comunisti perchè hanno criticato i numerosi fallimenti in materia economica del chavismo, almeno così ho letto, che ormai si basa solamente sulla demagogia terzomondista e antiamericana del signor Chavez.

  7. #7
    Hic Sunt Leones
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    Citazione Originariamente Scritto da Iafet Visualizza Messaggio
    Ditela tutta la storia, Chavez epura i comunisti perchè hanno criticato i numerosi fallimenti in materia economica del chavismo, almeno così ho letto, che ormai si basa solamente sulla demagogia terzomondista e antiamericana del signor Chavez.
    Secondo me te in realtà sei un compagno camuffato e ti rode il fatto che vi è caduto un altro idolo

    Anche perchè i "numerosi fallimenti in materia economica del chavismo" esistono solo nella tua testa.
    E con questa ti saluto, Karl

  8. #8
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    Qua l'unico compagno mi sa che sei tu.
    provo a riportare quello che ho letto comunque.

  9. #9
    Hic Sunt Leones
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    Citazione Originariamente Scritto da Iafet Visualizza Messaggio
    Qua l'unico compagno mi sa che sei tu.
    provo a riportare quello che ho letto comunque.


    Ma ora che Paradisi in terra vi rimangono?
    L'Isola dei Famosi con Vladimir Luxuria??

  10. #10
    Reazionario Eurocentrico
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    Critica alla nuova politica economica di Chavez

    [ Ancora oggi non è affatto chiaro se l'espressione Socialismo del XXI secolo - usata per designare le esperienze di alcuni governi progressisti dell'America Latina - vada intesa come positiva affermazione di contenuti etici e teorici che contraddistinguono l'originalità di questi processi politici, o se non si tratti, in definitiva, di un mero espediente verbale per sostenere che il Socialismo del XXI secolo è una cosa diversa da quello del XX secolo, e schermarlo dunque dalle critiche abbattutesi su questo, in particolare nell'ultimo scorcio del secolo passato.
    Il fatto è che le enormi conquiste realizzate da questi governi non presentano alcun tratto caratteristico che le collochi al di fuori dalla tradizione della socialdemocrazia europea nel suo periodo migliore. Non è un accostamento pensato per svilirle. Al contrario, l'ostilità promossa verso questi governi da settori "progressisti" europei - politici e mediatici - è semmai un chiaro sintomo del carattere regressivo e reazionario di quest'ultimi, incapaci ormai persino di attestarsi alla difesa di semplici ridotti socialdemocratici.
    La questione non è puramente nominalistica, né si vogliono fare rilievi di tipo "geometrico" definendo quanto a sinistra dovrebbe puntare la barra delle politiche di questi governi perché si possa parlare realmente e fondatamente di socialismo. La questione è di sostanza, e riguarda i dubbi sulla consapevolezza che gli artefici di queste politiche hanno del livello di contraddizioni che schiude oggi un orientamento sia pure solo audacemente socialdemoratico, sia a livello interno che a livello internazionale. E la capacità politica di questi governi di navigare in queste acque perigliose mantenendo comunque il senso della propria direzione. Non vi è più un ciclo espansivo dell'economia mondiale, come quello alla fine della seconda guerra mondiale, che definì il contesto socioeconomico in cui si colloca storicamente l'esperienza della socialdemocrazia europea. Nè i paesi latinoamericani occupano le posizioni egemoni che avevano i paesi dell'Europa occidentale (dopo gli USA) a partire dagli anni della ricostruzione. Ecco perché mantenere la bussola sul catechismo socialdemocratico può essere esiziale.
    Osserviamo quanto accade nella "vetrina" del Socialismo del XXI secolo, il VeneZuela. I dati macroeconomici rivelano che i nodi stanno arrivando al pettine: dopo anni di crescita economica al 9% quest'anno ci si assesterà al 5%, con tendenza al ribasso; l'inflazione, la più alta dell'America Latina, che nel 2007 era al 22,5%, quest'anno è già al 31%, benché manchino i mesi di maggiore incidenza, e le voci per gli alimenti del paniere sono attorno al 40%; il clima di recessione e il diradarsi dei venti di guerra in Iran hanno comportato una contrazione sostenuta del prezzo del greggio, il polmone finanziario della Rivoluzione Bolivariana. Una situazione nient'affatto incoraggiante in vista delle elezioni del 23 novembre per le comunali e i governatorati.
    In questo quadro, la ricerca di un'alleanza tra il governo e la borghesia imprenditoriale nel nome di vecchie politiche sviluppiste per aggirare la crisi, appare incompatibile con le prospettive socialiste declamate dai vertici dello stato, anche se si volesse dimenticare che questa borghesia imprenditoriale è la stessa del golpe e della serrata petrolifera del 2002-2003, attestata su una posizione di boicottaggio e irriducibile ostilità contro Chavez. Si pensi alla dilatazione del debito estero, giunto ai suoi massimi storici, dovuto all'espansione delle importazioni proprio mentre si compie ogni sforzo per industrializzare il Venezuela e affrancarlo dalla dipendenza estera. Il fatto è che le stesse politiche sociali del governo incidono sulla struttura dei costi di produzione, rendendo più conveniente importare da paesi che non hanno alcuna velleità socialista che non produrre in casa. E' lo stesso avanzato contesto politico-sociale del paese ad agire da forte remora per investimenti privati di natura produttiva; e di fatto, in un contesto di enormi investimenti da parte del settore pubblico, l'investimento privato è stato negli anni del tutto trascurabile. Gli alti tassi di interesse (32% sulle carte di credito) e l'elevato ammontare delle commissioni bancarie determinano poi una situazione in cui i profitti bancari equivalgono o superano in un anno il totale del capitale, rendendo l'investimento mobiliare estremamente profittevole, e scoraggiando qualunque velleità della borghesia imprenditoriale di superare la sua tradizionale posizione rentier.
    L'articolo che segue, e che traduco dallo spagnolo, attraverso una critica serrata ai nuovi orientamenti del governo bolivariano in politica economica, contribuisce a chiarire che il concetto di socialismo non può riassumersi in un semplice ventaglio di politiche redistributive, ma deve riguardare l'assetto strutturale dell'economia nazionale stessa -- Gianluca Bifolchi ]
    Critica alla nuova politica economica di Chavez

    L'alleanza strategica con il padronato o la costruzione del socialismo come processo lento e graduale

    Manuel Sutherland, CEPRID
    Parte I
    Lo scorso 11 giugno il presidente Chavez ha annunciato una serie di misure che ha chiamato "il rilancio produttivo", nelle quali si constata un significativo cambio di rotta verso il socialismo bolivariano che ispira il presidente, e che si configura in una certa forma spontanea di "inventare facendo", partendo da premesse astratte di uguaglianza, solidarietà e cooperazione con chiare tinte cristiane.
    Quelli come noi che sono lieti di appoggiare i principali successi e le lotte rivoluzionarie di questo processo bolivariano di liberazione nazionale, e che hano ricevuto aiuto dal governo bolivariano nel lavoro di sviluppo del socialismo scientifico, vedono con profonda preoccupazione l'intenzione dei fattori meno progressisti dell'alta dirigenza di soffocare nell'istituzionalità capitalista le critiche più fondate, i sentimenti e le lotte rivoluzionarie della classe lavoratrice e del popolo oppresso.
    Nel contesto di questo peculiare transito al socialimo bolivariano (che si vorrebbe presentare come fatto senza precedenti nella storia) Chavez ha proposto una stretta alleanza strategica con la borghesia "nazionale" per costruire insieme il nostro modello socialista. Occorre rivedere brevemente le misure e commentare le caratterstiche fondamentali dei "compagni" imprenditori creoli.
    Direzione capolinea all'annuncio delle misure per stimolare la nostra borghesia a collaborare per far transitare la nazione al socialismo
    Dopo la prima dolorosa sconfitta elettorale del chavismo il 2 dicembre 2007, la destra del chavismo e la destra tradizionale hanno inaugurato una feroce crociata contro qualunque emanazione socialista. Questi settori attribuirono la colpa della osconfitta a: la bassissima coscienza di classe degli operai e del popolo in generale (nonostante che il popolo abbia salvato varie volte il processo bolivariano dall'abisso, mentre la burocrazia correva a nascondersi), l'accidia del popolo che preferì andarsene in spiaggia, piuttosto che alle urne, o la principale scusa della borghesia rossa: "il popolo venezuelano è troppo imbecille per il socialismo, non ci sono condizioni di alcun tipo, dobbiamo sviluppare le forze produttive assieme ai settori della nostra borghesia per un transito lento al socialismo".
    Ciò che risalta da questi pretesti è l'aggressione ad un popolo che fino a poco fa la stessa burocrazia non si stancava di adulare per la sua infinita saggezza, e per la possibilità di fare a meno di teorie eurocentriche, come il comunismo, che potevano irretirlo in intricati labirinti filosofici; tuttavia la teoria che più si è fatta strada è che il popolo disse NO al socialismo, che è necessario rallentare il processo e andare all'unità con tutto il Venezuela "patriottico" (con l'esclusione dei settari di sinistra che vogliono il socialismo subito), stabilendo un'alleanza strategica con i settori che sabotarono il referendum provocando scarsità di alimenti, accaparrando e usando tecniche di pressione economica per fare spazio alle proprie politiche di destra, perché le prossime elezioni per la nomina dei nuovi sindaci e governatori del 23 novembre non fallisca miseramente.
    Problemi di attualità che la virata in politica economica pretende di affrontare
    La compagna Rosa Lubemburg nel suo saggio "Cos'è l'economia" spiega come gli economisti borghesi (o i burocrati che usano i loro stessi strumenti di analisi) non hanno idea del significato della parola economia: "la maggioranza dei professori di economia hanno un'idea assai nebulosa del contenuto reale della propria erudizione". In effetti, il più basso tasso di crescita (4,8 punti) negli ultimi diciannove trimestri, con l'incremento delle importazioni, la diminuzione di produzione in molte voci, e l'inflazione che a giugno aveva già raggiunto il 12,5%, incorporando persino un rincaro del 47% - proiettato su base annua - nel prezzo degli alimenti, hanno generato nell'ambiente una percezione di crisi, nonostante che il prezzo del petrolio sia attorno ai 100 dollari al barile. L'inflazione, con la continua erosione del potere d'acquisto (assai meno forte di 10 anni fa) inizia ad aprire brecce nella popolarità del processo bolivariano.
    Ed ecco che economisti borghesi e borghesia bolivariana si mostrano assolutamente incapaci di comprendere quanto accade, come diceva Rosa: "Nessuno vuole la crisi; tuttavia questa arriva. L'uomo la crea con le proprie mani, sebbene non la desideri per nulla al mondo... è un fatto della vita economica che nessuno dei suoi protagonisti riesce a spiegare". Pretendono di analizzare l'economia nazionale assorbita nel contesto mondiale, essendo essi vecchi difensori della globalizzazione e della suprema interdipendenza. Allo stesso modo tornano alle ricette fallite che di tanto in tanto sperimentano i governi borghesi nello sforzo di trovare un palliativo alle crisi cicliche del capitale.
    Appunti sul contesto mondiale, crisi negli USA e scarsità di alimenti
    Dopo una complessa infiltrazione del PCUS e un lavoro di progressiva distruzione a lungo termine, la sconfitta dei regimi in transizione al socialismo dell'URSS e dell'Europa dell'Est videro la vittoria schiacciante della destra mondiale più rigida. Dopo l'amarezza per la fine del sogno di emancipazione e il ritorno alla barbarie capitalista, i grandi ideologi della borghesi cominciarono a parlare dei "dividendi della pace" che l'addio alla guerra fredda avrebbe portato con sé, oltre all'avvento delle aperture commerciali e dei nuovi mercati che si sarebbero schiusi al commercio "aperto" e generatore di progresso.
    L'arrivo delle teorie neoliberiste (le più aggressive contro la classe lavoratrice) riuscirono gradualmente a smantellare i diritti dei lavoratori e le libertà, e a ridurre drasticamente i salari, facendo dell'impostazione neoliberista una delle politiche di maggior successo nella storia nella loro missione di rispristinare il margine di profitto, e realizzare processi di concentrazione e centralizzazione del capitale in forma estesa. Una medaglia d'oro olimpica per la borghesia nel successo conseguito a promuovere i propri interessi di classe.
    Ma questo paradiso comincerebbe a declinare, la voracità con cui i capitali hanno espropriato milioni di persone si convertirebbe in una serie di scioperi generali, rivolte e insurrezioni che si combinerebbero con l'acutizzarsi della crisi che il capitale attualmente dimostra, e che ben descrive Alan Woods dicendo: "la senilità e la pestilenza che caratterizza il capitale e l'enorme instabilità finanziaria, economica, sociale e politica è incontestabile". Anche Alan dice che in un paese di apparente "stabilità" come la Danimarca o il Costa Rica, vi sono state marce immense, anche di 200.000 persone, contro la distruzione della protezione legale del lavoro.
    La crisi alimentare, da intendersi come vertiginoso aumento del prezzo degli alimenti (negli ultimi mesi il prezzo internazionale del riso è salito del 147%) e la loro scarsità, è una dimostrazione eloquente dello spirito speculativo del capitale e della sua incapacità a soddisfare le necessità di una popolazione che lavorà di più e in peggiori condizioni, che ricordano sempre più le officine del XIX secolo, dove lo sfruttamento aveva fattezze selvagge (officine del sudore, lavoro infantile, etc.). Il problema è che la crisi alimentare è analizzata con lente borghese, e le sue soluzioni non permettono di capire che c'è un'immensa capacità di produrre molto più di quello che si consuma, che ci sono milioni di ettari di terra accaparrati, che le grandi multinazionali degli alimenti sottoproducono per mantenere i prezzi alti, che i mercati finanziari hanno stabilito la speculazione sugli alimenti con contratti future di alimenti che vendono e rivendono mille volte, e che l'unica soluzione della crisi è la distruzione del sistema che la porta in sé: il capitalismo.
    Le scuse per la NEP creola
    Se non si sa il perché, non si sa il come e ancor più non si sa il "Che fare?", come in quel famoso libro di Lenin del 1902. Dall'analisi della crisi internazionale, mescolata alle difficoltà interne dovute agli sforzi per una trasformazione sociale profonda mentre le strutture economiche sono in mano a una classe nemica di ogni trasformazione che porti al miglioramento delle condizioni della classe operaia, si presenta la situazione per cui il governo, vedendo diminuire la sua portentosa popolarità, decide di seguire la via di politiche economiche di centrosinistra, sviluppiste, e consentanee alle tesi del tedesco L. Brentano, seguace del socialismo di stato nel quale si propone di realizzare l'uguaglianza sociale per mezzo di riforme del capitalismo. Il brentanovismo è il padre d Heinz Dieterich e di tutti i suoi discepoli.
    Coloro che giustificano qualunque misura di taglio socialdemocratico con una vuota fraseologia di sinistra cercano di rievocare la NEP sovietica del 1921. La NEP rappresentò un insieme di misure che i bolscevichi si videro costretti a realizzare dopo le dure misure del comunismo di guerra applicate tra il 1918 e il 1921, e il drammatico calo della produzione nel 1920, che raggiunse appena la sedicesima parte dei livelli del 1916. Secondo Ted Grant, la NEP: "permise ai contadini di disporre liberamente delle proprie eccedenze, favorì gli elementi agrari più ricchi, e permise la compravendita e la certa accumulazione di capitale. Si restaurò il mercato per ravvivare un certo commercio privato e promuovere la produzione". La NEP fu una misura estrema dovuta all'arretratezza della Russia, la cruenta guerra civile, l'invasione di più di 14 paesi imperialisti, e la necessità, come disse Lenin, di "avere respiro per continuare con l'ampliamento della sfera socialista nell'economia".
    E' il momento di una nuova NEP? E' necessario concedere più aperture e vantaggi al capitale per portare a fondo lo sfruttamento della classe lavoratrice? NO. Non c'è affatto una situazione che richieda una NEP, né che ispiri un'alleanza con i nemici della classe operaia (18 trimestri consecutivi di crescita della produzione lo affermano). Di fatto contraddicendo l'opinione di quanti credono che la NEP fu eterna (o idiozie del tipo: se Lenin fosse stato vivo avrebbe impedito l'eternizzarsi della NEP), e che fu l'inizioo del declino societico, occorre far notare che solo nel 1927, quando la produzione arrivò a livelli leggermente superiori al 1917, l'abbandono della NEP si fece ufficiale e si dette avvio al primo piano quinquennale (1928-1932) di alta pianificazione centralizzata, dopo aver approfondito il processo di espropriazione dei mezzi di produzione della borghesia.
    ...e Parte II
    Le misure di collaborazione con gli imprenditori "patrioti e nazionalisti"
    L'11 giugno, in occasione delle dichiarazioni del presidente, accompagnate dagli amichevoli applausi dei principali monopolisti della nazione e dagli insigni protagonisti della "serrata industriale del dicembre-gennaio 2002-2003... (quando) gli alimenti scarseggiavano, la PDVSA era chiusa, come lo erano le principali imprese e industrie a livello nazionale, soprattutto i principali centri industriali del paese... lasciando senza medicine, senza assistenza medica, senza gas (il popolo senza mezzi)", gli stessi imprenditori che nell'aprile 2002 erano stati protagonisti di un colpo di stato fascista, nel quale morirono decine di venezuelani e la nazione perse miliardi di dollari, quel giorno applaudirono come foche, facendo tornare alla mente le parole di Shakespeare: "i sorrisi della gente nascondono daghe".
    Le misure che incontrarono il favore maggiore furono:
    1- La creazione di un fondo di mille miliardi di dollari per offrire crediti a interessi agevolati ai settori industriali, manifatturieri e alimentari. Può rappresentare un aiuto ma non rappresenta alcun contributo strutturale per la risoluzione della crisi.
    2- La eliminazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, una specie di Tobin Tax ampliata che a detta di Chavez: "Frena il processo produttivo, ha un impatto inflazionario... Non ne abbiamo bisogno, grazie all'imposta petrolifera". Non si erano resi conto prima che questa imposta era stata traslata dalla borghesia al cittadino comune nella maggioranza dei casi? A dieci anni dall'entrata al governo del chavismo ancora si discute della necessità di una riforma tributaria che all'interno del capitalismo realizzi una redistribuzione equa del reddito.
    3- Rilancio del programma "Fabbricate dentro", nel quale si ripropone la reindustrializzazione del paese, imprese miste con la Cina (telecomunicazioni, elettronica) con l'Iran (trattori, biciclette), l'Argentina (biotecnologie) e altre a carattere nazionale. Piano interessante, ma nel quale non si vede la partecipazione attiva dei lavoratori nella fabbrica, o la presa di decisioni condivise con le comunità, né alcun'altra organizzazione (consigli operai) che possano almeno variare le relazioni capitalistiche di produzione.
    4- Piano raccolto sicuro. Qui verranno stabiliti prezzi minimi di acquisto per alcune voci, condono dei debiti a 25.149 produttori, e un piano di sostegno dei debiti per i piccoli capitalisti (in un paese dalla corruzione tradizionalmente galoppante suona pericolosissimo), incrementi del sussidio al caffé, etc. Misure che sono state implementate in altre epoche, e hanno avuto risultati tanto fiacchi da venir ricordate piuttosto per le scandalose malversazioni di denaro, e la " prolissità" di chi era responsabile della loro gestione.
    5- Liberazione dal controllo preventivo nella richiesta di divisa che non ecceda la somma di 50.000 dollari per prodotti non finiti, il rilancio degli acquisti di stato, più opportunità perché la nostra borghesia fabbrichi quello che non ha mai fabbricato e produca quello che ha sempre preferito importare.
    Dunque la borghesia nazionale collaborerebbe con i popolo alla costruzione del socialismo?
    Il riformismo insiste, come dice Basem Tajeldime, in una serie di grossolane interpretazioni dela situazione rivoluzionaria attuale che Basem spiega succintamente: "il pragmatismo e la sua fobia verso la teoria e l'ideologia rivoluzionaria", gli ingannevoli postulati 'scientifici' che propongono la presunta "necessità di formare o irrobustire una borghesia 'nazionale', sviluppare il capitalismo come passo preliminare all'impianto del socialismo". In effetti la pseudoscienza della destra, sotto un nuovo mantello di tinte rosseggianti, insiste ad abbandonare qualunque iniziativa rivoluzionaria e a cercare di frenare ogni progresso, addormentando la lotta costante dalla base.
    I riformisti difendono la prospettiva dello sviluppo di una forte borghesia nazionale; ma un simile atteggiamento " rivoluzionario" è reazionario e antistorico, non concepisce lo sviluppo dell'economia nazionale come un piccolo anello della grande e profondamente interrelata economia mondiale, e applica criteri neoricardiani al sogno di sviluppo nazionale attaverso l'industrializzazione e il rafforzamento delle borghesie della periferia, tradizionalmente impegnate all'importazione e alla finanza. Riassumendo, a dispetto di tutte le buone intenzioni dei governi di tinta popolare, come li chiama l'argentino Juan Kornblicht, che commenta: "Anche se cercassero di costruire un capitalismo basato sulla borghesia nazionale, questi progetti sarebbero irrealizzabili per la dinamica della competizione internazionale, che favorisce i capitali più concentrati".
    Inoltre, come diceva Gramsci: "la borghesia non ha patria, ha solo portafogli", portafogli che si macchiano del sangue e della miseria di tutti gli sporchi affari che la borghesia realizza su scala globale (droghe, prostituzione, vendita di armi, tratta di esseri umani, etc.). Dei capitali internazionali dai quli solo dipende la mondializzazione del grado di accumulazione del capitale di un ramo dell'economia in un dato periodo storico.
    Insomma, è antiscientifico, riformista, anacronistico e una grottesca distorsione del socialismo scientifico affermare che la borghesia in qualunque parte possa collaborare nel 2008 a costruire un modello socialista che abbia come obiettivo la distruzione della divisione della società in classi, e lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo.
    Serviranno questi stimoli perché i nostri borghesi producano ciò di cui abbiamo bisogno?
    Sono dei veri produttori? Buttiamo lì qualche cifra per esaminare alcune delle "prodeze" dei "compagni" borghesi in campo economico:
    1- Secondo il documento ufficiale del Terzo Congresso della CMR, in Venezuela, nell'anno 2005 degli ultimi 200.000 posti di lavoro creati, solo 55.000 sono stati creto dall'impresa privata, nonostante il tasso di interesse negatico prodotto da un'inflazione del 19%. Non generano impego, e quando lo fanno è in condizioni di precarietà lavorativa: contratti fantasma, senza benefici di legge, a cottimo, etc.
    2- La formazione lorda di capitale fisso (investimenti in macchinari o beni che servono per fare altri beni) si colloca in una misera media del 13,8% negli ultimi nove anni, nonostante la decisione di fare grandi opere pubbliche da parte del governo, i che indica che la borghesia si orienta verso attività speculative.
    3- I nuovi patrioti che sorgono dal seno dell'imprenditoria creola hanno incrementato (secondo il professor Jesus Cacique) l'esportazione dei nostri capitali del 231,12% per l'"instabilità" che percepiscono nel paese, cifra che potrebbe essere molto maggiore perché attualmente vi è il controllo del cambio.
    4- Inoltre, secondo il quotidiano Reporte, nella sua analisi del settore bancario si nota che: "Il 38% della banca privata non paga imposte e da gennaio ad aprile del 2008 hanno ottenuto un profitto lordo di 2.194 milioni di bolivares, quasi 1.100 milioni di dollari (almeno quanto è stato dichiarato) dei quali solo il 17,66% andrà in tasse. Allo stesso modo hanno incrementato il proprio profitto del 51% dal 2007 al 2008". Profitto che proviene dal prestare ciò che la stessa gente deposita. La nazionalizzazione della banza è un compito urgente.
    5- La borghesia "appoggia" la crescita del consumo, con tassi di interesse del 32% annuo sulla carta di credito, 27% sui veicoli (per un termine massimo di 5 anni) e laute commissioni di anche 4 dollari per ogni controllo del saldo alla cassa. Le loro simpatiche creazioni chiamate banchi comunitari e esclusivi si aggirano attorno ad appena l'1% del portafoglio dei crediti totali della banca. Persino il Banco Sofitasa ha ottenuto nel 2008 il 43% dei suoi introiti grazie alle commissioni.
    6- Nelle epoche di crisi il totale della remunerazione ai salariati si allinea alla totalità dell'eccedente di sfruttamento nel suo insieme. Tuttavia, dopo i 18 trimestri consecutivi di crescita comparabile solo a quella della Cina, la borghesia creola ha potuto estrarre più plusvalore al lavoratore e rovesciare la distribuzione del reddito a suo favore. Se nell'anno 1998 la distribuzione arrivò a essere favorevole all'insieme dei salariati, nel 2006 i lavoratori giunsero solo al 38% del reddito, una gigantesca breccia tradotta in guadagni pazzeschi prodotti dall'espropriazione del lavoro eccedente.
    Potremmo segnalare altre imprese dei nostri nuovi alleati, come i disperati tentativi di sabotare e impugnare per via legale lo sviluppo della missione Barrio Adentro, che ha realizzato decine di milioni di consulti medici, salvando migliaia di vite, facendo fronte a migliaia di emergenze (tutti i servizi sono gratuiti) nei quartieri più umili del Venezuela ai quali la borghesia, con la privatizzazone della salute, ha espropriato questo servizio.
    Qual è l'alternativa alla NEP creola, cosa fare e dove andare?
    Sfrenati chavisti come Antonio Aponte del gruppo Un Granello di Mais, noto per frasi come: "Chavez è il socialismo!", abbonda di commenti a proposito della NEP: "Questo progetto piccolo borghese produrrà coscienza egoista... questo progetto (dell'ala più a destra del chavismo, intende Antonio) è fallito, il primo segnale fu quello del 2 dicembre... il progetto socialcapitalista è fallito e la marcia verso il socialismo è in pericolo... in questa situazione, la piccola borghesia, disperata, propone un'alleanza suicida con i capitalisti... gli imprenditori seppelliranno il socialismo".
    Molti compagni hanno negato l'utilità di questa alleanza. Dalle basi del socialismo scientifico non si può che criticare costruttivamente una simile svolta indietro, e tale ingenua proposta di avanzamento e soluzione dei problemi strutturali del sistema.
    La classe lavoratrice deve mantenere la sua linea, salvaguardare i propri interessi di classe e rifiutare i salti anacronistici che portano a grandi sconfitte. L'unità intorno alla trasformazione radicale della società e lo sradicamento di forme miste in cui si concilino interessi estranei deve essere la priorità. I recenti trionfi della classe operaia a SIDOR, e del popolo in cento strade e spazi di potere contesi alla borghesia sono un incentivo per la radicalizzazione della lotta e l'approfondimento dei veri cambiamenti socialisti,
    Da riunioni e lotte, da discussioni nelle sedi di elaborazione sull'economia politica socialista che sviluppiamo all'università Bolivariana del Venezuela, si sono imposte tre grandi rotte di lotta che possono coalizzare attorno a sé i veri socialisti e coloro che realmente combattono per la dignità del popolo e la difesa della classe lavoratrice, e il ruolo storico di becchini della barbarie capitalista. Dettaglio più dettaglio meno, si potrebbero riassumere in tre consegne di applicazione immediata che darebbero un aspetto diverso al progetto bolivariano, lo imberrebbero di socialismo rivoluzionario. Possono esserci consegne migliori di queste e meglio esposte, qui ci limitiamo a proporle e a gettarle in strada per le barricate.
    1- Nazionalizzazione con gestione e controllo tripartito (consiglio operaio, consiglio comunale e stato centrale o municipale) delle principali industrie, della terra, della banca, degli alimenti, etc.
    2- Riduzione della giornata di lavoro a sei ore, obbligatoria formazione dei consigli operai e riduzione di prebende e gradini salariali, assicurando al tempo stesso stabilità e sicurezza del lavoro.
    3- Ripartizione del 50% dei profitti generati in tutte le imprese tra i lavoratori delle stesse, includendo le multinazionali come Coca Cola, Mc Donalds, Shell, Polar, etc. (è l'unico modo per aumentare il salario reale della popolazione e salvarlo dall'inflazione).
    I dividendi del punto 3 potrebbero essere ripartiti su dodici mesi di salario del lavoratore e il resto amministrarlo attraverso il consiglio operaio, la comuntà e lo stato per collaborare con rami di produzione meno sviluppati. Mi impegno a raccogliere dalla piazza e dai posti di lavoro consigli per rendere praticabili e sistematiche le tre proposte.

    Manuel Sutherland è il coordinatore di Formazione e Ideologia della Asociación Latinoamericana de Economía Marxista (ALEM)

 

 
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