Garzòn apre il primo processo a Franco e ai suoi delitti
Il giudice spagnolo Baltasar Garzòn costringe la Spagna a fare i conti con il proprio passato. A più di trent’anni dalla fine di una dittatura militare
che ha fatto della violenza, della tortura e dell’assassinio il proprio tratto distintivo. Con una ferocia repressiva volta all’annientamento fisico del nemico. Una ferita ancora aperta per la giovane, seppur radicata, democrazia spagnola che non può chiudere - semmai sia possibile - con quella tragica pagina della propria storia senza rendere giustizia alle vittime del regime. A cui non è stato comminato neanche il diritto di una sepoltura, una lapide, un nome.
Garzòn, colui che aveva ordinato nel 1998 l’arresto dell’ex dittatore cileno Augusto Pinochet, ha disposto l’apertura di 19 fosse comuni contenenti i resti di vittime del franchismo. Tra cui quella di Garcia Lorca, situata nel Burrone di Viznar, vicino a Granada, dove si ritiene sia sepolto il poeta, assieme ad altri tre giustiziati, i toreri anarchici Francisco Galadì e Juan Arcolla, e il maestro repubblicano Dioscuro Galindo. Secondo il giudice il delitto di «arresto immotivato» permane nel tempo e continua a esistere «nel contesto dei crimini contro l'umanità».
E lo sostiene in un documento di 68 pagine in cui ha accolto la richiesta avanzata dalle associazioni che si battono per il recupero della memoria storica e dal sindacato Cnt per l’avvio di indagini sugli scomparsi della dittatura, a dispetto della legge di amnistia approvata dal 1977 dal Parlamento di Madrid. Perché trattandosi di crimini contro l’umanità l’Audiencia Nacional, che ha già fatto ricorso, ha la competenza per indagare sui desaparecidos del franchismo, che hanno lavorato come schiavi nei cantieri del regime.
Nei fatti viene messa in discussione l’amnistia voluta dai partiti politici all’indomani della morte di Franco, già messa a dura prova con la Legge della memoria storica del governo Zapatero, nella quale vengono riconosciute le vittime del franchismo e si obbligano le amministrazioni locali a cooperare con la magistratura per accertare identità e cause della morte degli oppositori del regime.
Una lista impressionante, di 133.708 nomi. Tutte persone scomparse durante la guerra civile, fra il 1936 e il 1939, e nel corso degli anni della dittatura, fino al 1975. Oltre 114 mila sarebbero i soli dispersi fra il 1936 e il 1951. Dal 2000 sono state scoperte ed esumate circa 100 fosse comuni.