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Discussione: Bonzi per i gonzi

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    Predefinito Bonzi per i gonzi

    22.10.2008 - Bonzi per i gonzi

    http://www.cpeurasia.org/?read=14570



    di Enrico Galoppini
    Qualche messa a punto sull'onnipresente figura del "monaco buddista", utilizzata dalla propaganda atlantista come testimonial delle sue campagne per la "pace".



    Per misurare il livello di rincitrullimento al quale vengono sottoposti gli italiani, un buon ‘termometro’ è la quantità di messaggi che, in maniera palese o velata, utilizzano immagini di monaci buddisti. A scanso di equivoci, ci teniamo a precisare che qua non ce l’abbiamo col Buddismo in quanto dottrina e pratica, né con le popolazioni che l’hanno adottato e per le quali esso rappresenta un legame vivente con la Tradizione. Se Tucci, insomma, era una persona seria perché ci ha fatto conoscere aspetti di una civiltà che compone quel complesso quadro delle civiltà eurasiatiche per il quale è sensato parlare di “Unità spirituale dell’Eurasia”, i moderni cuochi da bassa cucina che infarciscono ogni loro intruglio propagandistico con l’ingrediente dei monaci buddisti non meritano alcun rispetto.

    Il motivo per cui il bonzo è infilato dappertutto è presto detto: la Cina dev’essere diffamata dall’Occidente perché la Cina dev’essere “contenuta”.

    Ora, il “contenimento” della Cina (l’ideale sarebbe la sua “rovina”, come ampiamente dimostrato dalla storia delle ingerenze occidentali, dalle Guerre dell’oppio in poi), si sta dimostrando una cosa estremamente complicata, se non impossibile. Le fole sull’aviaria, la Sars, ed ora quelle sui prodotti alimentari avariati, mirano ad elevare un ‘cordone sanitario’ - sia mentale (Cina “minacciosa”) che concreto (ostacolo alle relazioni economiche) – tra la Cina e quei soggetti (imprese, ma anche Stati) che, nello stesso “Occidente”, si rendono conto che il mondo è cambiato e non si può, senza ricoprirsi di uno tsunami di ridicolo, far ripetere ai pappagalli del giornalismo che “la Russia si è isolata”, “la Cina si è isolata” eccetera… quando in realtà ad isolarsi è solo quell’estremo lembo occidentale d’Eurasia ancora tra le grinfie dell’America.

    Ma si noti questa relazione: più le cose non vanno come l’Angloamerica desidera e più la propaganda strombetta. Cosa dire, altrimenti, dell’odio anticinese seminato quotidianamente prima, durante e dopo le Olimpiadi? In alcuni frangenti sono andati oltre il ridicolo, e questo non può non farci che piacere perché è segno che sono alla frutta.

    Ma torniamo ai nostri bonzi. Per i gonzi. Che sono di destra, di centro e di sinistra.

    Gonzi di destra sono quelli che si son incaponiti con la faccenda dei Karen. Una “minoranza” in lotta contro il governo del Myanmar (inviso agli USA) che nessuno conoscerebbe se non ci fosse tutto il lavorio della cosiddetta “destra radicale”, che mentre potrebbe adoperarsi con qualche costrutto all’opposizione all’America scegliendo il “nemico principale”, decide di “fare la guerra” a trecento cose insieme, tra cui la Cina e l’Islam. L’abbiccì della politica consiglia di sceglierselo il “nemico principale”, ma non c’è speranza che ciò avvenga perché la visione di questi ambienti è ideologica, e dunque trattasi d’un pacchetto “tutto incluso”, da prendere senza sconti (i cinesi sono “comunisti”) pena non esser più “destroradicali”. Tra l’altro, i caporioni da zero virgola elettorale della suddetta “area” non mi risulta abbiano intrapreso alcuna significativa iniziativa per sollevare qualche dubbio sul probabile assassinio del leader politico austriaco Joerg Haider, che invece di trastullarsi coi bonzi intesseva ottime relazioni coi Paesi arabo-musulmani, dalla Libia all’Iraq ba‘thista, dimostrando di avere una visione geopolitica di tutto rispetto.

    Dalle parti della “destra radicale” sono per di più molto in voga le “serate pro-Tibet”, come se non si sapesse che il “mito del Tibet” non è altro che un parto dell’industria del sogno di celluloide made in Hollywood. Sì, lo so che ci sono state le SS in Tibet, ma anche su questo non mi scalderei più di tanto, alla luce dei legami tra certo “esoterismo nazionalsocialista” ed ambienti britannici… Insomma, tutto, pavesato di Shamaballà e reincarnazioni miracolose, sembra ricondurre alla geopolitica, che ci mostra essere il Tibet e l’arco himalayano un’area d’importanza estrema per la gestione delle “crisi” in Eurasia. E a voler seminare zizzania in Eurasia son sempre stati gli anglo-americani, che hanno fatto del Dalai Lama il super-bonzo da proscenio che col suo faccione sempre sorridente sembra incarnare la “pace”.

    Infatti, a cadere nella trappola dei bonzi per i gonzi sono senz’altro quei “pacifisti” del “cristianesimo di base” arcobalenista per i quali il Dalai Lama è “buono” come lo è il Papa. Figuriamoci se un “uomo di pace” come il Dalai Lama, per il quale è pronta a gettarsi ai piedi anche gente come le cosiddette “autorità” sempre così indisponibili verso i comuni cittadini, figuriamoci se può fare del male anche a una mosca! Lui, poveretto, imbeccato egli stesso dalla propaganda che gli ha messo in bocca “migliaia di tibetani massacrati” salvo poi doversi rimangiare tutto! In effetti, è vero che il Dalai Lama e il Papa hanno delle cose in comune: hanno ricevuto entrambi la massima onorificenza della Casa Bianca (per servizi resi alla “pace”)!

    Altra famiglia d’analfabeti geopolitici è quella dei “sinistri”, ex maoisti, ex Potere Operaio, ex Libretto Rosso, che analogamente a come hanno fatto per l’URSS, con Stalin “Male assoluto” e chi s’è visto s’è visto, si sono dimenticati tutto per aggregarsi al pecorume radical-chic dei “diritti umani”, un’autentica fuffa ideologica messa in giro dalla solita America e dalla sua cortina fumogena d’ONG come Human Rights Watch e Amnesty International che alimentano la farsa dei “dissidenti” e sventolano la causa “indipendentista” come una banderuola: Kosovo sì, Ossezia del Sud no, Tibet sì, Irlanda del Nord no. E quando certi “sinistri” trovano qualcosa da eccepire sull’evanescente campagna di disinformazione sul Tibet, non trovano di meglio che tirar fuori i soliti stantii argomenti sul “feudalesimo tibetano”, come al limite non fosse un sacrosanto diritto degli abitanti di Lhasa vivere come cacchio gli pare, foss’anche con a capo un monarca investito dal Cielo.

    Destra, centro e sinistra, ciascuno trova un motivo per farsi conquistare dall’irresistibile fascino dei bonzi che – fateci caso – infarciscono réclame di automobili guidate da star hollywoodiane, sigle di documentari etnografici, mostre fotografiche e rassegne culturali patrocinate da enti pubblici, e tutto quel che ad un pubblico spaventosamente manipolabile viene presentato come sinonimo di “pace”.

    Nessun politico che non voglia dare adito ad equivoci sul proprio “pacifismo” può evitare di farsi ritrarre con qualche bonzo o con diorami di bonzi alle spalle. I “gemellaggi” si sprecano, e come se non bastassero le bandiere con l’arcobaleno issate (illegalmente?) sugli edifici di varie amministrazioni locali, adesso son comparse pure quelle del Tibet, in attesa che altri sindaci seguano l’esempio di Alemanno che ha avuto l’ardire di fare quel che nessuno aveva mai fatto: issare la bandiera sionista sul Campidoglio, la bandiera dell’anti-Roma, dell’odio verso l’Eurasia e la sua “unità”, geopolitica e spirituale.

    Che l’arancione dei bonzi sia lo stesso delle “rivoluzioni” pagate da Soros, dev’essere un puro caso… È tutto parte di un’identica cabina di regia. Quella degli ambienti che hanno progettato l’11 settembre, invaso Afghanistan e l’Iraq, attaccato il Libano, creato il narco-Stato del Kosovo in mezzo ad un’Europa in mano a burocrati e “commissari” di provata fede atlantista, sovvertito o tentato di sovvertire (“democraticamente”!) i governi di vari Stati dall’America Indiolatina all’Asia centrale, messo bombe dappertutto, dalla Turchia al Pakistan, che hanno tentato di scatenare la guerra usando la miccia del Caucaso. Possibile non vedere tutto questo?

    Già, se lo vedessero non sarebbero dei gonzi. Bonzi per i gonzi.
    Giampaolo Cufino

  2. #2
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    http://www.eurasia-rivista.org/cogit...AMeJsRJD.shtml

    Disinformazione e strategie geopolitiche
    :::: 26 Agosto 2008 :::: 193 T.U. :::: Analisi :::: Marco BagozziDisinformazione e strategie geopolitiche
    di Marco Bagozzi


    I due eventi che più hanno caratterizzato questa estate hanno coinvolto le due potenze emergenti, che più stanno diventando un ostacolo per i disegni unipolari atlantisti. La guerra tra Russia e Georgia e le Olimpiadi di Pechino hanno attirato le attenzioni di tutto il mondo e conseguentemente di giornali ed organi di informazione, che hanno dato conferma del loro ruolo di “agente scelto” della propaganda americanista, muovendo un’opera di disinformazione, o di informazione palesemente partigiana, mirante a creare un diffuso sentimento sinofobo e russofobo, nella prospettiva di un isolamento dei due paesi nel caso di necessità strategica o militare.

    Olimpiadi e disinformazione
    Nei mesi precedenti alle Olimpiadi si è molto discusso sul clima e in particolare sulla situazione dell’inquinamento nella capitale cinese, Pechino. Gli studi dei “soliti” specialisti sostenevano che per gli atleti l’aria irrespirabile della metropoli avrebbe falsato le gare di atletica.
    E naturalmente si sono susseguiti i servizi giornalistici dei “nostri inviati” che confermavano la tesi, con la pressoché certa sicurezza di non poter essere smentiti. Ma evidentemente non hanno fatto i conti con la buona fede di alcuni atleti, in particolare, in questo caso, con il marciatore italiano Andrea Brugnetti che in un’intervista ha detto: «Macchè smog! A Milano si sta peggio. Vivendo a Milano uno è abituato allo smog, poco ci manca ad essere pari» [1].

    Ovviamente non sono mancate nemmeno le prese di posizione a favore dei “diritti umani” del popolo tibetano [2]. Atleti e alcuni deputati della maggioranza (senza dimenticare i giornali, Il Foglio, Il Riformista e Libero, in particolare) hanno minacciato il boicottaggio, prima delle olimpiadi in toto, e poi della sola cerimonia d’apertura. Evidente che la politica abbia delegato agli atleti il ruolo che le spetta, ciò quello di cercare una soluzione alla questione tibetana (non entro nel merito).

    Ridicole e comiche, soprattutto se lanciate dal mondo della finzione, cioè dall’Occidente, le accuse contro gli organizzatori della cerimonia di apertura colpevolizzati per alcuni ritocchi televisivi ai fuochi di artificio e, soprattutto, per la sostituzione della bambina che doveva cantare l’Inno alla Patria, con una più fotogenica, che però si è esibita in play-back. L’evidente intento denigratorio è assurdo, se confrontato con i costumi occidentali dove la bellezza fisica, anche dei bambini, viene usata per pubblicizzare eventi e merci!

    Le Olimpiadi pechinesi hanno registrato uno straordinario successo degli atleti cinesi ed è evidente che questo risultato ha dato fastidio a molti, dato che sono subito iniziate le “denunce” di brogli, doping e favoritismi. Che le giurie olimpiche siano “casalinghe” e che favoriscano gli atleti del paese ospitante non è una novità, è, infatti, un spiacevole consuetudine di queste grandi manifestazioni sportive, conseguenza degli enormi investimenti utilizzati per organizzare l’evento, che influenzano l’”obiettività” dei giudici.
    Ma a Mosca ’80 e Los Angeles ’84 si era visto molto, molto di peggio.

    Non sono mancate nemmeno le polemiche sulle presunte baby ginnaste cinesi, trionfatrici nelle gare di ginnastica, e sulla palestra Shichahai Sport School, voluta da Mao, vera e propria accademia sportiva della Repubblica Cinese, definita dai giornalisti embedded “la fabbrica dei mostri” [3]. Quella che in Cina è la “fabbrica dei campioni” è presa a modello dai disinformatori per dimostrare la totale mancanza di dignità umana, che sembra accompagnare lo sport (e non solo…) cinese. In realtà basterebbe fare un giro nelle squadre giovanili di calcio dell’Europa per vedere come giovanissimi calciatori, in particolare africani, vengono usati, venduti e successivamente scartati da direttori sportivi ed agenti senza scrupoli, tanto da far parlare in alcuni casi di "schiavismo" [4]. Quindi nulla di nuovo sotto il sole cinese…

    Ma non solo la Cina è stata accusata. Ovviamenta anche alla Russia è spettata la sua accusa pre-olimpica, quella più infamante, riguardando lo sport: “doping di Stato”. Adirittura il capo medico del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), Arne Ljungqvist, ha accusato la Russia di “doping sistematico”, in seguito alla scoperta di sette casi di doping nella squadra russa. Chissà perché queste accuse non sono cadute anche sulla squadra dei velocisti usa (Chris Gatlin, Marion Jones, Tim Montgomery, Maurice Green…), che negli ultimi anni ha perso tutti gli atleti del mondo, tra cui anche dei recordman, in seguito alla positività al doping. A riguardo sono illuminanti le parole di uno dei personaggi più straordinari di queste olimpiadi, il velocista giamaicano Usain Bolt: «Il doping riguarda solo gli statunitensi - ha attaccato Bolt. L'unico atleta di origine giamaicana a essere trovato positivo fu Ben Johnson, che correva per il Canada. Gatlin, Montgomery e Marion Jones hanno danneggiato l'immagine dell'atletica. I truffatori sono loro. Quelli puliti siamo noi. Che siamo rimasti qui, che abbiamo rifiutato il denaro dei college americani, che ci siamo tenuti lontani da questi affari. Il tempo lo dimostrerà» [5].

    Fra i giornalisti sportivi italiani va sottolineata l’uscita fuori luogo (a dir poco) di Oliviero Beha, che per spiegare le molte medaglie cinesi, ha detto che non bisogna parlare di “fattore campo”, ma di “fattore campo di concentramento”.
    Va invece a Italo Cucci la nostra stima per la sua onestà intellettuale di cronista corretto, tanto da meritarsi un articolo denigratorio da parte de Il Giornale, il che corrisponde ad un attestato di ottima professionalità [6]: fra le molte cose che ha detto nel programma serale della Rai, ha parlato di Pechino come città modello di convivenza civile e di ottima amministrazione, ha sbugiardato il rapporto diffamatorio di Reporters sans Frontiers [7], sulla libertà di informazione e ha fatto notare che tutti hanno taciuto su una conferenza stampa in cui rappresentanti del governo cinese hanno illustrato la situazione delle minoranze etniche in Cina.

    Guerra e disinformazione
    Ben più grave e politicamente rilevante è l’opera di disinformazione messa in pratica durante la guerra tra Russia e Georgia.
    Innanzitutto l’uso dei termini: si ricomincia a parlare di “zarismo” [8], “stalinismo”, “guerra fredda” e le accuse sono tutte contro il Cremlino, e in particolare contro Vladimir Putin, definito da Zbigniew Kazimierz Brzezinski un nuovo “Stalin e Hitler”, tipico modo di agire della classe dirigente americana.
    L’opera di propaganda su questa guerra inizia proprio sulle cause: prima dell'intervento russo i giornali italiani hanno riferito i gravi fatti e addossato, giustamente, la responsabilità al governo georgiano, ma poi, quando c'è stata la possibilità di demonizzare la Russia, nessuno ha più accusato il presidente georgiano Shakashvili di aver, con l’aggressione militare contro l’Ossezia del Sud, scatenato la guerra, e il successivo intervento russo.
    I 1500 morti osseti dopo l’intervento georgiano sono passati nel dimenticatoio di fronte l’”arroganza” dei militari russi che hanno aggredito la “piccola e indifesa” repubblica caucasica. “Orrore e distruzione” su Tblisi, Gori, e sulle altre città georgiane. Una voce fuori dal coro è il giornalista de Il Resto del Carlino/La Nazione/Il Giorno, Lorenzo Bianchi, che ci ha raccontato la verità: «Cnn e Bbc trasmettono immagini di Tskhinvali distrutta e dicono che si tratta di Gori. Poi queste immagini, com'è ovvio, passano anche nei nostri telegiornali» [9]. Immagini false e truccate sono uscite anche dagli obiettivi dell’agenzia Reuters [10].

    In silenzio è passata anche la presenza di 127 addestratori americani [11] fra le truppe di Tblisi e gli interessi geostrategici della NATO nell’area, che di fatto evidenziano come la guerra, voluta dai georgiani, sia in realtà un aggressione americana alla Russia [12].

    In perfetto stile da “strategia di depistaggio e disinformazione” sono scesi in campo anche i volti noti. I filosofi ebraico-francesi Bernard Henry-Levy e Andres Gluksmann hanno dato fondo a tutto il loro armamentario russofobo e slavofobo per denunciare al mondo, dalle disponibilissime colonne del Corriere della Sera in Italia, il ruolo demoniaco della Russia putiniana, che sta già preparando “una nuova Cecenia”, senza però spiegarci come, essendo la Georgia uno stato fuori dai confini della Federazione. È toccato invece al calciatore del Milan, Khakaber Kaladze, il ruolo di “ambasciatore del popolo georgiano”:« La Russia ha iniziato questa guerra, hanno iniziato a bombardare le basi militari e ieri e questa mattina anche la capitale Tiblisi, colpendo obiettivi civili e facendo tanti morti. ’Per questo, come figlio del mio paese chiedo di aiutarlo. Lo chiedo a tutti quelli che possono farlo: Unione Europea, Nato, America. Vogliamo la democrazia e la libertà, vogliamo entrare nella Nato e nell`Unione Europea: per questo e` iniziata la guerra. Se possono intervenire, America e UE devono intervenire per far si che ci si possa sedere a un tavolo e avere di nuovo la pace» [13].

    «Siamo tutti georgiani» è invece lo slogan uscito dalla bocca del candidato repubblicano alla Presidenza americana John McCain, già pronto a combattere la sua guerra contro il mondo (estremismo islamico, Iran, Russia, Cina…), cui evidentemente le direttive neoconservatrici hanno consigliato di spostare il mirino dei bombardieri anche verso la Russia, non tralasciando ovviamente lo scacchiere vicino-orientale. McCain ha accusato la Russia di voler ribaltare un governo democraticamente eletto, ottenendo l’applauso di Bush e della Rice.

    Da questa breve analisi risulta evidente come gli organi di informazione siano un vero e proprio mezzo strategico delle strategie atlantiche di occupazione imperialista del territorio eurasiatico. Il ruolo egemonico della Cina in Asia e la rinascita militare, strategica e politica della Russia sono un continuo fastidio alle mire universali della classe dirigente americana (sia essa repubblicana o democratica). Va quindi mobilitata l’opinione pubblica con politiche costruite a tavolino [14], con l’intento di creare un diffuso sentimento di “fobia” rispetto ai diversi nemici dell’unipolarismo dominante. Eguale azione strategica è già evidente da tempo riguardo alle popolazioni arabe ed islamiche, e nei decenni precedenti, verso la Russia sovietica, "asiatica" e "comunista".


    NOTE

    [1] http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=283431

    [2] Anche in questo caso risulta assurda la propaganda dei c.d. “Free Tibet”, che mirano all’indipendenza della regione, se confrontate con le recenti dichiarazioni del Dalai Lama, che si dimostrano molto più oculate e intelligenti rispetto a quelle dei suoi “sostenitori”:
    «E’ nel nostro interesse, noi siamo decisi a rimanere all’interno della Repubblica Popolare Cinese in quanto il Tibet è un paese arretrato, chiuso tra le montagne, scarsamente popolato, per cui è nel nostro interesse rimanere all’interno della Cina. Al contempo abbiamo la nostra lingua, un grande passato culturale, e una tradizione buddista particolarmente ricca. Non si tratta solo di sei milioni di tibetani, ma anche di tante altre persone nel mondo, che condividono la cultura buddista. Il modo migliore di preservare la nostra cultura, e anche di proteggere al massimo l’ambiente è che l’istruzione, l’economia e le questioni religiose, siano gestite dai tibetani, con l’eccezione della difesa e della politica estera. Autonomia, dunque» in http://www.euronews.net/it/article/21/08/2008/dalai-lama-speaks-to-euronews/

    [3] http://www.repubblica.it/2008/08/olimpiadi/servizi/ginnastica-ferrari/scuola-bambini/scuola-bambini.html

    [4] http://www.swissinfo.ch/ita/speciali/euro2008/altri_sguardi/Il_lato_oscuro_del_dorato_mondo_del_calcio.html?si teSect=22241&sid=8040636&cKey=1188207747000&ty=st

    [5] http://www.puntosport.net/pageview2.php?i=4779&sl=1

    [6] http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=285290

    [7] http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/sport/olimpiadi-2008/reporters-sans-frontieres/reporters-sans-frontieres.html

    [8] In particolare sul rapporto tra zarismo e Georgia sottolineamo l’ottima lettera di Bruno Zecchin, presidente dell’associazione culturale “Radonezh” per l’amicizia Italo-Russa di Trieste, “Gli aiuti di Mosca”, apparsa a pagina 18 del Corriere della Sera del 22-8-2008.

    [9] http://generazioneeuropats.splinder.com/post/18123752/Uno+squarcio+sulla+guerra

    [10] http://www.effedieffe.com/content/view/4142/183/

    [11]http://notizie.alice.it/notizie/esteri/2008/08_agosto/12/ne_georgia_amb_russo_a_nato_con_tbilisi_127_addest ratori_usa,15728310.html

    [12] Espansionismo americano più che invasione russa, di Seuane Milne in http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/EkEllkAElVVdmedwKr.shtml

    [13] http://www.datasport.it/leggi.aspx?id=5176692

    [14] I due volti dell’imperialismo all’attacco dell’Iran, di Marco Bagozzi in http://www.cpeurasia.org/?read=10600&

  3. #3
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