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    Exclamation Il governo Berlusconi - in seria difficoltà - ricorre allo stato di polizia

    Il governo Berlusconi - in seria difficoltà - ricorre allo stato di polizia

    Chiunque sia dotato di un minimo di buonsenso dovrebbe aver ben compreso le parole con cui il premier Silvio Berlusconi ha esplicitato le sue minacce di utilizzare la polizia contro le proteste che stanno attraversando le scuole e le università in tutto il paese. Sono dichiarazioni gravissime e pericolose ma non imprevedibili.

    1. In questi giorni era cresciuto e diventato visibile il nervosismo di un governo che si era ritenuto invincibile e a forte consenso, un governo sicuro di poter contare e giocare con una opposizione conforme alle regole della governabilità. Ma la realtà ha provocato una serie di bruschi e dolorosi risvegli: prima la durezza della vertenza Alitalia, poi la crisi globale del sistema capitalista, successivamente l’esplosione della protesta di massa e socialmente trasversale nelle scuole e negli atenei e infine lo sciopero generale e l’enorme manifestazione del 17 ottobre convocata dalle organizzazioni sindacali di base e dai movimenti sociali che ha rivelato l’autonomizzazione di una opposizione politica e sociale indipendente dalle strettoie del conformismo e delle compatibilità.

    2. Più di qualche giornale non subalterno ai diktat della normalizzazione berlusconiana, ha evidenziato in questi giorni come l’entrata in movimento delle dinamiche sociali avesse cominciato a corrodere da fuori e dall’interno il blocco di consenso al governo delle destre. Ma il movimento degli studenti e la riuscita dello sciopero generale del 17 ottobre, hanno trasferito il conflitto dal piano del malessere e del disincanto a quello della lotta cambiandone significativamente il segno politico, sociale e culturale.

    3. Il governo Berlusconi teme il conflitto sociale perché ne ha una visione unilaterale e che non ammette repliche, la visione dell’odio e della lotta di classe dall’alto verso il basso, dell’odio dei custodi della proprietà privata contro le istanze e gli interessi collettivi di una società. Una visione questa, che un soggetto competitore ma non oppositore come il Partito Democratico e i sindacati concertativi hanno cessato per statuto e ragione sociale di intendere come reciproca e conflittuale.

    4. Il ricorso allo stato di polizia era nell’ordine delle cose ed era leggibile già nella militarizzazione dell’emergenza rifiuti in Campania o nella gestione fobica e repressiva della vita sociale nelle aree metropolitane e nelle città. In tal senso non è da ritenersi affatto casuale la dichiarazione di guerra fatta dal sindaco neofascista di Roma annunciando gli sgomberi contro i centri sociali e le occupazioni di case, una dichiarazione che ha preceduto di sole ventiquattro ore quella di Berlusconi.

    5. L’emergenza democratica nel nostro paese si va facendo seria e grave. Di ciò dobbiamo essere tutti pienamente consapevoli e apprestarci ad affrontare una stagione di conflitto politico e sociale durissima. Senza cadere nelle trappole ma anche senza cedere di un millimetro sul piano degli spazi di agibilità politica e democratica. La storia e la natura stessa della libertà non consentono passi indietro. Ogni scuola o facoltà, casa o centro sociale, fabbriche o stazioni occupate sarà nelle prossime settimane un test significativo per tutti coloro che intendono sbarrare la strada allo stato di polizia.

    22 ottobre 2008

    La Rete dei Comunisti (Italia)

  2. #2
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    OMNIA SUNT COMMUNIA


    Crescono le prese di posizioni contro lo stato di polizia e in solidarietà con gli studenti


    Berlusconi va alla guerra

    Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS della Scuola


    Una forcaiola e apparentemente delirante conferenza-stampa quella di oggi di Berlusconi, in teoria sul decreto Gelmini, in realtà centrata su una violenta dichiarazione di guerra al popolo della scuola pubblica - sceso in piazza in centinaia di migliaia sabato scorso -, a chiunque si opponga alle politiche governative e alla stampa non "allineata". Berlusconi ha iniziato, da principe dei cantastorie, tirando le orecchie alla Gelmini, "colpevole" di aver parlato di maestro unico, mentre all'orizzonte ci sarebbe addirittura una marea di maestre, intorno ad una "prevalente", una di informatica, una di inglese, una di religione e una di educazione fisica: Ma dopo una noiosa serie di amenità del genere, il monarca di Arcore si è calato l'elmetto in testa, ha assunto toni di voce e cipiglio quasi mussoliniani ed ha annunciato che ordinerà al ministro degli Interni di assaltare, d'ora in poi, qualunque interruzione di lezioni nelle scuole e all'Università. Esattamente quanto chiedevano stamattina in editoriali forcaioli "Il Giornale" e "Libero": quest'ultimo, sotto il titolo "Chiamate la polizia" invitava, in un editoriale di Renato Farina, a stroncare fantomatici picchetti (previsti dal Farina davanti a tutte le scuole per domani) mediante "calci nelle parti molli degli studenti". Berlusconi ha annunciato, dunque, uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica. E un attimo dopo, davanti ad una platea sbalordita, il capo del governo ha dichiarato guerra alla stampa non "allineata" che dedicherebbe "troppo spazio alle proteste di quattro gatti", usando un linguaggio simile a quello della giunta militare argentina dopo il golpe degli anni '70, quando nella prima conferenza minacciò la stampa democratica, invitandola ad abituarsi in fretta al nuovo clima antipopolare. "Avete quattro anni e mezzo per farci il callo" ha sibilato Berlusconi. Perchè nel momento di massima popolarità (cosi ci ripete ogni giorno re Silvio) Berlusconi dichiara guerra a chi protesta? Ci pare evidente che il capo del governo è stato colpito non solo dal mezzo milione del corteo di sabato scorso, promosso da Cobas, Cub e SdL, e dal dilagare della protesta nelle scuole ma sopratutto dal tema centrale delle mobilitazioni di questi giorni: "Non pagheremo noi la vostra crisi". Milioni di lavoratori, pensionati, studenti si sono sentiti dire in questi giorni che i soldi ci sono, che lo Stato può sborsare somme enormi ma che le vuole dedicare al salvataggio di banche fraudolente e di industrie decotte: e si domandano perchè, invece, i soldi non vadano ad aumentare salari e pensioni, a potenziare scuola, sanità e servizi pubblici, unico modo per riavviare sul serio l'economia. Berlusconi vuole evitare l'allargamento del conflitto sociale spostando tutto sul piano dell'ordine pubblico, riproducendo i meccanismi che portarono alla distruzione dei movimenti degli anni'60 e '70. Ma nè noi, nè gli studenti, nè l'intero popolo della scuola pubblica cadranno nella trappola: non faremo un passo indietro, la lotta nelle scuole e nelle università si intensificherà, ma l'eventuale violenza del governo andrà a vuoto e si ritorcerà contro chi la sta ideando e la vuole praticare.

    ARDITI NON GENDARMI

  3. #3
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    OMNIA SUNT COMMUNIA

    Ecco perchè Berlusconi dice le cose che ha detto
    Odio di classe !?
    da Contropiano, nr.4 del 2007
    Anche nel nostro paese, i ricchi, la borghesia e i loro apparati ideologici di stato, stanno rivelando con un crescendo impressionante la loro intenzione di regolare i conti in modo definitivo con i lavoratori, le classi sociali subalterne e i movimenti sociali. “Loro” ci odiano, noi che si fa?

    L’escalation di campagne mediatiche, provvedimenti legislativi e forzature della stessa concertazione così come l’abbiamo conosciuta negli anni Novanta, dimostra che la lotta di classe non si è affatto esaurita, ma che agli albori nel XXI° Secolo è tornata indietro di almeno duecento anni. Essa è ispirata dagli spiriti animali del capitalismo ottocentesco e dal suo odio – di classe – contro la maggioranza sociale che dalla seconda metà dell’Ottocento e con maggiore successo nel Novecento ha ingaggiato la sfida della giustizia sociale e del cambiamento del potere politico rispetto al capitalismo dominante.
    “La borghesia odia il proletariato, perché non è contenta soltanto di sfruttarlo, ma nutre veramente un odio radicale e una piena coscienza del proprio statuto di classe” ha scritto con straordinario coraggio ed efficacia Edoardo Sanguineti, premettendo però un concetto che – in Italia e nel primo decennio di questo secolo – dovremo tenere bene a mente: “Non esiste coscienza di classe se non esiste odio di classe”.
    [1]
    LA LOTTA DI CLASSE DALL’ALTO VERSO IL BASSO
    Ci troviamo dunque di fronte a due serissime questioni:
    E’ dai primi anni Ottanta che la borghesia italiana (includendovi gli arricchiti, il nuovo ceto politico emerso dalla dissoluzione della prima repubblica e una parte del rabbioso ceto medio che alimenta da sempre il blocco reazionario nel nostro paese) ha scatenato una feroce lotta di classe contro i lavoratori, le loro conquiste, la loro identità e le loro organizzazioni. Questa lotta di classe contro i lavoratori e i settori popolari – ieri con il craxismo e oggi in perfetta sintonia bipartizan tra Partito Democratico e Forza Italia – definisce se stessa come “modernizzazione” del sistema paese e si ispira al pensiero liberale.
    [2]
    La borghesia italiana ha coscienza di sé e quindi odia i lavoratori sulla base di una preciso statuto di classe mentre la sinistra riformista italiana (dall’ultimo PCI ai disciolti DS) ha fatto di tutto affinché i lavoratori perdessero coscienza, conquiste e identità, quindi statuto di classe. Non hanno operato in meglio gli spezzoni emersi dalla crisi del PCI prima e dei DS poi. PRC, Sinistra DS e lo stesso PdCI,
    [3] biodegradando l’identità di classe dei lavoratori dentro il movimentismo interclassista di ispirazione socialdemocratica, poi dando centralità alla categoria dominante e astrusa – se non intesa in senso gramsciano – di società civile fino alla teorizzazione pratica dell’autonomia del politico che vede prevalere i gruppi parlamentari, gli amministratori locali e i funzionari come referente decisivo delle scelte politiche dei partiti. E’ innegabile che la “Cosa Rossa” di cui da mesi cianciano gli stati maggiori di PRC, PdCI, Sinistra Democratica oggi sia questo e non altro.
    I provvedimenti in materia di ordine pubblico messi in cantiere dal Ministro Amato contro la mendicità, gli ambulanti, gli irregolari, le piccole forme di illegalità degli esclusi, recuperano e assumono in sé tutto l’odio di classe ottocentesco di matrice liberale. In sostanza trasferiscono sul terreno dei provvedimenti polizieschi la gestione degli effetti del complesso di misure legislative e campagne mediatiche a cui assistiamo da mesi. Migranti e lavavetri? Sono una minaccia alla legalità. I lavoratori? Sono dei fannulloni. Lo Stato sociale? E’ un sperpero di risorse pubbliche. I diritti? Sono una rigidità che ingessa la modernizzazione del sistema. Il sistema elettorale proporzionale? Impedisce la governabilità. La democrazia? E’ un peso che va limitato al “governo dei migliori” teorizzato da Montezemolo.
    E’ impressionante la somiglianza tra queste tesi – oggi diffuse a piene mani non solo dal milieu anticomunista viscerale di Berlusconi ma anche dagli “uomini della provvidenza” come Veltroni, Cofferati etc e quelle dei pensatori liberali che - a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento -scatenarono una vera e propria guerra di classe contro i poveri, gli operai, gli scarti umani prodotti dalla rivoluzione industriale in Inghilterra.
    Lo storico Domenico Losurdo, ha messo insieme queste tesi in un recente libro che vale la pena di leggere con attenzione in tempi come questi. L’odio di classe contro i poveri, i mendici, i vagabondi, i salariati miseri, gli espropriati delle campagne venuti in città, così come il razzismo, lo schiavismo e il colonialismo, sono una caratteristica comune e fondante dei pensatori liberali dell’Ottocento.
    L’introduzione del lavoro coatto e delle sanzioni penali per questuanti, lavavetri, writers, mendicanti, l’inasprimento delle pene verso i “reati contro la proprietà” estendibili anche ai minorenni, avanzata dal Ministro Amato (con enormi consensi bipartizan) è l’altra faccia del razzismo di ritorno, delle missioni militari coloniali e civilizzatrici e della stessa democrazia di “lorsignori” abbondantemente analizzata e denunciata da Losurdo.

    L’ORIZZONTE È IL WELFARE DEI MISERABILI
    “E’ evidente che dobbiamo rendere spiacevole l’assistenza, dobbiamo separare le famiglie, fare della case di lavoro una prigione e rendere la nostra carità ripugnante”.
    [4] E’ sufficiente segnalare questo passo di Toqueville per vedere non solo l’odio di classe verso i poveri ma anche l’orizzonte del welfare dei miserabili al quale puntano le sia misure adottate dal governo di centro-sinistra sia l’idea di stato sociale che ispira i liberali (forzaitalioti o democratici) e le loro campagne contro la spesa e i servizi pubblici. [5]
    Dunque abbiamo di fronte una classe dominante vendicativa che vuole riportare nel nostro paese i rapporti sociali all’Ottocento, che percepisce se stessa come superiore
    [6]sia rispetto al suo popolo che rispetto ai popoli, che intende vendicarsi per i “torti” subiti negli anni Settanta che ne hanno contrastato l’arroganza per almeno un quindicennio (da qui l’odio feroce per il movimento del ’77 e quello appena più mitigato verso il movimento del ‘68/’69) e che lincia politicamente per ogni frase appena appena fuori posto. [7]
    E’ stato sufficiente vedere come questa classe dominante ha reagito ai movimenti antiliberisti avviatisi da Seattle in poi e che avevano cercato di avviare una importante controtendenza: cosa è stata Genova 2001 se non la rappresentazione violenta e rivelatrice di questo odio e della vendetta di classe di “lorsignori”?
    Questa classe dominante ha utilizzato ogni mezzo e illecito per arrivare a questa situazione nei rapporti di forza. Cosa è stata la reazione dell’establishment al conflitto di classe nella Prima Repubblica lo dice bene il personaggio di un bellissimo romanzo sociale contemporaneo “L’Italia è una democrazia a sovranità limitata, dominata da una oligarchia di corrotti, stragisti e mafiosi legati dal cemento dell’anticomunismo”.
    [8]
    Cosa sarà con la Seconda Repubblica del bipartitismo, del Partito Democratico, della modernizzazione del sistema e del governo dei migliori lo stiamo già vedendo qui ed ora.
    Gente che guadagna come minimo duecentomila euro all’anno dice che a chi ne guadagna venticinquemila o che vive nella precarietà o con pensioni da fame che loro sono il problema da eliminare. E’ uno scenario non è più accettabile come non lo era quando nacque la Lega dei Giusti a metà dell’Ottocento, ma da allora i lavoratori ne hanno fatta tanta di strada e si sono presi bei pezzi di storia nelle proprie mani. In questo scorcio di XXI° Secolo i ricchi, i borghesi e il loro establishment vogliono riportare indietro la storia di almeno due secoli. Del resto è anche vero che sul piano della spartizione della ricchezza prodotta nel nostro paese, il reddito destinato al lavoro - rispetto a rendite e profitti - è tornata al 46, 6% cioè ai livelli del 1881, indietro di quasi 130 anni.
    [9]
    Per questo nel rapporto con i governi di “lorsignori”. Occorre recuperare con forza l’indipendenza dall’attuale quadro politico e l’identità di classe dei lavoratori e dei settori popolari – incluso l’odio di classe - come elemento formativo di una coscienza che possa riaprire una ipotesi avanzata e trasformatrice dentro questa società.

    Note:
    1. E. Sanguineti: “Come si diventa materialisti storici?” p. 27, edizioni Manni/CRS
    2. L’offensiva craxiana dei primi anni Ottanta, si muoveva in sintonia con l’ondata liberista thatcheriana e reaganiana e segna indubbiamente il punto di snodo della restaurazione nel nostro paese. I linguaggi di Veltroni, D’Alema come quello dei vari Giddens si richiamano continuamente al dogma della modernizzazione come valore di riferimento, lo stesso aveva fatto Craxi all’epoca. E’ in questi venti anni che i confini tra socialdemocrazia e liberalismo si sono fatti prima labili e poi inesistenti.
    3. Il PdCI ha cercato e cerca di mantenere alcuni capisaldi di identità politica e culturale, tentativo rilevabile dal suo settimanale “La Rinascita” e da alcune iniziative, ma quando si passa all’azione politica emerge tutta l’ambiguità mascherata da pragmatismo classica degli Amendola e dei Cossutta che caratterizzarono il PCI.
    4. D. Losurdo. “Controstoria del liberalismo”, Laterza, p. 73
    5. Il concetto di welfare dei miserabili è stato coniato dall’economista Luciano Vasapollo in diversi lavori apparsi sulla rivista Proteo.
    6. Montezemolo in uno dei suoi deliri di onnipotenza, ha avanzato l’idea del “governo dei migliori”. Un concetto che esteso sul piano delle relazioni internazionali sottende alle invasioni militari nei paesi del sud del mondo per portare la “democrazia”.
    7. E’ stato il caso recente di Francesco Caruso sulla Legge Biagi o ancora prima di Oliviero Diliberto il quale in una battuta affermava che al “Billionaire” in Costa Smeralda ci sarebbe andato solo imbottito di tritolo.
    8. E’ quanto dice il poliziotto Scialoja in “Romanzo Criminale” di Giancarlo De Cataldo
    9. Geminello Alvi in CorrierEconomia, dicembre 2006/Contropiano nr. 1 del 2007



    ARDITI NON GENDARMI

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    OMNIA SUNT COMMUNIA


    Berlusconi scherzava, Cossiga no.


    Già registrata la retromarcia del premier diversamente alto ("non ho nemmeno mai pensato di mandare la polizia nelle scuole"), tocca prendere nota di una simpatica intervista di Cossiga

    Dice l'emerito picconatore:
    Da "GIORNO/RESTO/NAZIONE" di giovedì 23 ottobre 2008
    INTERVISTA A COSSIGA «Bisogna fermarli, anche il terrorismo partì dagli atenei» di ANDREA CANGINI - ROMA PRESIDENTE Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato? «Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo.
    Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figurac- cia».
    Quali fatti dovrebbero seguire? «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».
    Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».
    Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
    Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
    Nel senso che...
    «Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
    Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».
    Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che in- dottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».
    E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.
    «Balle, questa è la ricetta democratica:
    spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».
    Quale incendio? «Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università.
    E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».
    E` dunque possibile che la storia si ripeta? «Non è possibile, è probabile.
    Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».
    Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.
    «Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama...».
    Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...
    «Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all`inizio del- la contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com`era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro.
    La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla... Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».
    CONFRONTO «Ieri un Pci granitico oggi Pd ectoplasma Perciò Berlusconi dev`essere prudente» [.]


    mazzetta.splinder.com

    ARDITI NON GENDARMI

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    L'intervista di cossiga mi disorienta.

    Certe cose si fanno, non si dicono.

    Non so, mi sembra come se volesse impedire l'attuazione della strategia attualmente più produttiva.
    Ci vedo un secondo fine, che non sia la delegittimazioni dell'unica prassi utile al risanamento della crisi mediatica che sta vivendo la rappresentanza politica maggioranza al governo?

    bho

    Che l'autoreferenzialità del governo berlusconi cominci ad ostacolare seriamente determionati apparati oligarchici??????

  6. #6
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    Sicuramente c'è uno scontro al vertice, tra dominanti, ma è molto complicato capire chi sta con chi. Cerchiamo di approfondire.

  7. #7
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    BERLUSCONI: GARANTIREMO TRAFORI ALPI ANCHE CON LA FORZA



    MILANO - ''Lo Stato garantira' la possibilita' di realizzare i trafori alpini del Corridoio 5 anche con l'uso della forza, cosi' come ha fatto in Campania per l'emergenza rifiuti''. E' quanto ha annunciato il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso dell'inaugurazione dell'Eicma 2008, parlando di infrastrutture per le quali ''il governo ha messo a disposizione 16 miliardi, dopo che la sinistra aveva bloccato i nostri piani e i cantieri come il Frejus, per colpa di Rifondazione Comunista''. Secondo Berlusconi una minoranza non puo' pretendere di fermare un cantiere, ''perche' questo non e' espressione diretta di democrazia, va contro ai cittadini, ai viaggiatori e allo Stato''.

    http://www.ansa.it/opencms/export/si...815014705.html

 

 

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