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  1. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da EresiaMaxima Visualizza Messaggio
    Ribadisco che la Gelmini non ha letto Spengler, non ha letto Junger, non ha letto Heidegger e quindi occorrono dei disegnini per spiegargli certi "passaggi" .. Insomma la filosofia è fuori dalla loro portata e quindi
    " economicamente inutile " ...
    Mi sembra una polemica abbastanza infelice in questo contesto dal momento che Severino sta precisamente ironizzando sul piagnisteo che si fa attorno alla crisi dell'umanesimo filosofico travolto dalla civilizzazione tecnica, il quale però è semplicemente la premessa necessaria della seconda ed entrambi sono stadi dello stessa parabola filosofica percorsa dal pensiero occidentale.

  2. #12
    Ex-Hobbit2
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    Citazione Originariamente Scritto da ServoDellaGleba Visualizza Messaggio
    Mi sembra una polemica abbastanza infelice in questo contesto dal momento che Severino sta precisamente ironizzando sul piagnisteo che si fa attorno alla crisi dell'umanesimo filosofico travolto dalla civilizzazione tecnica, il quale però è semplicemente la premessa necessaria della seconda ed entrambi sono stadi dello stessa parabola filosofica percorsa dal pensiero occidentale.
    Ma, detto in tutta modestia (non pretendo certo di avere la cultura filosofica di Severino. Io sono un ignorante, lui uno dei maggiori del secolo), queste sono le conclusioni di E. Severino, e potrebbero anche essere difformi dalla realtà.
    Del resto io non ho letto i suoi testi, ergo....

  3. #13
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    Citazione Originariamente Scritto da Leborino Visualizza Messaggio
    Ma, detto in tutta modestia (non pretendo certo di avere la cultura filosofica di Severino. Io sono un ignorante, lui uno dei maggiori del secolo), queste sono le conclusioni di E. Severino, e potrebbero anche essere difformi dalla realtà.
    Del resto io non ho letto i suoi testi, ergo....
    Fondamentalmente lui dice questo: cari profani, voi siete abituati a parlare di filosofia e di non filosofia, di sapere umanistico e di sapere scientifico, ma non vi accorgete dell'intima connessione dell'uno e dell'altro - per cui la tecnica non è che la conseguenza finale di una modalità di pensiero che risale agli albori della filosofia occidentale, al pensiero greco successivo a Parmenide: il quale conterrebbe già in sé in nuce (nel suo modo di concepire il divenire delle cose come sospeso fra l'essere e il nulla) quel nichilismo che solo oggi è giunto a pieno dispiegamento.

    Questa è la sua analisi, interessante a prescindere da quel che si può pensare sulla praticabilità di quel "ritorno a Parmenide" che il filosofo veneziano propone come soluzione.

  4. #14
    Ex-Hobbit2
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    Citazione Originariamente Scritto da ServoDellaGleba Visualizza Messaggio
    Fondamentalmente lui dice questo: cari profani, voi siete abituati a parlare di filosofia e di non filosofia, di sapere umanistico e di sapere scientifico, ma non vi accorgete dell'intima connessione dell'uno e dell'altro - per cui la tecnica non è che la conseguenza finale di una modalità di pensiero che risale agli albori della filosofia occidentale, al pensiero greco successivo a Parmenide, il quale conterrebbe già in sé in nuce (nel suo modo di concepire il divenire come sospeso fra l'essere e il nulla) quel nichilismo che solo oggi è giunto a pieno dispiegamento.

    Questa è la sua analisi, interessante a prescindere da quel che si può pensare sulla praticabilità di quel "ritorno a Parmenide" che il filosofo veneziano propone come soluzione.
    D'accordissimo sul fatto che il sapere scientifico sia in intima connessione col pensiero filosofico; e di più, che non esiste sviluppo tecnologico senza un pensiero che lo presuppone. Dubbioso sul fatto che vi sia un'intima connessione fra il pensiero greco (semprechè si possa poi riconoscere un'unicità alla filosofia antica) e l'attuale evoluzione scientifico-tecnologica. Propenderei di più per una rottura epistemologica.

    Ma, come già detto, io sono uno stronzo qualunque, Severino uno dei maggiori filosofi del secolo.

  5. #15
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    Sì ma neppure a me interessa svalutare Eraclito o la grecità come responsabili della crisi (anche perché è abbastanza difficile sfuggire all'evidenza del divenire, sebbene lui la ritenga una sorta di condizionamento storico); dico solo che è chiaro qual è il suo punto.

  6. #16
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    grossomodo concordo con l'analisi di Severino.

    l'Occidente è marcio sin dalle fondamenta, le premesse del disastro attuale erano in germe sin dall'inizio, la sua evoluzione attuale non è un accidente ma il suo coerente e logico traguardo.
    per questo, se non vogliamo essere distrutti da questo mostro, bisogna abbatterlo completamente e sostituirlo con la Civiltà veramente cristiana dell'Est ortodosso. e l'Islam aiuta.

  7. #17
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    Citazione Originariamente Scritto da Hajduk Visualizza Messaggio
    grossomodo concordo con l'analisi di Severino.

    l'Occidente è marcio sin dalle fondamenta, le premesse del disastro attuale erano in germe sin dall'inizio, la sua evoluzione attuale non è un accidente ma il suo coerente e logico traguardo.
    per questo, se non vogliamo essere distrutti da questo mostro, bisogna abbatterlo completamente e sostituirlo con la Civiltà veramente cristiana dell'Est ortodosso. e l'Islam aiuta.
    Obiezione respinta , i dogmi religiosi non sono fatti per il superuomo ariano che si sa regolare da sè ma sono fatti per governare gli istinti delle razze inferiori , mongoli , negroidi e semiti.

    La storia dell'Occidente è sempre assomigliata ad un pendolo che a volte pende verso il nichilismo passivo (individualismo sfrenato , denatalità , materialismo , consumismo , pacifismo) altre verso il nichilismo attivo , quello predicato da Nietzsche , il vitalismo , il coraggio ed insomma tutto il corredo dei classici valori virili maschili.
    Ci sono dei cicli millenari e all'interno di essi cicli minori di secoli e all'interno dei secoli ulteriori cicli più piccoli decennali...

  8. #18
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  9. #19
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    Citazione Originariamente Scritto da ServoDellaGleba Visualizza Messaggio
    Fondamentalmente lui dice questo: cari profani, voi siete abituati a parlare di filosofia e di non filosofia, di sapere umanistico e di sapere scientifico, ma non vi accorgete dell'intima connessione dell'uno e dell'altro - per cui la tecnica non è che la conseguenza finale di una modalità di pensiero che risale agli albori della filosofia occidentale, al pensiero greco successivo a Parmenide: il quale conterrebbe già in sé in nuce (nel suo modo di concepire il divenire delle cose come sospeso fra l'essere e il nulla) quel nichilismo che solo oggi è giunto a pieno dispiegamento.

    Questa è la sua analisi, interessante a prescindere da quel che si può pensare sulla praticabilità di quel "ritorno a Parmenide" che il filosofo veneziano propone come soluzione.
    Una precisazione: per Severino anche se Parmenide pensa che l'essere e il nulla nn abbiano alcunchè da spartire ritiene però che il senso della "cosa" come oscillazione tra l'essere e il nulla sia portata alla luce da lui prima ancora che da Platone: quando Parmenide nega il divenire lo nega perchè pensa che il divenire sia passaggio da essere a nulla e viceversa, lo nega proprio perchè pensa che nn possa che spiegarsi in tal modo (e il senso greco del divenire è interpretazione nichilistica del divenire per Severino).

    Severino rimane fedele al ramo filologico che fa di Parmenide un accanito oppositore del divenire, negli ultimi decenni lo studio di alcuni frammenti ha indicato la possibilità che il divenire nn fosse escluso in toto dal presocratico ma che in realtà fosse spiegabile come passaggio da una forma d'essere ad un altra..poichè la realtà è costituita di opposti allora il sentiero del giorno e della notte nn starebbero a indicare l'irriducibile differenza di essere e nulla ma due modalità dell'essere che si compensano e ogni opposto (che è) scalza l'altro (che è) senza provocare alcun annullamento di alcunchè..
    Il professor Ruggiu, docente di storia della filosofia a Venezia ed ex allievo di Emanuele Severino (e mio professore) aderisce a tale conclusione (ed anzi è stato tra i primi a proporla), nn si capisce tuttavia (dal mio punto di vista e da molti altri) per quale motivo Parmenide sarebbe passato alla storia come un'indiscutibile oppositore del divenire, nn solo perchè lo sostengono Platone e Aristotele (i quali nn eran suoi contemporanei) ma anche perchè Zenone e i discepoli dell'Eleate sembrano andare nella stessa direzione, la loro filosofia è incentrata sulla difesa dell'essere e sulla negazione del divenire.
    Le due conclusioni sono possibili ma non compatibili, d'altra parte nn si capisce proprio per quale motivo Zenone (il quale negava il movimento) considerasse la propria filosofia come una difesa del discorso del suo maestro (si capisce cioè solo se si pensa che anche per Parmenide il movimento e il divenire eran impossibili)

  10. #20
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    Citazione Originariamente Scritto da Leborino Visualizza Messaggio
    D'accordissimo sul fatto che il sapere scientifico sia in intima connessione col pensiero filosofico; e di più, che non esiste sviluppo tecnologico senza un pensiero che lo presuppone. Dubbioso sul fatto che vi sia un'intima connessione fra il pensiero greco (semprechè si possa poi riconoscere un'unicità alla filosofia antica) e l'attuale evoluzione scientifico-tecnologica. Propenderei di più per una rottura epistemologica.

    Ma, come già detto, io sono uno stronzo qualunque, Severino uno dei maggiori filosofi del secolo.
    Si può riconoscere non solo una connessione tra le varie filosofie antiche, ma anche un nesso tra esse e il pensiero moderno: c'è una costante che permea ogni discorso e che subordina a se ogni evento, dal più edificante al più annichilente, che appartiene a quella dimensione che noi chiamiamo "Occidente".
    Questa costante è il senso greco dell'essente, del divenire, della cosa.
    Questo senso è portato alla luce da Parmenide e permea nn solo la filosofia ma anche le religioni, la scienza, la produzione artistica, l'azione politica,i rapporti economico-sociali, la configurazione delle istituzioni.. il senso di ogni "rimedio", è alla base di ogni azione umana.
    Ogni volontà di potenza vuole dominare il mondo perchè crede che il mondo sia dominabile, vuole organizzarlo in vista del raggiungimento di scopi perchè pensa che sia organizzabile, che sia tempo storia e quindi divenire.
    La volontà per esser potente evoca cioè il divenire, pensando l'essere come totale positività e il nulla come assoluta negatività e pensando il divenire come isolamento dell'essente da entrambi (come la possibilità cioè che l'ente percorra l'infinità distanza che li oppone): per la prima volta ogni distruzione e creazione sn pensate cn radicalità estrema, nn semplicemente come passaggio da una configurazione dell'essere ad un altra (preistoria dell'occidente, antecedente la riflessione sul divenire) ma come annullamento totale di ciò che è e assoluta novità di ciò che è prodotto: la potenza dell'applicazione scientifica alla realtà rinvia a questo senso dell'essere, se l'occidente nn avesse pensato la distruzione e la costruzione cn qsta riflessione allora la radicalità che conviene loro nn sarebbe così estrema e nessuna volontà di potenza penserebbe di poter pervenire ad unacapacità costruttiva e distruttiva tanto elevata (nemmeno quella volontà di potenza in cui consitste l'apparato scientifico-tecnologico).
    In questo senso la tecnica è il rigorizzarsi della filosofia greca e del senso portato alla luce dall'ontologia: si può pensare qualcosa come "dominio della scienza" sl perchè si pensa che il dominio sia possibile e si pensa sia possibile perchè il divenire è l'estremamente evidente (è estremamente evidente per la coscienza dell'occidente il quale nn sospetta nemmeno che nel suo inconscio esso nn sia altro che fede), e infine perchè un dominio di tale proporzione nn sarebbe pensabile senza pensare che l'essente è ciò che (essendo isolato da essere e niente) nn mantiene alcun nesso necessario cn la realtà.

 

 
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