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  1. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da Montebardosu Visualizza Messaggio
    Che soluzioni ti aspetti da questo nuovo pifferaio (di serie B, peraltro?)
    Montebardosu, ti consiglio di rileggere con più attenzione le mie riflessioni, poichè da esse non scaturisce nessuna soluzione immediata, pronta e preconfezionata. Ma solo dubbi e interrogativi.

  2. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da ClaudiaPibiri Visualizza Messaggio
    A me risulta che con quei temi inostri nonni non siano stati fregati, ma che al contrario sono loro che hanno lottato e portato avanti quel tipo di idee...di riscatto, di giustizia, di rispetto della dignità umana.....e sono gli stessi temi che dovremmo ripendere noi oggi e fare di nuovo delle battaglie perchè ciò che avevano conquistato i nostri padri il capitalismo ce lo ha ripreso
    Claudia, condivido completamente quello che scrivi. La nostra generazione vive peggio della generazione dei nostri padri. Immaginati che qualcuno, intuitivamente, l'ha ribattezzata la "generazione usa e getta" una generazione che vive in assenza di diritti e di tutele, soppravvive giorno per giorno senza più pensare al futuro, credo che perdere il diritto ad avere una casa e una famiglia, ed essere costretti a emigrare, è l'aspetto più infame e drammatico della condizione di precarietà e disagio sociale che permane ed opprime la nostra Isola.

  3. #13
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    Citazione Originariamente Scritto da Montebardosu Visualizza Messaggio
    Se invece mostrerai di aver capito, non gli darai più neanche il piacere di ricevere una tua risposta...Capito...topolina?
    Montebardosu, con dispiacere, trovo che questo tuo invito all'indifferenza, rappresenti un segnale di debolezza notevole, del metodo con cui sostieni le tue argomentazioni.

  4. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da Montebardosu Visualizza Messaggio
    Non aggiungerò una parola di più, perché chiunque partecipi al dibattito che egli vuole, gli amplia lo spazio a disposizione e gli dà ulteriori argomenti per replicare.
    Montebardosu, insisto. Ti invito a continuare questa discussione, alla pari, con me, poichè io le tue idee le rispetto, ti consiglierei di fare altrettanto con le mie e quelle degli altri. A me pare che dietro il tuo invito all'indifferenza, (posizione poco coraggiosa) ci sia davvero paura del confronto. Dai, ritorniamo a discutere e confrontarci, abbandona la rabbia emotiva e infantile.

  5. #15
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    Citazione Originariamente Scritto da robertoguidi Visualizza Messaggio
    Riflessioni da Sinistra sulla Questione Sarda
    Il conflitto sociale, è la premessa per una analisi sull'affermazione dei diritti della Nazione Sarda. Dall’analisi dei nostri limiti culturali e politici, dalla riflessione sulla società che viviamo, la Sinistra deve rilanciare l’autodeterminazione del popolo sardo contrastando il massacro sociale generato dal neoliberismo, e ricercando e sperimentando costantemente nuove forme di lotta e connessione con la realtà sociale che ci circonda.

    Fare analisi sulle peculiarità socio-economiche della Sardegna è molto difficile, dare risposte e ricette che determinino la liberazione politica, economica e culturale dei Sardi diviene addirittura impossibile, nel momento in cui ci limitiamo a indicare soluzioni che devono valere per tutti. Per questo è necessario produrre metodi di inchiesta costante e permanente per capire e percepire l’utilità sociale della Sinistra nei confronti della società sarda e sopratutto capire e percepire cosa è utile alla società sarda nel suo complesso.

    Senza inchiesta del vivere quotidiano che ci circonda, non andiamo da nessuna parte, cominciamo a chiederci come ci vede, come ci percepisce, quali esigenze e bisogni hanno gli esclusi, il precario del comune, il lavoratore socialmente utile, l’operatore del call center, il migrante, il pensionato, lo studente, il disoccupato, l’artigiano, il pastore e l’agricoltore.

    Come ho avuto modo di scrivere più volte su questo forum, mi piacerebbe vedere una sinistra pacifista, ambientalista, femminista, comunista, autonomista e sardista con una sinistra nazionalitaria combattere assieme, contro le basi militari, contro il G8 in Sardegna, lottare per una terra smilitarizzata, una terra di incontro e dialogo tra le culture del Mediterraneo, una terra che cresca e si sviluppi producendo lavoro buono, indeterminato e sano, legato alle peculiarità dei nostri territori, nel rispetto dell’ambiente e dei diritti civili e sociali.

    La Sardegna, come il resto del mondo, è la protagonista passiva di un modello di sviluppo selvaggio, che produce solitudine e precarietà, un modello di sviluppo dominato da un capitalismo predatore, che viaggia di pari passo con una tendenza culturale che ci vorrebbe tutti da soli, ognuno per conto suo, in una dimensione egoista e individualista, non solo nel lavoro, ma anche nella quotidianità della vita. La Sardegna vive in maniera drammatica e violenta un processo di deindustrializzione costante, un processo parallelo alla distruzione della cultura operaia e contadina, visibile nel tentativo di mercificazione dei beni comuni, dalla privatizzazione dell’acqua, alla svendita della conoscenza, della cultura e dei saperi.

    Solo lottando per la rigenerazione della cultura comunitaria, mutualistica e ribelle che storicamente ha contraddistinto il movimento operaio sardo, possiamo chiudere per sempre il capitolo del colonialismo culturale ed economico, e possiamo contribuire a ricostruire una coscienza collettiva di classe e di popolo.

    robertoguidi
    Sono d'accordo sulla gravità della nostra situazione così come condivido con Claudia la paura per la deriva che sembra prendere ogni giorno di più il governo italiano.
    Non condivido a priori, un analisi unidirezionale della nostra storia economia e sociale. Il capitalismo è, fino ad oggi, il siema economico che ha saputo produrre più richezza diffusa e credo che in Sardegna al limite ne abbiamo avuto troppo poco. La drammatica realtà che tu hai descritto non dipende dal neoliberismo oligarchico (che ti assicuro non trova la mia simpatia) che ha governato il pensiero economico e politico occidentale (anche a sinistra) negli ultmi 30 anni. Ma semmai dal fatto che in Sardegna non si è mai sviluppata una classe imprenditoriale credibile, così come non è attecchita quella favolosa locomotiva di 3/4 d'Italia che è rappresentata dal tessuto delle PMI. Prima della distribuzione della richezza dobbiamo fare i conti con il problema della produzone della stessa. Perchè se soffrono le categorie che tu hai citato soffrono, e tanto, anche gli imprenditori, che si trovano schiacciati da una pressione fiscale inaccettabile, che lottano nella più totale carenza di infrastrutture e che si trovano divisi gli uni contro gli altri a causa di politiche cooperativistiche e consortili finalizzate solo al mantenimento di clientele politiche. E dio sa quanto sia importante il ruolo della cooperazione in un sistema produttivo prevalentemente agro-pastorale.
    Credo che gran parte dei nostri mali siano da attribuire a 60 anni di poltica "feudale" della nostra isola, in cui i partiti nazionali hanno sempre pensato a mantenere grasse clientele senza mai affrontare il problema dello sviluppo in modo serio.
    Quindi la nostra isola per la sua svolta ha bisogno di partiti autonomi, tanto di sinistra quanto di destra.

  6. #16
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    Citazione Originariamente Scritto da forastiu Visualizza Messaggio
    Prima della distribuzione della richezza dobbiamo fare i conti con il problema della produzone della stessa.
    Ciao Forastiu, ti chiedo scusa per il ritardo con cui ti rispondo, e ti ringrazio per le tue considerazioni. Sarebbe troppo facile scriverti che non ti ho risposto perchè non ho avuto tempo. La verità è che la tua risposta è stata davvero efficace, perchè mi ha suscitato molti dubbi, ed ho scelto di prendermi del tempo per risponderti, leggendo e rileggendo più volte ciò che avevi scritto. Parto dalla fine delle tue considerazioni.

    Condivido l'esigenza di una prospettiva autonomista che parta da tutti i partiti sardi, da destra a sinistra. Una esigenza che potrebbe arrivare (secondo me) alla rivendicazione comune di un Parlamento, come in Catalogna. Condivido il fatto che storicamente la gran parte dei nostri mali derivi dai 60 anni di politica feudale della nostra isola, i partiti, (ma senza distinzione di nazionali o regionali) non solo hanno sempre pensato di mantenere le clientele, a discapito del resto delle categorie sociali dei sardi, ma attraverso i governi regionali del centro sinistra sardo di fine anni sessanta, hanno consolidato quel sistema economico basato sulla distruzione culturale e sociale delle micro economie locali, agricole e pastorali a favore di una industrializzazioone forzata. Non posso condividere invece l'idea di un capitalismo buono, dal volto umano, che genera ricchezza diffusa, ed è limitato da una sua degenerazione che tu chiami neoliberismo oligarchico. me pare invece che questo sistema oggi sia in crisi, e lo stia dimostrando proprio nella capacità dei governi di difenderlo ed intervenire nel salvataggio delle banche, senza considerare la crisi reale delle famiglie.

    C'è un limite nelle mie riflessioni iniziali, un limite che cercherò di approfondire meglio, una assenza di analisi sul lavoro autonomo, sul complesso tessuto sociale e conomico delle PMI, sul mondo degli artigiani, e sulle difficoltà che tu descrivi benissimo, e che sottoscrivo, del loro lavoro e delle loro incapacità di sviluppo e crescita nella totale carenza di infrastrutture. Lascio in evidenza una tua frase, che continua a farmi riflettere, e che alla fine condivido, nonostante pensi che per affontare seriamente il problema della produzione in Sardegna, sia necessario investire in lavoro, in politiche mirate allo sviluppo del lavoro, da un nuovo piano straordinario per il lavoro, al reddito di cittadinanza o al salario sociale, e non in tagli indiscriminati e demagogici alle stesse politiche del lavoro.

  7. #17
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    Citazione Originariamente Scritto da robertoguidi Visualizza Messaggio
    Non posso condividere invece l'idea di un capitalismo buono, dal volto umano, che genera ricchezza diffusa, ed è limitato da una sua degenerazione che tu chiami neoliberismo oligarchico.
    Ciao Roberto, innanzitutto permettimi di apprezzare la serietà e la civiltà con cui dialoghi. Credo sia la risposta migliore a tutte le stupidaggini che ti hanno riversato addosso (la più bella è che io sarei il tuo clone).
    Comincio la mia riflessione dalla tua frase che ho riportato. Credo che il capitalsimo e il mercato non siano di per se ne buoni e ne cattivi. Storicamente tuttavia gli unici paesi che hanno raggiunto il progresso e il benessere l'hanno fatto attraverso l'economia di mercato e la democrazia, pur con mille contraddizioni e ingiustizie. A questo punto si può scegliere di lasciare il mercato a se, sperando nei suoi meccanismi autoterapeutici, o se guidarlo, indirizzarlo, talora incentivandolo con sostegni altre volte tamponandolo e correggendone le storture. Si tratta di capire se il mercato è un motore o un pilota automatico. Io chiamo neoliberismo oligarchico lo scenario economico occidentale degli ultimi 30 anni. E' un sitema che si sta sgretolando non per colpa dell'economia, ma della politica. E da qualche anno trovano spazio nuove posizioni e idee che stanno vendendo alla ribalta a causa della crisi (con improbabili sostenitori dell'ultima ora vedi Tremonti). Per le banche poi il discorso è diverso, trattandosi più che altro di un problema di lobby.
    Io sono anticomunista in se per se, ma lo sono ancora di più in relazione alla Sardegna. Perchè penso che una lotta di classe non abbia senso laddove manca una classe (imprenditoriale). Perchè penso che il comunismo sia un modello importato senza nessuna coerenza con la nostra storia. Perchè sono fermamente convinto che il lavoro nasce dalla domanda e che la domanda si crea solo in un modo: il prodotto giusto venduto in maniera corretta. E in Sardegna di prodotti giusti ne abbiamo sin troppi ma siamo sicuro che le micro economie locali siano in grado di venderli nel modo giusto? Perchè la Sardegna aveva e ha bisogno dell'industria, ma non certo di quella che è stata impiantata. E' quanto mai necessario puntare sulla crescita e sulla modernizzazione di quelle che sono le nostre capacità distintive. Non si è mai cercato di rafforzare il cosidetto "agribusiness" e, non mi stancherò mai di ripeterlo, di costruire un modello consortile dove i produttori si dedicavano solo al loro sapere produttivo lasciando la vendita, la R&S e il marketing a figure specializzate (che in sardegna nascono e poi emigrano). Perchè il produttore di carciofi, di bottarga di pecorino quano si trova di fronte al sig Auchan è un nano, anzi un microbo che altro non può fare se non farsi tirare il collo. Ma intanto ci riempiono la testa con la menata dell'invidia e con frasi tipo "su sardu no è fattu po triballai impari" e comincio a pensare che un industria debole faccia comodo alla nostra classe politica parassitaria e incapace.
    E mentre noi parliamo una regione come la Puglia affina sempre di più le coltivazioni di carciofo spinoso. Per questo abbiamo bisogno di un industria forte. E invece i nostri marchi più forti cadono in mano straniera (Zedda&Piras, Ichnusa), mungiamo le nostre pecore per produrre un formaggio che si chiama "romano" e restiamo a bocca aperta nel vedere le noste spiaggie piene di chioschi Algida dopo che l'Unilever ha mandato alla fame 200 lavoratori.
    Ti chiedo scusa per la lunghezza della mia risposta e ti saluto.

  8. #18
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    Citazione Originariamente Scritto da forastiu Visualizza Messaggio
    Si tratta di capire se il mercato è un motore o un pilota automatico. Io chiamo neoliberismo oligarchico lo scenario economico occidentale degli ultimi 30 anni. E' un sitema che si sta sgretolando non per colpa dell'economia, ma della politica. E da qualche anno trovano spazio nuove posizioni e idee che stanno vendendo alla ribalta a causa della crisi (con improbabili sostenitori dell'ultima ora vedi Tremonti). Per le banche poi il discorso è diverso, trattandosi più che altro di un problema di lobby.

    Perchè sono fermamente convinto che il lavoro nasce dalla domanda e che la domanda si crea solo in un modo: il prodotto giusto venduto in maniera corretta. E in Sardegna di prodotti giusti ne abbiamo sin troppi ma siamo sicuro che le micro economie locali siano in grado di venderli nel modo giusto? Perchè la Sardegna aveva e ha bisogno dell'industria, ma non certo di quella che è stata impiantata. E' quanto mai necessario puntare sulla crescita e sulla modernizzazione di quelle che sono le nostre capacità distintive. Non si è mai cercato di rafforzare il cosidetto "agribusiness" e, non mi stancherò mai di ripeterlo, di costruire un modello consortile dove i produttori si dedicavano solo al loro sapere produttivo lasciando la vendita, la R&S e il marketing a figure specializzate (che in sardegna nascono e poi emigrano). Perchè il produttore di carciofi, di bottarga di pecorino quano si trova di fronte al sig Auchan è un nano, anzi un microbo che altro non può fare se non farsi tirare il collo. Ma intanto ci riempiono la testa con la menata dell'invidia e con frasi tipo "su sardu no è fattu po triballai impari" e comincio a pensare che un industria debole faccia comodo alla nostra classe politica parassitaria e incapace.
    E mentre noi parliamo una regione come la Puglia affina sempre di più le coltivazioni di carciofo spinoso. Per questo abbiamo bisogno di un industria forte. E invece i nostri marchi più forti cadono in mano straniera (Zedda&Piras, Ichnusa), mungiamo le nostre pecore per produrre un formaggio che si chiama "romano" e restiamo a bocca aperta nel vedere le noste spiaggie piene di chioschi Algida dopo che l'Unilever ha mandato alla fame 200 lavoratori.
    Ti ringrazio di nuovo per la risposta forastiu. Nel mondo, dalla storia del 900 ai giorni nostri, non è mai esistito un modello alternativo di svilupo globale al capitalismo. Ovviamente hai ragione quando scrivi che gli unici Paesi che hanno raggiunto un livello sufficiente di sviluppo e di benessere, lo hanno fatto all'interno della dimensione globale del Mercato. Ma non per questo possiamo smettere di immaginare un idea differente di cambiamento e trasformazione dell'ordine delle cose esistenti. Le esperienze dei regimi sovietici e delle democrazie socialiste nel mondo, sono fallite, perchè sono degenerate in un autoritarismo simile ai regimi che avevano preceduto la nascita delle loro Rivoluzioni. Premetto che le soluzioni che immagino nell'immediato, per uscire dalla crisi non sono certo l'approppriazione da parte della classe operaia dei mezzi di produzione e l'abolizione della proprietà privata. L'ultima parte della tua analisi la trovo molto ben fatta, davvero, e mi riprometto di approfondire tutti i dati e le informazioni che hai scritto e citato.

 

 
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