VII Congresso di Radicali Italiani: la relazione del tesoriere Michele De Lucia
Chianciano Terme, 30 ottobre 2008
• n.b. nelle prossime ore verranno pubblicate le tabelle allegate
VII CONGRESSO DI RADICALI ITALIANI
CHIANCIANO TERME, 30 OTTOBRE – 2 NOVEMBRE 2008
RELAZIONE
DEL TESORIERE
di Michele De Lucia
con la collaborazione di
Daniele Bertolini e Alessandro Massari
· Premessa. Dalla R/esistenza radicale alla Libera/Azione radicale
Care compagne, cari compagni,
al termine di questi quattro mesi di mandato straordinario come Tesoriere del nostro Movimento, voglio prima di tutto dirvi che oggi, tra i tanti, sono contento soprattutto per un motivo: oggi questa straordinarietà torna nelle mani del Congresso, torna nelle mani di tutti gli iscritti, torna nelle vostre mani.
Questa è la relazione di un tesoriere, e di un tesoriere radicale. L’approccio migliore mi è sembrato di poterlo trovare costruendo un gioco di specchi tra noi e loro, tra la R/esistenza radicale e il partito unico della partitocrazia articolato nelle sue diverse sezioni. Alcune delle notizie su partiti, finanziamento pubblico, bilanci e fondazioni che sono uscite sulla stampa negli ultimi anni possono costituire una valida introduzione:
“L’inesorabile emorragia dei partiti, conti in rosso e fuga degli iscritti. In uno studio pubblicato dalla Bocconi 15 anni di vita politica: potere sempre più verticistico e centralizzato” (La Repubblica, 4 maggio 2007, p. 13)
“Finanziamento, stop alle fondazioni. Scontro in commissione, i piccoli dell’Unione bocciano la norma. Il testo avrebbe permesso ai partiti di accedere ad altre sovvenzioni pubbliche e aveva il via libera bipatisan di Margherita, Ds e Cdl” (La Repubblica, 4 maggio 2007, p. 13)
“Soldi & partiti. Tramontano le fondazioni” (Il Sole 24 Ore, 4 maggio 2007, p. 15)
“Partiti italiani? I più cari d’Europa. Ogni anno 200 milioni di fondi pubblici, più delle presidenziali Usa” (La Stampa, 5 maggio 2007, pp. 10-11)
“I partiti in emorragia di iscritti, ma cresce chi ci campa. Siamo il Paese che spende di più per i parlamentari” (Quotidiano Nazionale, 7 maggio 2007, pp. 12-13)
“Trasparenza e bilanci. Quando il partito è cliente della banca” (Corriere della Sera, 8 luglio 2007, p. 26)
“Torni il finanziamento ai partiti. Sposetti divide destra e sinistra” (La Repubblica, 20 agosto 2007, pag. 4)
“Proposta DS. Partiti finanziati, bufera su Sposetti” (Il Secolo XIX, 20 agosto 2007, p. 3)
“Ritorna il partito-fondazione. Camera: Pdl di Marco Filippeschi (Dipartimento istituzioni dei Ds)” (Il Sole 24 Ore, 22 agosto 2007, p. 12)
“Partiti e fondazioni, spunta il 4 per mille. Fassino propone di introdurre nello statuto del Pd la possibilità di destinare una quota dell’Irpef ai gruppi politici” (L’Indipendente, 20 ottobre 2007, pag. 1)
“Fondazioni e partiti: aiuti per 18 milioni. Le domande entro il 1° novembre” (Il sole 24 ore, 21 luglio 2008, p. 11)
“Rimborsi elettorali, soldi anche ai partiti fuori dal Parlamento. Al Pdl 19 milioni, 17 al Pd. Raddoppiano i fondi a Lega e Idv. Finanziati pure Sinistra Arcobaleno, Storace e Socialisti” (Il Messaggero, 30 luglio 2008, pag. 9)
“Il caso. Ed è un mistero il finanziamento al gruppo misto. Muro di niet alle richieste di informazioni sulla quantità e l’utilizzo delle risorse” (Italia Oggi, 30 luglio 2008, p. 5)
“Partito delle Libertà. Il tesoretto di An e i debiti di FI ostacolo alla fusione” (Libero, 22 agosto 2008, p. 7)
Torniamo indietro di qualche anno:
“Berlusconi punta 50 miliardi sulle urne. Per le spese delle campagne elettorali offerta una fidejussione personale da parte del leader. Le garanzie, rilasciate a un pool di istituti bancari dal candidato premier della Casa delle libertà, sono già integralmente utilizzate dal segretario amministrativo degli azzurri Giovanni Dell’Elce” (MF, 8 maggio 2001, p. 2)
“Un miliardo e mezzo da Forza Italia al CCD” (Corriere della Sera, 11 maggio 2001, p. 2)
“Casse vuote, i Ds non pagano i dipendenti” (Il Giornale, 1 giugno 2001, p. 6)
“Forza Italia, il buco è già a 84 mld. Nel solo esercizio 2000 le perdite sono state di 35,856 mld. Record negativo dei bilanci dei partiti. Salgono a 88 miliardi i debiti con il sistema bancario nonostante i contributi pubblici e privati raccolti, ma i debiti totali ammontano a 155 mld. E sono garantiti da fidejussioni per 176 mld (in parte di Silvio Berlusconi)” (MF, 3 luglio 2001, p. 3)
“Il sistema dei partiti presenta un consolidato da libri in tribunale. E mancano i debiti ex PDS” (MF, 4 luglio 2001)
“I DS hanno mille miliardi di debiti. Il partito è stato salvato da un pool di banche guidato dal Montepaschi” (Il Giornale, 4 agosto 2001)
“Milione per milione, tutti gli sponsor della politica. Merloni e Pelliccioli con Rutelli, Confagricoltura e Orofin con Fi. Farmindustria con entrambi” (Libero, 20 ottobre 2001)
Teniamo a mente queste pagine. Ci tornerò più in là, nei capitoli successivi della mia relazione, ma certo la prima domanda alla quale provare a rispondere è questa: “è ancora possibile, in Italia, un soggetto politico che sia completamente, o almeno principalmente, autofinanziato”, ovvero libero? È possibile che un soggetto politico che non si sieda alla tavola della partitocrazia anch’esso con coltello, forchetta e bavaglino, riesca a sopravvivere e – questo più di tutto ci deve importare, se davvero vogliamo parlare di diversità radicale – a vivere?
E se la risposta è “sì” (o almeno: per fare in modo che la risposta possa il più possibile avvicinarsi a quel “sì”), come va organizzato e come va fatto funzionare quel soggetto (che è un’associazione, non una società)? E seguendo quale strategia politica? Queste, a mio avviso, sono le domande di fondo del Congresso. Queste le domande alle quali, assieme, dobbiamo trovare risposte che siano convincenti innanzitutto per noi, altrimenti non avremo forza, ma debolezza, non avremo convinzioni, ma il nostro incedere sarà quello, incerto e stentato, della sfiducia e dell’inerzia. Dobbiamo trovare le risposte che ci consentano di fare il famoso millimetro al giorno nella direzione giusta: dalla R/esistenza radicale alla Libera/Azione radicale. Dall’alternanza (ridotta sempre più a mera clausola di stile) all’alternativa. Marco Pannella ci aveva avvertiti, fin dall’estate del 2007: “il salto nel buio”. “Si metteranno d’accordo sulle prebende che spetteranno a ciascuno di loro, sia che vinca, sia che perda”. “Palermitani e Corleonesi”.
È sempre più evidente che il centrosinistra avrebbe bisogno di un leader. Il centrodestra no: ha un proprietario, che per di più dopo quattordici anni pare aver capito come si fa il Presidente del Consiglio di Amministrazione di un regime partitocratico. Noi, con l’iniziativa dell’Anagrafe pubblica degli eletti, abbiamo cercato di individuare un punto di attacco per aggredire quel regime partitocratico.
· L’autofinanziamento di Radicali italiani
Le risposte alle domande proposte vanno cercate a partire dai dati oggettivi che descrivono la situazione in cui ci troviamo. Iniziamo dai dati più significativi (compito di un Tesoriere è quello di dare una lettura dei dati politica e non ragionieristica, selettiva e non enciclopedica) relativi prima di tutto alla raccolta di autofinanziamento da parte di Radicali italiani.
Alla data del 27 ottobre 2008, gli iscritti a Radicali italiani per l’anno in corso sono 1.414, ovvero 274 (il 16,2%) in meno rispetto alla stessa data del 2007. I contribuenti sono 472, a fronte dei 347 del 2007 (+36%), sempre prendendo come riferimento il 27 ottobre. Sono stati raccolti complessivamente da Radicali italiani, nel 2008, 307.716,40 euro, a fronte dei 298.738,85 euro del 2007 (+3%); tuttavia la previsione al 31 dicembre 2008 è di 307.716,40 euro, a fronte dei 316.627,43 euro del 2007 (-2,8%). Il versamento medio per sostenitore nel 2008 è di 163,15 euro, laddove nel 2007 è stato di 140,80 euro (+15,9%).
C’è dunque, se si considera l’autofinanziamento complessivo, un dato di tenuta, sia pure molto faticosa. Ma il segno “più” contiene un segno “meno”: meno persone hanno dato in media più soldi (1.886 sostenitori a fronte dei 2.035 del 2007, -7,3%)[1]. Dobbiamo riflettere assieme su questo dato: nel regime partitocratico italiano, ovvero in una situazione che comporta il nostro totale oscuramento mediatico, è più difficile avere un numero maggiore di sostenitori (nuovi) che facciano versamenti più bassi, che non il contrario (gli stessi che versano di più). E a noi, infatti, accade il contrario: sempre le stesse persone (in un numero che è destinato inevitabilmente a diminuire, rebus sic stantibus) danno di più. Questi dati vanno letti assieme ai seguenti: il 45% dei sostenitori 2008 (848 persone) ha un’età compresa tra i 40 e i 60 anni; il 22,4% (422 persone) tra i 60 e gli 80; appena l’1% (18 persone) tra i 18 e i 25; appena il 13,4% (253 persone) tra i 25 e i 40. Come riferimento ho scelto di considerare i sostenitori – quindi non solo gli iscritti ma anche i contribuenti – per evitare che un dato così sbilanciato venga imputato puramente e semplicemente alla quota di iscrizione elevata. Uno dei nostri obiettivi deve essere quello di conquistare il contributo anche di chi non ce la fa a iscriversi, o ancora non vuole. Ci torneremo più avanti. Ora, però, confrontiamo i dati riportati sopra con quelli relativi al Movimento dei Club Pannella (il soggetto radicale attivo sul fronte italiano per la legislatura 1992-1997), anno 1993[2]: il 27,1% dei sostenitori (2.020 persone) aveva tra i 19 e i 25 anni di età; il 35,3% (2.629 persone) da 26 a 40; il 17,1% (1.271 persone) da 41 a 60; il 4,6% (341 persone) da 61 a 80.
Per quanto riguarda Radicali italiani, va evidenziato inoltre che, escludendo il 2001 (anno in cui vi fu, nel mese di luglio, la costituzione del Movimento, con quindi appena sei mesi di tesseramento), la tendenza delle iscrizioni è stata sempre negativa[3], ad eccezione del 2005 (anno di campagna referendaria e di preparazione e lancio della Rosa nel Pugno: + 268 iscritti rispetto all’anno precedente), per toccare il minimo storico quest’anno. I fattori da considerare sono molti, a cominciare dalle considerazioni proposte nella premessa. Sottopongo ora al Congresso un ulteriore elemento di riflessione. Nel 2005, con la Rosa nel Pugno, abbiamo lanciato un nuovo soggetto politico con un progetto ambizioso, schierato nel centrosinistra ma con proposte per molti versi alternative a quelle di Ds e Margherita. E infatti quel progetto politico fu felicemente sintetizzato, in occasione del Congresso di Riccione, con la formula “alternanza per l’alternativa”. Nel 2008, per le ragioni che ben conosciamo – la dissennata liquidazione della Rosa nel Pugno da parte del gruppo dirigente dello SDI; l’altrettanto dissennata corsa verso il “salto nel buio”, con le picconate, tra gli altri, di Veltroni e Bertinotti al governo Prodi; il rifiuto da parte di Walter Veltroni di concedere il collegamento ad una lista radicale; i veti sulle persone (sulle storie) di Marco Pannella, a cui era già stata impedita la partecipazione alle primarie del PD, e Sergio D’Elia (e tutti conosciamo la battaglia che sta oggi conducendo Giulia Innocenzi); l’impossibilità di comunicare alcunché ai cittadini (tra i quali vanno inclusi coloro che Marco chiama “radicali ignoti”) – hanno reso impossibile la costruzione e la comunicazione di un progetto politico. Di conseguenza l’operazione è stata percepita in termini di mera sopravvivenza, perché non ha potuto tradursi in iniziativa politica e vivere in quanto tale, non ha potuto avere il respiro dell’iniziativa politica radicale. Nostro malgrado, il tutto si è risolto in una sorta di “ospitalità”, ma in una ospitalità priva del retroterra che aveva contraddistinto l’ospitalità tentata in occasione delle elezioni regionali del 2005 e impedita dal veto clericalpartitocratico del monopartitismo appena appena imperfetto sul nome (ovvero sulla storia) di Luca Coscioni.
E non vanno dimenticati i due anni di governo Prodi, due anni difficili, nei quali il nostro comportamento non è stato né “fedele”, né “leale”, ma responsabile, esercizio di responsabilità politica nei confronti di tutto il Paese, esercizio una politica di riduzione del danno, una politica per scongiurare il salto nel buio a cui siamo stati infine costretti. Le ragioni delle scelte radicali di quei due anni non le abbiamo potute spiegare da nessuna parte. È successo a volte, anche in questi quattro mesi, che, trovandomi a riflettere assieme a Marco, venisse fuori un’idea, “perché non facciamo questo?”, “perché non dici quest’altro?”. Avete presente quando parlate con qualcuno e dialogando ci si accende di entusiasmo per un’idea? Mi ha molto colpito leggere un secondo dopo, sul volto di Marco, come un senso di desolazione (mai di resa): “Sì, ma dove posso dirla questa cosa? A chi la dico?”.
· Il bilancio
Il bilancio di Radicali italiani, relativo all’anno politico 1/11/2007 – 31/10/2008, si sintetizza nei seguenti dati:
- lo stato patrimoniale registra attività per 78.904 euro, a fronte di passività per 1.999.278 euro. Il disavanzo cumulato è pari a 1.920.374 euro;
- il conto economico registra proventi per 426.369 euro a fronte di spese per 412.700 euro. Il periodo in oggetto vede dunque un avanzo di 13.668 euro. Il risultato positivo suddetto è conseguente alla sopravvenienza attiva di natura straordinaria di euro 86.550 collegata alla “operazione Soros”[4].
Anche in questo anno politico radicale il criterio è stato quello di contenere il più possibile le spese, che sono aumentate rispetto al precedente unicamente per le iniziative politiche e per le collaborazioni.
In dettaglio, quanto al conto economico:
- le spese per i servizi comuni sono scese da 137.236 euro a 42.072 euro;
- le spese per le collaborazioni sono aumentate da 57.947 a 142.568 euro. L’incremento suddetto è dovuto al fatto che fino al 31 luglio Radicali italiani non ha avuto in carico gli organi dirigenti del Movimento, a differenza di quanto accade dal 1° agosto scorso. Inoltre il lavoro necessario all’incardinamento delle iniziative deliberate con le mozioni dei Comitati nazionali di giugno e settembre ha richiesto la previsione di due ulteriori collaborazioni. Sia per i nuovi organi dirigenti (limitatamente a Presidenza e Tesoreria) che per i nuovi collaboratori sono stati stipulati contratti con scadenza al 31 ottobre 2008, al fine di non ipotecare in alcun modo le scelte che dovranno essere fatte dai compagni che saranno chiamati alla guida del Movimento al termine del Congresso. Sempre per quanto riguarda le collaborazioni, la situazione ereditata (che prevede contratti con scadenza al 31 dicembre) è stata lasciata immutata, anche in considerazione della straordinarietà del mandato ricevuto e della brevità (quattro mesi) dello stesso;
- per quanto riguarda le iniziative, la spesa è stata – a fronte dei 45.508 euro dell’anno politico precedente – di 124.150 euro. Per le elezioni politiche 2008, che hanno visto l’elezione (o meglio: la nomina, loro malgrado) a parlamentari di nove compagni, sono stati spesi 48.802 euro. Per le elezioni amministrative 2008 (Roma), sono stati spesi 34.326 euro. La lista radicale (Lista Emma Bonino) non ha conseguito eletti, avendo raggiunto lo 0,67% al Comune e lo 0,82% alla Provincia. Sempre per quanto riguarda la Provincia di Roma, un altro compagno, Massimiliano Iervolino, è stato candidato nelle liste del PD, risultando primo dei non eletti e ricevendo dal nuovo Presidente, Nicola Zingaretti, la delega ai diritti umani;
- le spese per campagne di informazione e autofinanziamento sono state di 29.270 euro. Poco meno della metà delle stesse (13.309 euro) sono relative ai gadget previsti per gli iscritti 2008 (il libro Abolire la miseria di Ernesto Rossi e la pen-drive);
- quanto alle spese deliberate dai nuovi organi, a partire dal 1 luglio 2008, vanno segnalate oltre alle collaborazioni, di cui si è detto sopra, quelle (piccole, ma per una grande iniziativa politica) relative alla Anagrafe pubblica degli eletti (3.421 euro per la produzione dei volantini e l’invio per fax della presentazione della campagna e dello schema di delibera a tutti gli enti locali). Abbiamo inoltre effettuato due invii postali: uno a chi era già iscritto, per chiedergli un aiuto, attraverso l’aumento quota, per svolgere il mandato straordinario assegnato ai nuovi organi; uno a tutti coloro che dal 2001 sono stati iscritti almeno una volta a Radicali italiani, con l’obiettivo ulteriore di riaprire un dialogo con tutti coloro che negli anni abbiamo perso per strada.
Per quanto riguarda lo stato patrimoniale, viene qui in evidenza la struttura del debito di Radicali italiani, che ammonta complessivamente a 1.999.278 euro. Il debito del Movimento verso soggetti non radicali (debito esterno) ammonta a 188.758 euro. Le voci più significative riguardano la Team Service (servizio di centralino, ora interrotto, 39.120 euro), Edipro Comunicazioni (allestimento e stampa materiale, 23.172 euro), Hotel Ergife (54.024 euro, v. sub diversi). Il debito verso soggetti radicali (debito interno) ammonta a 1.778.716 euro, di cui 365.284 euro verso Lista Pannella, 1.335.625 verso Partito Radicale e 46.800 verso la Torre Argentina Società di Servizi. Radicali italiani in questi anni non è riuscito ad autofinanziarsi, ed ha potuto continuare a lavorare solo grazie al Partito Radicale ed alla Lista Marco Pannella. E qui va ricordato il lavoro straordinario e duro – “salti mortali”, letteralmente – che sul fronte economico-finanziario sta conducendo in questi anni Maurizio Turco.
Per il VII Congresso di Radicali italiani possiamo prevedere ad oggi una spesa di circa 30.000 euro (va qui segnalato che l’iniziativa “Radicali storici” – ospitalità per i congressisti e mostra – da una parte si traduce in una previsione di spese aggiuntive rispetto ai precedenti congressi; dall’altra, però, conosciamo la forza e la generosità di questi compagni, che in gran parte stanno provvedendo da sé, come hanno sempre fatto, alle spese di viaggio e soggiorno).
· Proposte e criteri di indirizzo per Radicali italiani 2009
Nella prima parte di questa relazione ho esposto diverse ragioni che stanno a mio avviso alla base della situazione nella quale ci troviamo. Se prescindiamo da quelle, non facciamo molta strada. Ma dobbiamo essere consapevoli anche di alcuni passaggi che hanno segnato profondamente la storia del movimento radicale degli ultimi anni.
Per molto tempo, il fulcro dell’autofinanziamento radicale è stato il call center. Quel sistema ha rappresentato, specie agli inizi, una novità felice e produttiva. Il primo embrione lo avemmo nel 1993, con la campagna dei trentamila iscritti al Partito radicale transnazionale[5]. Quindi venne “istituzionalizzato”. Ma poi sono successe due cose: da una parte, la novità non è stata alimentata come si doveva (con il coinvolgimento pieno dei ragazzi, bravissimi, che ci lavoravano, e di cui sarebbe stato necessario e doveroso coltivare la crescita anche politica; con la ricerca di nuovi indirizzari; con un utilizzo responsabile dei contatti a disposizione, evitando di “bruciarli”); dall’altra, si è determinata una grave soluzione di continuità nella tradizione radicale per cui ogni iscritto viveva come propria la priorità di fare altri iscritti, di raccogliere denaro per il partito, ossia per l’iniziativa politica, perché sapeva che l’autofinanziamento era vitale e dipendeva anche da lui. Da una parte si diceva “lascia stare, ci pensa il call-center”, dall’altra si sedimentava il riflesso “tanto c’è il call-center”, e guai a chi si avvicinava. L’erosione è stata progressiva, fino a divenire consunzione. Gli indirizzari sono stati distrutti, la gran parte dei finanziatori più importanti di un tempo oggi non è più contattabile. Richiamare i maggiori finanziatori di un tempo? E quali? Anche qui, bisogna ricominciare da capo.
Nel 1999 c’è stata un’altra grande intuizione di Marco: la vendita del patrimonio, l’unico modo per bypassare il muro della disinformazione. Ha funzionato nel modo formidabile che tutti conosciamo: l’8.5% della Lista Bonino alle europee di quell’anno. Subito dopo, abbiamo condotto un’altra grande campagna, quella per i 20 referendum (poi falciati dalla Corte costituzionale, che è davvero la “suprema cupola della mafiosità partitocratica”), ma non dobbiamo dimenticare che la fase degli interinali innescò a sua volta dinamiche non felici, lasciando il segno sui militanti antichi e nuovi. Abbiamo provato, rischiato, giocato di nuovo il possibile contro il probabile.
Nel 2001, all’indomani di un trittico devastante di sconfitte – Regionali 2000, Referendum 2000, Elezioni politiche 2001 – costituiamo Radicali italiani, e nel 2002 partiamo con le Associazioni: associazioni nate su iniziativa di Radicali italiani, statutariamente collegate a Radicali italiani, ma che hanno operato da subito come associazioni di area, come contributo del Movimento a tutta l’area radicale: le Associazioni hanno portato nelle piazze e nelle strade le iniziative del Partito radicale (la raccolta di firme su Irak Libero, ad esempio), quelle di Nessuno Tocchi Caino, quelle dell’Associazione Luca Coscioni. Tutti ricordiamo la felice campagna referendaria “fai da te” del 2004, le cui spese vennero coperte in gran parte dai militanti con l’autofinanziamento raccolto da loro e, quando l’autofinanziamento non bastava, mettendo mano al proprio denaro. Senza dimenticare che anche il tempo dei compagni è denaro. Nel gioco, tutto di “galassia”, di chi più prende e di chi più dà, sbaglierebbe chi pensasse di prescindere dalla valutazione – da ogni punto di vista – di questo dato.
Nel riprendere, con le associazioni e i punti di riferimento radicali, le antiche abitudini, l’attenzione anche per il centesimo, dobbiamo tenere a mente questo percorso, la soluzione di continuità che si è determinata nella seconda metà degli anni Novanta e nei primi anni Duemila, un vero e proprio salto di generazione, che gli organi dirigenti di Radicali italiani avranno il compito di ricostruire, a cominciare dalla cura per la quota quotidiana, per quel caffé al giorno che ancora oggi viene ripreso spesso negli spot televisivi del tale o del tal altro prodotto, ma che – tranne Marco – nessuno di noi ricorda più.
A proposito di autofinanziamento: modello Obama vs modello fondazioni.
Il candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti ha saputo interessare e coinvolgere nella sua campagna moltissime persone che non si erano mai occupate di politica o che se ne erano allontanate. Specie i più poveri. Ha raccolto miliardi di dollari di fondi – di autofinanziamento – in gran parte con piccoli versamenti, ma numerosi. Obama è riuscito a raccogliere – certo, in una situazione incommensurabilmente diversa dalla nostra (la democrazia americana, soprattutto all’indomani dell’11 settembre, è stata messa a dura prova, ma è ancora tale; l’Italia invece non è una democrazia) – tanto denaro attraverso piccoli versamenti di moltissime persone. Comunque vada a finire (e io mi auguro che finisca con la vittoria del candidato democratico, anche se può ancora perdere), ha condotto una campagna formidabile, dalla quale possiamo mutuare idee, sistema, organizzazione, ma anche trarre qualche motivo di orgoglio. Assieme a Giuseppe Micheletta, compagno del tempo dei Club Pannella, ho partecipato alla conference-call di Nancy Pelosi con gli Americans in Italy for Obama (c’era anche Radio radicale), e la cura per l’impegno quotidiano, per il porta a porta, la consapevolezza che anche uno solo può fare la differenza... sembrava una nostra riunione, un nostro appello, una nostra campagna. Loro sembravano noi nei nostri momenti migliori.
Propongo di ripetere per Radicali italiani quanto facemmo alla nascita dei Club Pannella: ricordate quei tagliandini bianchi e verdi, con lo spazio per i dati personali, con i quali si diveniva “soci” del Movimento dei Club, senza poteri statutari, versando appena mille lire? In questo modo riuscimmo allora a costruire un nuovo indirizzario: esattamente quel che è indispensabile riuscire a fare oggi. Nuovi indirizzari. Per funzionare, questa novità deve poter essere portata su tanti tanti tavoli, ovunque, e avere il supporto di campagne politiche, perché noi, con le nostre mani nude, esistiamo solo attraverso le nostre campagne politiche, solo se c’è una idea che diviene obiettivo politico, e solo se questo obiettivo politico riesce a sua volta ad accendere la scintilla dell’entusiasmo in ciascuno di noi, perché siamo gente libera che deve essere convinta e non c’è spazio per gli ordini di servizio. Abbiamo bisogno di questo per essere speranza. L’Anagrafe è la prima e la più importante di queste iniziative. A mio avviso non deve essere l’unica. Dobbiamo definire ulteriori proposte. Alcune, come l’iniziativa “i tuoi contributi sono tuoi e devono restare tuoi” le avevo preannunciate intervenendo al Congresso dello scorso anno, e in questo anno gli strumenti di base sono stati preparati, e abbiamo ora la proposta di legge, a prima firma Maurizio Turco, depositata alla Camera. È ora, credo, di partire.
Dobbiamo poi mutuare la tecnica di Obama. Sono iscritto da diversi mesi alla sua mailing list, e a intervalli regolari ricevo e-mail del tipo “dobbiamo fare questa iniziativa, ho bisogno del tuo aiuto, versa almeno 5 $ entro la mezzanotte per rendere tutto questo possibile”. Ogni nostra comunicazione, entro un mese dalla fine del Congresso, deve essere accompagnata dalla richiesta del contributo libero sulla tale o tal altra campagna. Attenzione: l’iscritto è “sacro” e deve restare l’assoluta priorità, ma dobbiamo cercare di esplorare, di sperimentare anche strade nuove per fare arrivare persone nuove. Andiamo incontro ad una recessione economica che può rivelarsi lunga e drammatica, e dobbiamo farci trovare pronti: se la tendenza negativa del dato delle iscrizioni, come è probabile, proseguirà, noi dobbiamo metterci in grado di sopperire in un altro modo, dobbiamo dotarci di un “piano b”. Dobbiamo fare questo se non vogliamo anche noi essere ostaggio dei rimborsi elettorali, dei cinque per mille, delle ospitalità pelose, dei volontari pagati dallo Stato, se non vogliamo passare dallo “stato del partito” allo stato nel partito.
Propongo inoltre il ripristino della Commissione permanente sullo Statuto, originariamente prevista dallo Statuto di Radicali italiani e poi abolita. È necessario sperimentare forme statutarie nuove, e considerare la possibilità di introdurre la distinzione tra iscritti e aderenti, dove aderisci ad esempio ad una campagna puntuale con una quota ad hoc ma non eserciti poteri congressuali (se non quelli di intervento e di presentazione di documenti), che restano riservati agli iscritti.
Rilancio dell’on-line. Eravamo avanguardia, oggi siamo retroguardia. Abbiamo mollato su tutto il fronte (quanto pesa l’assenza di Rino Spampanato...), da molti anni, salvo il lavoro prezioso dei compagni di radioradicale.it. La Commissione permanente sullo Statuto dovrà servire anche a questo: non solo a ridare coerenza allo Statuto, ma a rilanciare il fronte telematico e ad attuare quella parte dello statuto che non è mai stata applicata, a cominciare dall’assegnazione a ciascun iscritto, nel momento in cui completa la quota, di uno username e di una password, perché possa partecipare alle scelte e contribuire a determinarle durante tutto l’anno, perché possa, da principio, essere almeno chiamato a esprimersi sulla politica del Movimento anche con referendum consultivi. E poi, ci pensate, compagni, se proprio nel momento in cui tutti i partiti (i proprietari dei partiti) vogliono i nominati, noi i nostri nominati li scegliessimo invece con delle primarie radicali on-line nelle quali votano gli iscritti? È chiaro che si tratta di aspetti molto delicati, di fronti da maneggiare con cura, perché scelte avventate, frettolose, non sedimentate, non adeguatamente preparate e valutate, possono risolversi in un danno, anche molto grave. Qui m’interressa l’impostazione, mi interessano le valutazioni alla base delle scelte da fare e il senso che le stesse devono avere.
Infine: è oggi possibile produrre e inviare i gadget più disparati senza vincolare un solo euro del Movimento. Negli Stati Uniti è un sistema che si è affermato da tempo, da noi è invece è arrivato più tardi. Alcuni se ne sono accorti. Gadget attraverso i quali raccogliere contributi, autofinanziamento. Ci sono aziende che lavorano on-line, tu gli dai il file per la grafica, loro ti dicono quanto costa e quanto trattengono, e ti chiedono a quanto la vuoi vendere. Decidi tu, e trattieni la differenza. Queste ed altre cose dobbiamo tentare se non vogliamo che la nostra R/esistenza si risolva nella nostra fine per consunzione. Gli “storici” ci hanno portato fin qui, sono qui. Dobbiamo capire assieme come far continuare questa storia di oltre cinquant’anni. Gli “storici” sono anche memoria, quindi presente, quindi ponte verso il futuro. Dobbiamo pensare al futuro, trovare oggi quelli che tra trent’anni saranno “storici” anche loro. Io questa responsabilità la sento, ma è un peso che – se abbiamo entusiasmo, se abbiamo convinzione, se ci crediamo ancora – può divenire lieve.
Criteri di indirizzo: non incrementare il debito interno; ridurre il debito esterno; autofinanziare le attività del Movimento. Su quanto tutto questo sia difficile, enormemente difficile, mi sono espresso. Dobbiamo però evitare, tutti assieme, che sia anche impossibile.