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    Predefinito VII Congresso di Radicali Italiani: rassegna stampa

    Radicali: a sorpresa la Casu resta segretario


    • da La Stampa del 3 novembre 2008, pag. 13


    Alla fine, tra le lacrime, Antonella Casu ha accettato di rimanere per il prossimo anno la segretaria di Radicali Italiani. Esito che sembrava scontato all’avvio del VII congresso del partito, ma divenuto incerto già dopo il discorso di apertura della segretaria uscente: «In questi mesi mi sono sentita sola» aveva detto, «quindi non me la sento di proseguire». Quindi si erano fatte sempre più insistenti le voci di una sua rinuncia, e, addirittura, di fronde interne che puntavano proprio al suo affondamento. Ecco allora scendere in campo Marco Pannella, che aveva imposto, «quasi con la violenza», come ha lui stesso ammesso, il nome della Casu già a luglio, quando si era reso necessario rinnovare il gruppo dirigente dopo l’elezione di nove parlamentari Radicali nelle liste del Pd. «Squadra che vince non si cambia», ha tuonato lo storico leader radicale, mettendo in chiaro che non era intenzionato a votare per nessuna segreteria diversa da quella Casu. E arrivando anche a scontrarsi con Emma Bonino sulla mozione finale del congresso: un botta e risposta al vetriolo che nascondeva le tensioni che hanno attraversato sotto traccia l’ultimo giorno di congresso.
    http://www.radicali.it/view.php?id=131443

  2. #2
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    Casu segretaria ma è scontro Bonino-Pannella


    • da Il Mattino del 3 novembre 2008, pag. 6


    Alla fine, tra le lacrime, così come fece già nel’93 Emma Bonino per la segreteria del Partito Radicale Transnazionale, Antonella Casu ha accettato di diventare per il prossimo anno la segretaria di Radicali Italiani.

    Esito che sembrava scontato all’avvio del VII congresso del partito, quattro giorni fa, ma divenuto incerto già dopo il discorso di apertura della segretaria uscente. In mattinata, infatti, si erano fatte sempre più insistenti le voci di una sua rinuncia, e, addirittura, di fronde interne che puntavano proprio al suo affondamento.

    Ecco allora scendere in campo il peso massimo dei Radicali, Marco Pannella, che aveva imposto, «quasi con la violenza», come ha lui stesso ammesso, il nome della Casu già a luglio e che è arrivato quasi a scontrarsi con Emma Bonino sulla mozione finale del congresso, che traccia la linea politica del partito.

    Archiviata la pratica dopo un vero pomeriggio di passione, in perfetta tradizione radicale, avanti allora, con le battaglie di sempre: l’anagrafe degli eletti, la giustizia. E il rapporto di amore-odio con il Pd, che i Radicali restano ben intenzionati a «non mollare».

  3. #3
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    Radicali Rieletta la Casu


    • da Roma del 3 novembre 2008, pag. 36


    Il congresso dei Radicali italiani ha rieletto a segretaria del partito Antonella Casu. «Accettare è stato difficile perché è una grande responsabilità ma mi impegno a continuare a lavorare come faccio da tanto tempo. Non molliamo il dialogo con il Pd ma speriamo che si faccia su iniziative concrete come quella dell’anagrafe degli eletti per cui noi continueremo a lavorare».

  4. #4
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    Radicali, scontro aperto Pannella-Bonino


    • da Corriere della Sera del 3 novembre 2008, pag. 16

    di A. Gar.

    Le lacrime di Antonella Casu, riconfermata segretaria dei Radicali italiani. I colpi di spada (figurati) fra Pannella e Bonino, con lui che non vota la mozione da lei firmata. Come ogni volta, il congresso radicale si chiude con alte dosi di pathos. Antonella Casu è una giovane di origine sarda, antica militante radicale, da quattro mesi designata da Pannella a dirigere il partito (sotto la sua tutela) assieme al presidente Mellano e al tesoriere De Lucia. Ieri Pannella è intervenuto per dire: «Mi sentirò sconfitto se non saranno riconfermati i tre attuali vertici del partito ». Casu però prende la parola e rinuncia. Piange, dice che sente troppo pesante la responsabilità del ruolo.

    Spuntano nel frattempo altre candidature, qualcuno propone Spadaccia, che fu segretario due volte anni fa, altri propongono Sergio D'Elia. Candidature che suonano oltraggio a Pannella.
    Si sviluppa una vasta mozione degli affetti per la Casu, ma intanto viene messa ai voti la mozione congressuale unica, preparata nella notte da Bonino, Spadaccia e altri. Non c'erano, a scriverla, né Pannella, né la Casu. La mozione insiste sull'impegno per un'anagrafe degli eletti, sull'apprezzamento per Napolitano, sulla critica a Veltroni e Berlusconi per la mancata elezione del presidente della commissione di vigilanza Rai. A sorpresa, Pannella annuncia l'astensione: «La mozione è mancante perché non dice che da vent'anni abbiamo assistito a veri e propri colpi di Stato contro il Paese, contro la maggioranza dell'opinione pubblica che vorrebbe una legge sull'eutanasia, sul finanziamento pubblico ai partiti, sul sistema elettorale. Noi ci dobbiamo candidare ad essere alternativa di governo a questo troppo dilagato regime».


    Emma Bonino reagisce d'impulso: «Sarà anche poco vigorosa o monca, la mozione, ma ci è venuta così. Avremmo certo apprezzato il contributo di altri. Ma l'astensione di Marco è evidentemente legata alla mancata riconferma della squadra che governa il partito».
    Alla fine, Antonella Casu crolla. Ancora lacrime e singhiozzi: «Devo per forza accettare ». Applausi e voto quasi plebiscitario. Per il comitato nazionale quattro erano le liste in corsa. Una, promossa da Angiolo Bandinelli e dalla giovane Giulia Innocenzi, si chiamava Punto G (come goliardici, giovinastri, geriatrici, giulivi).

  5. #5
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    Emma e Marco, «amore» e liti Lei: mi ha fatto piangere tanto


    • da Corriere della Sera del 3 novembre 2008, pag. 16

    di Andrea Garibaldi

    Emma, che succede: lei firma la mozione finale e Pannella si astiene. La più salda coppia radicale d'ogni tempo s'incrina? Emma ride: «Non ho capito niente». Come, lei dopo 33 anni di vita in comune, non capisce Pannella? «Non so, mi pare che abbia detto che la mozione non era abbastanza vigorosa. Mi sarò scordata di metterci gli ormoni...». Emma ride, di nuovo. Serenamente sdrammatizza, e questa storia pare segnare il passaggio di testimone definitivo, è lei che ha in mano il filo della complicata politica radicale, è lei che parla di Pd e di referendum, come si è visto qui a Chianciano, mentre Marco fa il simbolo, il guru di tutte le battaglie, vola ormai (troppo) alto. Lui talvolta è preso da invidia, ma poi subito rammenta: Emma l'ho creata e plasmata io, quindi i suoi successi, in fondo, non sono che i miei.

    «Non mi pare un dissenso sostanziale», dice Emma. Marco il Pigmalione scopre Emma nei primi Anni 70, lei si era sottoposta a un aborto clandestino, aveva bussato al Partito radicale. Maestro e allieva brillante, per molto tempo fu così. Insieme in Parlamento per la prima volta, 1976, lui in lino bianco, lei zoccoli e jeans. Abiti al contrario: Pannella abruzzese, irregolare, fluviale; Emma cuneese, metodica, puntuale. Naturale che il primo trascini, d'altronde è più grande, di 18 anni. Ha dichiarato Emma: «Pannella è la persona alla quale, dopo mia madre, devo di più. Senza di lui oggi farei l'insegnante a Codogno». Ha dichiarato Marco: «Emma e io abbiamo sempre giocato con le nostre vite per il possibile contro il probabile».

    Così Emma, piccola e quieta, segue Marco, gigante e vulcano. Imbavagliata in tv contro la censura. Spinelli fra le dita per la liberalizzazione delle droghe leggere. Davanti a Palazzo Chigi per i soldi a Radio Radicale. Tutto liscio? Non proprio. «Tante volte Marco mi ha fatto piangere», dice Emma. Fatto sta che Emma, senza neanche troppo volere, cresce. E Marco soffre, soprattutto quando lei va via lontano dal partito. Emma è commissario europeo, apprezzatissima. Stringe amicizie, costruisce una squadra. Parla spesso addirittura con George Soros, il finanziere, che Pannella ritiene uno speculatore. Mediazione: Soros finanzia l'associazione «Non c'è pace senza giustizia». Screzi? Piccole cose fra due come loro. D'Alema le propone un posto da ministro nel suo governo, Politiche europee, Pannella la convince a rinunciare: «Torna a Roma, c'è da fare». Pannella lancia la Lista Bonino alle europee del '99 e lei prende quasi il 9 per cento, un milione e 218 mila preferenze, contro le 466 mila del suo leader-padre- guida.

    La sera, al partito, è lui che si mostra ai cronisti. Berlusconi vuole Emma candidata col Polo a Bologna per le suppletive della Camera e lei deve dire: «Parlane con Pannella ». Giorni dopo, il Cavaliere invita Emma a pranzo a Strasburgo: spunta Pannella, a capotavola. Emma è la carta più nobile e sicura nelle mani di Pannella, ma lui si allarma quando la sente prendere il largo senza tutele. Emma fa il ministro per Prodi, lavora a testa bassa, nessuno è in grado di muoverle critiche. Elezioni 2008, i radicali vanno in lista col Pd, ma Veltroni mette il veto su Pannella, e accoglie Emma a braccia aperte. In questi giorni, al congresso, Emma parla 45 minuti contro i 170 di Marco, eppure è lei che prende spazio sui giornali, striglia Veltroni, strapazza Berlusconi. Come mutano, a un certo punto, i rapporti fra generazioni, adesso è lei che scruta Pannella con protettivo affetto.

  6. #6
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    Radicali, psicodramma con lieto fine


    • da QN del 3 novembre 2008, pag. 12

    di Ugo Bonasi

    Alla fine dell’ennesimo happening (ventiquattr’ore di tensione tra Marco Pannella e Emma Bonino farcite da abbandoni che rientrano, sospetti e accuse reciproche) i radicali italiani hanno confermato alla loro guida, con una risanatrice standing ovation, Antonella Casu, che aveva retto il partito negli ultimi quattro mesi.

    Incarico che Antonella, quarant’anni scarsi, sarda di origine, romana di adozione, grandissima conoscitrice delle macchine amministrative e, ovviamente, pupilla di Marco Pannella, ha accettato tra le lacrime dopo una raffica di interventi coi quali militanti e dirigenti hanno cercato di convincerla a riassumere l’incarico: «A questo punto devo per forza accettare...». E giù con una cascata di applausi che facevano ritrovare ai radicali l’unità smarrita per qualche ore ma senza un chiaro motivo, se non quello di alimentare l’attenzione verso il congresso.

    Le lacrime di accettazione della Casu fanno il paio con quelle della mattinata quando, fazzoletto in mano, aveva gettato nello sgomento la platea confermando quanto annunciato all’inizio del congresso: rinunciava all’incarico, pur restando convinta che c’è ancora molto da fare, da qualsiasi posizione, «basta avere la voglia e la motivazione». Anche il suo collaboratore alla guida del partito, il tesoriere De Lucia, s’era appellato all’unità: «Solo così ce la possiamo fare».

    Ma il problema diventava apparentemente imbarazzante perché neppure una riunione notturna terminata solo alle sei del mattino aveva permesso di trovare un’alternativa alla Casu. In sostanza, né Pannella né Bonino esprimevano candidati diversi: eppure non c’erano divisioni politiche sostanziali tra i due, come non ce ne sono mai state in più di trent’anni. Bonino aveva elaborato un testo votato dalla maggioranza dei congressisti che plaudiva a Napolitano per aver combattuto la «qualunquistica liquidazione» della vigilanza Rai voluta «sia dal premier sia dal segretario del principale partito d’opposizione»:
    un modo per mettere alla berlina l’alleato Veltroni, che negli ultimi tempi ha snobbato i radicali a favore di Di Pietro. Ma Pannella era salito sul palco per uno show nel quale ha attaccato la mozione perché «mancante», visto che non citava le battaglie radicali contro i «colpi di Stato degli ultimi vent’anni» che hanno impedito, ha sostenuto, nuove leggi sull’eutanasia, sulla riforma elettorale, sul finanziamento pubblico ai partiti. Poi, come in una favola, tutto si è ricomposto con la riconfermata leader (sarà in carica per un anno) abbracciata da tutti, Bonino in testa.

    Antonella Casu ha anticipato che l’anagrafe completa del milione abbondante di italiani eletti nelle amministrazioni sarà la «priorità assoluta». E lì, «su un’azione concreta», si vedrà chi aderirà alla «nostra campagna per far uscire il Paese dalla demagogia imperante». Veltroni è avvisato.

  7. #7
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    Tensione Pannella-Bonino, poi la tregua


    • da Il Messaggero del 3 novembre 2008, pag. 8

    di R.P.

    Lacrime, mozioni degli affetti, mozioni politiche vere, divergenze tra Pannella e Bonino, attacchi e bastonate al Pd di Veltroni, conclusione unitaria: è stato un finale movimentato, quello che ha riservato questo VII congresso dei Radicali italiani conclusosi a Chianciano. Alla fine, tra le lacrime, Antonella Casu ha accettato di essere riconfermata per il prossimo anno la segretaria dei Radicali. Ma che fatica. L’esito sembrava scontato all’avvio del congresso del partito, quattro giorni fa, ma è divenuto incerto già dopo il discorso di apertura della segretaria uscente: «In questi mesi mi sono sentita sola» aveva detto, «quindi non mela sento di proseguire». In mattinata si erano fatte sempre più insistenti le voci di una sua rinuncia e, addirittura, di fronde interne che puntavano proprio al suo affondamento. Ecco allora scendere in campo con tutto il suo peso politico Marco Pannella che aveva imposto, «quasi con la violenza», come ha lui stesso ammesso, il nome della Casu già a luglio, quando si era reso necessario rinnovare il gruppo dirigente dopo l’elezione di nove parlamentari Radicali nelle liste del Pd. «Squadra che vince non si cambia», ha tuonato lo storico leader radicale, mettendo in chiaro che non era intenzionato a votare per nessuna segreteria diversa da quella Casu. E arrivando anche a scontrarsi con Emma Bonino sulla mozione finale del congresso, che traccia la linea politica del partito. Una divergenza politica riassumibile così: se Pannella e Bonino marciano uniti nel bacchettare il Pd veltroniano, si dividono invece nella valutazione della fase politica, con Pannella che vorrebbe un partito più duro e intransigente contro il "regime" e contro il governo attuale. Una mozione congressuale che elogia il presidente della Repubblica, e che va all’attacco della «qualunquistica liquidazione» del problema Vigilanza Rai da parte «sia del premier sia del segretario dei principale partito di opposizione». Un testo votato dalla maggioranza dei congressisti, ma che ha visto l’astensione pesante di Pannella e un botta e risposta con Emma Bonino. «La mozione è mancante - ha spiegato il leader radicale - perchè non dice che da vent’anni, a più riprese, abbiamo assistito a veri e propri colpi di Stato contro il Paese», contro quella maggioranza dell’opinione pubblica, della «gente» che ben rappresentano i radicali, che vorrebbe una legge «sull’eutanasia, sul finanziamento pubblico ai partiti, sul sistema elettorale. Quindi noi ci dobbiamo candidare ad essere alternativa di governo, con la G maiuscola, a questo troppo dilagato regime». Pronta la risposta di Emma Bonino, prima firmataria della mozione: «Sarà anche poco vigorosa o monca come dice Marco, ma ci è venuta così. Avremmo certo apprezzato il contributo di altri», aggiunge riferendosi all’assenza della Casu dalla stesura del testo. Dure le critiche a Veltroni che a Chianciano non si è fatto vedere: il leader del Pd è bacchettato finanche per il referendum sulla scuola e per aver accelerato la fine del governo Prodi.

    Al momento dell’indicazione delle candidature per la segreteria è andato in scena un vero e proprio psicodranuna collettivo, in cui si sono manifestati i veri motivi per cui la segretaria uscente non intendeva proseguire. «C’è stato un dibattito opaco e troppe cose non sono state dette», ha spiegato la vicepresidente del Senato. Poi la conclusione unitaria.

  8. #8
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    Pannella-Bonino, scintille al congresso


    • da La Repubblica del 3 novembre 2008, pag. 10

    di Umberto Rosso

    Non sarà la fine di una lunga storia d’amicizia e di politica. Ma la sorpresa di un litigio in diretta fra Marco & Emma, bene, anche questo il congresso radicale regala a Chianciano. La coppia storica della non violenza che scivola sul nuovo segretario del partito, Antonella Casu, alla fine rieletta.

    Pannella sparatissimo a difenderne la riconferma, fino a lanciare uno dei suoi ricatti sentimentali alla galassia del partito, composita e agitata. «Se lei non passa, vuol dire che io sono stato sconfitto». Il fantasma del parricidio sulla convention, con imperscrutabili conseguenze sull’atteggiamento del padre-padrone. La Bonino non si accoda. E alla giovane Antonella, pur invitandola a restare alla guida del partito, non risparmia una lezione di politica. «Opaca», punta dunque il dito Emma, tutta la sua ricostruzione dei giochi che si consumerebbero a Torre Argentina, il quartier generale dei radicali, «devi parlar chiaro, senza lanciare accuse vaghe». La Casu, proprio per storie di veleni e dispetti con il presidente e il tesoriere, voleva gettare la spugna, «sono stata lasciata sola». Dopo aver letto la relazione giovedì, è praticamente sparita. Non si fa vedere neanche al plenum della direzione, per stilare la mozione finale. Proprio l’oggetto "formale" del braccio di ferro fra Pannella ed Emma, che segnerà il culmine di un congresso ad alta tensione. Marco non vota il documento, troppo morbido, «non parla dei colpi di Stato consumati contro i cittadini, come il finanziamento ai partiti o il no all’eutanasia». La Bonino prende il microfono e svela che il re è nudo. «In realtà, Marco, sei solo arrabbiato perché vedi difficoltà per la tua candidata. Se fosse venuta alle riunioni, magari, poteva aiutarci a tirar fuori la mozione perfetta che tu invochi». La segretaria della discordia fornisce tutt’altra versione sul suo assenteismo, «hanno convocato gli incontri alle mie spalle, senza avvertirmi». La mozione passa, con ringraziamenti a Napolitano e l’obiettivo chiave dei radicali: l’anagrafe politica di tutti gli eletti, dalle Camere ai comuni, lanciata come sfida al Pd. Ma lo strappo pesa, il congresso rischia di spaccarsi.

    In un’incertezza crescente, fioriscono candidature alternative. Viene ripescato il nome dell’ex segretario Gianfranco Spadaccia, da qualcuno indicato come il vero regista della fronda anti-Pannella. Lui sale sul palco e si chiama fuori, non senza una frecciata: «Marco lascia sempre intravedere scenari tremendi, se non passa la sua linea». In pista anche Sergio D’Elia, l’ex terrorista di Prima Linea poi nell’ufficio di presidenza della Camera. Anche lui ringrazia e declina, «capite benissimo che cosa si scatenerebbe, io resto presidente di Nessuno tocchi Caino».

    Dopo una giornata di suspense, lo strappo è ricucito. Finisce tra le lacrime. «A questo punto, sì, accetto, devo accettare per forza. Grazie a voi tutti, non mi posso tirare indietro. Ma sono fragile, aiutatemi in questo nuovo viaggio». Antonella Casu ci ripensa e accetta. In un congresso da psicodramma, forse molto più ricco di emozioni e mozioni degli affetti, di «personale» più che di «politico», il pressing la convince a restare. Secondo mandato da segretaria, per un anno, e con lei riconfermati anche il presidente Sergio Mellano e il tesoriere Michele De Lucia. La stessa squadra però che aveva fatto soffrire tanto Antonella, come lei stessa ha confessato. La stessa triade che ha finito anche per far litigare Marco Pannella ed Emma Bonino. Ma il parricidio radicale anche per stavolta è rinviato.

  9. #9
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    Tra Pannella e Bonino va in onda "casa Vianello"


    • da Il Giornale del 3 novembre 2008, pag. 8

    di Roberto Scafuri

    Che barba che noia. Per gli amanti del genere, segue scarica di calci muliebri sotto le lenzuola eccetera. Tanto si sa che la coppia funziona, che il sodalizio è inossidabile, che i due si vogliono bene, che in fondo non succede mai nulla e guai se così non fosse. Emma & Marco, Bonino & Pannella, la sit-com del Partito radicale in onda negli ultimi anni con invariato audience e sceneggiatura senza sorprese.
    Di sorprendente, in un soggetto così rassicurante, è la persistente vitalità di questo cenacolo del tutto anomalo nella vita politica italiana. Anche i grandi hanno il loro lungo tramonto, e ora si narra purtroppo solo di una piccola setta, però capace di far parlare di sé nonostante la totale assenza di vere notizie e il cosiddetto «splendido» isolamento del Pr. Merito tutto di Marco, padre padrone adorato dai suoi, e persino dai figli ripudiati. Ma se con i discepoli-uomini quasi sempre arriva anche il momento delle valigie, di addii spesso iracondi, con le adepte-donne il rapporto perdura e non matura. Dipanandosi tra affettuosità pubbliche e private dosi di arsenico, maldicenze (talora reciproche) e sudditanze (sempre a senso unico).
    Così è con Emma, il prodotto tipo esportazione che Marco ha dato alla luce e allevato, ingrassato e gonfiato, fino a strombazzarlo persino come candidato al Quirinale. Poi d’un tratto, da stratega non geloso, però lungimirante, ne ha contenuto le mire e sopito gli appetiti, frenato le corse e ridimensionato la statura. E ora forse è il caso di ammettere che la Bonino non era poi quel miracolo di bravura che per anni i giornali italiani hanno descritto, che aveva molti difetti e che Marco, avendoli conosciuti e capiti prima di ogni altro, ne abbia stabilito a tavolino la fine crescita prima del botto che avrebbe distrutto l’unica creatura che Marco ama più di se stesso. Ovvero il Partito a propria immagine e somiglianza.
    Anche ieri, nel notturno psicodramma sul nulla che si è consumato al congresso di Chianciano, la coppia Mondaini-Vianello radicale si è lasciata andare a qualche momento di stizza. Poco di grave, naturalmente, per l’intero mondo. Ma in quel microcosmo si giocava ancora una volta la capacità della Bonino di fare gruppo, di coagulare attorno a sé il vecchio Spadaccia e il giovane Cappato su una mozione che mettesse il cappello all’ultima invenzione di Marco, la segretaria uscente (poi rientrante) Antonella Casu. «Mozione completa, ottima mozione», ha borbottato Pannella, criticandone subito dopo le rilevanti mancanze: «I colpi di stato compiuti su eutanasia, finanziamento pubblico dei partiti, legge elettorale... ». Insomma, sarà perché in politica le cose si dicono in politichese, sarà perché Marco pensa sempre in grande e per lui l’orizzonte del Partito deve restare quello di candidarsi a essere «il governo alternativo a questo straripato regime», fatto sta che la Bonino ha sbottato.
    Troppa la vicinanza con il mercatino delle pulci politiche che si tiene dalle parti del Loft del Pd, evidentemente. Inviperita la risposta a Pannella: «V’invito con forza a votare questa mozione, che Marco ha definito poco vigorosa e monca, ma ci è venuta così. Avremmo apprezzato contributi di altri che l’avrebbero resa migliore... ». Ogni riferimento all’assenza della pupilla pannelliana Casu nella riunione notturna era puramente voluto. Semplice gelosia muliebre? La volontà di stoppare la nuova stellina del firmamento radicale?
    Può darsi. Marco, nel frattempo, ritirava il suo assenso dalla mozione astenendosi. E al mattino la Casu, in lagrime, annunciava il proprio ritiro. Altro giro di psicanalisi collettiva, altra strizzata di cervelli di Marco, che resta deus in machina, ed ecco che nel pomeriggio la giovane ex funzionaria di tesoreria veniva risospinta da Pannella verso il secondo mandato. Voto secondo copione per la segretaria, sì anche alla mozione boniniana (che prevede la cosiddetta anagrafe degli eletti, una sorta di controllo dell’attività di ogni radicale che ricopre incarichi pubblici, vecchia idea di Marco), Emma che sale sul palco, altre lagrime, baci, abbracci e standing ovation dei delegati, ormai stremati. Ma felici che fosse passata. Forse però bastava una telefonata, che allunga pure la vita.

  10. #10
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    La Bonino all’attacco di Veltroni


    • da Il Tempo del 3 novembre 2008, pag. 1

    di Dino Cofrancesco

    «Lucida e tagliente», come l'ha definita l'inviato del «Corriere della Sera» al Congresso radicale di Chianciano, Emma Bonino ha sferrato ieri un duro attacco a Walter Veltroni, reo di aver fatto cadere Prodi. «Era meglio garantire la tenuta dell'impopolare governo piuttosto che consegnarsi a ciò che viviamo ora».

    Non si capisce bene il significato dell'espressione «ciò che viviamo ora»: è riferita ai battaglioni della sinistra in pieno sbando o alla «deriva assolutista» e antidemocratica che, secondo il Prof Stefano Rodotà, ci sta preparando il Presidente del Consiglio? E, inoltre, non è riduttivo definire «impopolare» il peggiore governo della storia repubblicana che, per giunta, aveva ottenuto una dubbia vittoria elettorale al fotofinish?

    L'Italia è un paese che non finisce mai di stupire. In un editoriale del 9 marzo, «L'eterna rimozione», Ernesto Galli della Loggia, ha rilevato l'ingratitudine del PD nei confronti dello sconfitto Prodi. Eppure «la funzione sua e dei suoi amici rispetto agli eredi della tradizione comunista è stata davvero preziosa. Se ci si pensa bene, infatti, sono stati Prodi e i cattolici cosiddetti democratici, è stata proprio la loro presenza, la sponda politica da essi offerta, che ha consentito agli ex Pci di non diventare ciò che a nessun costo la maggioranza di essi, in obbedienza al proprio codice genetico, voleva diventare: socialdemocratici».


    Insomma, il premier, allievo di Dossetti, è stato il doganiere che ha impedito l'accesso in casa postcomunista della «società aperta», dell'Occidente, di quella «socialdemocrazia» che, comunque la si chiami, è uno dei due legittimi poli di tutte le democrazie liberali.

    Ebbene cosa è accaduto? L'incredibile: i più convinti pretoriani del cattolico antioccidentale sono stati proprio i partitini della sua coalizione che inalberavano la bandiera dell'«Italia laica»: i radicali e quelle amebe che erano ormai diventati i socialisti di Boselli! Nessuno li ha visti impegnati nelle battaglie contro le false liberalizzazioni o contro gli attacchi alla privacy e alla proprietà privata, denunciati da Piero Ostellino, nella sua rubrica sul «Corriere»: più libertari che liberali, sono usciti allo scoperto solo quando erano in discussione droga, pacs, matrimonio gay e quant'altro. Fatte le loro battaglie rientravano cheti nell'ombra. Se fosse dettata dalla perduta poltrona di ministro, la nostalgia prodiana della Bonino avrebbe ancora un che di umano. Il sospetto, invece, è che sia disinteressata e vittima di un delirante narcisismo nichilistico che le fa dimenticare qualche piccola viltà. Se era così (giustamente) contraria all'alleanza PD-IdV e se, al posto di Di Pietro, voleva Boselli, perché non si è tirata indietro? Perché non ha detto a Veltroni: «o fai l'accordo con lo SDI o me ne vado anch'io?».

    Grazie a questi «strani laici», oggi sono i figli e nipoti dei miglioristi del PCI, purtroppo una minoranza, a raccogliere l'eredità dell'autentica sinistra libera

 

 
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