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Risultati da 1 a 4 di 4
  1. #1
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    Predefinito Viva il neonatologo che considera i bambini non persone!

    Viva il neonatologo che considera i bambini non persone!

    E viva tutti i radical-laicisti e liberalisti-laicisti di Politicaonline.

    Questo è un mio "grazie" a tutti voi: vi ringrazio di non farmi sentire un verme perchè so che ci siete voi a fare da fondo.

    Perché vi scandalizzate? Perché affettate sofferenza e offesa quando un neonatologo italiano di nome Gianfranco Vazzoler dice in un rispettabile convegno che “i feti, i neonati, gli infanti, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in uno stato vegetativo permanente costituiscono esempi di non-persone umane”? Che cosa c’è di così strano se un tecnico sanitario figlio di questa cultura, con il bollino progressista della Consulta di bioetica, afferma che “tali entità fanno parte della specie umana ma non sono persone”? Come mai trovate grave affermare che “il neonato non è una persona, perché persona è chi ha autocoscienza, senso morale e razionalità”? In base a quale principio o circostanza pratica vi permettete di indignarvi quando il neonatologo conclude che “per i malformati gravi può essere ragionevole praticare l’eutanasia come in Olanda” e come fu fatto sistematicamente nel Terzo Reich?
    Certe volte l’ipocrisia è spregevole. Abbiamo ricordato per mesi alcune elementari verità di fatto. Che nel mondo ogni anno cinquanta milioni di feti, che noi chiamiamo bambini non nati, vengono abortiti volontariamente per cause materiali o per altre cause rimuovibili con politiche pubbliche di difesa e promozione della natalità e della maternità. Che la deriva eugenetica dell’aborto selettivo ha cambiato la natura del fenomeno, incorporandolo nella serialità determinata da un uso ideologico e nullista delle tecniche di indagine prenatale, alimentando folli e insane paure che hanno clinicizzato la gravidanza riducendola a malattia sociale. Che a trent’anni dal varo di leggi che dovevano in teoria tutelare la salute delle donne e la loro autodeterminazione, affermando la non punibilità dell’aborto ma non la sua legittimità in quanto diritto di libertà, sul corpo e sull’anima delle donne e dei bambini concepiti si pratica la più feroce violenza sistematica, in un clima di indifferenza morale collettiva mascherata da rispetto per i diritti umani delle donne.
    Che milioni di bambine vengono scartate in Asia e ne è impedito l’accesso alla vita, con aborto seriale e selettivo incentivato e talora forzato, per il solo fatto di essere bambine (il che è forse l’unico crimine paragonabile, come diceva Giovanni Paolo II, alla shoah ovvero allo sterminio razziale degli ebrei d’Europa, selezionati e uccisi in quanto ebrei). Abbiamo cercato di spiegare che bisogna cambiare la dichiarazione universale dei diritti umani, ratificata dall’Onu sessanta anni fa, e inserire dopo la parola “vita” la frase, “dal concepimento alla fine naturale”. Che se non si fa questo la moratoria della pena di morte è solo un atto di viltà ideologica. Siamo in occidente, cioè in quella parte di mondo in cui sta per essere eletto presidente degli Stati Uniti un maschio di quaratasette anni che ha definito “una questione al di là delle mie competenze” la domanda su dove abbia inizio la vita della persona. E ha anche detto di non augurarsi che, per un errore nella gestione della loro sessualità, le sue figlie fossero “punite con la nascita di un bambino”. E ha anche votato contro l’obbligo di rianimare e curare i feti nati da un aborto terapeutico o in altre circostanze neonatali.
    Le giovani scrittrici fanno inchieste combattive e molto applaudite a onorare il diritto d’aborto violato. Volano uova, pomodori, sedie in ferro battuto, bombe carta e fuomogeni contro i comizi di una minuscola lista elettorale che non vuole la tolleranza verso l’aborto, senza chiedere l’abrogazione delle leggi che lo depenalizzano, senza pensare nemmeno alla possibilità di un obbligo di partorire sanzionato penalmente. Ci si mobilita per difendere il diritto alla privacy di una giovane partoriente che ha abortito, con autorizzazione e certificato clinico irresponsabile e automatico, un bambino affetto da sindrome di Klinefelter, malattia controllabile e diffusa, e non grave malformazione; e non ci si accorge del fatto che un bambino viene ucciso perché malato. Da alcuni mesi opera un governo eticamente anarchico, epperò ricco di buone intenzioni e di personalità che si dicono impegnate sul terreno bioetico, ma nulla è stato fatto e probabilmente nulla si farà per rovesciare la neutralità dei pubblici poteri rispetto all’aborto moralmente indifferente, e per difendere le donne, l’intera società e i bambini non nati dalla mostruosa fabbrica di centotrentacinquemila aborti l’anno.
    E in questa situazione materiale, politica, civile e morale; in un paese in cui si discute con accanimento filosofico di testamento biologico e di eutanasia; in questa cultura in cui tutti portano fiori al concetto di autodeterminazione della persona come decisione per la morte; di questi tempi e da queste parti ora voi dite di soffrire perché un neonatologo ha detto quel che è il risvolto naturale di mezzo secolo di deriva antinatalista? Ma andate a farvi fottere.



    http://www.ilfoglio.it/soloqui/1296


    E allora - forza! - non abbiate paura di dirvi nazisti, in fondo lo siete e la vostra cultura è quella. Aprite i forni crematori, bei progressisti italiani, e iniziate ad invitare i bambini down e i malati di sla: fate abortire e uccidete tutto ciò che non è perfetto come voi, come Pannella e come Vazzoler.

    Usate pure la croce uncinata, ve la presterà il buon Hitler: moralmente siete con lui. Brindiamo alla vita, ma a quella vera, quella senza malattia, senza "problemi"... quella vita vale nulla e merita di finire subito.

  2. #2
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    Perchè ce l'hai con noi, Merello? Ti abbiamo dato motivo di pensare che condividiamo simili mostruosità?

    Io penso che il Popolo della Libertà sia un popolo sano ed estremamente umano, non puoi paragonarci ai nazisti.

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Valerio2 Visualizza Messaggio
    Perchè ce l'hai con noi, Merello? Ti abbiamo dato motivo di pensare che condividiamo simili mostruosità?

    Io penso che il Popolo della Libertà sia un popolo sano ed estremamente umano, non puoi paragonarci ai nazisti.
    Forse hai capito male.... mi riferisco ai liberal-laicisti in genere. Se ce ne sono anche dentro il PDL è chiaro che valga pure per loro.

  4. #4
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    Pochi bambini down arrivano alla nascita

    di John Flynn, Zenit 28 settembre 2008
    Dagli Stati Uniti si allarga a tutto il mondo il dibattito sul rifiuto dei figli non perfetti
    In seguito alla candidatura repubblicana del Governatore Sarah Palin alla vicepresidenza degli Stati Uniti è riemerso l’interesse per la sindrome di Down. Il 18 aprile, Palin ha dato alla luce Trig Paxon Van Palin, pur avendo saputo dai medici, nel dicembre scorso, che il bimbo era affetto dalla sindrome di Down, come riferito dall’Associated Press il 3 maggio. Secondo un articolo dell’opinionista Michael Gerson, pubblicato sul Washington Post del 10 settembre, quando le analisi prenatali rivelano la presenza della sindrome di down, il 90% delle volte si decide per l’aborto.

    Inviti ad abortire bambini down
    Ma il numero degli aborti di bambini affetti dalla sindrome potrebbe ulteriormente aumentare se la raccomandazione emanata lo scorso anno dalla American College of Obstetricians and Gynecologists venisse applicata, ha aggiunto. Il College ha infatti invitato a sottoporre precocemente all’analisi per la sindrome di Down tutte le donne in gravidanza e non solo quelle al di sopra di una certa età, i cui bambini hanno quindi maggiori probabilità di esserne affetti. Gerson ha tuttavia sostenuto che i figli nati con sindrome di Down “generalmente non vengono considerati dai loro genitori come una maledizione ma come una complessa benedizione”. Molti medici e consiglieri, tuttavia, invitano le madri ad abortire. Questa tendenza a voler porre fine a vite “imperfette”, ha proseguito Gerson, non può essere tenuta distinta rispetto al nostro generale atteggiamento nei confronti dei disabili. “Questa tendenza alimenta un darwinismo sociale in cui il più forte è considerato migliore, la persona dipendente come avente un valore inferiore e in cui i deboli debbono talvolta essere oggetto di selezione”, ha concluso.

    Le esperienze dei genitori di figli down
    Nonostante le difficoltà di chi si trova con un figlio down, molti quotidiani hanno raccontato casi in cui i genitori che si sono trovati in queste situazioni hanno vissuto esperienze positive. Crescere un figlio down può portare alla luce molte verità profonde per i genitori e i loro figli, secondo il Washington Post del 14 settembre. Nell’articolo si descrive il caso di Adrianne Pedlikin, madre di tre figli, tra cui un bambino di 10 anni affetto dalla sindrome di Down. Pur riconoscendo le difficoltà e le sfide legate al dover crescere un figlio down, l’articolo sottolinea che, allo stesso tempo, sia Adrianne che suo marito Philip non nascondono il loro amore per questo figlio e affermano che la sua nascita ha cambiato la loro visione del mondo in senso positivo. L’articolo riferisce anche dell’esperienza di altre famiglie, che spesso si confrontano con la reticenza degli istituti scolastici ad accettare bambini down. Queste famiglie si trovano anche spesso ad essere tagliate fuori dalle altre famiglie ed i loro figli down spesso non vengono invitati a giocare con i loro coetanei.

    La scoperta di un tesoro
    Un’altra testimonianza positiva di chi è genitore di un bimbo down è stata pubblicata il 2 giugno sul quotidiano britannico Guardian. Annie Rey racconta della repulsione che provava, quando era giovane, nei confronti dei disabili. Poi, arrivata ai 40 anni, ha scoperto di essere incinta di un bambino con la sindrome di Down. “Durante la gravidanza passavo dall’ottimismo alla disperazione: ottimismo nella speranza che il bambino, che all’età di 20 settimane abbiamo appreso essere maschio, non avesse veramente la sindrome di Down, e disperazione al pensiero che invece l’avesse”, ha scritto. Suo figlio Paddi ha ora 2 anni e lei ha accettato l’idea di avere un bambino down. Ha detto di aver scoperto che suo figlio non è “una diagnosi”, ma un bambino con molte qualità. “Sono fermamente convinta che se il mio prezioso bambino non esistesse, il nostro mondo, e forse il mondo intero, sarebbe un posto più povero”, ha concluso.

    Totale cambio di prospettiva
    Dal Canada, la famiglia Shaw ha raccontato la propria esperienza con un figlio down, in un articolo pubblicato il 2 marzo sull’Ottawa Citizen. Michael e Lesley Shaw avrebbero abortito se avessero saputo che la loro figlia Sydney era affetta dalla sindrome di Down, secondo quanto hanno riferito al quotidiano. Il padre ha dichiarato che, ora che Sydney ha 9 anni, hanno cambiato opinione e considerano la loro figlia come “una bimba meravigliosa e gioiosa”. “Sydney ha arricchito la mia vita ad un punto tale che non credevo possibile”, ha detto Michael Shaw. “Ha cambiato l’intera visione che avevo sulla vita, su ciò che ha valore e cosa non ne ha, e su ciò che consideriamo apprezzabile”. Michael Shaw fa anche parte della Canadian Down Syndrome Society, un’organizzazione preoccupata per il rischio di una generalizzazione della diagnosi prenatale in Canada e le ripercussioni sui bambini sindromici.

    Raccomandazioni per l’aborto
    Nel febbraio 2007, la Society of Obstetricians and Gynecologists of Canada ha emanato nuove linee guida in cui si raccomanda che ad ogni donna incinta, di qualunque età, venga offerto uno screening genetico prenatale non invasivo. Secondo l’Ottawa Citizen circa l’80%-90% delle donne canadesi a cui è diagnosticata la sindrome di Down decidono di abortire.

    Esami sempre più sofisticati non evitano gli “incidenti di percorso”
    Lo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche potrebbe facilitare ulteriormente la decisione dei genitori di ricorrere all’aborto dei feti non perfetti. Il 21 giugno, il quotidiano Times di Londra ha riferito di un esame sperimentale, sviluppato da un’equipe dell’Università cinese di Hong Kong, che prometterebbe di diagnosticare la sindrome di Down attraverso l’esame del sangue della madre. Attualmente si ricorre ad esami più invasivi quali l’amniocentesi o la villocentesi. Questi test comportano l’introduzione di un ago nel ventre materno per asportare del liquido amniotico in cui è immerso il feto, oppure una particella della placenta. Secondo il Times queste tecniche hanno una percentuale di aborto spontaneo di uno su cento, tanto che ogni anno, in Gran Bretagna, 320 gravidanze sane vengono interrotte a causa delle diagnosi invasive. Il nuovo esame è ancora in fase sperimentale, ma potrebbe essere pronto per un uso corrente tra qualche anno. Secondo un articolo pubblicato il 14 settembre dal quotidiano britannico Observer, i rischi connessi con le diagnosi prenatali per la sindrome di Down sarebbero molto più alti. Una nuova ricerca rivela infatti che per ogni tre bambini abortiti, affetti dalla sindrome, due bambini sani muoiono per aborto spontaneo dovuto alle tecniche invasive. Questa nuova ricerca, pubblicata da poco sulla rivista Down Syndrome Research and Practice, sostiene che per diagnosticare e prevenire la nascita di 660 bambini down, 400 feti sani vengono perduti. Sono dati molto più alti rispetto a quelli del Servizio sanitario nazionale britannico, che cita una percentuale di aborto spontaneo, conseguente ad amniocentesi o villocentesi, tra l’1% e il 2%. L’articolo dell’Observer osserva che gli autori della ricerca, Frank Buckley e Sue Buckley, appartengono all’organizzazione caritativa Down Syndrome Education International, e potrebbero quindi essere accusati di essere di parte. Tuttavia, i loro risultati sono stati presentati ad una serie di esperti che ne hanno valutato positivamente l’attendibilità.

    Progressi nella medicina e nell’educazione
    Un articolo pubblicato l’8 settembre sul quotidiano Salt Lake Tribune ha osservato che i bambini affetti dalla sindrome di Down venivano ospedalizzati dalla nascita e spesso soffrivano molto. Più di recente, dall’ultima generazione di bambini down, si tende a farli stare a casa con le loro famiglie. Inoltre, i progressi nella medicina e nell’educazione consentono loro di vivere una vita più piena, e spesso di diplomarsi e lavorare. Molto ancora resta da fare, ha affermato Madeleine Will, vicepresidente per le politiche pubbliche della National Down Syndrome Society, in un articolo pubblicato il 9 settembre su USA Today. Oltre a un maggior grado di accesso all’educazione, secondo Will è necessario che i medici siano chiamati a dare informazioni più specifiche sulla sindrome di Down ai genitori che ricevono diagnosi prenatali e postnatali, tra cui dati sull’aspettativa di vita e contatti con gruppi di sostegno locali. Ha anche fatto appello ad una più generosa assistenza economica alle famiglie con figli down. Paradossalmente, proprio mentre si schiudono nuove prospettive per le persone affette dalla sindrome di Down, nuovi esami diagnostici e la convinzione di una parte dei medici rischiano di aumentare la pressione sui genitori per porre fine alla vita di questi innocenti.

 

 

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