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    Predefinito Patria, patriottismo e pianificazione

    Dunque è arrivato il 4 novembre, il giorno in cui i nostri politicanti agitano maldestramente quello straccio di patriottismo che hanno. Domani celebremo le forze armate in un contesto del tutto diverso da un anno fa: le plebi stanno abbandonando a frotte il dio mercato, per prostrarsi di fronte all'idolo del dio stato e chiedere da lui le buone grazie. E lo stato porgerà loro il proverbiale bicchiere d'acqua in mezzo al deserto. Posto che il deserto, e la sete, sono una creatura dello stato stesso, o meglio della politica sconsiderata della Federal Reserve, cosa c'entra tutto questo con una ricorrenza militare?

    Bene, non devo spiegare qui il ruolo che le crisi economiche hanno avuto nel realizzare i disegni di ingegneria sociale che ossessionano la mente dei progressisti. Se il New Deal non riuscì a scalfire i valori di quella generazione dignitosa, fu l'incubatrice di quella che avrebbe incendiato il folle 1968. C'è stato però qualcos'altro che offrì ai progressisti l'opportunità di tradurre le loro follie in politica, un qualcosa che gli offriva la possibilità di rimuovere l'ostacolo supremo alla realizzazione di qualsiasi disegno totalitario, ovvero l'annullamento del dissenso. Questo qualcosa sono state le guerre.

    Se pensiamo agli anni della regina Vittoria, alla rigida morale cristiana e al dinamismo economico, e li paragoniamo con la profonda crisi economica in cui versava una economia pianificata, quale era stata creata da Clement Attlee, viene da chiedersi se è sempre dello stesso paese che si sta parlando. E non spingiamoci più là nel tempo, paragonando l'austera Ruling Britannia che dominava i commerci, i mari e un impero coloniale mai visto, con lo smodato U.K. scosso da nazionalismi, schiumante di depravazione, colonizzato da popoli estranei e senza il benché minimo senso morale.

    Ebbene, senza le macerie di guerra che hanno permesso loro di ricostruire, i progressisti non avrebbero mai stravolto a tal punto la società. Non serve immaginarsi guerre planetarie: bastò il Vietnam a dare un colpo mortale alla sana politica monetaria che gli USA adottavano da secoli, permettendo l'incontrollato aumento della spesa e tutte le irresistibili tentazioni welfaristiche ed imperiali, spianando la strada a quelle politiche che stanno demolendo il senso di responsabilità, di sobrietà, di prudenza e di sacrificio.

    Attenzione dunque, conservatori: dietro al richiamo in difesa della patria si cela spesso l'intenzione progressista e costruttivista di usare l'emergenza per imporre un cambiamento che poi diventerà permanente.

    Dopotutto che cos'è la patria, che cos'è il paese? Non è forse fatto di atteggiamenti caratteristici, letteratura e tradizioni comuni, una storia condivisa, una miscela etnica unica, norme culturali prevalenti? Non sono forse queste idee che ci emozionano quando McCain ci dice: "Stand up and fight"? Ebbene, io credo che siano queste, e non altro. E quando il progressista vuole andare alla guerra è lecito dubitare: non ha mai difeso pacificamente questi valori sacrosanti, anzi li ha cercati di demolire con ogni mezzo, perché ora dovrebbe impugnare le armi per essi?

    Credo che la risposta sia insieme semplice ed inquietante. In tempo di pace le persone comuni si identificano con il paese, interagiscono con il governo e solo occasionalmente hanno a che fare con lo stato, inteso come le grandi istituzioni su cui poggia la nostra comunità. Ma i progressisti, come del resto piace sentirsi essi stessi, non sono persone comuni. In tempo di guerra lo stato ed il governo finiscono per coincidere, in modo che opporsi al governo viene considerato un atto di slealtà nei confronti dello stato. Se criticare il governo era un diritto normalmente esercitato da tutti i cittadini, la stessa critica diventa un atto di tradimento non appena il governo ha dichiarato guerra. E per chi ha un solo pensiero fisso: pianificare e cambiare secondo i suoi gusti una realtà che detesta, questa è la possibilità di realizzare ogni disegno.

    La guerra sfuma le linee di separazione tra stato, governo e paese; fino a farle quasi scomparire dalle menti delle persone. Stordito dalle emozioni, il patriota perde ogni capacità di distinguere tra di loro. Il patriottismo diventa il pensiero dominante, e produce immediate, intense ed inesorabili confusioni tra i rapporti che l’individuo è costretto a sopportare e quelli che hanno a che fare con il paese, la patria, la società di cui è orgoglioso di fare parte. La nazione in tempo di guerra raggiunge una uniformità di sentimenti, un’unica gerarchia di valori che ha il suo vertice indiscusso nell’ideale dello stato, cosa che non potrebbe mai essere senza l’azione della guerra, dove predomina una idea ben diversa: quei valori che elencavamo prima.

    A questo punto i progressisti sono liberi di organizzare la mandria così ottenuta per farla agire aggressivamente o difensivamente contro altre mandrie similmente organizzate. Da una ingegnosa miscela di agitazione e intimidazione, la mandria prende forma, in una efficace unità meccanica, se non proprio in un un tutt’uno spirituale. E i sistemi meccanici sono per eccellenza quelli pianificabili, ben diversa dall'idea viva di patria, e dalla sua struttura organica.

    Siamo pronti per lo sfascio totale: quanti pensano e sentono quello che sente e pensa la mandria hanno la calda sensazione dell’obbedienza, la lenitiva protezione dell’irresponsabilità. Le persone in guerra diventano obbedienti nel senso più letterale del termine, rispettano il potere, fiduciosi come bambini, pieni di fede nella saggezza e nei poteri degli adulti che si prendono cura di loro. Mentre la scuola pubblica crea certezze totalitarie ed incuba generazioni di schiavi, l'economia pianificata prepara a marciare in righe diritte schiere di coscritti. Ecco tutte le premesse perché la nostra amata patria venga moralmente, intellettualmente e psicologicamente impoverita, preparandola ad essere ricostruita dal punto di vista morale e materiale dagli orrori razionalisti, positivisti e progressisti.

    Oggi è il 4 novembre e dobbiamo onorare quanti hanno immolato le loro vita per la patria. Ma se non vogliamo rendere inutile il loro sacrificio, non possiamo dimenticarci che cosa davvero sia la patria, e chi davvero ne siano i peggiori nemici.

  2. #2
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    notevole,come analisi,però vorrei capire se vedi una via d'uscita o meno da questa situazione

  3. #3
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    Generalmente sono i politici ad occuparsi delle soluzioni, gli intellettuali servono a far prendere coscienza dei problemi. In questo caso se vogliamo davvero salvaguardare i valori fondanti della nostra società dobbiamo batterci contro le costruzioni che la minacciano, e credo di averle indicate con chiarezza. L'idea di destra sociale è stato un abominio che ha avuto senso perché collocato in una costruzione totalitaria. Rincorrere i progressisti sul terreno dello stato sociale, oltre che sbagliato, è inutile: ad un coccodrillo non si sfugge nuotando, ma correndo via lontano dalla riva.

  4. #4
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    beh,sai cato,visto che in questo sito siamo in molti illusi di essere anche dei politici, quando si analizza un problema si cerca anche di proporre delle soluzioni. la tua sarebbe,se ho ben capito,di riscoprire il liberalismo? e se sì,in che forma?

 

 

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